giovedì 2 dicembre 2010

Profughi: orrore nel deserto

Quattro degli eritrei prigionieri dei predoni costretti all'espianto del rene per pagare i loro carcerieri. La tragedia dell'asilo negato. 02/12/2010 Le ultime notizie dal Sinai sono proprio quelle che non avremmo mai voluto sentire. Quattro dei profughi eritrei, da giorni nelle mani di banditi senza scrupoli, sono stati portati in ospedale. Non per fini umanitari, purtroppo, ma per asportare loro un rene, macabro biglietto per coltivare la speranza di una vita sempre più miserabile. Non si tratta di casi isolati. Al contrario, è un'eccezione il fatto che si sia venuti a sapere di questa ennesima tragedia. Il gruppo di 80 eritrei che si è messo in contatto con il Consiglio Italiano per i Rifugiati (CIR) e con padre Mussie Zerai dell'agenzia Habeshia, è solo una parte dei più di 600 migranti caduti recentemente nelle mani dei predoni durante il loro viaggio verso il Nord. Se si leggono i freddi dati statistici sembra che tutto vada bene. Nel nostro Paese, durante i primi sei mesi del 2010 solo 4.035 persone hanno presentato domanda d’asilo, rispetto alle 10.895 dello stesso periodo dell’anno scorso (dati Eurostat). Apparentemente le politiche di contenimento dell'immigrazione clandestina sembrerebbero un successo. Invece, il dramma del Sinai dimostra che la politica dei respingimenti in Libia è solo un modo per lavarsi le mani. Ma non certo la coscienza. Anche perché la maggior parte dei migranti respinti in questi ultimi mesi provengono dal martoriato Corno d'Africa. Mentre sono persone che, in altri Paesi, avrebbero avuto pieno diritto all'asilo politico. Eritrea e Somalia risultano, infatti, in cima alla lista delle nazionalità di coloro che hanno ottenuto lo status di rifugiato o la protezione sussidiaria. Secondo Christopher Hein, Direttore del CIR, “la drastica riduzione delle numero dei richiedenti asilo potrebbe essere una notizia positiva, se fossero venute meno le cause degli esodi dei rifugiati. O anche se ci fosse stato un netto miglioramento delle condizioni in Paesi di transito come la Libia. Purtroppo non è cosi”. E il Sinai trasformato in un inferno lo dimostra una volta di più. Gli 80 eritrei del Sinai provenivano proprio dalla Libia, dalla quale erano stati respinti in ottemperanza ad accordi internazionali come quello siglato con l'Italia. Il diritto internazionale, al contrario, proibisce decisamente i respingimenti in massa, perché occorre sempre poter valutare la presenza di soggetti deboli, come i profughi e gli scampati a guerre civili o a dittatori sanguinari. Per non parlare di donne gravide e minorenni. Molti degli eritrei respinti in questi mesi, invece, erano proprio giovani fuggiti dalla leve forzata imposte da uno dei Governi più repressivi del mondo. Il rapporto 2009 dell'organizzazione Reporters without borders colloca l'Eritrea al 175° e ultimo posto nella graduatoria mondiale della libertà di stampa, peggio della stessa Corea del Nord. La dittatura eritrea che agisce quindi pressoché indisturbata, senza che le informazioni trapelino all'esterno, dato che nessun giornalista straniero riesce a mettere piede da tempo nel Paese. Dove nel frattempo si è scoperta l'esistenza di ricchissimi giacimenti di oro, argento, zinco, rame, potassio, oltre al solito petrolio, sui quali le multinazionali hanno messo gli occhi. Proprio in questi mesi i primi impianti industriali sono stati completati per dar vita all'attività estrattiva intensiva. Dopo le generazioni di eritrei trasformati in bambini soldato per combattere l'Etiopia, adesso molti di quegli stessi giovani rischiano di trasformarsi in minatori schiavi. Una tortura che colpisce egualmente musulmani e cristiani, che sono all'incirca le due metà, le due anime del paese. I giovani se possono fuggono. Lo farebbe chiunque. Come lo hanno fatto quegli 80 profughi che speravano di passare in Libia, ma che sono stati respinti nel deserto, oggi maledetto, del Sinai, ostaggi dei moderni predoni. Sei di loro sono già stati assassinati. Agli altri è stato dato un ultimatum di poche ore per trovare denaro. Come se fosse facile nelle loro condizioni ottenere i circa 8 mila dollari richiesti. Nel frattempo si sta cercando di muovere la lenta macchina della diplomazia internazionale, sperando che possa intervenire su di un Egitto alle prese con una difficile transizione elettorale. Ma l'Europa fa sempre troppo poco. Come nel caso della cooperazione internazionale. Durante il Consiglio Affari Generali dell’Unione Europea del 15 dicembre 2005 i Governi si erano impegnati a raggiungere entro il 2010 lo 0,51% del rapporto tra Pil e aiuti per lo sviluppo (APS) e lo 0,70% nel 2015. Gli impegni sono stati quasi sempre disattesi. Il nostro Paese è uno di quelli rimasti più indietro nella politica della cooperazione internazionale: l’Italia ha raggiunto solo lo 0,22% nel 2008, decrescendo allo 0,17% nel 2009 e nel 2010, malgrado gli impegni presi durante i vari incontri internazionali. Non è banale dire che non resta altro che pregare. Così come cercare d'essere vicini a coloro che aiutano i migranti a non soccombere durante le loro peripezie. Il CIR sta facendo pressioni sul ministro Frattini, che forse verrà a riferire in Parlamento. Anche se i tempi dei calendari d'aula devono sembrare veramente biblici per chi ha alla tempia la pistola d'un predone nel deserto del Sinai. Ahmad Gianpiero Vincenzo

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