lunedì 13 dicembre 2010

13/12/2010 - 11.30 ISRAELE: TORTURE E STURPI NEL DESERTO DEL SINAI, IL DURO CAMMINO DELLE MIGRANTI

(IRIS) - ROMA, 13 DIC - Rifugiati e richiedenti asilo in fuga da conflitti, genocidi, carestie e torture affrontano un viaggio estremamente difficoltoso senza alcuna assistenza sanitaria. Migliaia di persone fuggono da Eritrea, Etiopia, Sudan e altri paesi africani in cerca di sicurezza e di protezione, passando per l'Egitto, in un ambiente ostile e insicuro. Una volta arrivati in Israele, vengono immediatamente detenuti , spesso per diversi giorni o settimane, e a volte anche per mesi. Dopo la detenzione, molte di queste persone arrivano alla Open Clinic di Medici per i Diritti Umani Israele (PHR – Israele) a Tel Aviv-Jaffa per ricevere assistenza per le malattie e i traumi sofferti durante il viaggio. L’Open Clinic è un centro medico aperto gestito da medici volontari israeliani che fornisce cure mediche a persone sfornite di qualsiasi copertura sanitaria e s’impegna in un’azione di advocacy presso il governo israeliano per garantire una migliore protezione a rifugiati, richiedenti asilo, ed altri gruppi di migranti. Nei mesi scorsi, il personale della clinica ha rilevato un numero crescente di richieste di interruzione volontaria della gravidanza da parte di donne provenienti dal Sinai. Nelle conversazioni con i medici, molte donne hanno confessato di essere state violentate prima di entrare in Israele. Su un totale di 165 interruzioni volontarie di gravidanza seguite dalla clinica tra gennaio-novembre 2010, Medici per i Diritti Umani -Israele stima che la metà siano state richieste da donne violentate nel Sinai. Nello stesso periodo, 1.303 donne sono state sottoposte a trattamenti ginecologici, la maggior parte dei quali resisi necessari a causa delle violenze subite nel Sinai. Le difficoltà affrontate nel Sinai hanno anche provocato un aumento del numero di pazienti assistiti presso i servizi riabilitativi della Open Clinic. Nei primi 11 mesi del 2010, 367 persone sono state sottoposte a trattamento ortopedico e 225 a fisioterapia. Per raccogliere informazioni più precise sul cresente numero di casi di tortura, sequestro, stupro, abusi fisici e sessuali, PHR-Israele ha deciso di raccogliere in modo sistematico le testimonianze dei pazienti che arrivano in Israele attraverso il deserto del Sinai. Ad oggi, PHR-Israele ha intervistato un totale di 167 persone provenienti da Eritrea ed Etiopia, Sudan, Costa d'Avorio Leone, Somalia, Nigeria, Ghana, Congo e Sierra, tra cui 108 uomini e 59 donne. I primi risultati mostrano che i rifugiati eritrei ed etiopi subiscono le maggiori violenze e quindi ai fini del presente documento, le loro risposte sono state analizzate separatamente. Delle 13 donne che hanno accettato di rispondere alle domande circa episodi di violenza sessuale (22% del totale), il 38% ha risposto affermativamente. Se si eccettua la parte relativa alle violenze sessuali, la partecipazione alle interviste è stata elevata. I seguenti dati sono stati raccolti da 144 interviste. Il 77% dei rifugiati eritrei ed etiopi hanno raccontato di essere stati vittime di aggressioni fisiche, quali pugni, schiaffi, calci e frustate (rispetto al 63% di pazienti provenienti da altri paesi africani). Il 23% dei pazienti eritrei ed etiopi hanno riferito di aver subito bruciature, marchiature a fuoco, scosse elettriche, e sospensioni per le mani o i piedi. Nessun paziente proveniente dagli altri paesi ha raccontato di aver subito questo genere di torture. Il 94% degli eritrei ed etiopi ha riferito di essere stato privato di cibo e il 74% ha dichiarato di essere stato privato di acqua. Il fenomeno si è verificato anche tra gli altri rifugiati africani; l'80% è stato privato di cibo e il 53% è stato privato di acqua. Due settimane fa, il quotidiano israeliano Yediot Aharonot ha realizzato un approfondito reportage intitolato Desert Hell (Inferno Deserto) in cui PHR Israele denuncia le torture e gli abusi, ormai istituzionalizzati, subiti dai rifugiati (specialmente da quelli provenienti da Etiopia ed Eritrea), nel Sinai, durante il loro viaggio verso Israele . Secondo numerosi resoconti , gruppi di circa 200-300 eritrei sono portati nel Sinai, dove sono detenuti in container o aree recintate. I prigionieri sono sottoposti a tortura mediante percosse o bruciature, mentre i contrabbandieri chiamano i loro parenti chiedendo l’immediato trasferimento di denaro in cambio della garanzia per il rilascio e per il transito fino al confine con Israele. A causa delle ingenti somme richieste come riscatto, spesso sono necessarie settimane o addirittura mesi affinché i rifugiati possano raggiungere la frontiera. E’ durante questo periodo che le donne sono separate dal gruppo, detenute in ambienti appartati e sottoposte a ripetuti atti sessuali, abusi e stupri per mano dei loro rapitori. Lo scorso fine settimana, PHR-Israele ha raccolto nuove testimonianze che inducono a ritenere che la situazione nel Sinai stia diventando sempre più precaria. Mentre in precedenza alle vittime veniva richiesto di pagare tra i 2.500-3.000 dollari, attualmente la somma chiesta come riscatto è di 10.000 dollari. Secondo quanto è stato riferito a PHR-Israele da fonti vicine agli ostaggi attualmente sequestrati nel deserto, circa 220 persone sono attualmente detenute dai contrabbandieri in un 'campo di tortura' del Sinai. Al gruppo di 80 individui che sono arrivati un mese fa si sono aggiunti la scorsa settimana 140 profughi diretti verso Israele. Autore: red

Nessun commento: