“Faccio appello alla sua coscienza di uomo e di padre: sia più umano perché ogni sua decisione incide sulla carne viva di questi esseri umani”. Si rivolge così padre Mussie Zerai, presidente dell’agenzia Habeshia, in una lettera aperta al ministro dell’Interno  Matteo Salvini, sulla chiusura dei porti italiani alla nave Aquarius con a bordo 639 migranti tratti in salvo “dalla morte per annegamento nel Mediterraneo”. “Ci risulta che ci sono molte donne e bambini, diverse donne in stato di gravidanza – dice padre Zerai -. Lei chiudendo il porto rischia di infliggere una punizione dura a bambini e donne incinte in fuga da situazioni difficili, scenari di guerra o assenza di libertà o per fame, la loro colpa è di cercare futuro dignitoso per i loro figli, libertà per sé e per i figli”. “Lei da padre – prosegue il sacerdote eritreo, che da anni si batte per salvare vite nel Mediterraneo – come fa ad accettare che dei bambini siano costretti per ore o giorni restano a bordo di una nave con tutto il disagio che questo comporta? Le donne in gravidanza hanno esigenze di assistenza e controllo medico, i bambini devono potersi lavare, cambiarsi il vestito pieno di acqua salata con cui sono stati tratti in salvo, ogni ora che passa a bordo di quella nave il disagio e i rischi di una vera crisi umanitaria vanno crescendo”. “La disputa con Malta o l’Ue va bene farla ma non sulla pelle di persone vulnerabili – precisa -. Il diritto alla vita è sacrosanto, vanno portati al porto più sicuro per la loro vita e dignità di persone in condizione di totale fragilità. La mancanza di solidarietà europea non bisogna farla pagare a prezzo drammatico infliggendo ingiuste sofferenze e disagi a donne e bambini bisognosi di protezione e di sicurezza”.