lunedì 14 marzo 2011

Sequestrati e torturati nel Sinai: l'odissea dei rifugiati eritrei

Nunzia Bossa*

profughi nel desertoMentre il nostro Paese si arrovella su un dibattito che ruota intorno ad un presunto allarme invasione, riferito agli avvenimenti che stanno interessando il grande Maghreb, l’Associazione Medici per i Diritti Umani (Medu) denuncia l’atroce odissea di 284 richiedenti asilo, in viaggio attraverso il Sinai verso Israele, fatti prigionieri e trattenuti da gruppi di trafficanti in veri e propri campi di tortura nella zona di El-Arish.

Una storia che, con il passare dei giorni, sta assumendo contorni sempre più drammatici. Per il rilascio di ogni prigioniero, i trafficanti richiedono riscatti di migliaia di dollari - segnala l’Associazione Medu - I metodi utilizzati per esercitare pressione sui parenti dei prigionieri, affinché paghino il riscatto, sono violenze e torture continue sugli ostaggi. K. dall’Eritrea, per 51 giorni nel Sinai, ha dichiarato: “Coloro che non potevano pagare sono stati chiusi in un container, in catene, e picchiati costantemente. Quattro di quelli tenuti nel container sono morti, compresi dei bambini”. I trafficanti telefonano ai parenti per fargli sentire le grida di dolore dei propri cari, e ‘invitarli’ a pagare il riscatto. Se possono. I sopravvissuti hanno denunciato l’uso sistematico della violenza: sono stati presi a pugni, schiaffi, calci e frustate. C’è chi è stato sepolto vivo nella sabbia, chi ha subito scosse elettriche, chi è stato sospeso in aria a testa in giù, altri hanno subito ustioni con spranghe di ferro incandescente. Non sono mancati gli abusi sessuali e gli stupri. La giovane M. ha portato la sua testimonianza: “Sono stata violentata ripetutamente nel Sinai, sotto la minaccia delle armi, per cinque mesi. Sono rimasta incinta. Quando sono arrivata in Israele, sono stato mandata in un istituto penitenziario. Ero depressa e ho minacciato di suicidarmi se non mi avessero permesso di abortire. Quando sono stata rilasciata, sono andata alla Open Clinic di PHR-Israele”. A Tel Aviv- Jaffa, i volontari della Open Clinic di Physicians for Human Rights curano circa 700 persone prive di status amministrativo ogni mese. Sono loro che hanno notato le ferite e i traumi subiti dai richiedenti asilo provenienti dal Sinai, e hanno fatto scattare l’allarme. A dicembre 2010, PHR-Israele ha pubblicato un rapporto in cui vengono descritte le atrocità subite in viaggio dai rifugiati e richiedenti asilo eritrei provenienti dall’Egitto. Il rapporto è stato redatto sulla base dei colloqui con i pazienti della Open Clinic. Durissime le testimonianze, di cui abbiamo riportato più su soltanto alcuni brevi estratti. Medu, in questi giorni, si è unito a PHR-Israele per chiedere ai rappresentanti della comunità internazionale, in accordo con le competenti autorità egiziane, di localizzare e liberare i rifugiati e richiedenti asilo ancora prigionieri e in attesa di riscatto. Le associazioni hanno anche chiesto di assicurare, dopo il rilascio, una soluzione organica per la protezione di queste persone, nonché di agire presso le forze armate egiziane per porre fine alla loro pratica di colpire i rifugiati che attraversano il confine dall'Egitto a Israele. *Articolo pubblicato su Terra dell'11 marzo 2011

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