sabato 30 maggio 2009

Rifugiati: non solo asilo

Nasce in Piemonte un coordinamento di associazioni per accompagnare nel mondo del lavoro i migranti con permesso umanitario Nasce in Piemonte un Coordinamento di associazioni per porre in atto i diritti riconosciuti dei rifugiati politici e titolari di protezione umanitaria presenti a Torino e favorire un loro inserimento sociale. Torino. Corso Peschiera. Una clinica privata in disuso da anni. Qui, dal 2008, hanno trovato rifugio alcune centinaia di immigrati di nazionalità somala, sudanese, eritrea ed etiope in possesso dello status di rifugiato politico e titolari di protezione internazionale. Stessa situazione in via Paganini, angolo via Bologna, dove ad essere occupata è, dal 2007, una vecchia caserma dei vigili urbani. Strutture in disuso e fatiscenti, senza acqua, riscaldamento, servizi o cucine, in cui vivono centinaia di persone in fuga da guerre, violenze e povertà. Chi ottiene lo status di rifugiato politico, assegnato da una delle dieci commissioni nazionali, in teoria ha accesso al permesso di soggiorno e a tutti quei diritti che vengono garantiti dalla Costituzione italiana e dalle leggi internazionali. Nella pratica, però, tutto questo si risolve in qualche corso di italiano e sei mesi di passaggi nei dormitori, alla fine dei quali si immagina che il migrante sia in grado di essere autonomo, capace di trovarsi una casa e un lavoro. E' evidente che questo percorso di legge non è in grado di rispondere ai diritti e ai bisgono dei rifugiati. Per questo sono nati dapprima un Comitato di solidarietà e da novembre 2008 in parallelo diverse associazioni torinesi hanno creato un Coordinamento per favorire l'inserimento abitativo e sociale dei rifugiati, che tenga conto delle loro capacità, esperienze, attitudini e desideri. L’idea del progetto non è solo quella di rispondere a un'emergenza attraverso la pura logica dell'asistenza, ma il tentativo di creare un percorso che favorisca l'autonomia dei rifugiati. Il primo passo è stato quello di conoscere il percorso di studi, le precedenti esperienze lavorative, le aspettative e i desideri di ogni Rifugiato/a. La seconda fase prevede, invece, l'ospitalità abitativa in strutture gestite dalle associazioni e dalle cooperative, a spese del progetto e l'accompagnamento attraverso un percorso formativo e lavorativo per favorire l'autonomia. Al progetto "Piemonte: non solo asilo" hanno aderito una trentina di associazioni, fra le quali San Vincenzo, Caritas, Migrantes, Amnesty Piemonte, Emergency Torino, Gruppo Abele, Chiesa Evangelica Valdese e molte altre realtà locali, in coprogettazione con il Comune, la Provincia di Torino e la Regione Piemonte. Fra gli obiettivi che sono stati prefissati, anche quello di ristrutturare un edificio in grado di ospitare un'ottantina di persone, da dedicare all'accoglienza degli aventi permesso umanitario. Il lavoro di raccolta e di condivisione delle informazione è partito a metà febbraio e da allora ha portato a metà maggio all'inserimento dei primi trenta rifugiati sul territorio piemontese: 2 ad Avigliana, 3 a Condove, 2 a San Mauro, 6 a Rivoli, 6 ad Ivrea, 6 a Biella e 3 a Torino. Un lavoro sicuramente lento e difficile ma che potrebbe rappresentare un valido modello di accoglienza, replicabile nelle tante città italiane che ospitano persone con permesso umanitario. Per info: emergency. to@inrete.it http://it.peacereporter.net/articolo/16023/Rifugiati:+non+solo+asilo

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