venerdì 15 gennaio 2010

Spunta il Craxi anti-Pinochet

«Diedi soldi ai militanti cileni». Le rivelazioni in un documento presentato ieri FABIO MARTINI ROMA Di quei soldi Bettino Craxi non parlò mai in pubblico, neppure una volta. Di quelle tangenti che lui aveva «girato» negli anni a una gran quantità di partiti e di movimenti di liberazione in giro per il mondo, l’ex leader socialista parlava soltanto con i figli, con i compagni di una vita. Fece un’eccezione nel dicembre del 1999. Craxi era reduce da una brutta operazione e durante quella dolorosa convalescenza ad Hammamet era andato a trovarlo Francesco Cossiga. E il contenuto di quel colloquio l’ex Capo dello Stato rivelò in una intervista semiclandestina a Raisat Extra: «A un certo punto gli dissi: caro Bettino, io so a chi è andata una fetta di denari prodotti dal finanziamento.... E lui, davanti al caminetto, me lo ricordo con la coperta, mi rispose: “Io non posso mischiare le mie vicende giudiziarie con grandi cause di libertà e di liberazione”». Ma ora, per la prima volta, di quel cospicuo flusso di denaro «sporco» a sostegno di cause di libertà, di partiti clandestini e di movimenti di liberazione, si sa qualcosa di più: nel corso di una lunga chiacchierata - ben 18 ore di girato, che Craxi fece nella casa di Hammamet con Luca Josi - l’ex presidente del Consiglio raccontò diversi dettagli di quel filone: «Per molto tempo aiutammo i socialisti spagnoli in clandestinità», «i portoghesi», «aiutai alcuni compagni cileni a salvarsi dalle grinfie della dittatura». E finanziamenti, racconta Bettino, andarono all’Olp, a movimenti dell’America Latina, persino ai somali contro gli eritrei. E con un filo di autoironia Craxi chiosa: «Beh, una parte del nostro finanziamento illegale andò a movimenti e a personalità che lottavano per la libertà, ma certo non utilizzavamo la Banca d’Italia per trasmettere loro del denaro, non veniva emessa regolare fattura...». Il racconto su questo tipo di finanziamenti fa parte della lunga intervista rilasciata nel 1997 da Craxi a Josi, che è entrata a far parte del documentario di 45 minuti che è stato proiettato ieri sera al Cinema Capranica di Roma alla presenza di amici e di politici, mentre un’altra parte del registrato farà parte del libro-dvd «Craxiana» che Josi pubblicherà in aprile. Ma oltre ai movimenti ricordati da Craxi nell’intervista, il Psi ne aiutò molti altri. E anche assai significativi, come racconta Cossiga nel suo libro «Italiani sono sempre gli altri» e come ricorda il figlio Bobo: ebbero aiuti Solidarnosc, il sindacato polacco cattolico e anticomunista, gli esuli cecoslovacchi, il radicale argentino Alfonsin, il brasiliano Lula, il peruviano Garcia, l’uruguagio Sanguinetti, Perez in Venezuela. Dunque aiuti a movimenti antifascisti e anticomunisti, ma - ecco la sorpresa del Craxi «garibaldino» - anche a movimenti guerriglieri di ispirazione comunista (ma anti-Usa) dell’America Latina, come i Sandinisti o il Farabundo Martí. Nel 1973, poco dopo il golpe di Pinochet, l’allora sconosciuto Craxi andò in Cile alla ricerca della tomba del socialista Salvador Allende, ma nel cimitero di Santiago fu fermato da un poliziotto, che gli intimò di andarsene con queste parole: «Un altro passo e sparo». Ha raccontato Antonio Ghirelli, portavoce del Craxi premier, nel film «La mia vita è stata una corsa»: «Appena divenne presidente del Consiglio, volle andare a Buenos Aires: ricordo un’immensa sala, dove c’erano sindacalisti di tutti i paesi del Sud America. Chiesi a un compagno argentino: “Come mai fate tanta festa a Craxi?”. E lui: “Come mai? Ma sono dieci anni che questo ci aiuta politicamente e finanziariamente”. Quando arrivò Bettino ci fu una standing ovation che durò tre minuti. Alla fine, per dire che tipo era Bettino, andai da lui e gli chiesi: “Posso parlarle?”. E lui: “Ma no, lascia perdere”». E negli ultimi tempi della sua vita, al figlio Bobo che gli chiedeva perché non parlarne pubblicamente, lui rispose: «Non ho detto nulla di quei soldi, quando li ho dati per cause di libertà: vorresti che lo rivelassi adesso, per farmi bello e difendermi?». E al suo avvocato Giannino Guiso vietò di parlarne, nonostante si fosse offerto di dare testimonianza di quegli aiuti sotto banco un personaggio conosciuto in tutto il mondo: Lech Walesa.

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