sabato 4 dicembre 2010

GLI ERITREI OSTAGGI NEL DESERTO "AIUTATECI, STIAMO MORENDO"

Da "Il Corriere della Sera" di sabato 4 dicembre 2010 Esodo I trafficanti chiedono 8mila dollari per ognuno. La preghiera all`Italia Gli eritrei ostaggi nel deserto «Aiutateci, stiamo morendo» L`appello degli 80 profughi bloccati dai predoni del Sinai A deserto è lo stesso dell`esodo biblico. E sarà un caso che anche il pastore che cerca di condurre (a distanza) questo piccolo popolo di migranti fuori dalla prigionia si chiami Mosè. Don Mussie Zerai è un missionario eritreo in Italia, responsabile dell`ong Habeshia. Da giorni lancia l`allarme sulla sorte di un`ottantina di connazionali, prigionieri dei predoni del Sinai verso il confine con Israele. «Già da un mese vengono tenuti legati con le catene ai piedi come schiavi. Non hanno acqua per lavarsi, vengono picchiati e minacciati di morte se non pagano 8mila dollari ciascuno». Don Mosè (Mussie in eritreo) ha parlato con alcuni familiari che hanno ricevuto telefonate disperate da un punto indefinito del montuoso Sinai. Sulla carta è Egitto, in pratica è terra di nessuno, abitata da bellicose tribù beduine che sfidano spesso il potere del Cairo e hanno rapporti con Al Qaeda. Da quella terra che non conosce né legge né Google Earth è arrivato l`ultimo appello, lanciato da un giovane cui i sequestratori .hanno permesso di parlare a Radio Vaticana: «Siamo incatenati, in condizioni gravissime, da tre giorni non mangiamo. Vénite a sal varci» . Questa è la tattica di tutti i sequestratori, pirati somali o predoni del Sinai: «drammatizzare» la situazione dei prigíoníeri per ottenere il riscatto. Ma la storia di questi disperati eritrei non ha bisogno di forzature. Basta guardare una cartina. Le tacche del loro dramma sono le tappe di un peregrinare che li ha visti rimbalzare da un deserto all`altro. Imprigionati, cacciati, respinti. A cominciare dal Paese d`origine, ex colonia italiana diventata Stato totalitario (ignorato naturalmente dai dossier di Wikileaks) da cui chi può fugge. Verso dove? L`obiettivo primario è l`Europa, e per arrivarci si passa dalla Libia. I flussi di migranti si dividono e si ricompongono in un puzzle atroce che separa gruppi familiari. Così gli 8o eritrei prigionieri da un mese nel Sinai (tra loro ci sarebbero donne incinte) facevano parte del gruppo dei 255 che nel luglio di quest`anno hanno rischiato di morire di stenti nella famigerata prigione di Al Braq, nel sud della Libia. Alcuni nell`estate del 2oog avevano cercato invano il passaggio via mare verso l`Italia, prima di essere bloccati da vedette libiche e ricacciati indietro. «Questa situazione - ha ràccontato Don Mosè all`Unità e ad Avvenire - è anche frutto della chiusura delle frontiere dell`Europa. La politica dei respingimenti arricchisce i trafficanti che approfittano di chi fugge da guerre, persecuzioni, fame». Così i profughi del Corno d`Africa che cercano asilo politico. «non hanno alternative». Ritornare in Eritrea vuol dire farsi arrestare. E la Libia notoriamente non è un Paese per profughi. Approfittando di un`amnistia, i 255 eritrei del campo di Al Braq escono di galera. E si disperdono. Un gruppo di 8o qualche settimana fa riesce a parti- re per l`Egitto. Pagano ciascuno 2.000 dollari ai passatori che promettono di farli arrivare nel Sinai e da lì attraversare la frontiera con Israele. Il Sinai è forse più duro del Mediterraneo, meno ospitale delle tortughe somale. Gli squali sono più clementi dei predoni. Gli 8o eritrei in cammino finiscono nella rete, come altri migranti africani prima di loro: presi in ostaggio dalle tribù, caricati su autocisterne per il gasolio e trasportati in campi di detenzione fino a quando non sono in grado di pagare. Così seguendo le sorti degli eritrei don Mosè scopre che gli ostaggi nel deserto sarebbero in tutto 600, compresi somali, etiopi e sudanesi. «I trafficanti minacciano di asportare un rene a quelli che non possono pagare» denuncia il Mosè degli eritrei. Don Zerai ieri ha lanciato un appello al nostro governo e al Parlamento: «L`Italia non può stare a guardare mentre centinaia di persone rischiano lo sterminio». Michele Farina Da un deserto all`altro Prima la traversata fallita verso l`Europa. Poi la detenzione nelle prigioni libiche. Ora il nuovo incubo Esodo DESERTO DEL SINAI Secondo campo Mar di prigioni Medlfe.raneh ^:~ó LIBIA { II Cairo Sebah EGITTO Primo campo di prigionia D`ARCO [.]

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