È una tragica routine che si ripete ormai da anni.
Immagini di barconi pieni di persone stipate in condizioni disumane, naufragi,
morte e disperazione. Per chi riesce ad arrivare sulle coste italiane c’è solo
la detenzione in campi di ogni sorta, la difficoltà nell’accedere al diritto
all'asilo e lo stato di abbandono in cui di fatto si ritrovano quei profughi
che hanno ottenuto una qualche forma di protezione internazionale. È una triste
sequela di fronte alla quale si rischia l'assuefazione, il facile ricorso a
capri espiatori, o a scorciatoie securitarie. Dietro quelle notizie, quei nomi,
quei numeri ci sono bambini, donne, uomini con la loro dignità e i loro diritti
umani inalienabili. Dignità e diritti che sono loro sottratti quando diventano
oggetto di diatriba politica, carne da macello per campagne elettorali,
immagini sbiadite di un video che li ritrae abbracciati in fondo al mare.
Dinanzi al dolore degli altri dobbiamo prendere posizione. I morti di oggi
sono un anello della lunghissima catena segnata ai suoi inizi, per quanto ci
riguarda direttamente, dallo speronamento di un barcone pieno di albanesi da
parte di una nave della nostra Marina Militare nel 1997.
Sono, queste morti, gli effetti collaterali di un
contesto mondiale in cui l’accaparramento delle risorse della terra da parte di
una esigua minoranza della popolazione mondiale produce nel resto del pianeta
miseria, disastri ecologici, guerre, proliferazione nucleare e degli armamenti.
La migrazione dei tanti che da mille rotte arrivano
alle sponde del Mediterraneo ne è conseguenza diretta.
Ma quei tanti sono una parte, soltanto, dei tantissimi
costretti a lasciare i loro paesi e però ostacolati da politiche europee e
dalla proliferazione di accordi con governi non sempre democratici della sponda
sud. Altri ancora verranno decimati dai respingimenti o semplicemente
lasciati in mare a morire di fame e di sete, perché questo è quanto
ciclicamente avviene: impossibile credere che non vengano segnalati da
satelliti, navi, elicotteri e aerei che continuamente solcano, sorvolano e controllano il Mediterraneo e il deserto del
Sahara, anche nell’ambito d’azione
di Frontex. La stessa operazione Mare Nostrum, pur garantendo il soccorso a
migliaia di persone, denuncia limiti evidenti: spesso comincia proprio da qui
il percorso che condanna rifugiati e migranti alla invisibilità e alla
sparizione.
Sono ormai decine e decine di migliaia le vittime
di questa spirale perversa di violenza di fronte alla quale non basta più
l'indignazione, né gli strumenti messi a disposizione dal diritto hanno finora
permesso di rendere verità e giustizia alle loro famiglie, identificando e
sanzionando le responsabilità dei singoli, dei governi e delle istituzioni. È
l'esistenza di una visione politica propria degli Stati, dell’Europa e della
NATO, che condanna alla sparizione i tanti che attraversano il
deserto e il Mediterraneo. È difficile ormai nasconderselo: questa frontiera è
una grande muraglia che contiene ma allo stesso tempo filtra la mobilità umana,
violando così i diritti fondamentali e producendo gerarchie e sfruttamento.
Insomma il Mediterraneo è il buco nero di un'Europa che non sa o non vuole
essere solidale, presa dall'ossessione del controllo delle sue frontiere e attraversata
da rigurgiti nazionalisti, xenofobi e razzisti.
Ossessione securitaria e razzismo sono due facce
della stessa medaglia e vanno sconfitte attraverso gli strumenti del diritto e
della politica. Noi, attivisti, rappresentanti di associazioni di migranti,
famiglie dei nuovi desaparecidos,
giuristi ed esponenti della società civile riteniamo intollerabile tutto ciò.
Per questo ci rivolgiamo ai governi, all'Unione Europea, agli organismi
internazionali, ai movimenti, alle organizzazioni non-governative e a tutti
coloro che hanno a cuore la dignità e i diritti delle persone. Lo facciamo
all'apertura del semestre italiano di Presidenza dell'Unione Europea perché
crediamo che il rispetto e la tutela dei diritti umani, che dovrebbero essere
il fondamento del progetto europeo, debbano essere costantemente riaffermati e
difesi.
Le responsabilità vanno chiarite. A tal fine
proponiamo la convocazione di un tribunale internazionale di opinione, sulla
scia del Tribunale Russell e del Tribunale Permanente dei Popoli, che offra
alle famiglie dei migranti scomparsi un'opportunità di testimonianza e
rappresentanza; contribuisca ad accertare le responsabilità e le omissioni di
individui, governi e organismi internazionali; e fornisca uno strumento per
l’avvio delle azioni avanti agli organi giurisdizionali nazionali, comunitari,
europei e internazionali. Vogliamo ricostruire la verità, sanzionare i
responsabili e rendere giustizia a vittime e famigliari.
Rivendichiamo il diritto ad essere informati sul
contenuto degli accordi stipulati dagli Stati europei in materia di controllo
delle frontiere dei paesi attraversati dalle persone dirette verso l’Unione
europea; sulle forme di cooperazione militare e di polizia instaurate tra gli
Stati europei e i paesi di origine e transito dei migranti; sulle regole di
ingaggio delle forze impiegate nell’attività di “contrasto all’immigrazione
clandestina”; sui comportamenti effettivamente tenuti da queste forze in
occasione delle tragedie avvenute lungo i percorsi dei migranti; sui campi di
contenimento e detenzione dislocati nei paesi di passaggio.
Dobbiamo interrompere il ciclo di disinformazione
che si fa indifferenza e impotenza. Occorre mettere insieme una molteplicità di
attori ascoltando, in primo luogo, la voce dei diretti interessati, gli esuli e
i migranti, le vittime e i testimoni.
Chiediamo che l'Unione Europea adotti tutti gli
strumenti necessari per arrestare questo massacro, prevedendo una politica
comune di asilo e accoglienza, l’apertura di canali umanitari, laddove
sussistano situazioni di conflitto o gravi violazioni del diritto, essenziali
per sottrarre le migliaia di migranti all’arbitrio e allo sfruttamento da parte
di trafficanti di esseri umani.
Chiediamo all'Unione Europea, al Parlamento Europeo
e agli Stati Membri l’istituzione di commissioni d’inchiesta sui nuovi
“desaparecidos”, la ratifica della Convenzione ONU sui Diritti dei Lavoratori
Migranti e delle loro Famiglie e l'abolizione della cosiddetta direttiva
rimpatri del 2008, detta “della vergogna” per il suo contenuto fortemente
repressivo.
Chiediamo che le istituzioni si impegnino a
garantire con tutti gli strumenti disponibili il riconoscimento dell’identità
delle vittime e offrano ai loro famigliari un luogo di raccoglimento e
cordoglio che restituisca dignità alle persone scomparse.
3 agosto
2014
Il Comitato “Giustizia per i nuovi desaparecidos”
Primi firmatari
Julio Algañaraz; Cristina Ali Farah; Andrea Amato; Mario
Angelelli; Carla Romana Antolini; Massimo Aprile; Angiolina Arru; Fatima
Azaoui; Maria Baggetta; Gabriel Baravalle; Clotilde Barbarulli; Daniele
Barbieri; Nicoletta Bardi; Jonis Bascir; Piero Basso; Francesca Bellino;
Giovanni Maria Bellu; Rino Bianchi; Maria Luisa Boccia; Barbara Bonomi
Romagnoli; Liana Borghi; Clarissa Botsford; Paolo Buffoni; Silvia Buzzelli;
Alfonso Cacciatore; Rosario Josefina Cáceres; Diana Caggiano; Enrico Calamai;
Don Marco Campedelli; Martina Campi; Antonella Cancellier; Silvia Canciani;
Elisabetta Canevini; Claudia Cerri; Isabelle Chabot; Luisa Ciffolilli; Angiola
Codacci Pisanelli; Tullia Colombo; Carmen Cordaro; Letizia Cottafavi; Donatella
D’Amico; Nicola d’Amore; Linda D’ancona; Pier Virgilio Dastoli; Claudio De
Fiores; Rosario De Zelo; Angelo Delogu; Sergio De Nadai; Manuela Derosas; Pape
Diaw; José Luis Dicenta; Hevi Dilara; Cecilia Domijan; Emilio Drudi; Udo
Enwereuzor; Meron Estefanos; Susanna Fantino; Giuseppe Faso; Gianni Ferrara;
Flavia Ferreri; Mariella Fino; Simonetta Focaccia; Francisca Frias; Mercedes
Frias; Ippolita Gaetani; Sancia Gaetani; Stefano Galieni; Mariana Gallo;
Nicoletta Gandus; Gianluca Gatta; Tommaso Giartosio; Betty Gilmore; Annabella
Gioia; Bianca Giovannini; Claudio Grimandi; Gabriella Guido; Ahmed Hafiene;
Maria Rosa Jijon;; Rachid Khay; Franca Langatta; Carlo M. Lariccia; Alessandro
Leogrande; Fiorella Leone; Monica Luchi; Maria Immacolata Macioti; Anna Maffei;
Safia Mahmoud; Giovanna Majno; Andrea Maloni; Ainom Maricos; Susanna Marietti;
Marina Martignone; Francesco Martone; Raffaella Mascarino; Maria Massimo
Lancellotti; Marcello Mastrangeli; Giorgio Mazzanti; Roberta Mazzanti;
Gianfranco Mazzeo; Karim Metref; Cristina Mihura; Marzia Minutillo Turtur;
Filippo Miraglia; Francesca Moccagatta; Zahra Omar Mohamed; Luisa Morgantini;
Maria Mosca; Arnoldo Mosca Mondadori; Giuseppe Mosconi; Aurela Mrruku; Flore
Murard-Yovanovitch; Maria Elena Murcia; Samanta Musaro; Grazia Naletto;
Pasqualina Napoletano; Marisa Nicchi; Chiara Nielsen; Selena Nobile; Gabriele
Noferi; Federico Oliveri; Mariella Pala; Mauro Palma; Giovanni Palombarini;
Edda Pando; Franca Parizzi; Alfredo Passeri; Isabella Peretti; Daniele
Petruccioli; Darìo Pignotti Garcia; Claudio Pipitone; Antonella Pompei;
Alessandro Portelli; Sara Prestianni; Michele Prosperi; Enrico Pugliese; Pilar
Reuque; Annamaria Rivera; Lucy Rojas; Emilio Rossi; Dora Salas; Arturo Salerni;
Eric Salerno; Giuseppe Salmè; Federico Sartori; Abdul Scego; Suban Igiaba
Scego; Ribka Sebhatu; Gaspar Segafredo; Luigia Sforza; Giuliana Sgrena; Piero
Soldini; Carla Stabielli; Domenico Stimolo; Lorenzo Teodonio; Anna Luisa Terzi;
Alessandro Triulzi; Giuliano Turone; Nani Twardy; Gabriel Tzeggai; Fulvio
Vassallo Paleologo; Hernan Varela; Augusto G Vegezzi; Horacio Verbitsky; Pietro
Veronese; Cristiana Virgili; Vera Vigevani Jarak; Tsegehans Weldeslassie;
Dagmawi Yimer; Vera Zeni De Santis; Don Mussie Zerai; Luca Zevi; Carolina
Zincone, AMM - Archivio delle memorie migranti; ASGI; Associazione
Asinitas Onlus; Associazione Per I Diritti Umani; Be free; Circolo Arci Thomas
Sankara; Compagnia Africana; Giuristi Democratici; Human Rights Concern –
Eritrea; Il cammino della musica; In Migrazione Onlus; Movimento degli
Africani, Riprendiamo la Parola, Progetto Diritti.
Per adesioni nuovidesaparecidos@gmail.com
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