lunedì 30 maggio 2011

Incontro informale con il Commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa, l'on. Thomas Hammarberg



Venerdì 27 maggio 2011 alle ore 18.30 ha avuto luogo l'incontro previsto con il commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa, l'on. Thomas Hammarberg.
Ha voluto informarsi sulla situazione degli ostaggi del Sinai; gli ho chiesto di impegnarsi in sede europea per una soluzione rapida di questo problema. Ho chiesto, inoltre, che il Consiglio d'Europa e la Commissione Europea ci aiutino a coinvolgere l'INTERPOL nelle lotta contro i trafficanti e i loro complici.
Ho informato il commissario sulla grave situazione dei nostri profughi in Tunisia, sollecitandolo a chiedere la loro immediata evacuazione verso paesi europei, USA, Canada e Australia.
Ho descritto le difficoltà che stanno vivendo i nostri profughi in Israele, compresa la grave questione dei respingimenti nel deserto del Sinai da parte dello stato di Israele. 
Ho fatto presente anche le terribili condizioni nelle carceri egiziane, chiedendo di fare pressione sul regime egiziano perché dia l'accesso, nelle sue carceri, all'UNHCR, OIM, AMNESTY, HRW e ad altre organizzazioni umanitarie, che potrebbero verificare le reali condizioni dei profughi detenuti, e accogliere le loro richieste di asilo politico.
Ho denunciato al commissario le pessime condizioni dei profughi a Malta; ho descritto le gravissime inadempienze dell'Italia nel suo sistema di accoglienza, che non garantisce nessun tipo di accompagnamento verso un'integrazione socio-lavorativa. 
Manca tutto il sostegno di assistenza sociale (la casa, il sussidio): quindi il profugo si trova totalmente abbandonato; per questo ho chiesto al commissario di farsi promotore della sospensione dell'accordo Dublino II, in base al quale chi ha chiesto asilo non può andare a chiedere nuovamente asilo in altri paesi del nord europa. La sospensione di questo accordo permetterebbe a molti profughi di andare nel nord europa, dove troverebbero un'accoglienza molto più dignitosa, una reale protezione internazionale: cose che oggi l'Italia non offre. 
Ho anche accennato all'emergenza che sta venendo fuori nello Yemen con il rischio che si ripeta ciò che si è verificato in Libia: profughi eritrei che temono per la loro vita.
Infine ho chiesto l'impegno della cooperazione internazionale europea nel sostenere dei progetti per creare delle attività nei campi profughi in Etiopia e Sudan (che rendano meno disperata l'attesa di un programma di reinsediamento o di un ricongiungimento familiare), creare delle scuole per le migliaia di bambini che sono nei campi profughi, dando anche così la possibilità occupazionale a centinaia di giovani insegnanti che sono presenti tra di loro.
Abbiamo parlato anche di tutta la situazione attuale in Eritrea.
Il commissario mi ha assicurato che farà tutto il possibile per aiutarci nella ricerca di soluzioni ai molteplici problemi che gli ho segnalato. 

don Mussie Zerai
Presidente dell'Agenzia Habeshia
per la Cooperazione allo Sviluppo

giovedì 26 maggio 2011

Emergenza Massacro di Profughi in Tunisia




Da giorni brucia il campo profughi di Choucha a circa 25 km dalla città di Ras Ajdir, vicino al confine con la Libia, dove avevano trovato rifugio migliaia di profughi Africani fuggiti da Tripoli, tra cui molti eritrei, etiopi e somali. 
Questo campo profughi nasce in un posto inadatto, senza le necessarie precauzioni ed attenzioni, per la tutela dei gruppi più vulnerabili come donne e bambini. Mesi fa abbiamo già segnalato che in queste condizioni sarebbero sorti problemi; che ben presto si sarebbe manifestata l'intolleranza della popolazione locale.
Ieri mattina si sono presentati centinaia di cittadini tunisini e libici, che hanno dato fuoco alle tende dei profughi, massacrando di botte centinaia di Africani; quest'ultimi stavano manifestando contro le condizioni di vita nel campo e chiedevano una soluzione più rapida dei loro problemi. Il governo tunisino, che doveva garantire la sicurezza del campo, non ha rispettato i suoi impegni, anzi testimoni raccontano che diversi soldati sparavano contro i profughi che tentavano di difendere le loro tende, che venivano tagliate e incendiate  dai tunisini.
La comunità internazionale deve chiedere al governo tunisino la protezione dei campi, nel rispetto dei profughi che in queste ore, a migliaia, sono in balia di gente che li assale dando fuoco alle loro tende, mandando centinaia di persone in ospedale vittime di pestaggi; già si parla di centinaia di morti in questi giorni di rivolta. La comunità internazionale è responsabile per la vita di tutte queste persone che si sono affidate alle organizzazione internazionali, presenti nel campo profughi. Chi ha dato l’ordine ai militari di sparare contro i profughi Africani? La comunità internazionale mediante suoi rappresentanti deve farsi carico e chiarire le responsabilità e soprattutto garantire la massima protezione ai profughi.
Chiediamo che venga attuato il più presto possibile un piano di evacuazione dei profughi dalla Tunisia verso paesi che sono in condizione di offrire la protezione internazionale.



don Mussie Zerai
Presidente dell'Agenzia Habeshia
per la Cooperazione allo Sviluppo

mercoledì 25 maggio 2011

Refugees from Libya attacked in Tunisian desert

Hundreds who fled Gaddafi regime left without shelter as locals ransack and burn down refugee camp
 
 
Refugees attacked in Tunisia  
Refugees gather near burnt tents at a camp in Choucha, Tunisia. Photograph: Anis Mili/Reuters
More than 1,000 migrants who fled fighting in Libya have been left without shelter in the Tunisian desert after locals burned down and looted a refugee camp on the country's border, witnesses have claimed.
At least five people were wounded when Tunisian soldiers opened fire on migrants fleeing Tuesday's attack on the UN-managed Choucha camp near the main crossing with Libya at Ras Ajdir, said Alganesc Fessaha, an Eritrean doctor who treated the victims.
The attack, which left around 1,500 residents without shelter, reflected growing resentment among locals against the migrants, mainly foreign workers from Eritrea, Somalia and the Ivory Coast.
Tensions between the two groups came to a head after refugees blockaded the road to the border to protest against being held in the camp, 4 miles from the border.
Locals then attacked the protesters with clubs and iron bars before Tunisian troops fired tear gas and warning shots in attempt to break up the fighting.
But a mob of about 300 Tunisians then attacked the camp, burning down about half the tents, Fessaha told the Guardian.
"Eritreans fleeing from the camp as it burned were beaten by locals lined up and waiting with iron bars," said Fessaha, who was also attacked as she entered the camp.
Fessaha was treating the gunshot wounds of five Sudanese men who said they had been shot by Tunisian soldiers.
"The soldiers shot at us as we fled the camp," said Abu Bakr Osman Mohammed, 39, who spent three years working in Libya and two in jail for illegal immigration before escaping as the conflict started.
"It is a miracle no one was killed," said Father Sandro De Pretis, an Italian priest based in Tripoli who is involved in the aid operation.
"They came in daylight, well organised, and army did nothing to protect the camp dwellers and may have even provided an escort as the locals burned what they could not steal. Something has to be done now for these migrants stranded in the sand."
De Pretis said the attack marked a change in the mood of Tunisians, who have hitherto offered hospitality to refugees streaming over the border , even as they struggle to rebuild their own economy after this year's popular uprising.
After first hosting Pakistanis and Bangladeshis who have now been repatriated, Choucha is now home to 3,300 Africans – including dozens saved from a leaking boat as they tried to make the perilous sea crossing to Italy earlier this month.
"At first the Tunisians brought food to the refugees but yesterday they were out of their minds," said De Pretis.
Father Mosés Zerai, the head of an asylum seekers organisation in Italy, said tensions in the camp had risen after a group of Sudanese men tried to rape an Eritrean woman last week.
"The Eritreans defended the girl and the Sudanese burned down their tents in revenge," he said.
Four Eritreans died on Sunday night as 21 tents burned down, triggering demonstrations over conditions in the camp.
Zerai said the road block was led by West Africans, including Nigerians, who are less likely to be granted asylum status and feared they would be repatriated. "They were already unhappy but after the first fire their anger exploded," he said.
Two people reportedly died in the first clashes with locals on the road on Monday.
"The protest was very stupid, since it halted commercial activity," said De Pretis. "The army did nothing and the locals took the law into their own hands."
Threats by the West Africans then prompted the UN to withdraw all its staff from the camp on Monday with one UN official describing a "general atmosphere of lawlessness in the camp."
"When the Tunisians came, the UN wasn't there," said De Pretis.
On Wednesday, officials were counting the wounded and rounding up families without shelter as apparent calm returned to the camp. Tunisian defense minister Abdul-Karim al-Zubaidi toured the camp as the police and military presence was beefed up.
"On Tuesday night, all the 3,000 or so people in the camp, even those who still had shelter, slept outdoors because they were terrified of being burned alive in their tents," said Fessaha.
Staff from the UN's refugee agency who were touring the camp on Wednesday could not be reached for comment. In Geneva, spokeswoman Sybella Wilkes said "There is a large group of refugees in the camp who have gone through hell and that is now being compounded by their insecure position there."
But according to De Petris, the return of UN staff had done little to reassure the camp's inhabitants.
"There are plenty of women and children here and we are out in the desert," said Fessaha. "You just have to say hello and you get a kilo of sand in your mouth."
http://www.guardian.co.uk/world/2011/may/25/libya-refugees-gaddafi-regime-attacked

Refugees hostage for 11 months forgotten by the international community

I spoke this morning with a group of Eritreans and Ethiopians are hostages in nine people including a boy of 15 years. They told me that in 11 months they lost their 12 comrades who died under torture with electric shocks, the last to die a week ago a24 year old Ethiopian boy named Tesfaldet Aregawi.
They say they are in the midst of an orchard and houses of the trafficker, not far from the border with Israel, to the point ofview the known boundary of the red lights flash to signal danger. Some of them say they were taken by the trafficker whoattacked a police station in the Sinai. Who has sold to a man raiders Eritrean who is in Sudan, which pretends to give hospitality to the poor fellow lost or resources to pursue their journey, and he went to see the boy of 15 years for traffickers, as well as a man 62 year old father came to Sudan to seek one of her children and ended up in this trap known as YohannesEritrean (Wedi Batsi), resides in Sudan has good relations with traffickers Rashiaida ethnicity, with complicity of a few bad apples Sudanese police. 
More efforts are needed international authorities, particularly the Egyptian, Sudanese to clear the traffic in human beings from their territories. 

Fr. Mussie Zerai
Presidente dell'Agenzia Habeshia
per la Cooperazione allo Sviluppo

Profughi in ostaggio da 11 mesi dimenticati dalla Comunità internazionale


Ho parlato stamattina con un gruppo di ostaggi eritrei ed etiopi: sono in 9, tra cui un ragazzino di 15 anni. Mi hanno raccontato che in 11 mesi sono morti 12 loro compagni  a causa delle torture subite; ultimo a morire, una settimana fa, un ragazzo etiope di 24 anni: si chiamava Tesfaldet Aregawi.
Gli ostaggi dicono di trovarsi in mezzo ad un frutteto, tra le case del trafficante, non sono lontani dal confine con Israele: riescono, infatti, a vedere le luci rosse del confine, che lampeggiano per segnalare pericolo. Alcuni di loro raccontano di essere stati presi dal trafficante, che ha assaltato una stazione di polizia nel Sinai. Sono stati venduti ai predoni da un uomo eritreo che si trova in Sudan, il quale finge di dare ospitalità ai connazionali smarriti o troppo poveri per proseguire il proprio viaggio; è stato sempre lui a vendere il ragazzino di 15 anni ai trafficanti, così come un uomo di 62 anni, padre di famiglia, andato in Sudan per cercare uno dei suoi figli e finito nella trappola di questo eritreo. Quest'ultimo è  conosciuto come Yohannes (Wedi Batsié), risiede in Sudan, ha buoni rapporti con i trafficanti di etnia Rashiaida, e la complicità di alcune mele marce della polizia Sudanese.
Serve maggior sforzo da parte delle autorità internazionali, in particolare le autorità egiziane, Sudanesi per cancellare il traffico degli esseri umani che avviene nei loro territori.

don Mussie Zerai
Presidente dell'Agenzia Habeshia
per la Cooperazione allo Sviluppo

domenica 22 maggio 2011

Sinai: guardia di confine egiziana spara a profuga eritrea

Sabato scorso la polizia militare egiziana ha sparato a una donna eritrea che tentava di superare il confine con lo Stato di Israele. La donna era appena stata liberata da un banda di trafficanti, vicino al tratto di confine due chilometri a sud di Kerem Shalom. Le autorità egiziane hanno dichiarato all’agenzia Ma’an che la donna non avrebbe avuto documenti in regola e non si sarebbe fermata all’alt intimatole da un agente. La profuga è stata condotta presso un ospedale per essere curata, dopodiché sarà incarcerata per “immigrazione illegale” e quindi deportata in Eritrea. Attualmente l’Egitto è governato da un consiglio militare e i cittadini, sia stranieri che di nazionalità egiziana, vengono incriminati e incarcerati senza alcun processo. Come ha recentemente denunciato l’organizzazione Coalit, “Gli attivisti per i diritti umani egiziani sospettano che migliaia di cittadini egiziani vengano imprigionati e processati da tribunali militari, spesso a porte chiuse, da quando il presidente Hosni Mubarak è stato estromesso dal potere, lo scorso 11 febbraio”.

Tunisia: incendio campo profughi, morti

La tendopoli di Choucha ospita migliaia di rifugiati

22 maggio, 16:11
http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/mondo/2011/05/22/visualizza_new.html_846907610.html 
(ANSA) - TUNISI, 22 MAG - Quattro eritrei sono morti in un incendio scoppiato in un campo profughi in Tunisia, vicino al confine con la Libia. Lo hanno reso noto le forze di sicurezza, aggiungendo che il tragico incidente ha causato la protesta dei rifugiati che lamentano le pessime condizioni della tendopoli.

Nel campo di Choucha, a sette chilometri dalla frontiera libica, sono ospitate migliaia di persone di diversa etnia, fuggite dalle violenze in Libia. Almeno 21 tende sono state distrutte dalle fiamme. (ANSA).

martedì 17 maggio 2011

LIBIA: A CENTINAIA RITORNANO PER IMBARCARSI VERSO L’EUROPA

UNHCR

Briefing bisettimanale alla stampa
17 maggio 2011
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Libia: a centinaia ritornano per imbarcarsi verso l’Europa
Si contano ormai a centinaia le persone - fuggite le scorse settimane dalla Libia verso Tunisia ed Egitto - che sono rientrate nel paese con l’intenzione di imbarcarsi per l’Europa. Tra loro vi sono anche rifugiati, come i membri delle comunità somala, etiopica ed eritrea che si trovano nei campi di Shousha, nei pressi del confine libico-tunisino.
 
L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) prosegue nei suoi colloqui con queste comunità, cercando di evidenziare loro i rischi che le traversate possono comportare, oltre a quelli che si corrono attraversando la frontiera libica. Lo scorso mese di marzo l’UNHCR aveva appreso dalla stessa comunità somala nel campo di Shousha che due cittadini somali erano stati uccisi in Libia dopo essere rientrati nel paese, attraversando il confine dalla Tunisia.
 
Finora sono circa 14.000 le persone arrivate via mare dalla Libia in Italia e a Malta. Di queste, 1.669 sono sbarcate tra venerdì e sabato. In base alle testimonianze di sopravvissuti e famigliari, sarebbero oltre 1.200 le persone disperse a partire dallo scorso 25 marzo.
 
L’UNHCR ha incontrato anche a Tripoli rifugiati che hanno in programma di intraprendere questo pericoloso viaggio. Sono pienamente consapevoli dell’alto tributo di vittime che viene spesso pagato, ma dicono anche di non avere niente da perdere. Preferirebbe morire cercando di raggiungere un posto sicuro - dice un uomo eritreo agli operatori dell’Agenzia - piuttosto che continuare a vivere in questa situazione di pericolo. Molti hanno vissuto in Libia per anni, hanno dovuto affrontare anche la detenzione e sono originari di paesi come Eritrea e Somalia dove non è possibile tornare in sicurezza.
 
Basandosi anche su colloqui con persone arrivate in Italia, l’UNHCR ritiene che saranno ancora migliaia le persone che cercheranno di attraversare il Mediterraneo. La maggioranza di loro naviga su imbarcazioni in pessime condizioni e sovraccariche di passeggeri. Spesso poi non c’è un equipaggio specializzato nel condurre i natanti. Questo non fa che moltiplicare i rischi. L’Alto Commissariato pertanto reitera il proprio appello a tutte le navi che solcano il Mediterraneo affinché considerino tutte le imbarcazioni che partono dalla Libia come bisognose di assistenza e che in qualsiasi momento del viaggio potrebbero facilmente trovarsi in difficoltà.
 
L’UNHCR auspica di poter al più presto ristabilire una presenza internazionale in Libia occidentale. Al momento lo staff locale dell’Agenzia e le agenzie partner sono impegnati in progetti volti all’assistenza dei rifugiati e richiedenti asilo. L’UNHCR ha in programma di estendere quest’assistenza per cercare di alleviare le difficoltà che molti rifugiati devono sopportare. Con la partenza degli stranieri e il collasso dell’economia libica - dicono molti di loro - anche la mera sopravvivenza è diventata una lotta.
 
Team di operatori dell’Alto Commissariato sono impegnati in Egitto e Tunisia nell’intervistare richiedenti asilo e rifugiati e valutare le loro domande. Quando possibile li segnalano per il reinsediamento in paesi terzi. Con grande tristezza l’UNHCR ha appreso che – a seguito di interviste avvenute lo scorso anno in Libia – persone che erano state avviate nella procedura di reinsediamento hanno recentemente perso la vita nel tentativo di raggiungere l’Europa. Nell’ambito delle interviste viene assegnata priorità alle persone la cui procedura di reinsediamento è già avviata e ai casi vulnerabili.
 
Saranno 6.000 le persone che nei prossimi mesi - secondo le stime dell’Agenzia - avranno bisogno di essere reinsediate dalle frontiere di Egitto e Tunisia, oltre a circa 2.000 dal Cairo. Finora 11 paesi di reinsediamento hanno messo a disposizione 900 posti. Oltre a questi, gli Stati Uniti hanno offerto un numero di posti significativo ma non specificato.


Per ulteriori informazioni: 
Ufficio stampa -- 06 80212318 -- 06 80212315
Portavoce: Laura Boldrini -- 06 80212315 -- 335 5403194
www.unhcr.it

lunedì 16 maggio 2011

L'accordo di Dublino II è da rivedere

"FRIBURGO - Una richiedente asilo eritrea di 21 anni si è gravemente ferita lunedì mattina all'alba a Friburgo tentando di sfuggire alla polizia. La donna, che avrebbe dovuto essere rinviata in Italia, si trovava sul balcone quando ha visto arrivare un agente, è salita sul parapetto e si è gettata nel vuoto da un'altezza di nove metri. È stata ricoverata in elicottero all'ospedale universitario cantonale vodese, a Losanna, precisa un comunicato della polizia."

Questi fatti accadono perché ci sono paesi come Italia, Grecia, Malta che non hanno uno standard di accoglienza dignitoso per i rifugiati. Molti rifugiati tentano di andare nel nord Europa, perché in Italia molti di loro sono costretti a vivere in case fatiscenti, in delle vere e proprie baraccopoli come quella di Ponte Mammolo. Lo stato dovrebbe offrire loro una protezione che non sia solo sulla carta, ma fatta di progetti di integrazione reale, alloggio, sussidio fino a quando il rifugiato riesca ad entrare nel mercato del lavoro. Cosi come avviene in tutti paesi del nord Europa.

Come questa ragazza, ci sono centinaia di persone che ogni giorno lasciano l'Italia, per tentare di trovare un paese che garantisca loro una protezione reale, un' accoglienza dignitosa, che non li costringa a fare la fila davanti alla mensa della Caritas o del Centro Astalli. 
Serve la sospensione immediata dell'accordo di Dublino II, verso i paesi che non hanno lo standard Europeo di accoglienza e di integrazione del rifugiato; come nel caso dell'Italia, della Grecia e di Malta.

don Mussie Zerai

domenica 15 maggio 2011

L’odissea infinita degli ostaggi Eritrei ed Etiopi nel Sinai

Questa mattina mi hanno chiamato dal Sinai i tre gruppi di ostaggi; raccontano il loro dramma di persone tenute in condizioni di schiavitù, costrette a contattare parenti e amici chiedendo aiuto in denaro, per pagare il riscatto ai predoni che li tengono in ostaggio.

http://www.bbc.co.uk/news/world-middle-east-13388039


Up to 400 people, mainly Eritreans, are being held for ransom by people-traffickers

Eritreans have been trying to cross from Egypt to Israel in large numbers

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in Egypt's Sinai desert, a Catholic priest has told the BBC.

sabato 14 maggio 2011

Refugee rights activist rejects NATO's denial of abandoning migrants at sea

http://www.maltatoday.com.mt/news/world/refugee-rights-activist-rejects-nato-s-denial-of-abandoning-migrants-at-sea

By Karl Stagno-Navarra



Migrants rights activist Fr. Moses Zerai (Photo: Ray Attard/MediaToday)

NATO has denied a report claiming its military units failed to save dozens of migrants fleeing north Africa by boat which had been adrift in the ocean for 16 days, leading to the deaths of 61 people.

Eritreans 'being tortured in Egypt's Sinai for ransom'

Eritrean migrants in Sinai safe house
Up to 400 people, mainly Eritreans, are being held for ransom by people-traffickers in Egypt's Sinai desert, a Catholic priest has told the BBC.
Father Mussie Zerai, who heads a Rome-based refugee charity, says they are tortured and forced to phone relatives for ransoms of up to $10,000 (£6,000).
He said one hostage told him a 24-year-old Eritrean man had recently died after electric shock torture.
Appeals for action to the authorities in Egypt have gone unheeded, he said.
"Many, many, many times I have talked with the Egyptian ambassador here in Italy," he told the BBC.
BBC Africa analyst Martin Plaut says this testimony has been supported by an Israeli group, Physicians for Human Rights, which has documented the evidence of torture on 300 Eritreans who survived a similar ordeal.
Migrants are usually attempting to cross the desert from Egypt to Israel.

LIBIA: LA TESTIMONIANZA DI UN NAUFRAGO

UNHCR
 
Briefing bisettimanale alla stampa
13 maggio 2011

- LIBIA: LA TESTIMONIANZA DI UN NAUFRAGO
********************
Ieri mattina il personale dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) ha incontrato tre uomini etiopici di etnia oromo, i quali hanno affermato di far parte dei soli nove sopravvissuti di un’imbarcazione con 72 persone a bordo, salpata da Tripoli lo scorso 25 marzo.
 
La barca di 12 metri, con destinazione Europa, era carica all’inverosimile - racconta uno di loro agli operatori dell’Agenzia - al punto che vi era a malapena lo spazio per stare in piedi. Una volta esaurito il carburante, come anche acqua e cibo, il natante ha iniziato a vagare alla deriva per due settimane prima di raggiungere una spiaggia libica.

venerdì 13 maggio 2011

Rapporto situazione dei profughi a Malta


Dal 05 maggio 2011 fino al 09 maggio 2011 ho visitato i Profughi Eritrei ed Etiopi, arrivati dalla Libia a Malta negli ultimi due mesi.
La prima cosa che ho notato sono le persone rimaste traumatizzate, per tutto quello che hanno subito in Libia e passato in mare,  ma soprattutto per l’esperienza vissuta sull’isola; infatti dopo il danno la beffa: arrivati a Malta queste persone sono state messe in carcere senza avere nessuna colpa. L'impatto con le carceri maltesi é molto forte: i profughi arrivano sperando di trovare protezione, invece vengono puniti attraverso la reclusione per settimane o mesi.

Report the situation of refugees in Malta




Since May 5, 2011 until May 9, 2011 I visited the Eritrean and Ethiopian refugees have arrived in Malta in the past two months, from Libya.

giovedì 12 maggio 2011

Nuove prove sulle omissioni Nato

http://www.ilmanifesto.it/archivi/fuoripagina/anno/2011/mese/05/articolo/4604/ 
Stefano Liberti



Dopo lo scoppio dello scandalo, la Nato si difende. Travolta dalle accuse suscitate dall'articolo del Guardian, che ha rilanciato le rivelazioni uscite il 15 aprile scorso sul manifesto sulla storia dei 63 migranti lasciati morire di fame e di sete in mezzo al mare da navi militari e da un elicottero, l'Alleanza atlantica si mette sulla difensiva. 
Interrogato sulla vicenda, un portavoce del comando militare di Napoli sostiene di non «aver mai ricevuto alcun riferimento a questo sfortunato incidente da parte delle unità sotto comando Nato». Nella sua riposta scritta, lo stesso portavoce afferma che «tutte le unità Nato sono consapevoli delle responsabilità che hanno rispetto alle leggi internazionali del mare riguardo al salvataggio di vite umane». Per rafforzare questa affermazione, il comando militare di Napoli segnala che «la notte tra il 26 e il 27 marzo scorso, diverse unità navali della Nato sono state impegnate in due operazioni di salvataggio in mare nella regione».

Migrant workers fleeing Libya risk lives on smuggling boats


Father Moses Zerai 











More vessels are becoming stranded in the Mediterranean, and the death toll is climbing. Some refugees say they were forced onto rickety boats by Libyan soldiers, who rebels say want to use the flood of migrants as a form of retaliation against Italy and France.http://www.latimes.com/news/nationworld/world/la-fg-libya-migrants-20110512,0,2593977.story?page=1

Eritrean priest Moses Zerai, 36, speaks by phone in March with refugees aboard a boat trying to reach the Italian coast in his office at the Vatican. (Vincenzo Pinto, AFP/Getty Images / May 12, 2011)


mercoledì 11 maggio 2011

The drama of the 63 refugees died of hunger and thirst in the Mediterranean for the negligence of someone


We demand truthand justice, not the usual buck-passing between different institutions or countries. The testimony of one of the survivors thatyou can listen to this link, which was picked up by the Swiss radio.



Need a survey does not cover up for all but a face full light on this terrible story. Also in the interest of NATO, EU to clarifythis matter, what is happening in the Mediterranean in recent months? Who are these soldiers who are all migrants said they hadseen and met their military vessels. Many say that they have not received aid as in the case of this boat with 72, another boatthat has wandered for ten days at sea with 170 people on board which then landed in Malta, with a corpse of a Nigerian womanpregnant.
Survivors say that this boat has seen many military ships in the Mediterranean without anyone's help. 
The humanitarian mission of NATO in what way? Only in throwing bombs at tanks Gaddafi or protect civilians fleeing the war inunderway in Libya, and so these refugees who are fleeing from the same war.


Fr. Mussie Zerai
Presidente dell'Agenzia Habeshia
per la Cooperazione allo Sviluppo

Il dramma dei 63 profughi morti di fame e di sete nel mediterraneo per negligenza di qualcuno.


Chiediamo verità e giustizia, non il solito scarica barile tra le varie istituzioni o nazioni. Nel link sottostante è possibile ascoltare la testimonianza di uno dei sopravvissuti, raccolta dalla radio Svizzera.


Serve un'inchiesta non per insabbiare tutto, ma che faccia piena luce su questa vicenda terribile. E' nell'interesse sia della NATO, sia dell'UE chiarire questa vicenda: cosa sta accadendo nel Mediterraneo in questi mesi ? Di chi sono questi mezzi militari che tutti i migranti hanno detto di aver visto e incontrato? Molti raccontano che non hanno ricevuto aiuto: come nel caso di questo gommone con 72 persone o di un' altra imbarcazione che ha vagato per 10 giorni in mare con 170 persone a bordo, poi approdata a Malta, con il cadavere di una donna Nigeriana in stato di gravidanza;  i sopravissuti di questo barcone raccontano che hanno visto molte navi militari nel Mediterraneo senza che nessuno prestasse loro soccorso. 


La missione umanitaria della Nato in che cosa consiste? Solo nel lanciare le bombe ai carri armati di Gheddafi o proteggere i civili che fuggono dalla guerra in atto in Libia? Anche questi profughi sono in fuga da quella stessa guerra! 

Fr. Mussie Zerai
Presidente dell'Agenzia Habeshia
per la Cooperazione allo Sviluppo

Ignorati dalla Nato 61 profughi sono morti




Un’altra tragedia della disperazione si è consumata nel Mediterraneo tra l’indifferenza dell’Occidente. A rompere il muro di silenzio è stato il britannico Guardian, che ieri ha raccontato la drammatica traversata del Canale di Sicilia, tentata tra fine marzo e inizio aprile da 72 migranti nord africani (47 etiopi, 7 nigeriani e altrettanti eritrei, 6 ghanesi e 5 sudanesi), di cui 61 sono morti in mare di fame e di sete. A bordo c’erano anche venti donne e due bimbi piccoli, uno dei quali di un anno appena. Sempre ieri la portavoce dell’Unhcr, Laura Boldrini, ha parlato di oltre 800 morti in mare mentre cercavano di raggiungere l’Italia. I migranti sarebbero affondati a bordo di tre navi, la cui presenza nel Mediterranneo non è però stata confermata dalla Guardia costiera. La ricostruzione del Guardian è avvalorata, invece, da don Mussie Zerai, sacerdote eritreo residente a Roma, che ha ricevuto sul suo telefono cellulare l’Sos dei naufraghi. Il numero di don Mussie è conosciuto da molti immigrati, che il sacerdote assiste da anni. Il prete, animatore dell’agenzia Habeshia per la cooperazione allo sviluppo, lancia anche pesanti accuse alle istituzioni internazionali deputate al controllo e alla sicurezza del Mediterraneo, (in particolare alla Nato), che pur avendo intercettato il barcone non hanno soccorso i migranti alla deriva.

martedì 10 maggio 2011

NATO: Investigate Fatal Boat Episode

63 Allegedly Died After Drifting Vessel Sought Rescue Unsuccessfully
May 9, 2011
What could NATO have done to prevent these people from dying? We need an investigation to determine if, and how, this terrible tragedy could have been averted.
Judith Sunderland, senior Western Europe researcher
(Milan) - NATO and its member countries should conduct a full investigation into allegations of failure to rescue a disabled boat filled with migrants fleeing Libya, Human Rights Watch said today. The boat, carrying seventy-two people including two babies, apparently drifted for two weeks in the Mediterranean before landing back in Libya on April 10, 2011, despite distress calls and sightings by a military helicopter and what appeared to be an aircraft carrier. Only nine people survived, one of them told Human Rights Watch.
Human Rights Watch interviewed both the survivor and a priest based in Rome who was briefly in contact with the passengers by telephone.

lunedì 9 maggio 2011

NATO denies failure to save African migrants

Bloc rejects report that migrants were left to die on board stranded boat, despite distress calls.
Last Modified: 09 May 2011 15:52



NATO has denied a report claiming its military units failed to save dozens of migrants fleeing north Africa by boat which had been adrift in the ocean for 16 days, leading to the deaths of 61 people.
British newspaper The Guardian said despite a distress call from the boat to the Italian coastguard and a military helicopter and NATO warship, no rescue effort was attempted.

Aircraft carrier left us to die, say migrants

Exclusive: Boat trying to reach Lampedusa was left to drift in Mediterranean for 16 days, despite alarm being raised
    Refugees from Libya reach Lampedusa
    Refugees from Libya reach Lampedusa. A warship failed to rescue a boat in trouble – leaving 61 people on board to die. Photograph: Francesco Malavolta/EPA
    Dozens of African migrants were left to die in the Mediterranean after a number of European military units apparently ignored their cries for help, the Guardian has learned. Two of the nine survivors claim this included a Nato ship.

The African shepherd | Moses Zerai

http://www.maltatoday.com.mt/news/the-african-shepherd-moses-zerai

Moses Zerai founded a refugee coordination agency called Habeshia, which operates from within Vatican walls.
Fr Moses Zerai, founder and coordinator of Eritrean refugee agency Habeshia, spends his time tracing lost relatives of migrants who never arrived to their destinations. He also lobbies with governments to intervene, rescue or protect migrants trapped in situations between life and death.

Stranded in a country torn apart by a raging civil war, hundreds of Sub-Saharan migrants remain abandoned to an uncertain fate by the international community.

venerdì 6 maggio 2011

Italia: Se temiamo i profughi più della guerra

Detail-libia immigrazione
di Roberta Pizzolante | Pubblicato il 06 Maggio 2011 15:09

Sulla sponda sud del Mediterraneo è in atto quella che molti definiscono “la primavera del mondo arabo”. Come in un effetto domino, l’impatto delle guerre e delle rivoluzioni nei paesi del Nord Africa si sta facendo sentire negli altri paesi. Come rispondono l’Europa e l’Italia? Stando ai messaggi dei politici e agli umori della gente sembra regnare un clima di paura e di chiusura. Più che la complessità della situazione geo-politica, a preoccupare è soprattutto la questione immigrazione. Quanti profughi dovranno ancora arrivare? Come possiamo tenerli lontani? Se bombardiamo la Libia, arriveranno in massa? L’allarme è però eccessivo. Con questo aggettivo lo ha definito Laurens Jolles, rappresentante per l’Italia dell’Alto Commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr), nel corso di un incontro organizzato da Link2007 a Roma.

Malta: Asylum seekers fear for health of women, children inside Hal Far hangar

 [SLIDESHOW]


Rows of tents occupy the hangar at Hal Far open centre for refugees
The old airplane hangar at Hal Far is serving as an open centre for asylum seekers, but residents say it's dangerous, as squalid conditions make it especially threatening for children as young as four months old.

martedì 3 maggio 2011

Contatti con gli ostaggi del Sinai



Ieri mattina ho parlato con alcuni degli ostaggi nel Sinai, si tratta di un gruppo di 14 persone tra cui i 3 bambini. Le cose non sono cambiate anzi, ora ci sono due persone paralizzate e uno con dei gravi problemi psichici causati dalle continue scariche elettriche ricevute.
Ho parlato anche con un altro gruppo formato da 4 persone, una delle quali lotta tra la vita e la morte per un'emorragia celebrale causata dalle percosse ricevute.
Le istituzioni egiziane sono immobili su queste situazioni e non sembrano minimamente interessate ad intervenire per la liberazione degli ostaggi. L'Europa non fa alcuna pressione sulla giunta militare al potere in Egitto; quindi ci troviamo ancora in una situazione di completo stallo.
Non mi stanco di fare appello al Parlamento Europeo perché eserciti una forte e dovuta pressione sul governo egiziano, affinché intervenga per la liberazione di tutti gli ostaggi e perché lotti con serietà e fermezza contro questo traffico di esseri umani. 


don Mussie Zerai
Presidente dell'Agenzia Habeshia
per la Cooperazione allo Sviluppo
Tel. +39.3384424202
E-mail: agenzia_habeshia@yahoo.it
http://habeshia.blogspot.com

lunedì 2 maggio 2011

La Romania aiuta l'UNHCR a evacuare rifugiati eritrei dalla Libia


Timisoara, 27 aprile 2011. Un contingente di 29 rifugiati eritrei provenienti dal campo profughi di Shousha in Tunisia ha raggiunto  durante la mattinata del 20 aprile scorso il Centro di Transito di Emergenza (ETC) di Timisoara, nella Romania occidentale. L'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati ha realizzato l'operazione di trasferiento umanitario in collaborazione con il governo romeno e l'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni. I profughi saranno ora accolti presso il Centro di Transito di Emergenza per un periodo massimo di sei mesi, mentre saranno definite le sedi europee e non in cui essi saranno accolti con concessione di asilo politico. I migranti eritrei hanno testimoniato riguardo alla durissima detenzione e alle torture che hanno subito nella Libia di Gheddafi, dopo essere fuggiti dall'Eritrea in quanto perseguitati per la loro posizione di obiettori di coscienza. Alcuni di loro sono stati respinti dal governo italiano, mentre cercavano di raggiungere Lampedusa. Le testimonianze dei profughi riguardano anche numerosi episodi di abusi, stupri, maltrattamenti, sevizie e anche di omicidi che hanno colpito le famiglie eitree e subsahariane in Libia, dopo l'inizio della rivoluzione. Tali atrocità sarebbero state commesse sia dai lealisti che dai ribelli, mentre un diffuso clima di persecuzione razziale si sarebbe diffuso nell'attuale Libia, causando morti violente, aggressioni, espropri e saccheggi nei confronti di subsahariani, tacciati pretestuosamente di essere mercenari di Gheddafi dai ribelli, traditori dai lealisti. Centinaia di eritrei, etiopi, sudanesi, ivoriani e altri cittadini subsahariani sono scomparsi nel nulla, mentre alcuni campi profughi, come quello di Shousha, ne hanno accolti numerosi gruppi, sotto l'egida dell'UNHCR. Si stima che almeno 600 mila profughi abbiano raggiunto la Tunisia, l'Egitto e il Niger fuggendo dalla Libia. La Romania ha già collaborato negli anni scorsi con le Nazioni Unite, ospitando centinaia di profughi subsahariani che successivamente sono stati accolti dal Canada, dal Regno Unito, dai Paesi scandinavi, dall'Olanda e dall'Australia. 

Gruppo EveryOne
+39 331 3585406 :: +39 393 4010237 

Egyptian Soldier Injured in Clashes With Smugglers

Monday, 2 May 2011

An Egyptian soldier was injured near the Israeli border on Sunday during clashes with smugglers, security sources said.
Husam Mustafa, 22, was guarding a 12-kilometer stretch of the border south of Kerem Shalom, when he saw a group trying to breach the border.
Security sources said smugglers were trying to enter Israel with undocumented migrants and drugs.
Clashes broke out between soldiers and the group, and Mustafa sustained gunshot wounds to his head, security officials said.
The soldier was transferred to the Rafah Hospital for treatment. The group of smugglers and migrants escaped into Egyptian territory, sources added.
http://www.turkishweekly.net/news/114813/egyptian-soldier-injured-in-clashes-with-smugglers.html

La Norvegia accoglie 90 rifugiati subsahariani


Oslo, 30 aprile 2011. La campagna per il trasferimento umanitario dei profughi africani nell'Unione europea, promossa da una rete di ong (fra le quali il Gruppo EveryOne e l'Agenzia Habeshia) e fatta propria dall'eurodeputato Rui Tavares, Rapporteur sul Programma di Reinsediamento dei profughi nell'Unione europea, continua a offrire importanti risultati. Dopo la Romania, è ora la Norvegia ad accettare di accogliere un contingente di 90 profughi eritrei e di altre nazioni subsahariane, che hanno lasciato le coste libiche e sono sbarcati a Malta. Fin dallo sbarco, la rete di organizzazioni umanitarie ha chiesto al governo maltese di non deportare i rifugiati, essendo protetti in base alla Convenzione di Ginevra, ma di attendere l'inizio - già promesso dall'onorevole Tavares - del piano di reinsediamento. E' stato inoltre fondamentale, per evitare il dramma di un rimpatrio forzato, il ruolo dell'UNHCR. "Malta è un piccolo stato," ha commentato il segretario di Stato norvegese Pål K. Lønseth, "e non si poteva pretendere che si facesse carico di tutti gli sbarchi. Ecco perché la Norvegia ha accolto questi rifugiati e non esclude di accoglierne altri".