lunedì 25 agosto 2014

Pull Factor ?

Bruxelles: Dice Fattore di attrazione, ma prima di Mare Nostrum i disperati venivano ugualmente, la risposta da dare non è un altra pezza da mettere nel Mediterraneo, ma bisogna lavorare su tre livelli.

1. Risolvere con tempestività le cause di questo Esodo, cioè spegnere i conflitti in atto e le dittature che calpestano i diritti fondamentali delle popolazioni in diverse zona dell'Africa Sub-Sahariana, questa soluzione va affrontata insieme all'Unita Africana.

2. Lavorare per garantire sicurezza e protezione nei paesi di transito creando condizione di vivibilità in queste aree, evitando che i profughi in fuga finiscano nelle mani dei trafficanti, offrendo loro una prospettiva di vita in questi paesi limitrofi.

3. Garantire un accesso legale con un corridoio umanitari a quelli gruppi più vulnerabili e bisognosi di una protezione internazionale, aprendo le Ambasciate ad accogliere le richieste di asilo politico, attuando programmi di reinsediamento ... Bisogna dare un alternativa ai richiedenti asilo e rifugiati che vengono a chiedere protezione in Europa, sottrarre questo compito ai scafisti e trafficanti e governi corrotti che sono collusi in queste operazioni criminali. 

Intesa Roma-Bruxelles. “Stop a Mare Nostrum”

Si studia un’azione con Spagna, Francia, Germania e Finlandia

AFP
Migranti in attesa di sbarcare in Italia

25/08/2014
guido ruotolo
roma
La svolta è ormai vicina. Le incomprensioni per Mare Nostrum, per l’immobilismo di Frontex, per l’accoglienza degli immigrati, per i silenzi sulle condanne per le stragi di innocenti. Tutto questo non può vedere l’Italia divisa dall’Europa. È tempo di ritrovare una intesa. Presto potrebbe nascere Frontex bis o, se preferite, Mare Nostrum bis. 

La fonte autorevole di Bruxelles pronuncia due parole: «pull factor». Che vuol dire «fattore di attrazione». Quando il governo italiano, il 18 ottobre del 2013, dopo gli oltre trecento morti di Lampedusa, diede vita a Mare Nostrum, la reazione degli alleati europei fu molto critica: «In questo modo vi ritroverete con centomila sbarchi, l’anno prossimo». Mai profezia fu più indovinata. Un anno di incomprensioni, di silenzi, di semplici comunicati di solidarietà europea ogni volta che si è evitata una strage o si sono comunque raccolti corpi senza vita, e nulla più. Ora qualcosa si sta muovendo tra Roma e Bruxelles. E non solo perché questo semestre europeo è a presidenza italiana. A Varsavia, alla sede di Frontex, spiega la fonte della Commissione Ue, «l’Italia finalmente si è seduta a un tavolo tecnico per studiare i contenuti di una possibile intesa».  

I termini dell’accordo che i governi europei dovrebbero fare propri dovrebbero essere questi: «Mercoledì il vostro ministro Alfano viene a Bruxelles per incontrare il commissario Malmstroem per discutere il da farsi. E nel Consiglio dei ministri dell’Interno di ottobre, l’Italia darà l’annuncio ufficiale che intende sospendere Mare Nostrum». Nel merito le novità si annunciano corpose. Rivela la fonte della Commissione Ue: «L’annuncio di Alfano non significa che da un giorno all’altro il dispositivo di operazioni di soccorso in mare va in disarmo. Contemporaneamente la nuova Commissione e gli Stati membri, alcuni di essi, daranno vita a un Frontex bis». 

Come è noto, Frontex, polizia di frontiera, non ha nei suoi compiti istituzionali le operazioni umanitarie. Dispone di pochissime risorse tecniche ed economiche, meno di quanto l’Italia spende con Mare Nostrum. «Il problema è che oggi i mezzi navali italiani - sintetizza la fonte della Commissione - operano quasi al limite dell’acque territoriali libiche. Oggettivamente le organizzazioni che sfruttano il traffico di immigrati hanno beneficiato della possibilità di raddoppiare il volume di traffico perché hanno utilizzato, utilizzano natanti poco attrezzati a fronteggiare una traversata...». Come dire, che oggettivamente Mare Nostrum ha alimentato le occasioni di traversate a corto raggio. «Ma se il dispositivo di Mare Nostrum indietreggia al limite delle acque territoriali italiane e maltesi, i trafficanti dovranno rivedere le modalità e il numero dei viaggi». 

Insomma la proposta che sta maturando a Varsavia è quella di costruire un diverso dispositivo di salvataggio, vedendo impegnati diversi Paesi. «Potrebbe nascere intanto un Frontex dei Paesi europei rivieraschi, e cioè mezzi e uomini spagnoli, francesi e italiani. E poi Germania e Finlandia potrebbero contribuire anche loro all’operazione». Fonti del ministero dell’Interno lasciano intendere che le possibilità di una intesa sino reali: «La nostra opzione rimane quella che Frontex subentri a Mare Nostrum. Ma se questa linea non dovesse passare, siamo pronti a valutare tutte le altre opzioni». Nei discorsi informali che si fanno a Bruxelles, vi è una consapevolezza diffusa: «È vero che Mare Mostrum ha salvato migliaia di vite umane, ma ne ha messe a rischio moltissime altre». Insomma, si deve voltare pagina. 

venerdì 15 agosto 2014

Libia, profughi schiavi come carne da cannone


di Emilio Drudi
Carne da cannone. E’ l’ultimo capitolo della tragedia dei profughi in Libia. Decine, centinaia di giovani fuggiti dal Corno d’Africa o dall’Africa sub sahariana vengono sequestrati da miliziani delle varie fazioni in lotta e costretti a trasportare in battaglia armi, munizioni e rifornimenti, fin sulla linea del fuoco. Come schiavi.
A darne notizia, nel silenzio della politica e dei media, è stata ancora una volta l’agenzia Habeshia, alla quale stanno pervenendo da giorni disperate richieste di aiuto. Telefonate analoghe sono poi arrivate ad alcuni esponenti della diaspora eritrea in Europa: la maggior parte delle vittime di questo nuovo orrore, infatti, sono ragazzi che hanno scelto l’esilio per sottrarsi alla dittatura di Asmara. E parecchi di loro sarebbero rimasti uccisi nei combattimenti ai quali sono costretti a partecipare come “ausiliari forzati”, presi tra le armi puntate alla schiena dai loro aguzzini e le raffiche sparate dalle altre bande. “Secondo segnalazioni provenienti da varie parti del territorio libico – racconta don Mussie Zerai, il presidente dell’agenzia – ci sono già numerosi feriti e sicuramente anche dei morti, come si evince da varie testimonianze dirette e dal fatto che di molti giovani sequestrati si è persa ogni traccia: c’è da pensare che siano spariti nella fornace di una guerra che non hanno scelto e che non li riguarda”.
Non è la prima volta che in Libia i profughi subiscono questo martirio. Un precedente significativo risale all’inizio del 2012, oltre due anni fa. E’successo a Cufra, la città-oasi del Fezzan, duramente contesa tra le varie forze in campo fin dall’inizio della rivoluzione a causa della sua importante posizione strategica: è il primo grosso insediamento che si incontra venendo dal confine sahariano, con una potente base militare e un grosso centro di detenzione per i migranti intercettati nel deserto, allestito in una vecchia caserma e attivo fin dai tempi di Gheddafi. Il rais era caduto da pochi mesi e le milizie irregolari dei ribelli già combattevano tra di loro e contro l’esercito regolare. Un gruppo armato fece irruzione nell’ex caserma e prelevò alcuni dei prigionieri ammassati negli stanzoni-cella, costringendoli poi a seguirli in battaglia come “portatori” di granate, nastri di mitragliatrice, cassette di proiettili. Altri furono obbligati a scaricare camion di munizioni sotto i bombardamenti di formazioni rivali.
Un caso forse ancora più crudele si è registrato nell’aprile del 2013 a Sirte, la città di Gheddafi. Numerosi profughi detenuti nel lager della zona sono stati utilizzati come sminatori: costretti a bonificare la pianura costiera dai proiettili inesplosi, dalle mine, dagli ordigni di ogni tipo lasciati dalla guerra civile, che qui ha registrato alcune delle battaglie più furiose durante l’avanzata dei ribelli verso Tripoli. Un’autentica tortura per ragazzi assolutamente inesperti e privi di qualsiasi attrezzatura o assistenza. “Ogni risveglio era un incubo – ha raccontato un testimone – Poteva capitare a chiunque di noi di essere mandato a sminare il terreno sabbioso a mani nude… Più di qualcuno la sera non è rientrato. Ci dicevano che i feriti venivano portati in ospedale. Ma in genere non ne abbiamo più avuto notizia. Era una sfida quotidiana con la morte. Ma era impossibile sottrarsi: chi si rifiutava veniva picchiato a sangue o rischiava di essere passato per le armi”.
La stessa “tecnica” viene adottata ora: pestaggi feroci e minacce di morte per chi prova a resistere. In più, adesso, il ricorso ai “portatori-schiavi” non riguarda casi isolati ma, a quanto pare, è diventato sistematico. Accade ormai da più di due settimane. Da quando, in pratica, si sono intensificati gli scontri nella guerra di tutti contro tutti che, iniziata all’indomani della rivolta anti Gheddafi, rischia di cancellare il Paese stesso. La prima segnalazione è stata fatta verso la fine di luglio a Tripoli, durante i combattimenti per il controllo della zona aeroportuale. Diversi testimoni hanno telefonato all’agenzia Habeshia raccontando che decine di giovani erano stati prelevati nelle loro case o bloccati per strada, mentre cercavano di fuggire dalle zone a rischio, da uomini armati che li hanno obbligati a seguirli in battaglia come “ausiliari forzati”. Don Zerai ha immediatamente sollecitato a intervenire la comunità internazionale. Si è rivolto al Commissariato Onu per i rifugiati, all’Unione Europea, agli Stati Uniti, a varie cancellerie occidentali. “Così come si sta organizzando l’evacuazione dei cittadini europei e americani presenti in Libia per sottrarli ai rischi della guerra – ha scritto – occorre nello stesso tempo portare in salvo i profughi, a cominciare da quelli più esposti alle angherie dei miliziani, che possono disporre della loro stessa vita, che spesso non nascondono un disprezzo razzista nei confronti di tutti gli africani ‘neri’ e che non esitano a uccidere al minimo cenno di resistenza”.
Non ci sono state risposte. Silenzio assoluto. Nel frattempo la situazione è peggiorata rapidamente, allargandosi a buona parte dei fronti di combattimento. Il caso più grave è segnalato a Misurata, sulla costa. Nella zona periferica di Bilkaria, nella ex scuola di Kalelarim, è stato allestito un centro di detenzione provvisorio dove sono rinchiusi centinaia tra uomini, donne e bambini, quasi tutti eritrei, sorpresi in varie fasi nel deserto mentre cercavano di raggiungere Tripoli, circa 200 chilometri più a ovest. Sono stati catturati spesso in circostanze drammatiche: per bloccarli la polizia o i miliziani non hanno esitato a sparare, tanto che ci sono stati due morti e diversi feriti. I primi prigionieri sono arrivati circa due mesi e mezzo fa e il flusso non si è mai interrotto. Si è così formato un grosso nucleo iniziale di 405 uomini, 103 donne e 18 bambini, via via cresciuti con nuovi arrivi nell’ultimo mese. Oggi i prigionieri sono circa 700, costretti a vivere in condizioni estreme: maltrattamenti, soprusi, degrado, poco cibo e di pessima qualità, scarsissima persino l’acqua da bere. E nessun tipo di assistenza, neanche per i malati e per i feriti, affidati unicamente alle cure di un paramedico che si fa vedere una sola volta alla settimana. Un lager che continua a riempirsi di disperati. E ora i miliziani ne hanno fatto una riserva inesauribile di portatori-schiavi di armi e munizioni in tutti gli scontri che sconvolgono la regione. La “tratta” è cominciata con un gruppo di ben 225 giovani, tutti uomini. Li hanno prelevato asserendo che sarebbero stati portati a lavorare: sono finiti, invece, in mezzo alla guerra. Per settimane non se ne è saputo più nulla, fino a che, qualche giorno fa, sono tornati al campo sette ragazzi feriti, i quali hanno raccontato l’orrore vissuto, riferendo anche che diversi loro compagni sono rimasti uccisi. Ma non è finita: i miliziani hanno sostituito i sette feriti con altri 61 prigionieri. Di loro non si ha più notizia da quando hanno lasciato il carcere.
“E’ l’ennesimo crimine che si sta commettendo sulla pelle di profughi e richiedenti asilo abbandonati da tutti – protesta don Zerai – Nessuno si preoccupa di tutelare i loro diritti, a partire da quelli alla vita stessa e alla libertà. Ne devono certamente rispondere i miliziani che li stanno schiavizzando, ma pesanti responsabilità, per queste atrocità subite dai profughi del Corno d’Africa e dell’Africa sub sahariana, gravano anche su quei paesi che hanno intrappolato migliaia e migliaia di giovani in una realtà come quella libica, con la loro politica volta a ‘esteriorizzare’ e a spostare i confini europei sulla sponda meridionale del Mediterraneo e, ultimamente, anche più a sud. Quei governi che hanno fatto di vari Stati africani, a cominciare dalla Libia, i gendarmi per il controllo dell’emigrazione, lasciandoli decidere della vita e della morte di chi è costretto a scappare dal proprio paese per salvarsi da guerre e dittature, persecuzioni politiche, religiose, razziali”.
Sulla base del dossier di informazioni ricevute, alla vigilia di Ferragosto Habeshia ha lanciato un altro, disperato Sos alla comunità internazionale. “Per l’ennesima volta  e con ancora più forza – insiste don Zerai – chiediamo all’Onu, all’Unione Europea e agli Stati Uniti di intervenire quanto prima possibile per organizzare una o più vie di fuga per i migranti bloccati in Libia. Roma vanta da sempre rapporti ‘diretti’ con Tripoli. Allora, ci rivolgiamo in particolare all’Italia, sia perché è l’unico Stato europeo ad aver mantenuto aperta la propria ambasciata a Tripoli, sia per gli accordi bilaterali firmati ripetutamente con i leader libici, dai tempi di Gheddafi sino ad oggi. Al Governo, al ministero degli Esteri e all’ambasciatore chiediamo, come primo intervento immediato, di tentare di bloccare con tutti i mezzi possibili i sequestri e l’uso dei profughi come ‘ausiliari-schiavi’ nei combattimenti: è l’unico modo per fermare il massacro. In questo semestre, oltre tutto, l’Italia è alla guida dell’Unione Europea: è l’occasione migliore per coinvolgere l’intera Europa nell’organizzazione di corridoi umanitari per i gruppi di rifugiati più vulnerabili e bisognosi di protezione. Se davvero, come dice, Roma vuole ‘dare una svolta’ alla politica africana, non può sottrarsi a questa scelta”.

Appelli dello stesso tono stanno preparando diverse associazioni della diaspora eritrea. E’ probabile anzi che, insieme all’inattesa “apertura di credito” decisa dal governo italiano nei confronti della dittatura di Isaias Afewerki con il recente viaggio ad Asmara del vice ministro agli esteri Lapo Pistelli, questa tragedia abbia vasta risonanza nella manifestazione degli esuli residenti in tutta Europa, prevista per la fine di agosto a Bologna. “Intervenire subito per salvare quante più vite possibile è la cosa più urgente – dicono alcuni giovani eritrei rifugiati a Roma – La Libia non ha mai firmato la convenzione di Ginevra del 1951 sulla tutela dei diritti dei migranti e non ha mai rispettato quella analoga sottoscritta con l’Unione Africana. E’ tempo che la comunità internazionale si muova. Tuttavia – denunciano senza mezzi termini – va ricordato che quelle migliaia di nostri fratelli non sono finiti per caso nel tritacarne libico: ce li ha cacciati la dittatura di Asmara. Quella dittatura dalla quale noi stessi siamo stati costretti a scappare e alla quale ora l’Italia sta ridando fiato. Proprio ora che il regime sta attraversando forse il suo momento di maggiore difficoltà, isolato com’è da tutta la comunità internazionale, accusato di sostenere il terrorismo dagli altri Stati della regione, probabilmente in procinto di essere imputato dalla Svezia di crimini contro l’umanità, sotto inchiesta all’Onu per la violazione sistematica dei diritti umani, oggetto di pesanti critiche anche da parte di tutti i vescovi del paese e del Consiglio mondiale delle Chiese. Non a caso, del resto, quello dell’Eritrea è l’unico governo ad essere stato escluso (insieme alle dittature del Sudan e dello Zimbawe), per volontà esplicita del presidente Obama, dall’incontro tra Africa e Stati Uniti che si è tenuto a Washington nei giorni scorsi. E non a caso è eritreo un profugo su tre delle decine di migliaia che continuano ad arrivare in Italia e in Europa”.   

giovedì 14 agosto 2014

Special Rapporteur on the situation of human rights in Eritrea

Introduction

Ms. Sheila B. Keetharuth (Mauritius) was appointed in October 2012 as the first Special Rapporteur on the situation of human rights in Eritrea. She will submit her second report to the 26th session of the Human Rights Council, in June 2014.
Sheila B. Keetharuth has worked and travelled in Africa for over two and a half decades and brings extensive experience in the area of human rights, including research, advocacy, litigation and training. She has also worked as a broadcaster for over eight years on the African continent.
After obtaining an LL.M. in International Human Rights Law and Civil Liberties at the University of Leicester (UK), she was called to the Bar in Mauritius in January 1997. In July 2002, she joined Amnesty International as a Researcher at the Africa Regional Office in Kampala, Uganda, and acted as the Interim Head of Office until December 2005. From November 2006 to June 2012, Sheila B. Keetharuth was the Executive Director of the Institute for Human Rights and Development in Africa (IHRDA), a pan-African NGO based in Banjul, The Gambia. She is currently enrolled as a part-time doctoral candidate at the University of Pretoria, South Africa.
In 2011, the Madrid Bar Association awarded Sheila B. Keetharuth a Medal of Honour for her human rights work on the African continent.

Individual complaints

In the discharge of her mandate, the Special Rapporteur on Eritrea has developed the information sheet below to facilitate the submission of information. Although communications are also considered when they are not submitted in the form of this model questionnaire, the Special Rapporteur would be grateful for receiving information tailored to her mandate. The objective of this questionnaire is to have access to precise information on alleged human rights violations in Eritrea. If any information contained in the questionnaire should be kept confidential please mark “CONFIDENTIAL” beside the relevant entry. Please do not hesitate to attach additional sheets, if the space provided is not sufficient.
Should you have any questions concerning the completion of this form, please feel free to contact the Special Rapporteur.
The questionnaire (EnglishArabicTigrinya) should be filled out and sent to:
Special Rapporteur on the situation of human rights in Eritrea
c/o Office of the High Commissioner for Human Rights
United Nations at Geneva
8-14 avenue de la Paix
CH-1211 Geneva 10
Switzerland
Fax: (+41) 22 917 90 06
E-mail: sr-eritrea@ohchr.org or urgent-action@ohchr.org (then please include in the subject box: Special Rapporteur on Eritrea).

ድሕረ ባይታ ብዛዕባ ፍሉይ ራፖርትዋ ውዱብ ሕቡራት ሃገራት ንኣብ ኤርትራ ዘሎ ኩነታት ሰብኣዊ መሰላትን ንውልቀ ጥርዓናት ኣመልኪቱ ዘውጽኦ መሕትት

ኣብ ነሓሰ ናይ ውዱብ ሕቡራት ሃገራት ባይቶ ሰብኣዊ መሰላት ንኣብ ኤርትራ ዘሎ ኩነታት ሰብኣዊ መሰላት ዝምልከት ፍሉይ ራፖርትዋ መዚዙ። ባይቶ ሰብኣዊ መሰላት ኣብ ውሳኔ 20/20
1.       ነዞም ዝስዕቡ ጉዳያት ኣትሪሩ ኮኒኑ፡
() ሰበስልጣን ኤርትራ ብቀጻሊን  ብዝተፈላለየ መንገድን ዝካይድዎ ምግሃስ ሰብኣዊ መሰላትን መሰረታዊያን ሓርነታት፡ ከምኡውን ዘይሕጋዊ ምርሻን፡ ምስዋር፡ መግረፍቲ፡ ናብ ናይ ፍርዲ ትካላት ከይቀረብካ ምእሳር፡ ኢሰብኣዊን ሰብኣዊ ኽብሪ ዘንኣእስ ኣተሓሕዛ እሱራት፤
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() ሰበ-ስልጣን ኤርትራ ምስ ዓለምለኻውያን ይኹን ዞባውያን ናይ ሰብኣዊ መሰላት ትካላት ክተሓባበሩ ፍቓደኛታት ዘይምዃኖም፡
2.       መንግስቲ ኤርትራ ብዘይ ውዓል ሕድር ነዚ ዝስዕብ ስጉምቲ ክወስድ ይጽውዕ
() ዘይሕጋዊ ማእሰርቲ፡ መግረፍቲ፡ ከምኡውን ኢሰብኣዊን ክብረት ዘንኣእስን መቅጻእቲ ኹሉ ደው ክብል፤
() ኩሎም ናይ ፖለቲካ እሱራት፡ እንኾላይጉጅለ-11” ክፍትሑ፤
() ንኹሎም ኣብ ኤርትራ ዝርከቡ እሱራት ኣብ ነጻን ፍትሓውን ናይ ፍርዲ ትካልት ክቀርቡ፡ቤተሰብ እሱራት ናይ ምብጻሕ መሰል ክሕለወሎም፡ ሕጋዊያን ጠበቃታት፡ ሕክምናዊ ክንክን ክፍቐደሎም፡ ወከልቲ ዓለምለኻዊ ትካል ቀይሕ መስቀልን ካልኦት ኣገደስቲ ትካላን ቤት ማሕቡስ ክበጽሑ ክፍቐደሎም፤
() ናይ ግዜ ገደብ ዘይብሉ ሃገራዊ ኣገልግሎ ደው ክብል፤
() ሰብኣዊ መሰላትን ረዲኤታዊ ትካላትን ኣብ ውሽጢ ኤርትራን ብዘይፍርሒ ንክሰርሓ ክፍቐደለን፤
() ናይ ምዝራብን ሃይማኖትን እምነትን ናጽነት ክኽበር፤
() ኣብ ባይቶ ሰብኣዊ መሰላት ንኤርትራ ዝምልከት ዝተገብረ ዳህሳስ ሰብኣዊ መሰላት ዝተመሓላለፉ እማመታት ከተግብርን፡ ዝተካየደ ምምሕያሻት እንትሎ ጸብጻብ ከቕርብ፤
() ንቤተሰብ ካብ ሃገራዊ ኣገልግሎት ዝኾብለሉን ካብ ሃገር ዝሃደሙ ዜጋታት ዘቃንዐገበነኛ-ብምትሕብባርዝብል ፖሊሲ ዶው ክብል፡
() ምስ ቤት/ጽሕፈት ሕቡራት ሃገራት ላዕለዋይ ኮምሽነር ሰብኣዊ መሰላት ምሉእ ብምሉእ ክትሓባበር፡ ምሰዚ ተተሓሒዙ ካብ ላዕለዋይ ኮምሽነር ሕቶ ኣብ ዝቀረበሉ እዋን ምስ ኩለን ተልእኾታት፡ ሰብኣዊ መሰላት ትካላት ውዕል፡ ኩሎም ናይ ባይቶ ሰብኣዊ መሰላት መካኒዝምስን ምስ ዓለምለኻውያን ይኹን ዞባውያን ናይ ሰብኣዊ መሰላት መካኒዝምስ ክተሓባበር፤
()ብመሰረት ዝኣተዎ መብጽዓታት ዓለምለኻዊ ግዴታት ከማልእን ውሳኔታት ባይቶ ጸጥታ ከኽብር፡ ብፍላይ ድማ ውሳኔ ቁጽሪ 1907 (2009) ናይ 23 ታሕሳስ 2009 2023 (20011) ናይ 5 ታሕሳስ 2011 ከማልእ፤
() ንቤት/ጽሕፈት ላዕለዋይ ኮምሽነር ሰብኣዊ መሰላት ንመንነት፡ ወሕስነት፡ ጥዕናን፡ ሃለዋትን ኩሎም እሱራትን፡ ሃለዋት ዘጥፍኡ ሰባት፡ ብተወሳኺ ንጅቡታዋን ወተሃደራትን ጋዜጠኛታትን ዝመልከት ኣድላዪ ሓበሬታ ክህብ፤
() እቲ ኣብ 1997 ዝጸደቀ ቅዋም ኤርትራ ኣብ ተግባር ከውዕል ክገብር፡
3.       ነቶም ኣብ ናይ ዕለት 10 ክሳብ 12 ሰነ 2008 ኣብ መንጎ ኤርትራን ጅቡቲን ዝተገብረ ውግእ ሃለዋት ዘጥፍኡ ወተሃደራት ዝምልከት ሓበሬታ መንግስቲ ኤርትራ ክልግስን፡ ምኽንያቱ ዝምልከቶም ትካላት ሃለዋቶምን ኩነታት ጅብታውያን ምሩኻት ኵናት ንምርግጋጽ ክጥዕሞም፤
4.        ንኹነታት ሰብኣዊ መሰላት ኣብ ኤርትራ ዝምልከት ናብ ባይቶ ሰብኣዊ መሰላትን ቤት ምኽሪ ውዱብ ሕቡራት ሃገራት ጻብጻብ ንኸቕርብ ፍሉይ ራፖርትዋ መዚዙ፤
5.       ዋና ጻሓፊ ውዱብ ሕቡራት ሃገራት ነቲ ዝተመዘዘ ፍሉይ ራፖርትዋ ንዘተዋህቦ/ ሓላፍነት ብግቡእ  ንምፍጻም ኣድለዪ ዝባሃል ንዋታዊ ሓገዝ ንክልግስ ይሓትት፡
6.       ባይቶ ሰብኣዊ መሰላት ነዚ ጉዳይ ብዝምልከት ሓላፍነቱ ውሲዱ ከምዘሎ የረጋግጽ።
ኣብ መበል 21 ርክቡ፡ ባይቶ ሰብኣዊ መሰላት ንወይዘሪት ሺላ . ከታሩት ከም ፍሉይቲ ራፖርትዋ ናይ ኤርትራ ኮይነ ከተገልግል መዚዝዋ። ወይዘሪት ሺላ ከም ናይ መጀመርታ ፍሉይቲ ራፖርትዋ ናይ ኤርትራ ካብ 1 ሕዳር 2012 ኣትሒዛ ሓላፍነታ ተቐቢላ። ወይዘሪት ሺላ ብዓለምለኻዊ ሰብኣዊ መሰላትን ሲቪላዊያን ሓርነታትን ናይ ማስተርስ ማዓርግ ካብ ዩኒቨርሲ ሊቸስተር ዓባይ ብርጣንያ ዝተመረቐት ኮይና 25 ዓመት ዝአክል ኣብ ኣፍሪቃ ዝተፈላለየ ናይ ሰብኣዊ መሰላት ኣብ መጽናዐታዊ ስርሓት፡ ተሓላቕነት፡ ጥብቅና፡ ተጣበቐቲ ኣብ ምስልጠን፡ ከምኡውን ከም ጋዜጠኛ  ኮይና ዘገልገለት እያ። ኣብ 1997 ድማ ኣብ ሞርሸስ ማሕበር ጠበቃታት ተጸምቢራ። ድሕሪ ኣብ ኡጋንዳ ምስ ኣምነስቲ እንተርናሽናል ጨንፈር ኣፍሪካ ሰሪሓ። ወይዘሪት ሺላ ብተወሳኺ ኣብ ጋምብያ ዝመደበሩ ናይ ፓንኣፍሪካ ትካል  ንሰብኣዊ መሰላትን ልምዓትን ኣብ ኣፍሪቃ ዋና ጻሓፊት ኮይና ዝገልገለትን፡ ኣብዚ እዋን ኣብ ዩኒቨርስቲ ፐሪቶርያ ናይ ዶክተረ ማዓርግ ሕጽይቲ ኮይና መጽናዕቲ  ኣብ ምክያድ ትርክብ።
ነቲ ብባይቶ ሰብኣዊ መሰላት ዝተዋህባ ሓላፍነት ኣብ ምትግባር፡ እዛ ፍልይቲ ራፖርትዋ ንሓበሬታ ምልውዋጥ ክቓላጠፍ ብምባል ነዚ ወረቐት (መሕትት) ኣዳልያ። ዋላ በዚ ሞዴል መሕትት እዚ መንገዲ ዝግበር ምልውዋጥ ሓበሬታ ኣገዳስነቱ ልዑል  እንተኮነ፡ ብዝኮነ ዓይነት መንገዲ ሓበሬታ ክትቅበል ደልውቲ ምኻና ክፍለጥ ይግባእ። ዕላማ ናይ መሕትት ብዛዕባ ኣብ ኤርትራ ኣሎ ዝብሃል ምግሃስ ሰብኣዊ መሰላት ቅኑዕን ጽጹይን ሓበሬታ ምእካብ እዩ። እንተድኣ ኣብዚ መሕትት ዘሎ ትሕዝቶ ብምስጢር ክትሓዘልኩም ትደልዩ ኮንኩም ኣብታ ብምስጢር ክዕቀበለይ እትብል ምልክት ግብሩ። እንተድኣ ኣብዚ መሕትት ተዳልዩ ዘሎ ቦታ ዘይኣኺልኩም፡ ተወሳኺ ወረቀት ክትውስኹ ትኽእሉ ኢኹም።
ነዚ መሕትት ኣብ ትመልእሉ እዋን ዘይተረዳኣኩም ነገር እንተሎ ንፍልየቲ ራፖርትዋ ሕቶኹም ከተቕርቡ ትኽእሉ፡ ፍሉያት ስርዓታት ባይቶ ሰብኣዊ መሰላት ዝምልከት ተወሳኺ ሓበሬታ ኣብዚ ዝስዕብ መርበብ ሓበሬታ ተወከሱ፡http://www2.ohchr.org/english/countries/er/mandate/

መሕቲት
እዚ ኣብ ታሕቲ ዘሎ መሕትት ተመሊኡ በዚ ኣድራሻ ክልኣኽ ይግባእ
Special Rapporteur on the situation of human rights in Eritrea
c/o Office of the High Commissioner for Human Rights
United Nations at Geneva
8-14 avenue de la Paix
CH-1211 Geneva 10
Switzerland
Fax: (+41) 22 917 90 06
E-mail: sr-eritrea@ohchr.org  or  urgent-action@ohchr.org  or bankenbrand@ohchr.org
(
ኣብቲ ናይ ስም ቦታ፡ Special Rapporteur on Eritrea ኢልኩም ጥቀሱ)



  1.  ሓፈሻዊ ሓበሬታ

-    እቲ ዘጋጠመ ምግሃስ ሰብኣዊ መሰላት ንውልቀ-ሰብ ንጉጅለ እዩ ኣጋጢሙ፧      
-    ኣበየናይ ሃገርን ሃግራትን ኣጋጢሙ፧     
-    ዜግነት ናይቲ ግዳይ እንታይ እዩ፧     
2.       መንነት ናይቲ ግዳይ
ሓበሬታ እንተድኣ እቶም ግዳያት ካብ ሓደ ንላዕሊ ኮይኖም፡ ንነፍሲ ወከፍ ሰብ ዝምልከት ኣገዳሲ ሓበሬታ ከተተሓሕዙ ከምትክእሉ ነዘኻኽር
-    ስም ኣባሕጎ      
-    ምሉእ ስም፡      
-    እትነብረሉ ቦታ ወይ መቦቆል ቦታ      
-    ዕድመ      
-    ዜግነት      

3.      ሓበሬታ ብዛዕባ እቲ ኣጋጢሙ ዝብሃል ምግሃስ መሰላት
-    ዕለትን ሰዓትን (እንተዘይተፈሊጡ፡ ዝቀራረብ ዕለትን ሰዓትን ጥቀስ)    
-    ቦታ ፍጻመ (ከባቢ/ ዞባ፡ ሃገር)
-    ነቲ ኣጋጢሙ ዝባሃል ምግባስ ዝምልከት ስፍሕ ዝበለ ሓበሬታ ኩነታት ኣፈጻጽምኡን ግለጽ/ጺ፡ ግብረ-መልሲ ናይቲ መንግሰቲ ከመይን ነይሩ      
-    ሰብኣዊ መሰላት ናይቲ ግዳይ ኮነ ተባሂሉ ከምዝተገፈ ዝሕብር ምልክታት ኣሎ ዶ፧     
-    መንነት እቶ ነዚ በደል ዝፈጸመ/ሙን፡ ስም ወይ ኣስማት፡ ስራሕን ድርኺት ናይቲ ምግሃስ ዝፍለጥ እንትኮይኑ ጥቀስ፡     
-    እቲ ግዳይ መንነት ነቲ ወይ ነቶም ነዚ በደል ዝፈጸሙ ሰባት  ይፈልጦም ዶ፧     
-    ትካላት መንግሰቲ ነዚ ዝብሃል ዘሎ በድል/ግህሰት ኢድ ኣለዎም ዶ፧     
-    ዘይ-መንግሰቲ ትካላት ነዚ ዝብሃል ዘሎ በድል/ግህሰት ኢድ ኣለዎም ዶ፧
-    እቶም በድልቲ ናይ መንግስቲ ትካላት እንተኮይኖም መንነቶም ብንጽር ጥቐሶም (ፖሊስ፡ሰራዊት፡ ኣባላት ጸጥታ፡ ኣሃዱ፡ መዝነቶም፡ ስርሖምን ..) ሕጽር ብዝበለ ንምንታይ ተሓተትቲ ምኻኖም ግለጽ።     
-    ነቲ ዝተፈጸመ በደል ዝፈልጡ መሰኻኽር እንተለዉ፡ ስሞምን፡ ዕድሚኦም፡ ዝምድንኦምን ኣድርሻኦም ጥቐስ። እንተድኣ ስሞም ክጥቀስ እንተዘይደልዮም ግን ኣዝማድ፡ ወይክኣ ሓለፍቲ መንገዲ ወዘተ እንተኾይኖም ጥቐስ፡ ተወሳኺ መርትዖ እንተሎ ድማ ጥቐስ።     
4.      እቲ/ ግዳይ፡ ቤተሰብ ወይ ዝኮነ ካልእ ሰብ ነቲ ምግሃስ ኣመልኪቱ ዝወሰዶ/ ስጉምቲ ኣሎ ዶ፧
-    ናብ ናይ መንግስቲ ትካላት (ፖሊስ፡ ኣክባር ሕጊ፡ ኣብያተ ፍርዲ) ዝተኣተወ ጥርዓን ኔሩ ዶ፧ መዓስ፧ ብመን፧     
-    ካልእ ዝተወስደ ስጉምቲ ኣሎ ዶ፧     
-    በቶም ናይ መንግስቲ ትካል ዝተወስደ ስጉምቲ ነሩ ዶ፧      
-    ንስኻ እትፈልጦ ብወገን መንግስቲ ዝተገብረ መርመራ ኔሩ ዶ፧ እንተነይሩ ከመይ ዓይነት ምርመራ ኔሩ፧ እቲ መርመራ ኣበይ በጺሑ ከምዘሎን ካልእ ዝተወሰደ ስጉምነት ኣንተሎ ጥቐስ፧     
-    ነቲ ብግዳይ ወይ ቤተሰቡ ዝቐረበ ጥርዓን መንግስቲ ትካላት እንታይ ዓይነት ግብረመልሲ ተዋሂቡ፧ እቲ ዝተገብረ ጥርዓን እንታይ ዓይነት ውጽኢት ኣምጺኡ፧     
-    እዚ ጥርዓን ናብ ካልኦት ዓለምለኻውያን ትካላት ተላኢኹ ዶ፧ እቲ ዝተገብረ ጥርዓን እንታይ ዓይነት ውጽኢት ኣምጺኡ፧     
5.       መንነት እዚ መሕትት ዝመል ስብ ወይ ትካል
-    ኣድራሻ      
-    ነዚ መሕትት ከም ግዳይ ወይ ኣብ ክንዲ እቲ ግዳይ ዘኾነ ሰብ ኢኻ መሊእካዮ፧     
-    መንነትካ ክዕቀበልካ ትደሊ እንተዀንካ ከምኡ እልካ ጥቀስ     
ነዚ መሕትት ዝመላእካሉ ዕለት፡