giovedì 18 novembre 2010

Immigrazione, chi lavora non vede riconosciuti i diritti

TERZO RAPPORTO EMN ITALIA Ricci (Emn): «Il futuro è multiculturale». Amoretti (Cnel): «Gli immigrati in Italia sono maltrattati e imbrogliati» Il “terzo rapporto Emn-Italia” mostra un futuro multiculturale in cui immigrazione e lavoro devono crescere in sintonia. Antonio Ricci, redattore del rapporto e esponente italiano di EMN European migration network, e Aldo Amoretti, del CNEL Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro, ci spiegano l'importanza della formazione e della qualità del lavoro e accusano: «La crisi ha evidenziato la drammaticità delle nostre inefficienze e ingiustizie nei confronti degli immigrati». Il “Terzo rapporto EMN Italia” (un estratto), presentato ieri presso il Consiglio nazionale economia e lavoro di Roma, si concentra quest'anno sul rapporto tra immigrazione e lavoro. Da una parte l'immigrazione risponde alle esigenze per lo sviluppo economico e sociale del Paese e dall'altra l'inserimento lavorativo è visto come fattore fondamentale dell'integrazione degli stranieri. Immigrazione e lavoro in Italia Secondo Aldo Amoretti del Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro, il primo dato che esce da questo rapporto è che l'immigrazione in Italia è strutturale: «la gran parte degli immigrati si ferma, compra casa e avvia esperienze imprenditoriali. Chi viene in Italia per lavorare, per pagare le tasse, per rispettare le leggi dev'essere a sua volta rispettato da noi con tutti i diritti». Antonio Ricci: «Il futuro prevede un'Italia sempre più multiculturale: pensiamo che nel 2050 una persona su cinque sarà straniera: il quesito è come ci stiamo preparando a questo futuro multiculturale». Il mercato del lavoro è l'apripista per l'integrazione, e nel caso italiano non sempre chi lavora vede riconosciuti i diritti: gli immigrati sono privati dei diritti, del permesso di soggiorno e quindi sono estremamente vulnerabili. «Dobbiamo evitare gli errori che stanno commettendo le politiche di certi Paesi europei, come Francia e Gran Bretagna», avvisa Ricci. «Dobbiamo pensare a politiche nostrane misurati sui bisogni del Paese, accogliendo l'aiuto della commissione europea». Non a caso l'ultima versione del “Patto europeo sull'immigrazione e sull'asilo” (2008) invita all'incontro tra le capacità di accoglienza e i bisogni del mercato del lavoro di ciascuno Stato. Attualmente invece la situazione non è rosea: «Gli immigrati in Italia sono maltrattati e imbrogliati», accusa Amoretti pensando agli immigrati di Brescia arrampicati sulla gru, «abbiamo avuto un comportamento sbagliato da parte del nostro Governo». La qualità del lavoro Il vero problema è la qualità del lavoro offerto: «Oggi l'accoglienza lavorativa che riserviamo agli immigrati è dequalificata», spiega Antonio Ricci. «Possiamo parlare di “brain waste” (dispersione di cervelli), ossia accogliamo persone con un profilo professionale medio-alto e offriamo loro un segmento di mercato di lavoro poco qualificato». Vari sono gli indicatori che attestano come non si sia pervenuti ad un utilizzo ottimale della forza lavoro immigrata in un’ottica di reciproca convenienza: per il 7% si registra una situazione di sottoccupazione, per il 15,6% di lavoro a termine (dato che sale al 37,4% per le sole donne immigrate). Inoltre, sono altamente qualificati tra gli italiani il 41,8% dei lavoratori e tra gli immigrati solo il 7,2%; mentre sono a bassa qualifica tra gli italiani il 7,7% e tra gli immigrati il 37,6%.

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