giovedì 14 maggio 2009

PAPA/ Monaci Etiopi che abitano sul tetto del Santo Sepolcro domani scenderanno per Benedetto XVI

giovedì 14 maggio 2009 Hanno tutte le intenzioni di scendere in basilica domani alle 10.15 quando Papa Ratzinger visiterà il luogo più sacro del Cristianesimo. I monaci etiopici, una ventina di cristiani africani, lasceranno per qualche ora il tetto del Santo Sepolcro, sul quale vivono da quando lo Statu Quo, la legge che attribuisce la custodia dei luoghi santi alle diverse fedi e confessioni cristiane, ha destinato loro quella parte di chiesa. Tradiscono un po’ di emozione quando pensano che vedranno Benedetto XVI varcare la soglia del santuario, in cui anche a loro è stato concesso uno spazio. Trascorrono la loro vita sul tetto, in celle di cemento senza finestre e senza oggetti che non siano necessari alla sopravvivenza. Otto metri quadrati a disposizione per ogni monaco, dove si trova un letto, un armadio, una sedia di plastica e tappeti sul pavimento. Alcuni possono contare su una stufa, un bollitore per l'acqua e alcune coperte ammucchiate in un angolo. Ambienti umidi, freddi e privi di ogni legame con la modernità. E con l'estetica. Luce al neon, nessuna foto alle pareti, nessuna icona e nemmeno croci. «Per pregare e dire messa quel che abbiamo ci basta - dice padre Girma Maskal, 61 anni, originario dell'Etiopia orientale - e se non possiamo farlo all'aperto, abbiamo il monastero». Accanto infatti c'è una piccola struttura capace di accogliere una ventina di persone, stando strette. Uno stile più accogliente delle celle. Se solo volessero, spiega don Gabra Tesfe, sacerdote etiopico di 56 anni, i monaci avrebbero a disposizione un altro monastero, nel quartiere cristiano di Gerusalemme, a fianco della chiesa etiopica. Cortile con piante rampicanti, balconi fioriti, stanze finestrate e Lyia, una signora gentile preposta a tutte le questioni organizzative. Ma gli abissini preferiscono stare sul tetto del Santo Sepolcro tutto l'anno, chiusi nelle loro preghiere e ignorati dai turisti che a loro volta ignorano. Domani però scenderanno fra la gente, perché dice padre Girma «uno strappo alla regola per il Papa si può fare».

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