domenica 6 febbraio 2011

La politica degli indifferenti

di Luigi Manconi | tutti gli articoli dell'autore
Nel non avvento in acque calme/dove non muove foglia/niente accade né possa accadere/all’ intelletto impigrito. Nelo Risi *** Non si accende una fiaccola per metterla sotto il moggio» (Matteo 5,15). Provvidenzialmente, questa volta, la fiaccola non è stata messa sotto il moggio: alcune centinaia di persone l’hanno tenuta ben stretta, sulla scalinata del Campidoglio, il primo febbraio a Roma. Ma il rischio che quella luce, già non troppo potente, possa spegnersi, o ridursi a lumicino, c’è, eccome. Ed è per questa ragione che vale la pena parlare ancora di quella manifestazione «Per i profughi del Sinai», promossa da Cir, A Buon Diritto, Centro Astalli e agenzia Habeshia. Qui è d’obbligo una premessa. Non credo, di soffrire di quella forma, sottile e insidiosa, di “narcisismo etico” che induce chi ne è affetto a pensare che ciò di cui si interessa (e che lo appassiona) “valga” più di quanto interessa ( e appassiona) altri. E parlo di temi di politici, conflitti sociali, battaglie culturali. Dunque, non penso che, ciò per cui mi do da fare, sia “più importante” di ciò per cui si danno da fare altri. Tuttavia, l’isolamento e il silenzio fin’ora riservati a quei profughi dovrebbero rendere la mobilitazione per salvare loro la vita, una priorità morale e politica. E infatti dal 20 novembre scorso circa 250 infelici, provenienti dal Corno d’Africa, si trovano nelle mani di una banda di predoni nel deserto del Sinai in territorio egiziano. Molti di essi, presumibilmente, sono stati trasferiti altrove o venduti ad altri trafficanti; 8 sono stati uccisi e altri 4 hanno subito l’espianto forzato di un rene; tutti gli altri attendono incatenati e affamati, che parenti ed amici raccolgano il denaro necessario per salvare loro la vita. Ciò nell’inerzia della Comunità internazionale e delle istituzioni. Il comitato per i diritti umani della Commissione Esteri della Camera ha svolto un’audizione; il senatore Pietro Marcenaro ha presentato un’interrogazione; il governo italiano è intervenuto presso le autorità egiziane e la Comunità europea: ma nella mozione approvata dall’Europarlamento la richiesta di assistenza per quei profughi non è accompagnata da alcuna proposta di iniziativa concreta a loro tutela; il ministro Frattini ha risposto con una lettera non distratta alle sollecitazioni delle organizzazioni umanitarie senza che la cosa avesse alcun seguito. Tutto qui o poco più. Nel frattempo in Egitto è successo ciò che è successo: e, dunque, la vicenda di alcune centinaia di profughi viene ulteriormente sopraffatta dal rumore di avvenimenti tanto dirompenti da risultare decisivi per gli equilibri geopolitici dell’intera area. E così alla fiaccolata di martedì scorso hanno partecipato quei non tantissimi cittadini, informati tramite il web e volontari e militanti dell’associazionismo attivo nella tutela dei diritti umani. Dei circa mille parlamentari, ripetutamente invitati a partecipare, erano presenti - salvo errori - tre: Paola Binetti, Savino Pezzotta, Jean Leonard Touadi. A un precedente appello, redatto da don Moses Zerai, sacerdote eritreo che funge da tramite per i sequestrati, hanno aderito oltre quelli citati, i seguenti parlamentari: Matteo Mecacci, Rita Bernardini, Livia Turco, Luigi Zanda, Benedetto Della Vedova, Gennaro Malgieri, Guido Melis, Marco Perduca, Flavia Perina, Renato Farina (e non credo di dimenticare alcuno). Non tantissimi vero?Aggiungo di aver misurato con mano quanto la questione fatichi a trovare ascolto e di aver constatato come tutte le iniziative intraprese si scontrino con una distratta inerzia e con una scettica accidia. Come spiegarlo? Per quanto detto all’inizio,sono consapevole che tutti abbiano “le mille cose da fare” ( Luigi Tenco) e seriamente penso che siano tutte o quasi importanti. Ma c’è altro. Anche i i profughi del Sinai sono vittime dell’epopea del berlusconismo e del suo declino. La “invasione dell’ultracorpo” di Silvio Berlusconi nello spazio pubblico ha reso, in qualche modo, tutto “secondario”. E, poi, i migranti, i profughi, i richiedenti asilo, i fuggiaschi, gli esuli, i rifugiati appartengono,tutti, a quella categoria generica , e crudelmente falsa di “clandestini”, considerati - al miglio - in un’ottica fuorviante. Ovvero con un atteggiamento pietistico, solidaristico, umanitaristico. Tutti concetti che, pur dotati di una robusta radice di valore, tendono a richiamare più la dimensione delle emozioni e dei sentimenti che quella delle garanzie e dei diritti. Nel migliore dei casi, “roba da Caritas” e non da politica, sia nella sua forma istituzionale sia in quella militante. A me ciò appare uno dei i più tragici errori, che possiamo commettere.Un errore che indebolisce i diritti e rende miserevole la politica.
3 febbraio 2011

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