sabato 28 febbraio 2009

Sanità e immigrazione: per Maroni il DDL che annulla il divieto di segnalazione per gli operatori sanitari non esclude il diritto alle cure

Sanità e immigrazione: per Maroni il DDL che annulla il divieto di segnalazione per gli operatori sanitari non esclude il diritto alle cure degli irregolari. In un’audizione alla Commissione bicamerale per l’infanzia, il titolare del Viminale sostiene che la norma allinea la legislazione italiana a quella europea e parla anche dei minori sbarcati e della necessità di nuovi CIE. Il testo approvato al Senato che abolisce l'obbligo per il personale sanitario di non segnalare gli immigrati clandestini “si può migliorare alla Camera” con il contributo delle Regioni e degli Enti locali “che sono i titolari delle competenze esclusive sulla sanità”. Lo ha dichiarato ieri il Ministro dell'Interno, Roberto Maroni, nel corso di una audizione alla Commissione bicamerale per l'Infanzia. Il responsabile del Viminale ha dato la sua disponibilità “a far in modo che le Regioni possano partecipare” alla fase di strutturazione delle prestazioni sanitarie “una volta venuto meno il divieto di segnalazione”. Per Maroni, il ruolo degli enti locali è fondamentale “per garantire quello che nessuno ha voluto far venir meno, cioè la salute di tutti, siano essi italiani o stranieri, regolari o meno. Principio questo mai messo in discussione”. Per il Ministro, l’abolizione del divieto allinea la legislazione italiana a quella europea. Oltre all’apporto delle Regioni nel dibattito alla Camera, Maroni ha ribadito la necessità di aumentare i Centri di identificazione ed espulsione. “Permane la necessità di aumentare queste strutture per garantire una accoglienza migliore”, ha spiegato il Ministro, “meglio avere due unità da mille persone che una che ne accoglie 1.500, in modo tale da sistemare come meritano di essere trattate delle persone umane”. Per Maroni occorre “fare in modo che ci siano più strutture, più adeguate e più capillari, sul territorio”. Nell’audizione, il titolare del Viminale ha tracciato un bilancio degli stranieri minorenni arrivati in Italia negli ultimi anni. Nel 2008 sono approdati sulle coste italiane 2.751 ragazzi stranieri. Di questi, 2.124 non accompagnati. “Un trend in aumento rispetto al 2007”, ha spiegato Maroni. L'anno precedente arrivarono infatti in Italia 2.180 minorenni (1.700 non accompagnati). Nei primi due mesi del 2009 sono sbarcati in Italia 138 minorenni provenienti da Egitto, Nigeria, Eritrea, Somalia, Tunisia e Ghana. Maroni ha poi sottolineato il problema della spesa. Il Viminale nel corso dello scorso anno ha rimborsato alle regioni 5,4 milioni di euro, e nel 2009 sono giunte al Ministero dell'Interno richieste per altri 3 milioni di euro.

Ospedale pediatrico in Eritrea Il ministro ringrazia i cavatori

La cooperativa dei cavatori di Gioia è impegnata da due anni a sostenere le attività dell’Opa in Eritrea. Si sta lavorando per la realizzazione di un ospedale pediatrico ad Asmara ed è stato avviato un progetto sulla cardiochirurgia pediatrica. Il ministro Saleh Meki si è recato in visita a Casette per ringraziare dell’aiuto. Il ministro Saleh Meki a Casette, Massa (foto Nizza) Massa, 28 febbraio 2009 - Dal cuore bianco delle Apuane al cuore nero dell’Africa per un grande progetto di solidarietà. L’ospedale pediatrico apuano è impegnato in un progetto sanitario in Eritrea per azioni di attività di formazione medica trasversale, cofinanziato dalla Regione per tre anni con 120 mila euro. L’iniziativa è nata due anni fa e ha coinvolto anche l’associazione 'Un cuore Un mondo' e la cooperativa dei cavatori di Gioia e ieri mattina, nel bacino di Gioia a Casette, il ministro alla sanità dell’Eritrea, Saleh Meky, ha voluto ringraziare la generosità dei cavatori apuani. E’ stato accolto con grande entusiasmo alla mensa, dove il cuoco Rodolfo Paganini ha allestito un buffet di prodotti tipici, ed ha ringraziato la cooperativa per il fondamentale contributo. Il progetto, ha spiegato la dottoressa Maria Josè Caldes, responsabile della cooperazione sanitaria della Regione, rientra nella strategia della cooperazione regionale. Si sta lavorando per la realizzazione di un ospedale pediatrico ad Asmara ed è stato avviato un progetto sulla cardiochirurgia pediatrica a cui aderiscono anche equipe tedesche, svizzere ed austriache. "Si punta sulla formazione dei medici - ha spiegato il ministro Meky - con l’obiettivo di far crescere la sanità eritrea e renderla autonoma". Il ministro ha proseguito: "Vogliamo riattivare una stretta collaborazione con l’Italia e l’Europa, soprattutto con la Regione Toscana, dove il legame è molto forte. Credo nella cooperazione internazionale perché porta sviluppo e c’è la volontà del nostro governo, ora che siamo in tempo di pace, di allargare i rapporti anche sotto il profilo dell’economia". Il ministro ha una certa predilezione per la Toscana tutta: "E’ il luogo che ha cambiato il mondo per la scienza e l’arte. La mia speranza è di poter beneficiare delle vostre opportunità per il futuro dei nostri figli". Come hanno ricordato Giorgio Ricci e Gloria Cha di 'Un cuore Un mondo', l’equipe cardiochirurgica dell’Opa, presente anche nei Balcani e in Yemen, ha avviato in Eritrea importanti contatti. "Per noi - ha detto Anselmo Ricci, presidente della cooperativa cavatori di Gioia - è motivo d’orgoglio contribuire ai progetti dell’Opa e puntare sulla sua eccellenza". Tre membri della cooperativa andranno ad Asmara per riparare un generatore, dietro invito del ministro. Ezio De Angeli ha donato a Meky una scultura in marmo ed una tela raffigurante un cavatore chino sotto il peso di un martello. Piatti di marmo e calendari fotografici della cooperativa, oltre che libri donati dal Comune di Massa, sono stati consegnati al ministro, al suo assistente e alla dottoressa Caldes per suggellare e rafforzare il patto di amicizia. Il sindaco Roberto Pucci, portato altrove da impegni sopraggiunti, ha delegato il compito di portare il saluto dell’amministrazione al consigliere Giovanni Ricci. Angela M. Fruzzetti

UN MILIONE DI EURO PER GLI IMMGRATI NELLA TUSCIA

UNA BELLA TORTA!da spartire tra le province, speriamo che facciano seriamente il bene dei immigrati che hanno bisogno di assistenza reale. "Piani di intervento per l'immigrazione approvati per 2 milioni e 600mila euro. Lo ha annunciato l'assessore alle Politiche sociali della Regione Lazio, Anna Coppotelli. Alla provincia di Viterbo vanno 996.107 euro, a Frosinone sono 924.179 euro, a quella di Rieti 767.436. “Il fondo è stato ripartito – ha spiegato l'assessore - in base al numero di immigrati presenti sul territorio, alla percentuale rispetto al totale della popolazione e alla condizione socio-economica dei territori di insediamento. L'erogazione dei fondi avverrà, secondo i criteri previsti, cioè per il 75% all'approvazione del piano, il 15% all'acquisizione della relazione semestrale e il saldo del 10% a seguito della rendicontazione"."

IMMIGRATI: BOBBA E DAMIANO, PDL PER PERMESSO SOGGIORNO PROVVISORIO

(ASCA) - Roma, 28 feb - Modificare l'attuale legge sull'immigrazione nella parte che riguarda gli ingressi, con l'obiettivo di contrastare l'irregolarita' diffusa e favorire la sicurezza: e' quanto proposto dai deputati del PD Luigi Bobba (vicepresidente della Commissione Lavoro della Camera dei Deputati) e Cesare Damiano (capogruppo PD alla Commissione lavoro della Camera e presidente dell'Associazione Lavoro&Welfare) che quest'oggi hanno presentato una proposta di legge che introduce un permesso di soggiorno provvisorio di un anno per ricerca di lavoro. Le proposte contenute nel testo verranno tradotte in emendamenti che il PD presentera' in occasione della dibattito alla Camera sul DDL sicurezza. ''Lo scopo -spiega Bobba, primo firmatario della pdl- e' far uscire il tema dell'immigrazione dalla logica dell'emergenza che si limita a dare risposte emotive all'opinione pubblica in presenza di qualche episodio particolarmente grave. E' un tragico errore parlare di immigrazione solo di fronte a casi di violenza. Non siamo sordi alla necessita' di una maggiore sicurezza, pero' un dato ci deve far riflettere: se il tasso delinquenziale e' dieci volte superiore tra i cittadini immigrati clandestini, al tempo stesso tra gli immigrati regolari il tasso e' del tutto simile a quello degli italiani. Dunque il vero problema e' l'irregolarita', la clandestinita'. Ci vuole un governo complessivo del fenomeno, una politica sistematica: la sicurezza si ottiene colpendo duramente i fenomeni criminali ma anche favorendo l'integrazione sociale''. Per Damiano bisogna ''gestire con buon senso e concretezza il fenomeno migratorio. Clandestinita' chiama lavoro nero e questo vuol dire mancanza di tutele, infortuni ed incidenti mortali. Nella legge Bossi-Fini c'e' un collegamento stretto tra attivita' lavorativa e possibilita' di rinnovare il permesso di soggiorno e questo rende di fatto il lavoratore immigrato piu' debole perche' piu' ricattabile. La proposta del PD vuole restituire forza contrattuale ai lavoratori stranieri mettendoli sullo stesso piano di quelli italiani''.

Immigrati/ Pisanu: Combattere clandestinità, ma sono esseri umani

Sono solo patologia di fenomeno importante, la terra è data a tutti Milano, 28 feb. (Apcom) - L'immigrazione clandestina va combattuta ma senza dimenticarsi che si tratta sempre di esseri umani. Certo, è un problema grave ma è solo la "patologia" di una funzione importante che è l'immigrazione regolare. Così il presidente della commissione Antimafia, Beppe Pisanu, ha risposto a una domanda sull'immigrazione clandestina durante la registrazione della trasmissione 'Che tempo che fa' di Fabio Fazio. "L'immigrazione clandestina va combattuta ma considerando sempre che si tratta di esseri umani", ha dichiarato Pisanu, aggiungendo che "è solo la patologia di un fenomeno importante che è l'immigrazione regolare". Secondo Pisanu, infatti, nei prossimi 20 anni se l'Italia vorrà mantenere lo stesso livello di forza lavoro di oggi dovrà importare circa 300mila lavoratori l'anno. "La nostra capacità di sopravvivenza è legata alla capacità di integrazione degli immigrati e non bisogna dimenticarsi che insieme alla forza lavoro si importano anche cervelli e culture con le quali bisogna imparare a convivere". Questo perchè, secondo Pisanu, l'immigrazione in generale porta ricchezza in termini sia di forza lavoro sia di cultura, come hanno dimostrato in passato i molti immigrati italiani. Secondo il presidente della commissione parlamentare Antimafia è fondamentale non dimenticarsi mai che "la terra è stata data a tutti e c'è spazio per tutti: bisogna imparare a distribuirla e valorizzarla, guai alla collera dei poveri".

VERITA’ E GIUSTIZIA PER I MIGRANTI AFRICANI IN LIBIA

LETTERA APERTA ALL’AMBASCIATA IN ITALIA della Gran Giamahiria araba libica popolare socialista Il giorno 21 febbraio il quotidiano Il manifesto ha pubblicato una lettera del Vostro Ufficio Stampa di Roma per criticare alcuni articoli pubblicati nelle settimane scorse dal giornale stesso, relativi alle modalità di gestione e di controllo da parte della Gran Giamahiria dei flussi di migrazione dall’Africa verso l’Europa. Dato che quegli articoli erano strettamente collegati al documentario Come un uomo sulla terra, di cui siamo autori e produttori, abbiamo sentito il bisogno di dare una risposta alla Vostra lettera, a cui per altro Il manifesto ha sin qui deciso di non rispondere. E rispondiamo soprattutto per cogliere con prontezza la Vostra “piena disponibilità a fornire tutte le informazioni e a rispondere a tutti i quesiti”, convinti che il confronto e il dialogo siano strumenti centrali per perseguire verità e giustizia. Nel nostro documentario abbiamo raccolto le testimonianze di uomini e donne etiopi ed eritrei che godono oggi di protezione umanitaria in Italia e che sostengono di aver subito da parte della polizia libica varie forme di violazione dei principali diritti umani durante il loro viaggio attraverso la Libia.Le nostre ricerche hanno poi confermato con chiarezza la forte plausibilità delle denunce contenute nei racconti dei ragazzi.Purtroppo la nostra richiesta di poter entrare in Libia al fine di verificare direttamente la verità di questi racconti, non è mai stata accolta da parte del Vostro Governo. Il fatto poi che il governo italiano sia fortemente e ufficialmente impegnato nel sostenere la Gran Giamahiria nella lotta all’immigrazione clandestina, non ci può esimere dall'esprimere la nostra profonda preoccupazione per le garanzie dei diritti umani dei migranti, cosa che abbiamo cercato di trasmettere attraverso il nostro film. Nostro scopo era suscitare un confronto pubblico su un tema, che altrimenti rischiava di rimanere ancorato a facili demagogie di una destra razzista e leghista, che immaginiamo anche voi non possiate facilmente tollerare. Nostra intenzione è difendere con chiarezza i diritti fondamentali di tutti gli esseri umani e non solo dei più privilegiati. Crediamo che come valgano per gli europei e per gli africani più ricchi diritti quali la tutela della vita, il diritto di mobilità e il diritto di fuga e di asilo, così debbano valere anche per i cittadini africani. Le violenze subite dai testimoni del nostro documentario e le azioni politiche del nostro Governo, ci sembrano rappresentare chiaramente una direzione e una scelta ben diverse, contro le quali non possiamo non esprimerci. Le migrazioni vanno gestite, ma senza mai schiacciare i diritti e la vita di chi migra perché costretto, perché vittima di decenni di sfruttamento coloniale e post-coloniale, anche da parte dei governi africani stessi. Questo è il motivo per cui abbiamo realizzato Come un uomo sulla terra e questo il motivo per cui con questa lettera, Vi chiediamo un incontro, magari proprio insieme ai giornalisti de Il Manifesto, durante il quale poter vedere insieme il documentario e discuterne. In attesa di un vostro riscontro Cordiali Saluti

venerdì 27 febbraio 2009

Nigra sum sed formosa. Sacro e Bellezza dell'Etiopia cristiana

E’ la prima grande mostra che l’Italia dedichi all’arte più che millenaria dell’Etiopia. Ad ospitarla non poteva che essere Venezia che già nel ’400 instaurò con il regno che dominava il Corno d’Africa legami economici, religiosi e culturali molto stretti. Tanto da inviare laggiù, su richiesta del non più mitico “Prete Gianni”, propri pittori la cui attività avrebbe poi influenzato per secoli l’espressione artistica di quelle terre. Fondamentale nella realizzazione dell’iniziativa il ruolo di collegamento tra i vari soggetti coinvolti e il supporto progettuale fornito all’Università Ca’ Foscari e alla Regione Veneto da parte di un’azienda di credito, Banca Popolare FriulAdria, che ha inteso in questo modo connotare con un grande evento culturale il progetto di rafforzamento della propria presenza in territorio veneto. Curatori della mostra, che verrà allestita dal 13 marzo al 10 maggio nella sede espositiva dell’Università Ca’ Foscari lungo il Canal Grande, sono Giuseppe Barbieri, Gianfranco Fiaccadori e Mario Di Salvo, coadiuvati da un ampio comitato scientifico internazionale. Il titolo della mostra “Nigra sum sed formosa” rinvia al celebre versetto del Cantico dei Cantici interpretato in relazione alla regina di Saba. E’ stato scelto per ricordare l'antichità dell'esperienza religiosa biblica e cristiana in terra etiopica. Qui sussiste ancora oggi una sorta di chiesa delle Origini, degli Apostoli, che ha saputo conservare, nei riti e nelle rappresentazioni artistiche, lo spirito della prima età evangelica. Un unicum cui non è estraneo il fatto che l'Etiopia cristiana sia venuta rapidamente a trovarsi circondata da popoli islamici. Il forte radicamento di una tradizione cristiana nell'impero del Leone coincise dunque con l'affermazione di una identità etnica, linguistica e culturale, che in buona misura, pur attraverso molte fasi critiche, è giunta sino a noi. Venezia è stata, almeno già dall’epoca del grande re Zar’a Yâ‘qob (1434-68), uno dei partner più significativi, tra gli stati europei, dell'impero etiope, a ribadire così la sua funzione di porta di collegamento tra Oriente e Occidente. Questo elemento segna l'assoluta pertinenza della città di San Marco, che è sede di uno dei più importanti e antichi patriarcati d'Occidente, come luogo e scenario della mostra. L’esposizione si presenta come un organico e affascinante “racconto”, imperniato su riconoscibili personaggi: la Regina di Saba; il Re Lâlibalâ (sec. XII-XIII), da cui prende nome la città santa costruita sulle montagne del Lasta, la “Nuova Gerusalemme” a beneficio dei pellegrini Etiopi, impediti a recarsi in Terra Santa dalla presenza islamica, al modo in cui nell’Europa medievale si realizzavano le varie copie del Santo Sepolcro; il re Zar’a Yâ‘qob, sotto di cui, nel XV secolo, il Paese si aprì decisamente alle presenze occidentali; il pittore veneziano Nicolò Brancaleon, detto Marqorêwos (Mercurio), documentato alla corte dei re Eskender e Lebna Dengel fra XV e XVI secolo. A Ca’ Foscari saranno in mostra materiali di straordinaria importanza storica ed artistica, testimonianze preziose e per la più parte inedite: icone, croci, rotoli magici, codici miniati, incisioni, capolavori cartografici, come il Mappamondo di Fra Mauro, rari libri di modelli. A concederle, spesso per la prima volta, sono raccolte private e pubblici musei, nazionali e internazionali. Ad affiancare questi eccezionali reperti originali numerosi contributi a visualizzazione multimediale (musiche, filmati, fotografie opportunamente trattate...) della civiltà religiosa e della grandezza estetica dell'impero del Leone. Suggestione e rigorosa documentazione saranno, quindi, le cifre di questa affascinante mostra. Ad accompagnare i visitatori nelle diverse sezioni sarà il prof. Stanislaw Chojnacki, patriarca degli studi moderni sull'arte etiopica. Sarà uno dei molti interventi di multimedialità messi a punto da Ca’ Foscari. Così come a un gruppo di lavoro interno, quello affidato al professor Augusto Celentano, si deve un prototipo fortemente innovativo di guida multimediale mobile, realizzata in ambiente iPod. In questo modo la mostra diventa un prestigioso laboratorio per gli studenti dell’Ateneo, impegnati a declinare anche nelle più innovative forme dell’edutainment un itinerario denso di reperti e temi di rara suggestione. Questa importante componente multimediale è messa a servizio della comprensione e della contestualizzazione delle meraviglie originali proposte dall'esposizione. Consentendo di entrare fin dentro lo spazio e lo spirito di monumenti, luoghi e di cerimonie sacre che hanno contribuito a tenere vivissimo un credo bimillenario in terra d’Africa. Nigra sum sed formosa. Sacro e Bellezza dell'Etiopia cristiana Periodo: 13 marzo - 10 maggio 2009 Ca’ Foscari Esposizioni Dorsoduro 3246 Venezia Orari: 10-18, chiuso il martedì Ingresso: intero 7 €; ridotto 5 € per minori di 15 e maggiori di 60 anni Per informazioni e prenotazioni: 041.2346947

Arresti sistematici in Eritrea prendono aggressivamente di mira le fedi minori

ASMARA, Eritrea – In quello che è il più evidente tentativo nella storia recente di mettere al bando una minoranza religiosa in Eritrea, la polizia ha sistematicamente arrestato 15 anziani dei Testimoni di Geova durante luglio ed agosto. Attualmente è stato confermato che alcuni di loro siano in prigione, ma non è stato rivelato dove sono gli altri. Martedì 8 luglio 2008 le autorità hanno condotto un’irruzione negli uffici locali che i Testimoni di Geova usano per organizzare la loro opera. E’ stata confiscata l’attrezzatura usata per tradurre e stampare. Membri di vecchia data delle congregazioni, uomini con più di 50, 60 e perfino 70 anni, sono stati prelevati nelle loro case o luoghi di lavoro. Nella maggioranza dei casi erano i mezzi di sostentamento delle loro famiglie. Alla data del maggio 2008, c’erano 21 altri Testimoni di Geova che erano rimasti in prigione in Eritrea. Erano state suscitate false speranze di progressi quando uno di loro, Ghebrenigus Habte, era stato rilasciato il 31 maggio. Gli eventi delle recenti settimane provano che tale speranza era prematura: il numero dei prigionieri da allora è quasi raddoppiato.

TRENTINO: IN VISITA MINISTRO ERITREO DELLA SANITA'

Trento, 26 feb. - (Adnkronos) - Il Ministro della Sanita' dell'Eritrea Saleh Meky ha incontrato stamani in Provincia il presidente della Provincia autonoma di Trento Lorenzo Dellai, accompagnato dall'assessore alla sanita' Ugo Rossi e dall'assessore alla solidarieta' internazionale Lia Beltrami. Giunto in Trentino su invito dell'associazione Amici del Coro Valsella, impegnata nel paese africano con iniziative umanitarie in favore della popolazione, il ministro Meky, che da 10 anni e' ai vertici della sanita' eritrea, ha chiesto anche alle autorita' provinciali di approfondire il rapporto di collaborazione con il Trentino. In particolare, il ministro ha parlato delle esigenze degli ospedali eritrei sia sul versante della disponibilita' di personale medico qualificato sia su quello delle dotazioni strumentali e dell'informatizzazione. Dellai, dal canto suo, ha auspicato venga fatto un ulteriore tentativo per sbloccare la difficile situazione in cui versano medici e missionari anche trentini che operano in Eitrea e che sono colpiti da immotivati provvedimenti d'espulsione.

Immigrazione, il Trentino ha perso «appeal»

Lo dice il rapporto Cnel di Caritas/Migrantes Scende anche Bolzano Paolo Piffer Eravamo la provincia più accogliente: ora siamo «solo» al tredicesimo posto TRENTO. Il Trentino non è più la provincia leader in Italia per le possibilità che dà agli stranieri di vivere il meglio possibile. Secondo il VIº rapporto sugli “indici di integrazione degli immigrati” pubblicato dal Cnel (il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro) slitta, infatti, dal primo posto del 2004 al tredicesimo del 2006. Anche Bolzano è in picchiata passando dal 16º al 40º gradino. Di conseguenza, pure la regione nel suo complesso perde il primato attestandosi in quinta posizione. L’analisi del Cnel, curata dall’equipe di Caritas/Migrantes, prende in considerazione alcuni indicatori che favoriscono o meno l’integrazione. Ad esempio, l’accessibilità al mercato immobiliare, la dispersione scolastica, l’impiego della manodopera immigrata, il livello occupazionale. In pratica è uno studio che, attraverso dati, modelli e formule matematiche, fornisce la fotografia delle possibilità che vengono offerte dal territorio agli immigrati. Per il Trentino, ma anche per l’Alto Adige, queste possibilità sono «alte», ma non «massime» come invece rilevato per Trieste, il top, ed altre dieci province. Novità di questa ricerca rispetto alla precedente è l’inserimento del «criterio comparativo», cioè del confronto delle possibilità disponibili per gli autoctoni in confronto agli immigrati. Il Trentino si piazza 41º, su 103 province e Bolzano ben più giù, al 90º posto. Rispettivamente in fascia «alta» e «media». Ritornando ai dati assoluti, l’indice di «attrattività» premia Bolzano in confronto a Trento. Cioè il territorio altoatesino fa più “gola” agli immigrati di quello poco a sud. L’Alto Adige passa dal 26º gradino del 2005 al 17º dell’anno successivo, sempre in fascia alta, mentre il Trentino precipita dal 14º, in fascia alta, al 43º, in fascia media. La «gara» tra le due province continua con l’indice di «inserimento sociale». Nel 2006 Trento risulta la 16esima provincia in classifica e Bolzano 75esima mentre in termini comparativi sono, rispettivamente, 37esima e 79esima. A guardare i dati nudi e crudi, sono posizioni che oscillano tra la fascia «alta» e quella «media» a dimostrare che l’autonomia di cui si favoleggiano, e spesso non a torto, i vantaggi, almeno in questo campo non sembrerebbe portare particolari benefici. Dove invece Bolzano primeggia in termini assoluti è l’indicatore di «fabbisogno lavorativo» derivato dal «rapporto tra i potenziali datori di lavoro e le domande di assunzione in favore di lavoratori stranieri formalmente presentate». Qui l’Alto Adige è l’unica provincia italiana in «fascia massima» risalendo, rispetto al 2005, sette posizioni mentre Trento si accontenta del 65º posto precipitando dal 2º gradino del 2005.

IMMIGRATI: MARONI, PIU' CENTRI D'ACCOGLIENZA

(AGI) - Roma, 25 feb. - Aumentare il numero dei centri di accoglienza per gli immigrati e dotare ogni regione di strutture adeguate. Il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, lo ha detto riferendo alla commissione parlamentare per l'Infanzia: "permane la necessita' di aumentare queste strutture per garantire una accoglienza migliore", ha spiegato. "Meglio avere due unita' da mille persone che una che ne accoglie 1.500, in modo tale da sistemare come meritano di essere trattate delle persone umane". Il ministro ha poi detto che molte regioni "non hanno strutture per l'accoglienza degli immigrati. Bisogna fare in modo che ci siano piu' strutture, piu' adeguate e piu' capillari, sul territorio" ed ha poi tracciato un bilancio degli stranieri minorenni arrivati in Italia negli ultimi anni. Nel 2008 sono approdati sulle coste italiane 2.751 ragazzi stranieri. Di questi, 2.124 non accompagnati. "Un trend in aumento rispetto al 2007", ha spiegato Maroni. L'anno precedente arrivarono infatti in Italia 2.180 minorenni (1.700 non accompagnati). Nei primi due mesi del 2009 sono sbarcati in Italia 138 minorenni provenienti da Egitto, Nigeria, Eritrea, Somalia, Tunisia e Ghana. Nel 2008, ha detto ancora il ministro, sono state presentate 302 domande di rifugiato. Settanta sono state accolte e altri 210 minori hanno ottenuto forme diverse di protezione. Maroni ha poi detto che dal 1974 ad oggi sono scomparsi e non sono stati rintracciati 10.267 minori, di questi 1.810 sono italiani. Nel 2008 si sono invece perse le tracce di 1.008 giovani, tra questi 322 italiani. "Nessun minore e' stato espulso dai centri di accoglienza. Per tutti sono stati avviati percorsi di prima accoglienza". Maroni ha poi sottolineato il problema della spesa. Il Viminale nel corso dello scorso anno ha rimborsato alle regioni 5,4 milioni di euro, e nel 2009 sono giunte al ministero dell'Interno richieste per altri 3 milioni di euro. Per migliorare l'accoglienza degli immigrati il ministro ha poi annunciato che la prossima settimana convochera' il comitato interministeriale di monitoraggio della legge Bossi-Fini, del quale fanno parte anche le Regioni, allo scopo di effettuare "una serie di valutazioni sui temi dell'immigrazione e per far si che i problemi dell'accoglienza non pesi solo sulle regioni del sud d'Italia.

Su ronde e immigrati il governo sta sbagliando

Intervista su Metropoli in edicola domenica all'ex ministro dell'Interno Giuseppe Pisanu "L'equazione straniero-criminale è un'infamia I medici non denunceranno, ma agiranno secondo coscienza" di VLADIMIRO POLCHI ROMA - "Basta con le "grida" manzoniane". Giuseppe Pisanu (Pdl) presidente dell'Antimafia ed ex ministro dell'Interno, è un politico di lungo corso, abituato a parlare fuori dal coro. "L'immigrazione va governata con umanità e intelligenza politica - avverte - perché l'Italia avrà ancora bisogno di 300mila immigrati all'anno". Per questo, alcune scelte dell'attuale governo non lo convincono e lo spiega nel corso di una lunga intervista rilasciata a Metropoli (in edicola domenica prossima). Le ronde? "Un vulnus all'efficienza del nostro sistema di sicurezza". La tassa sui permessi di soggiorno? "Fonte di risentimento e rancore". Il reato d'immigrazione clandestina? "Inutile". Presidente, dal mondo cattolico si levano voci critiche contro le politiche migratorie del governo. "Vedo una certa confusione di idee e propositi. Una cosa è il contrasto all'immigrazione clandestina, altra cosa ben più importante è il governo complessivo dei flussi migratori. L'immigrazione clandestina, infatti, è la patologia del fenomeno e va combattuta, mentre l'immigrazione è un processo vitale per il futuro del nostro Paese e va governata con umanità e intelligenza politica". La delinquenza romena è un problema e finisce sempre più spesso in prima pagina. Cosa fare per evitare il diffondersi dell'equazione immigrato-criminale? "La criminalità romena si fronteggia con una prevenzione oculata e con una repressione energica, basata soprattutto sulla severità e la certezza della pena. La prevenzione deve procedere sul doppio binario degli accordi bilaterali con la Romania e dell'inserimento degli immigrati nel nostro tessuto economico e sociale. L'equazione immigrato-delinquente è una infamia. Però è vero che l'immigrazione clandestina è fonte di illegalità e di comportamenti criminali, che devono essere stroncati all'origine. Penso comunque che lo strumento più efficace per combattere l'immigrazione clandestina sia il governo sapiente dell'immigrazione regolare". E' giusto far sì che i medici possano denunciare gli irregolari che ricorrono alle cure? "No. Se la norma venisse applicata indiscriminatamente si creerebbero problemi serissimi alla salute pubblica e al sistema sanitario nazionale. Ma io sono sicuro che i medici italiani rimetteranno le cose a posto operando, come sempre, secondo scienza e coscienza". Il reato d'immigrazione clandestina sarà un valido deterrente ai flussi migratori? "Temo di no, perché la fame, la disperazione e anche la speranza che spingono tanti migranti non conoscono ostacoli". Che senso ha prevedere un ulteriore contributo sul rinnovo dei permessi di soggiorno, che già attualmente costa oltre 72 euro? "Mi chiedo anch'io che senso abbia, per un governo come questo, tassare con cattiveria proprio i più poveri e i più indifesi. Se si tratta di una misura di dissuasione, si rivelerà ben presto velleitaria e temo che servirà solo a far crescere risentimento e rancore. Attenzione, perché la collera degli immigrati sta montando e ci sono gruppi estremisti pronti a cavalcarla". La Lega Nord chiede una moratoria sui flussi d'ingresso degli extracomunitari per due anni. Non crede che il sistema Italia abbia ancora bisogno di manodopera immigrata? "La recessione in atto giustifica, almeno in parte, la moratoria, ma non cambia i termini del problema. Perché se vogliamo mantenere invariato il numero degli italiani in età lavorativa per i prossimi venti anni, avremo bisogno mediamente di 300mila immigrati all'anno. Piaccia o no, la prosperità futura del nostro Paese dipenderà dalla sua capacità di attrarre forza-lavoro dall'estero e di integrarla in maniera adeguata. Su questa base dobbiamo ridefinire i nostri obiettivi di sviluppo, sicurezza e coesione sociale, dandoci così una politica per l'immigrazione in linea con le esigenze del Paese per i prossimi decenni. Altro che misure di dissuasione e "grida" manzoniane!". La macchina delle espulsioni è lenta e costosa. In quest'ottica è utile aumentare il numero dei Cie e portare da 2 a 6 mesi il tempo massimo di trattenimento? "Cie o non Cie, mese più mese meno, i meccanismi di espulsione si inceppano in tutti i Paesi democratici che rispettano i diritti dell'uomo e le Convenzioni Internazionali. La soluzione del problema è altrove, in una politica di governo complessivo delle migrazioni". La Lega Nord ha chiesto al ministero dell'Istruzione che venga posto un tetto del 20% alla presenza di alunni stranieri per classe. Cosa ne pensa? "Il ministro Gelmini ha impostato correttamente il problema, scongiurando i rischi di discriminazione e xenofobia". Si fa sempre più strada un'idea di giustizia fai da te. Dopo i militari in città, arrivano le ronde di volontari. Come le giudica? "Dovrebbero essere gruppi di volontariato, ma spesso si presentano come milizie di partito. Oggettivamente costituiscono un vulnus all'unitarietà e all'efficienza del nostro sistema di sicurezza. Questo sistema, infatti, è basato su un unico codice penale, su un unico codice di procedura penale e su un'unica autorità nazionale di pubblica sicurezza rappresentata dal ministro dell'Interno, il quale opera attraverso i vertici delle forze di polizia ed i prefetti. Quando si trasferiscono competenze e funzioni anche minori dai prefetti ai sindaci, dalle forze dell'ordine a soggetti privati, si attenta, che lo si voglia o no, all'unità del sistema e si gettano le basi di ulteriori confusioni e disordine. Naturalmente il sistema non è immutabile, ma se si vuole decentrarlo o disaggregarlo bisogna procedere apertamente con misure organiche e costituzionalmente corrette".

Passpartù 19: benvenuti in Europa

“Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica”. Oggi l’articolo 10 della nostra Costituzione è violato giornalmente, a causa di un servizio di accoglienza che non riesce a far fronte neanche a un decimo dei richiedenti asilo che giungono nel nostro Paese. Così gran parte di loro sono costretti a inventarsi abitazioni di fortuna e a sopravvivere nel nostro territorio, senza la possibilità di spostarsi in altre nazioni, per una normativa europea che blocca il migrante nel primo paese dell’Unione in cui mette piede. Abded è un giovane dentista palestinese che oggi vive in Norvegia e studia per la specializzazione in odontoiatria. Abded è arrivato in quel paese un anno fa, ha trascorso alcune settimane in un centro di prima accoglienza e poi ha presentato la domanda di asilo politico alle istituzioni. Nel frattempo il governo lo ha inserito in un percorso formativo che prevede dei corsi di lingua, cultura, usi e tradizioni norvegesi, garantendogli anche un alloggio e un sussidio che gli permette di vivere. L’iscrizione all’università è molto semplice, perchè, come si legge sui siti dei loro atenei, è interesse della norvegia incentivare la presenza degli sranieri nelle facoltà, in quanto la multiculturalità è un valore aggiunto e prezioso. Con una superficie di quasi 400mila km cubi e una popolazione di meno di 4.700.000 abitanti, la Norvegia ha una densità abitativa che di 12 abitanti per km quadrato, contro i 200 del nostro paese. Anche per questo la nazione del nord-Europa, oggi ospita dignitosamente oltre 7 rifugiati ogni 1.000 abitanti, mentre l’Italia ne ospita uno ogni 1.500.La necessità di forza lavoro, l’economia florida e la cultura pacata hanno fatto sì che l’integrazione dei richiedenti asilo e rifugiati in Norvegia avvenisse nel modo più fluido possibile, ma è la posizione geografica di questo Paese che spesso penalizza il migrante. Gli accordi di Dublino del 2001 infatti prevedono che il primo paese di arrivo del richiedente asilo sia l’unico dove è possibile inoltrare la domanda. Se si prova ad andare in un’altra nazione, si viene rispediti indietro. 2500 posti letto per richedenti asilo in tutta Italia a fronte di L’articolo 10 della nostra Costituzione parla chiaro e nel 2008 sono state oltre 31.000 le persone che hanno presentato domanda d’asilo nel nostro territorio. Avrebbero diritto a un servizio di accoglienza, ma il sistema italiano è ancora largamente insufficiente a enire incontro alle necessità di tutti. Molti provano a lasciare l’Italia per muoversi verso il Nord-Europa, ma l’accordo di Dublino prevede che il primo paese di arrivo del richiedente asilo sia l’unico dove è possibile inoltrare la domanda. Se si prova ad andare in un’altra nazione, si viene rispediti indietro. Il”Selam Palace” è un palazzo di sette piani a Roma che ormai da più di quattro anni è abitato da oltre 500 richiedenti asilo o in protezione umanitaria e rifugiati politici. Sono eritrei, etiopi somali,arrivati in Italia per fuggire a una guerra e oggi costretti a vivere in condizioni di forte disagio. Lo stabile, ex proprietà dell’università Tor Vergata, e sito proprio accanto alle facoltà della seconda università di Roma, è stato occupato più di quattro anni fa. Nel 2006 il Comune aveva dichiarato quell’occupazione legale, e insieme al Municipio X aveva cercato una soluzione di alloggio alternativa per gli occupanti, Le trattative quella volta però non furono portate a termine, come ci ha raccontato Sandro Medici, presidente del X municipio. Gli occupanti quella volta non vevano accettato perchè gli era stato impedito di visitare le future abitazioni. Oggi in Italia ancora non esiste una legge organica sull’accoglienza del rifugiato politico, dopo la prima accoglienza in attesa di identificazione e formulazione della domanda alle sette commissioni territoriali nazionali competenti a decidare se conferire o meno a un richiedente lo status di rifugiato, molte persone si trovano da un giorno all’altro senza alloggio, come ci ha detto Mussie Zerai. Complessivamente, nel 2008 in Italia sono state presentate 31.097 domande d’asilo. Circa il 50% delle domande è stato inoltrato da persone giunte in Italia via mare. Stando ad una elaborazione dei dati della Commissione nazionale per il diritto d’asilo, tra il 70 ed il 75% di coloro che giungono sulle nostre coste attraversando il mediterraneo in barca inoltrano la domanda. La maggior parte di loro, arriva a Lampedusa. Del trattamento che ricevono i richiedenti asilo che sbarcano sull’isola siciliana, soprattutto a seguito delle recenti rivolte nel centro in cui i migranti si trovano, ce ne ha parlato Fulvio Vassallo Paleologo, avvocato dell’ASGI. Secondo i dati del Ministero dell’Interno, dal 2000 al 2007 l’italia ha ricevuto dal Fer, Fondo Europeo per i rifugiati, 17.500.000 di euro da spendere in politiche e sistemi d’asilo per ruchiedenti e rifugiati, ed è previsto un nuovo finanziamento per il periodo 2008-2013 pari a 21 milioni di euro. E’ notizia di pochi giorni fa la volontà da parte dell’Unione Europea di Creare un ufficio che si occupi delle domande d’asilo presentate nell’Ue. “Un ufficio chenon avrà alcun potere decisionale, perché in materia di asilo tocca alle autorità nazionali prendere la decisione di concederlo o rifiutarlo” si ribadisce da Bruxelles, ma che cercherà di armonizzare le procedure d’asilo, per evitare che un iracheno, ad esempio abbia il 71% di possibilità di ottenere tale protezione in uno Stato membro e il 2% in un altro, così come accade oggi. In Italia, ci ha raccontato un avvocato che aiuta i richiedenti ad esporre la domanda di asilo, la quantità di domande presentate alle Commissioni è così tanta che spesso il fascicolo del richiedente non viene neanche sfogliato, ma si procede o meno con il riconoscimento solo in base al paese di provenienza della persona. Le procedure inoltre sono rese ancora più incerte e complesse a causa dell’assenza di una legge organica sul diritto d’asilo. Oggi il nostro Paese è l’unico in europa a non averne una. Ospiti della puntata: Abded, Lucia e Michele, Mussie Zerai, Sandro Medici, Fulvio Vassallo Paleologo Passpartù è un programma a cura di Marzia Coronati http://amisnet.org/agenzia/2009/02/27/passpartu-19-benvenuti-in-europa/

sabato 21 febbraio 2009

ETIOPIA: RIBELLI, UCCISI 140 TRA SOLDATI E MILIZIANI NELL'OGADEN

(ASCA-AFP) - Addis Abeba, 20 feb - La regione etiope dell'Ogaden e' stata teatro di violenti scontri tra le truppe governative e miliziani alleati con loro da una parte e ribelli del Fronte Nazionale per la Liberazione dell'Ogaden dall'altra. I ribelli sostengono di aver ucciso 140 tra soldati e guerriglieri, mentre il governo afferma che una quarantina di ribelli sono stati uccisi da un clan locale. ''Il bilancio delle vittime ha favorito di gran lunga le nostre forze a causa della natura delle nostre operazioni. In particolare, attacchi a sorpresa e agguati ai convogli militari dei nemici'', spiegano gli insorti in un comunicato, aggiungendo di aver perso 29 combattimenti. Il ministro delle Comunicazioni Bereket Simon ha riferito all'Afp che i ribelli ''si sono scontrati con alcuni membri del clan nell'Ogaden e il clan li ha colpiti pesantemente''. L'Onlf sta lottando per l'indipendenza degli etiopi di etnia somala della regione, ricca di petrolio. I ribelli sostengono che i locali sono stati marginalizzati da Addis Abeba. L'esercito etiope ha lanciato un'offensiva contro l'Onlf dopo che i ribelli hanno attaccato un pozzo petrolifero cinese nell'Ogaden nel 2007, uccidendo 77 persone, tra le quali nove cittadini cinesi.

ETIOPIA: ONU, IN 12 MILIONI HANNO BISOGNO DI AIUTI ALIMENTARI

(ASCA-AFP) - Ginevra, 17 feb - Un totale di dodici milioni di etiopi, ossia il 15% della popolazione del Paese, ha bisogno di aiuti alimentari a causa della siccita'. L'avvertimento arriva dall'Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (Ocha). ''Oltre ai 7 milioni che gia' ricevevano un'assistenza, altri 4,9 milioni di persone hanno bisogno urgente di aiuti alimentari'', ha affermato Elizabeth Byrs, portavoce dell'Ocha. Questa cifra di 4,9 milioni, ha precisato la portavoce, si basa su una missione di valutazione sui bisogni dell'Etiopia compiuta da diverse agenzie dell'Onu tra novembre e dicembre dello scorso anno. L'Etiopia, ha ricordato Byrs, sta sperimentando una grave siccita' che sta colpendo duramente i raccolti in numerose regioni dell'est del Paese.

GUANTANAMO: ACCORDO USA-G.B. SU TRASFERIMENTO DETENUTO BRITANNICO

(ASCA-AFP) - Londra, 20 feb - Stati Uniti e Gran Bretagna hanno raggiunto un accordo per il trasferimento di Binyam Mohamed, cittadino britannico detenuto a Guantanamo dal 2004.Lo ha annunciato il Foreign Office britannico. Il rilascio avverra' ''appena saranno completate le procedure''. Mohamed, 30 anni, aveva denunciato di essere stato torturato per ottenere da lui false confessioni di appartenenza alle organizzazioni terroriste. Nato in Etiopia, viveva a Londra prima del suo arresto avvenuto in Pakistan nel 2002.

MINORI: SAVE THE CHILDREN, IN ITALIA 7.797 STRANIERI NON ACCOMPAGNATI

Roma, 19 feb. (Adnkronos) - Sono 7.797 i minori stranieri non accompagnati arrivati in Italia nel 2008. Vengono da Marocco (15,29%), Egitto (13,75%), Albania (12,49%), Palestina (9,47%) ed Afghanistan (8,48%), seguiti da Eritrea (4,99), Nigeria (4,14%), Somalia (3,90%), Serbia (3,76%) ed Iraq (3,68%), per un totale di 78 paesi diversi rappresentati. Nel 90,46% dei casi sono di sesso maschile ed hanno un'eta' compresa tra i 16 (26,22%) ed i 17 anni (50,58%). Sono alcuni dei dati che emergono dal Dossier sulle condizioni di vita dei minori migranti in Italia presentato oggi da Save the Children. L'organizzazione ha presentato il rapporto in occasione del lancio di ''CivicoZero'', il centro diurno creato a Roma per l'orientamento, la consulenza legale, la fornitura di servizi essenziali e la realizzazione di attivita' formative e ricreative per minori stranieri non accompagnati, ''male accompagnati'', in situazioni di marginalita' e rischio devianza. Il progetto e' il naturale proseguimento e integrera' le azioni di unita' di strada e di mediazione sociale e culturale gia' sperimentate dall'Organizzazione, attraverso il progetto ''Orizzonti a Colori''. ''Riteniamo che il dato d'insieme, tuttavia, sia profondamente sottostimato - ha specificato Claudio Tesauro, Presidente di Save The Children Italia - perche' in esso non sono inclusi i minori neocomunitari, i richiedenti asilo, le vittime di tratta oltre, naturalmente, a quelli che non sono mai entrati in contatto con il sistema istituzionale di accoglienza''. A conferma di cio', basti pensare che i minori rumeni, che attualmente non sono inclusi nei poco meno di 7.800, in quanto neocomunitari, ha costituito sempre una percentuale importante del totale degli arrivi nel nostro paese e in particolare nel 2006, ultimo anno in cui sono stati conteggiati, rappresentavano ben il 33,5%.

Mondragone, una città solidale e aperta agli stranieri

(di Filomena Anna Palumbo) Mondragone non è soltato la città delle tante emergenze, ma anche il paese di una solidarietà concreta, e non da ora. Tante manifestazioni di disponibilità ad accogliere gli stranieri, prima e dopo il secondo dopo-guerra. Uno dei fatti più significativi si rifà agli anni trenta. Tutto comincia nel lontano 1936 , tempi di guerra, di crisi di povertà di ignoranza, il Signor Emilio Anacleto Pagliaro di Mondragone dovette per motivi ancora non certi, ma si suppone di guerra, espatriare in Eritrea (stato situato nella parte settentrionale del Corno d’Africa), lasciando la sua famiglia composta da una moglie e sei figli. Dopo qualche anno dalla sua partenza e nessuna notizia, la moglie credendolo deceduto si risposò con un altro uomo, che l’aiutasse a crescere e dare un futuro più dignitoso ai suoi figli . In Africa nel frattempo il sig. Emilio probabilmente dopo aver perso le speranze per un ritorno in patria ,sposò una donna dalla quale ebbe due figli. Cominciò a vivere e crescere la sua nuova famiglia quando un giorno un camion di militari italiani, in seguito ad una guerriglia, sostarono nella Capitale Asmara per dare le prime cure ad un uno di loro ferito. Il sig. Emilio, che conosceva bene la lingua, si offrì di curare il ferito e coincidenza volle che sul camion incontrasse un compaesano che appena rientrato in Italia avvisò il consolato italiano della sua presenza in Eritrea. In seguito a questa notizia Emilio fu espulso e dovette lasciare lo stato africano dove aveva vissuto per 18 anni e abbandonare, con tanta amarezza nel cuore , la nuova famiglia per tornare in Italia. I sentimenti erano tanti e combattuti (tristezza, paura, curiosità, emozione, ecc). Tutto e’ rimasto nascosto fino al 2005 quando la famiglia Pagliaro fu contattata dai figli africani di Emilio ormai deceduto che con l’aiuto dei fratelli italiani riuscirono a venire in Italia. I fratelli si incontrarono a Mondragone e gli eritrei raccontarono la loro storia, la loro vita di sacrifici, soprattutto dopo la partenza del padre, e di tutti i problemi e la fame che dovettero affrontare e che ancora purtroppo vivono. Dopo una breve permanenza rientrarono in Africa . In questi anni hanno chiesto aiuto ai loro fratelli italiani e la famiglia Pagliaro si e’ impegnata molto per aiutarli ad avere una vita più dignitosa, inoltre sono riusciti a fare avere, nel rispetto della legge, la cittadinanza italiana a due nipoti. I discendenti italiani del sig, Emilio e soprattutto il Dr Antonio Pagliaro e il Sig. Rocco Pagliaro dopo esplicita richiesta dei due ragazzi africani Inok e Rozina, li hanno fatti arrivare in Italia. Cosa meravigliosa e pura opera di solidarietà, tutta la famiglia Pagliaro si e’ preparata all’evento mettendo da parte piccoli rancori che potevano nascere da una situazione familiare del genere e li hanno accolti con tanto amore. Dopo una bella festa di benvenuto sono stati sistemati in una bella casa che hanno preso in affitto per loro, famiglie modeste che gli hanno donato mobili, abiti, cibo e denaro, vari vaccini medici e cure appropriate, e si spera di potergli trovare un lavoro. Tutti i giorni gli zii italiani si occupano di loro, sono ragazzi giovani di circa venti anni che non conoscono la lingua, usanze, e la nostra religione, sono ospitati ogni giorno dai cari componenti della famiglia per pranzi e cene. Questa storia viene raccontata per dare un esempio, soprattutto in questo periodo di crisi mondiale, di puro amore e solidarietà. Mondragone un paese semplice che lotta da anni contro le varie emergenze, quali disoccupazione, povertà, assenza di politica costruttiva del futuro, ma abitato da persone che hanno un cuore e tanto amore da poterlo donare con generosità. Con la speranza di poter aiutare anche gli altri fratelli rimasti in Africa senza cittadinanza italiana e poter trovare un lavoro a questi ragazzi, offro questa storia e lascio a voi la facoltà di proseguire questa solidarietà. Complimenti alla famiglia Pagliaro.

Eritrea/ Tre volontarie italiane rischiano di essere espulse

Farnesina: attivato Ambasciatore, vicenda seguita con attenzione Roma, 18 feb. (Apcom) - Le autorità di Asmara non hanno rinnovato i permessi di lavoro e di residenza a tre volontarie italiane, che ora rischiano di essere espulse. In una nota, la Farnesina fa sapere di "uno specifico passo dell'Ambasciatore ad Asmara con i vertici del ministero degli Esteri locale", sottolineando come la vicenda "continua ad essere seguita con particolare attenzione". "Il ministero degli Esteri segue da vicino e costantemente le attività dei nostri connazionali in Eritrea, siano essi civili che religiosi, e si adopera al massimo per la loro tutela nell'ambito del dialogo, sino ad ora non esente da difficoltà, con le autorità del Paese - si legge nella nota - in un recente incontro, il Ministro degli Esteri Franco Frattini ha espresso al suo omologo eritreo Osman Saleh tutta la preoccupazione italiana per le recenti espulsioni di religiosi e ha fortemente auspicato un atteggiamento di collaborazione da parte del governo eritreo verso le attività svolte dagli italiani nel Paese, in campo economico, sociale e sanitario".

Fini, odiosa associazione immigrati uguale criminali

ROMA, 20 FEB - 'Dobbiamo mantenere la lucidita' e la serenita' per respingere l'odiosa associazione mentale tra criminalita' e immigrazione'. Lo dice Fini.Il presidente della camera mete in guardia dal collegamento 'che puo' diffondersi a macchia d'olio in diverse fasce della popolazione italiana. Che se combinato alla crisi puo' creare un mix di carattere esplosivo'. E aggiunge che di fronte alla crisi 'l'interesse dei lavoratori immigrati e' comune a quello di tanti lavoratori italiani'. Per gli uni e per gli altri, infatti, 'appaiono decisive misure anti-crisi come l'estensione e il potenziamento degli ammortizzatori sociali insieme ai processi di formazione e inserimento al lavoro'. Fini aggiunge che 'non c'e' alternativa all'integrazione. L'unica alternativa diventa la sconfitta, l'incapacita' della societa' italiana a guidare un processo. Bisogna abituarsi all'idea di immigrazione non di colui che viene a lavorare in Italia ma ad una immigrazione di nuclei familiari'. Senza l'integrazione, per il presidente della Camera, 'il danno non sarebbe solo per gli immigrati ma anche per gli italiani, per i loro valori e i loro tenori di vita. L'alternativa all'integrazione e' l'aumento delle fobie, delle paure, delle intolleranze, di una regressione civile di cui l'Italia deve temere le conseguenze e che le istituzioni devono contrastare'. (ANSA). 20 febbraio 2009

Immigrati, -7mila euro rispetto ai salari degli italiani

Roma - A che punto si trova la popolazione immigrata nell’accesso alla casa, alla scuola e nel radicamento nel tessuto sociale? A rispondere è il VI Rapporto sugli Indici di integrazione degli immigrati in Italia illustrato oggi a Roma dal Cnel, alla presenza del presidente della Camera Gianfranco Fini. L'indice di inserimento sociale Il Cnel ha elaborato l’indice di inserimento sociale e il risultato complessivo di tutti gli indicatori pone al primo posto le Marche in termini assoluti - circa le condizioni offerte agli immigrati tout court - e l’Abruzzo in termini differenziali - circa le condizioni offerte agli immigrati comparate a quelle degli italiani nello stesso territorio - mentre agli ultimi posti si collocano in entrambi i casi il Lazio e la Liguria. Quanto al mercato immobiliare viene presa a riferimento l’incidenza dell’affitto di una casa di 50 metri quadrati in zona periferica sulla retribuzione media degli stranieri non comunitari. Nel Lazio questa incidenza è mediamente del 52% mentre nel Meridione il valore si dimezza. A creare maggiori difficoltà sono i costi nelle grandi aree urbane o di rilevante interesse artistico. Se si compara la situazione degli stranieri non comunitari con quella della popolazione nel suo complesso, si riscontra che per i primi il peso percentuale di questo costo sulla retribuzione è mediamente di 12 punti superiore. La dispersione scolastica Come indicatore di dispersione scolastica si è scelta la quota di alunni non ammessi all’esame finale di terza media (nell’anno scolastico 2005-2006 si trattava, significativamente, dell’ultimo anno della scuola dell’obbligo). In Italia il tasso di dispersione è per gli alunni stranieri del 9,5%, oltre 7 punti superiore alla media complessiva, anche se in questa comparazione il caso più soddisfacente è quello della Sardegna, dove lo scarto è di solo 1,9 punti. In generale è il Mezzogiorno ad affermarsi positivamente e a precedere le altre aree, sia secondo la graduatoria assoluta che secondo quella differenziale. La naturalizzazione degli immigrati L’indicatore di naturalizzazione tiene conto della quota di coloro che hanno acquisito la cittadinanza italiana in base al requisito della residenza continuativa per almeno 10 anni in Italia. Si tratta, significativamente, di quote molto esigue (in Italia è di 1,9 casi ogni mille residenti): al primo posto si colloca il Nord Est (2,5) e, al suo interno, spicca l’Emilia Romagna (3,1), mentre all’ultimo c’è il Meridione. L’indicatore dei ricongiungimenti familiari, basato sulla percentuale di permessi per motivi familiari tra i soggiornanti (35% in Italia), vede primeggiare il Nord (37% il settore orientale), seguito dalle Isole, dal Centro e infine dal Sud (30%). L’Abruzzo si colloca al primo posto (46%), come anche la provincia de L’Aquila (58%), e la Calabria all’ultimo (24%), come avviene per Crotone. In zona bassa si collocano anche le province di Roma e di Napoli, oltre che Milano, Torino e Genova, segno delle difficoltà oltremodo elevate poste dai grandi agglomerati urbani e metropolitani nel reperimento di risorse adeguate per vivere insieme alla propria famiglia. Il tasso di devianza Infine, il Cnel ha analizzato, il punto dolente dell’immigrazione: il tasso di devianza, che è basato sull’incidenza (4,3% in Italia) delle denunce penali tra gli stranieri regolarmente soggiornanti. Nel Nord il tasso è al di sotto della media nazionale, nonostante lì venga particolarmente enfatizzato l’accostamento immigrazione-insicurezza. Alcune città sono al di sotto della media (Palermo, Napoli, Milano e Bari) e altre al di sopra (Torino, Bologna, Roma, Firenze). Il metodo comparativo addebita agli stranieri un tasso di 3,4 punti percentuali in più rispetto alla media complessiva (anche se il tasso di devianza degli stranieri è sovrastimato, perché nella popolazione di riferimento dovrebbero essere aggiunti anche gli irregolari - di cui però non si conosce il numero - essendo costoro i due terzi dei denunciati): più basso in Lombardia (2,4: a Brescia è solo di un punto) e più elevato in Liguria (7,9: a Genova di 9 punti e a Enna di 10). La polarizzazione territoriale Nel rapporto viene eleborato l’indice di attrattività dei territori, ovvero l’effetto "polarizzante" di un determinato territorio, cioè la sua capacità di attrarre flussi migratori e di trattenerli stabilmente in loco. L’incidenza degli immigrati sulla popolazione (in Italia 6,2% nel 2006 e 6,7% nel 2007) è preminente nell’Italia centro-settentrionale, con l’Emilia Romagna, il Lazio e la Lombardia ai primi posti. Questa preminenza è dovuta alla vitalità del tessuto economico e occupazionale di questi territori e richiama l’attenzione sull’ancora attuale dicotomia Nord-Sud in termini di crescita e sviluppo nel paese: tuttavia anche il Meridione, seppure in proporzione ridotta, conosce una presenza consistente di immigrati. La densità demografica (In Italia, riguardo agli immigrati, è di 12,3 per kmq nel 2006) evidenzia la marcata forza di attrazione esercitata fin dai primi flussi dai grandi contesti metropolitani, che da alcuni anni è comunque in corso di ridimensionamento, con il deflusso di quote man mano più consistenti nei Comuni medio-piccoli, secondo una dinamica "diffusiva" dell’immigrazione che è propria del nostro Paese. Le Regioni del Nord, a partire dal Veneto, si distinguono anche per una maggiore incidenza dei minori sulla popolazione immigrata (in Italia 18,4% nel 2006 e 22,3% nel 2007), che da una parte attesta la tendenza alla stabilità dell’insediamento e dall’altra pone la necessità di un nuovo inquadramento (anche giuridico) delle esigenze degli stranieri, specialmente quando si tratta di persone nate e cresciute in Italia (seconde generazioni). Il fabbisogno lavorativo, infine, desunto dalle domande presentate in occasione del decreto flussi del 2006 (540mila in Italia) confrontate con la popolazione totale residente nei rispettivi contesti territoriali, ha mostrato come il Centro-Nord si ponga al di sopra della media nazionale, a differenza di quanto avviene nel Mezzogiorno. In Italia le domande di assunzione sono poi aumentate a ben 743mila nel dicembre 2007, a fronte di una quota prefissata per 170mila nuovi lavoratori, per cui la quota di 150mila nuovi ingressi stabilita per il 2008 è stata finalizzata al recupero di parte delle domande inevase dell’anno precedente. Le differenze salariali La retribuzione media annua pro capite per gli extracomunitari che lavorano in Italia è di 11.712 euro. Al nord questa quota arriva al 12.200-12.300 euro mentre al sud scende a meno di 9mila. Rispetto agli italiani, gli stranieri percepiscono circa 7 mila euro in meno l’anno. La differenza di retribuzioni tra nord e sud, fra lavoratori non comunitari, è mediamente di circa 3mila euro ma diventano 5mila tra la prima regione (Friuli con 13mila euro) e l’ultima (Molise con 8.400). Nel confronto con gli italiani, i non comunitari percepiscono mediamente oltre 7mila euro di meno, che in alcuni contesti diventano anche 10mila; è il caso di Roma (11mila di meno) e di Milano (13mila di meno). Le differenze sono invece meno accentuate nel meridione. Il rapporto del Cnel sottolinea poi che 87.983 immigrati sono impiegati in posti di alta qualifica (dirigenti ed impiegati, esclusi quindi operai ed apprendisti) mentre nel complesso sono quasi 5 milioni (il 37,4% dei dipendenti d’azienda totali). Sardegna, Sicilia e Lazio sono ai primi posti con le percentuali più alte (12-15%) mentre agli ultimi si trovano le altre regioni del Centro-Nord. A Cagliari, gli immigrati qualificati incidono per circa il 20% a Roma e Napoli per il 13% a Prato solo per il 2%. Il tasso di imprenditorialità degli stranieri è mediamente del 4,35% (erano 13mila nel 2006, sono diventati 165mila a giugno 2008); è superiore in Sardegna e Calabria (a Catanzaro e Cagliari è del 17%) prima ancora che delle regioni del Nord.

lunedì 16 febbraio 2009

In Spagna "quote minime" di arresti contro l'immigrazione irregolare

Reso noto il documento interno di un commissariato Nuova tragedia nelle Canarie: morti 19 clandestini MADRID (16 febbraio) - Per contrastare l'immigrazione clandestina la Spagna fissa le quote minime. Non di flussi ma di arresti. Per raggiungere l'obiettivo gli agenti del Corpo nazionale di polizia impiegati a Madrid possono andare in altri distretti a caccia di migrati irregolari. L'ordine è contenuto in un documento interno distribuito al commissariato di Villa de Vallecas lo scorso 12 novembre e citato dall'agenzia. Il numero di clandestini è fissato in funzione della popolazione del distretto. Per il commissariato di Villa de Vallecas, secondo la denuncia di alcuni sindacati di polizia, la quota minima è di 35 stranieri la settimana: «Bisogna essere selettivi nel momento di chiedere il trasferimento al Centro di Internamento di stranieri», è detto nell'ordine di polizia, che indica il Marocco come «prioritario», dato che il rimpatrio, via terra, è più semplice ed economico. «La problematica delinquenziale». Da parte sua, la direzione generale di polizia giustifica l'esistenza delle quote con «la problematica delinquenziale»: «La Polizia Nazionale fissa direttrici che servono esclusivamente ad applicare la legge per gli stranieri e che sono determinate in funzione della popolazione e della delinquenza di ogni zona». Canarie, morti sette migranti magrebini. Continuano intanto le tragedie del mare. Oggi i soccorritori hanno recuperato 19 cadaveri dopo un naufragio avvenuto ieri a circa venti metri dalla costa di Lanzarote, in località Teguise, nelle Canarie. Sull'imbarcazione, che si è rovesciata per l'impatto contro uno scoglio, viaggiavano 25-28 persone, anche bambini. I testimoni del naufragio, due surfisti, ieri intorno alle 18.30 si erano lanciati in acqua riuscendo a portare in salvo sei migranti.

Gli immigrati ai margini della prevenzione

Gli stranieri sono ancora poco coinvolti dagli screening. Ma c'è un Italia a caccia di salute multietnica. MILANO - Gli immigrati sono in media più giovani e più sani degli Italiani, hanno accesso agli stessi servizi assistenziali (ammesso che siano regolari), ma fanno meno prevenzione, compresa quella oncologica. Se invece i documenti non sono a posto, la prevenzione diventa un lusso per pochi e tutto si gioca sull’iniziativa di Asl, ospedali e associazioni. Per ora. Perché in molti guardano con preoccupazione all’emendamento che elimina il divieto ai medici di denunciare i clandestini. Ottenuto il via libera al Senato, il provvedimento è in attesa dell’esame della Camera e sta sollevando un’opposizione crescente fra i camici bianchi. «La segnalazione degli irregolari è una facoltà non un obbligo» precisa il ministro della Salute Maurizio Sacconi. «La nostra è medicina dell’accoglienza non della delazione» rispondono i medici di famiglia della Simg . Non sono in pochi oggi a temere che il «capitale di salute» degli stranieri venga a poco a poco sperperato. MENO TUMORI - La popolazione immigrata è meno colpita dai tumori rispetto a quella italiana. Secondo il primo rapporto del ministero dell’Interno sull'immigrazione in Italia presentato nel 2008 infatti gli stranieri che non provengono da Paesi occidentali hanno tassi di mortalità per tumore più bassi. I motivi di questo vantaggio in salute sono ancora tutti da esplorare e senz’altro conta fatto che emigra chi è nelle condizioni fisiche per farlo. Ma ci sono anche differenze che pesano sul rischio oncologico, ad esempio gli immigrati hanno un’età media più bassa e fumano meno. Dall’indagine Istat Salute e ricorso ai servizi sanitari della popolazione straniera residente in Italia risulta che usano tabacco 28 uomini stranieri su cento, contro 31 italiani e 14,6 donne straniere contro 20 italiane. Però, nota la medesima ricerca, le immigrate sfruttano ancora poco le opportunità di screening offerte dalla sanità pubblica. PREVENZIONE IN RITARDO – Su scala nazionale, rileva l’Istat, si sottopone a Pap-test per la diagnosi precoce dei tumori della cervice uterina poco più della metà delle donne straniere contro il 72 per cento delle donne italiane nella fascia d’età raccomandata (25-64 anni). Ma le giovani sotto i 35 anni sembrano più attente e si discostano di poco dalle coetanee italiane. Un analogo discorso vale per la mammografia: la esegue il 43 per cento delle straniere e il 73 per cento delle italiane fra i 50 e i 64 anni. LINGUE DIVERSE, MA NON SOLO - Gianni Saguatti, responsabile della diagnostica senologica dell’Ausl di Bologna, da tempo si occupa di immigrazione e screening oncologici. E si è fatto un’idea della situazione. «A Bologna abbiamo un’adesione media agli inviti per la mammografia del 65 per cento, ma fra le immigrate siamo intorno al 30. Ci sono barriere linguistiche e culturali alla comprensione delle campagne, spesso ci sono problemi più urgenti e la sensibilità per la diagnosi precoce è un lusso che qualcuno si può permettere e altri no. Infine, esiste una diversa idea della prevenzione; alcuni, come le donne dell’Est europeo, avevano già conosciuto nei Paesi d’origine programmi di prevenzione, per altri invece si tratta di un terreno sconosciuto». LA BABELE DELLA PREVENZIONE – Per superare le difficoltà linguistiche molti si sono attrezzate, come «Prevenzione Serena», il programma attivo in Piemonte che ha creato una campagna speciale per la diagnosi precoce del carcinoma della cervice uterina. «Ci siamo accorti che l’adesione delle donne straniere all’invito per il Pap-test era più bassa del cinque per cento rispetto alle Italiane, e particolarmente scarsa fra le Africane, che registrano una più alta incidenza dell’Hpv, il virus responsabile di gran parte dei carcinomi cervicali, e di lesioni neoplastiche e preneoplastiche. Allora abbiamo cercato nuove vie» spiega Livia Giordano, dirigente del Centro Prevenzione Oncologica del Piemonte. Opuscoli e locandine con i volti sorridenti di quattro giovani donne dai tratti somatici diversi («non modelle, ma ragazze "vere" che hanno prestato la loro faccia» precisa Livia Giordano) sono stati tradotti in rumeno, russo, arabo, cinese, inglese, francese e spagnolo, e distribuiti sui mezzi pubblici, in consultori, farmacie, studi medici, associazioni culturali, punti d’informazione per immigrati. «A seconda delle etnie - aggiunge Livia Giordano - sono stati cercati i canali giusti, coinvolgendo le figure di riferimento all’interno delle varie comunità, anche gli anziani e i capi religiosi. E’ stato spiegato che era gratis, senza bisogno di impegnativa del medico, che bastava presentarsi. In due anni il divario fra italiane e immigrate è scomparso». LE BADANTI COL DATORE DI LAVORO - Un’altra bella esperienza è quella della Lega Tumori di Bari, che ha attivato la campagna «La salute parla anche straniero». «Dall’aprile 2008 abbiamo visitato 91 persone da vari Paesi, i più numerosi da Romania, Mauritius e Georgia – spiega il direttore Anna Mastropasqua -. Sono state contattate tramite volantini distribuiti in parrocchia, in Prefettura, tramite i mediatori culturali. Si telefona, si prenota, si fa la visita e si torna a casa. Hanno risposto perlopiù le donne, alcune autonome, altre arrivavano con amiche più esperte, anche badanti accompagnate dal datore di lavoro». «SE STO BENE, PERCHE’ ANDARE DAL MEDICO?» - «Fornire materiali in lingua è importante, ma non basta», sostiene Kassida Khairallah, libanese, presidente dell’Associazione Multietnica Mediatori Interculturali. Da anni fa incontrare mondi diversi presso l’ospedale Sant’Anna – Regina Margherita di Torino, il maggior polo ostetrico-ginecologico della città. «Lavoro con donne dal mondo arabo e dall’Africa - racconta -. A volte vanno in ambulatorio perché pensano di dover accettare l’invito, poi tornano a casa senza essere coscienti di cosa vuol dire prevenzione (non succede solo alle straniere). Se invece incontrano qualcuno che spiega loro cosa accade, davvero la visita sarà servita a qualcosa». Solo questione di traduzione? «No. C’è anche un approccio diverso alla prevenzione perché sono diversi i concetti di salute e malattia. Una donna araba si chiede: “Se non sono malata, perché devo andare in ospedale?”». La malattia che ancora non c’è non fa paura. SALUTE E WEB - Basta scorrere i siti web di molte aziende sanitarie, ospedali, regioni, province e comuni per trovare sezioni dedicate. «Internet è importante, perché gli immigrati utilizzano volentieri e con competenza gli strumenti informatici» spiega Simonetta Ferretti, responsabile Urp del Policlinico di Modena, dove l’11 per cento dell’utenza è straniera. Attraverso la rete è possibile raggiungere e informare anche gli immigrati che non ricevono gli inviti agli screening perché non compaiono all’anagrafe e non hanno un medico di base. Sono i clandestini, per definizione invisibili alla burocrazia. GLI INVISIBILI - Per gli stranieri« irregolari» la tutela della salute è un intricato groviglio che si trasforma da città a città. La legge italiana dice che anche agli immigrati irregolari «sono assicurate le cure urgenti o comunque essenziali, ancorché continuative, per malattia ed infortunio e sono estesi i programmi di medicina preventiva a salvaguardia della salute individuale e collettiva». Devono dotarsi presso l’Asl di un codice Stp (Stranieri temporaneamente presenti), che sostituisce il codice fiscale e permette di accedere alle prescrizioni di esami e medicinali. L’interpretazione delle norme, però, varia lungo la penisola. Molte Asl, come la Roma C, esplicitano che lo screening è esteso anche allo straniero «non ancora in regola con il permesso di soggiorno, in possesso di tesserino Stp». «Da noi a Modena – spiega Simonetta Ferretti - una ragazza immigrata può recarsi in un consultorio pubblico per la contraccezione e ricevere anche visita ginecologica e Pap-test. La tessera Stp è consigliata, anche se fra gli utenti stranieri non tutti ce l’hanno, ci sono uffici nell’ospedale che emettono il tesserino e il servizio di mediazione affianca anche in questi adempimenti burocratici». Altrove la situazione è più complessa, racconta Giulia Binazzi del Naga, onlus milanese per l’assistenza socio-sanitaria a stranieri e nomadi: «Mentre ad esempio la Sicilia prevede un ufficio Stp in ogni ospedale, in Lombardia sono pochi gli ambulatori e gli ospedali disponibili. Spesso gli irregolari vengono rinviati ad associazioni come la nostra». PREVENZIONE? «PER GLI IRREGOLARI NON ESISTE» - Fabrizio Signorelli, chirurgo, da 15 anni lavora come volontario per il Naga: «Visitiamo 80 persone al giorno, abbiamo accumulato 140mila cartelle cliniche. Il diritto alla prevenzione per gli immigrati regolari è identico a quello degli Italiani. Per gli irregolari non esiste. Solo se c’è un segnale chiaro di patologia, come un nodulo al seno o la perdita di sangue nelle feci, il medico del pronto soccorso può prevedere un accertamento, si assegna un codice Stp e si procede». DENUNCIA CLANDESTINI: «SARA’ UNA FUGA DAL SSN» - La preoccupazione di molti nell’ambiente, ora, è per l’emendamento al vaglio del Parlamento per modificare la legge e eliminare il divieto ai medici di segnalare alle autorità la condizione di clandestinità di un assistito. «Non credo che molti medici si metteranno a fare segnalazioni - ipotizza Signorelli - però la gente si spaventerà. Diminuiranno gli accessi al pronto soccorso, si andrà alle associazioni e gli ambulatori torneranno alla situazione di 15 o 20 anni fa». «Stiamo a vedere – aggiunge Anna Mastropasqua della Lilt – per verificare se verremo individuati come “posto tranquillo” in alternativa al Servizio sanitario nazionale. Noi siamo sempre qua a fare il nostro lavoro, cioè accogliere». Donatella Barus (Fondazione Veronesi) 16 febbraio 2009

Il direttore ufficio immigrazione Cei: grave l'equazione romeni uguali delinquenti

di Franca Giansoldati CITTA’ DEL VATICANO (16 febbraio) - Padre Gianromano Gnesotto, direttore dell’Ufficio immigrazione della Cei, non vuole affatto minimizzare la portata degli episodi di violenza di questi giorni; invita a non generalizzare, a vedere la presenza degli stranieri presenti sul nostro territorio con equilibrio. «Fare di tutta l’erba un fascio è controproducente». Ancora una volta al centro delle cronache ci sono stranieri che hanno abusato di giovanissime ragazze. «Ciò che è accaduto è gravissimo e doloroso per le vittime. Sono episodi che ci auguriamo siano isolati. L’impegno di tutti è di fare in modo che restino tali. Detto questo, aggiungo, che la prima a essere preoccupata è la comunità rumena, formata da persone che per la stragrande maggioranza sono qui per lavorare e per inserirsi armonicamente nella nostra società. Purtroppo questi fatti orribili penalizzano le comunità straniere per colpa di una generalizzazione ingiusta. E poi..» Poi? «Mi pare che il caso specifico sia anche frutto di una sovraesposizione mediatica..» Ma i fatti sono gravissimi... «E chi lo nega, ci mancherebbe. Solo che dobbiamo stare attenti a non veicolare degli stereotipi pericolosi. In questo caso rumeni uguale delinquenti. Non è così. Occorre dare, invece, messaggi costruttivi, che non aumentino le paure e l’allarmismo diffuso che è facilissimo cogliere in alcune zone. Bisogna trovare vie intelligenti per governare il fenomeno dell’immigrazione». Vale a dire? «Le reazioni immediate a certi fatti orrendi sono comprensibili, ma una convivenza civile deve nutrirsi di punti fermi, valori che ci fanno dire con orgoglio che la nostra cultura è inclusiva, solidale. Da questo punto di vista trovo vi sia una forte responsabilità da parte delle istituzioni, così come da parte dei mass media. Tenendo ben presente che le prese di posizione da chi ha ruoli di responsabilità, contribuiscono a formare una coscienza presso la gente». Un po’ come dire che gli stupratori potevano essere anche italiani.. «Bisogna parlare alla testa della gente e non alle pance: Parlare alla pancia delle persone sono capaci tutti. Parlare alla testa è un compito educativo e spetta alle istituzioni, nessuna esclusa, anche a quelle ecclesiali. E’ un dovere da perseguire con coerenza». In queste ore si invocano leggi antistupro più severe.. «Le leggi valgono per tutti, non ci sono norme speciali riservate a una particolare categoria di persone». La Chiesa, di fronte al fenomeno dell’immigrazione, chiede che non siano disgiunti l’elemento dell’accoglienza da quello della legalità. In pratica, che cosa vuol dire? «Che occorre creare un equilibrio tra quei valori che sono patrimonio delle nostre tradizioni, e le norme del vivere civile. Le leggi valgono per tutti e vanno applicate a tutti. Erga omnes. Posso dire che la stragrande maggioranza degli immigrati, per quanto è in loro potere, rispettano le regole, perché sanno che ne va della loro serenità e stabilità nel Paese di accoglienza». Che cosa ne pensa dei Cpt, ora chiamati Centri di identificazione ed espulsione? «Sono strumenti che lo Stato ha adottato nell’intento di identificare le persone che non hanno i documenti o avviare, eventualmente, l’iter di rifugiato per coloro che fuggono da guerre e persecuzioni. Devono, ovviamente, essere luoghi in cui i diritti della persona sono rispettati e garantiti».

domenica 15 febbraio 2009

Italia-Etiopia, nel 2009 si stringono i rapporti commerciali

Il Bel Paese è il primo fornitore dello Stato africano tra i membri Ue Addis Abeba - L'Italia e l'Etiopia nel 2009 stringeranno i loro rapporti commerciali. Il 26 e 27 febbraio partirà una missione organizzata dal Ministero allo Sviluppo Economico volta a creare nuove opportunità etiopia.jpgcommerciali sul mercato etiope per le aziende italiane e a giugno, anche con il supporto del Ministero degli Esteri, verrà organizzato a Roma il primo meeting sull'Africa, che avrà cadenza annuale e al quale saranno invitati i Ministri africani del Commercio e dell'Industria. L'obiettivo principale è quello di selezionare i settori dell'economia verso i quali rivolgere l'attenzione nel 2010. "L'Etiopia è un Paese di grande interesse strategico - ha dichiarato Adolfo Urso, sottosegretario allo Sviluppo Economico con delega al Commercio Estero nel corso della Country Presentation sull'Etiopia svoltasi ieri all'Istituto del Commercio Estero a Roma - non solo per gli straordinari vincoli di amicizia con l'Italia, preziosi per intensificare i rapporti commerciali, ma anche perché è un'area con più di 80 milioni di abitanti che rappresenta uno dei mercati più grandi dell'Africa Subsahariana". Nel 2007, secondo i dati ufficiali, il tasso di crescita del Pil etiope è stato dell'11,5%, nel 2008 dell'8,5% e nel 2009 dovrebbe attestarsi intorno al 7,5%. Tra gennaio e settembre 2008 l'export italiano verso l'Etiopia è stato di 137 milioni di euro. "Importante esportatore di prodotti agricoli, tra cui caffè, frutta tropicali e fiori esotici, il Paese - ha aggiunto Adolfo Urso - ha bisogno di un forte sviluppo delle infrastrutture, per valorizzare il commercio interno". L'Etiopia dunque potrebbe rivelarsi un paradiso commerciale per gli imprenditori italiani intenzionati ad investire nel Paese africano, un partner commerciale affidabile a cui il Bel Paese è legato anche da fattori storici e culturali. "L'Etiopia ha grande importanza come mercato commerciale per l'Italia - ha commentato Giampaolo Bruno, responsabile dell'Ice di Johannesburg in Sudafrica, competente per Etiopia e Tanzania - essendo il 2° Paese africano per dimensioni dopo la Nigeria e avendo una popolazione di circa 80 milioni di abitanti. Con l'Italia poi ci sono forti legami sia a livello storico che culturale. L'Etiopia offre grandi potenzialità per le nostre imprese, in particolare nei settori agroalimentare, pelli e prodotti in pelle, turismo, ingegneria leggera, infrastrutture, trasporti, energie, telecomunicazioni ed acque. L'Etiopia negli ultimi tempi è stata tributaria di una serie di finanziamenti da parte di alcuni istituti internazionali come la Banca mondiale. L'Italia è il primo fornitore tra i Paesi dell'Ue e il 5° nel mondo per lo Stato africano. Noi forniamo beni strumentali, macchinari meccanici, autoveicoli e parti di autoveicoli, macchine agricole". Come del resto in tutto il mondo, la crisi economica ha lasciato i suoi segni anche nell'ex colonia italiana. Ma il Paese, che guarda al futuro, ha già predisposto delle soluzioni per cercare di marginare il problema. "L'Etiopia - ha spiegato Giampaolo Bruno - ha risentito nello scorso anno della crisi economica, anche per fattori interni, come i tassi cresciuti molto velocemente e un Pil che ha raggiunto l'11,5%. Questo ha provocato una forte crescita della domanda, che non è stata bilanciata dall'offerta e di conseguenza una forte inflazione e uno squilibrio nella bilancia dei pagamenti. L'Etiopia ha chiesto un prestito di 50 milioni di dollari al Fondo Monetario Internazionale per far fronte a questa situazione. Sono 4 o 5 le aziende italiane medio grandi che operano su suolo etiope, poi esiste una numerosa comunità italiana, residuo della colonizzazione o giunta dopo la fine del regime e una associazione di imprenditori italiani che operano nei settori delle costruzioni, dei servizi e del turismo. Tra le principali aziende italiane ci sono l'Iveco, che ha costituito una joint venture con un'omologa azienda etiope per l'assemblaggio di veicoli da turismo, la Salvi Costruttori, jatropa.jpgche realizza dighe e impianti idroelettrici, ed altre società interessate allo sviluppo delle energie rinnovabili che si ricavano dai semi di piante oleaginose, come la jatropha, pianta presa in considerazione per trovare energie alternative di biomasse. In Etiopia esistono grandi potenzialità inespresse e lo scopo della missione italiana è proprio quello di stimolare una più intensa penetrazione commerciale italiana in loco". Secondo i dati presenti nel rapporto semestrale redatto dall'Ufficio commerciale del Ministero degli Affari Esteri, "l'interscambio Italia-Etiopia - si legge nel documento - è stato caratterizzato da una importante crescita del valore degli scambi tra il 2004 ed il primo semestre 2008, e dall'aumento del saldo commerciale, registrando nello scorso anno, un saldo commerciale a favore del nostro Paese di 116,5 milioni di Euro, con un aumento di circa il 28% sul valore delle importazioni e del 17% su quello delle esportazioni (nel 2006, importazioni ed esportazioni +5%). Nel periodo gennaio-giugno 2008 (ultimo dato disponibile) si conferma il trend positivo per il nostro Paese, che ha registrato un surplus commerciale pari a circa 62 milioni di Euro. L'Italia, benché continui a subire la competitività di prodotti provenienti da Paesi del Medio e Estremo Oriente (specialmente Cina, Arabia Saudita, India e Emirati Arabi Uniti), cui l'Etiopia preferisce rivolgersi per l'acquisto di beni di consumo a prezzi più concorrenziali ma di qualità più scadente, sembra conservare un vantaggio per prodotti alimentari, macchinari e prodotti altamente specializzati per costruzioni e l'industria, elettrici ed elettronici e medicali". Nel rapporto del Ministero degli Affari Esteri, alla voce "presenza economica italiana in Etiopia", si legge che essa "è testimoniata dall'esistenza ad Addis Abeba di un'Associazione (IBCA, Italian Business Community Association), che riunisce circa 70 imprenditori residenti e non, di cui alcuni stranieri che hanno rapporti con l'Italia. L'Associazione, in attiva collaborazione con l'Ambasciata, costituisce un importante punto di riferimento per gli imprenditori italiani interessati a conoscere meglio questo Paese e pastori.jpgle sue risorse. Gli operatori italiani residenti in Etiopia, impegnati in attività di piccole e medie imprese di diritto etiopico sono circa 200 ed operano prevalentemente nei seguenti settori: commercio, costruzioni, officine meccaniche, elettromeccaniche, metalmeccaniche, calzature, pelletteria, turismo, industria di componentistica per autoveicoli, tipografie, falegnamerie, ristorazioni, materie plastiche, agricoltura ed allevamento". Ma quali sono i reali vantaggi per gli imprenditori che decidano di investire nello Stato africano? "L'Etiopia - come viene spiegato nel documento ministeriale - offre ai potenziali investitori abbondanza di manodopera a basso costo, un ampio mercato interno e numerosi bacini fluviali che offrono un enorme potenziale per l'irrigazione e la produzione di energia idroelettrica. È proprio per la costruzione delle grandi opere infrastrutturali, come strade, dighe, etc., che si prospettano commesse finanziate dalla Banca Mondiale, dalla Banca Africana di Sviluppo e da altre istituzioni finanziarie internazionali".

Problema per regolarizzazione badante

A fine 2007, a causa di un grave problema di mia madre, ho trovato una brava badante che è andata a vivere con lei e con mio padre. Siccome non era in regola (aveva il permesso di soggiorno turistico e il passaporto in scadenza dopo pochi mesi), ho fatto subito domanda di regolarizzazione con il decreto flussi 2007. Per pochi minuti la mia domanda non è stata accettata. Non potendo privarmi della presenza di questa "veramente brava" badante (mia madre si era molto affezionata e la considerava ormai come una figlia) ho atteso, anche su suggerimento del patronato a cui mi sono rivolto per la domanda, di essere richiamato per rientrare nei flussi futuri. Questo è purtroppo avvenuto solo dopo un anno. Ora sono stato convocato dalla prefettura per il ritiro del nullaosta e la firma del contratto. Il problema è questo: siccome la persona in questione non dovrebbe, secondo le norme, essere presente in Italia (ma la realtà spesso e per necessità è un altra...), è attesa presso le strutture apposite del suo paese per il ritiro del permesso di espatrio per il ritorno poi in Italia. Ora la nostra badante è Eritrea e, oltre al passaporto scaduto, si trova nell'impossibilità di rientrare perchè rischia di essere trattenuta e reclusa, visto che non ha ancora espletato il servizio militare (obbligatorio per uomini e donne dai 18 ai 40 anni in quel povero e martoriato paese......). Non so a questo punto cosa fare per risolvere la questione senza rischiare di perdere questa brava lavoratrice e onesta persona, che si trova in Italia per lavorare e per aiutare i suoi famigliari ancora in Eritrea. Tra l'altro l'appuntamento per la firma del contratto è nei prossimi giorni e quindi rischiamo di perdere la possibilità di regolarizzarla secondo quanto prevede la legge. Grazie per i vostri suggerimenti e cordiali saluti. Amilcare, da Parma (PR) Risposta: purtroppo la regola dell'ingresso con visto dall'ambasciata e' prevista a pena di nullita' della procedura... non sapremmo davvero come la persona possa eluderla, a meno che non abbia un altro titolo valido di soggiorno (es. cure mediche o famiglia). ADUC Immigrazione - http://www.aduc.it/dyn/immigrazione

PRATO, UN CONTAINER DI AIUTI UMANITARI IN ERITREA

PRATO, UN CONTAINER DI AIUTI UMANITARI IN ERITREA, DIOCESI E GRUPPO MISSIONARIO SHALEKU SOSTENGONO PROGETTO AGATA SMERALDA Un container pieno di prodotti alimentari è in partenza per l’Eritrea. L’iniziativa umanitaria è stata finanziata dal Progetto Agata Smeralda Onlus, l’associazione per l’adozione a distanza, che grazie al Gruppo Missionario Shaleku di Prato ha potuto entrare in contatto con la realtà eritrea. I generi alimentari infatti sono destinati a scuole, cliniche e orfanotrofi che fanno capo ad una delle tre diocesi dell’Eritrea, l’eparchia di Keren, da anni in collegamento con il Gruppo Shaleku e con la diocesi di Prato. Il legame tra Prato e la Chiesa Eritrea è nato nel 2001, con un intervento a cura della Caritas diocesana, proseguito grazie al Gruppo Shaleku e dalla costituzione di un vero e proprio gemellaggio tra la nostra diocesi e quella africana. In questo momento l’Eritrea, piccolo stato del Corno d’Africa, il quinto paese più povero del mondo, sta vivendo una vera e propria emergenza alimentare; ha un alto grado di mortalità infantile e gran parte della popolazione è sottonutrita. Per questo Agata Smeralda Onlus lunedì 16 febbraio invierà in Africa 10 tonnellate di farina, 5 di pasta, 8 di fagioli e 500 litri d’olio. Venerdì scorso, 13 febbraio, presso il magazzino della ditta Albini&Pitigliani, responsabile della spedizione, il vicario generale della diocesi di Prato, mons. Eligio Francioni ha presenziato alla chiusura del container portando la sua benedizione per conto del Vescovo di Prato Gastone Simoni.

Scamarcio, l'immigrazione e' opportunita'

BERLINO - "Perché per gli immigrati non si parla mai di integrazione, ma solo di problema? Di 'casa nostra' e 'casa loro'". Riccardo Scamarcio a Berlino spara su certa politica e sul modo che si ha anche in Italia di affrontare il tema dell'immigrazione. E lo dice perché è al Festival di Berlino proprio per la sua interpretazione di un immigrato, Elias, protagonista del film fuori concorso di Costa-Gavras che uscirà in Italia il 6 marzo con il titolo 'Verso l'Eden'. A mettere le cose a posto, verso l'integrazione, secondo l'attore potrebbe essere la cultura: "Ma lo Stato pensa solo a tagliare i fondi e invece dovrebbe fare qualcosa, perché la cultura può davvero aiutare a risolvere i problemi con il suo messaggio anche di educazione, bellezza e rispetto anche dell'altro". E si può dire che Scamarcio ha esperienza di quello che dice: "Girando il film in Francia sono entrato in un bar vestito da Elias. Volevo solo chiedere un'aranciata, ma mi sono reso conto che avevo difficoltà a farmela dare. Solo quando hanno visto i soldi si sono tranquillizzati. Il problema - continua l'attore - c'é ed è in noi e le proposte fatte dai governi francesi e italiani, non ultima quella della tassa sul permesso di soggiorno non va certo verso la risoluzione dei problemi". Non è vero poi che l'immigrazione non porta il suo contributo per il nostro paese: "In Puglia ad esempio c'é un gruppo di albanesi che hanno messo sù un'impresa che va molto bene. Gente che porta lavoro nella nostra patria. Insomma l'immigrazione è anche un'opportunità". Il vero problema è, dice Scamarcio: "Che la mia generazione è cresciuta in un mondo di cui si parla solo come una cosa che va sempre di più verso il peggio e questo alimenta un cinismo che non aiuta". Sulla caratterizzazione del personaggio Elias che spesso ricorda i caratteri di Chaplin e Buster Keaton, Scamarcio riconosce che le figure di questi due attori sono state per lui fonte d'ispirazione: "Certo non posso dire che non mi sono ispirato a Keaton anche se non ho avuto indicazioni in questo senso da parte di Costa-Gavras, ma non ho mai pensato di poterlo imitare. Sarebbe impossibile. Il mio personaggio comunque più che portarlo verso la realtà ho cercato di amplificarlo nel suo idealismo. Non ho voluto renderlo reale e spingerlo nell'aspetto fantasy perché mi sentivo così di elevarlo a simbolo dell'immigrazione".

venerdì 13 febbraio 2009

Esquilino Dormitorio lager: 19 immigrati in 60 metri quadrati

Sessanta metri quadri per 19 persone, con 5 posti ancora liberi. Quando sono entrati nell’appartamento di via Principe Eugenio 90, all’Esquilino, poliziotti e vigili urbani non credevano ai loro occhi. Immigrati che dormivano su materassi lerci o su brande improvvisate, altri, più fortunati, su letti a castello. Un dormitorio lager quello scoperto ieri mattina nel quartiere più multietnico della capitale, a due passi dalla Questura, affittato illegalmente a una ventina di cittadini del Bangladesh, quasi tutti clandestini, di cui uno minorenne. Non c’è voluto molto per scoprire, e denunciare, il proprietario dei locali: tre stanze piccolissime trasformate in ostello per «vu cumprà» a caro prezzo. Centotrenta euro a testa, difatti, il costo per una delle due camere da 2 metri per 3, fino ad arrivare a 200 euro di pigione per i più esigenti, quelli che preferivano sistemarsi nell’unica stanza da 3 metri per 4. Un solo bagno, acqua fredda e niente riscaldamento. La cucina, manco a dirlo, da campo. L’operazione, che rientra nel piano sicurezza capitolino, scatta all’alba quando gli extracomunitari dormono ancora. «Abbiamo contato 24 posti letto - spiegano gli agenti di polizia -, di questi alcuni a terra». Gli occupati sono stati fermati e condotti all'Ufficio immigrazione per accertamenti: solo due sono risultati in possesso di permesso di soggiorno. In casa sono state trovate 12 borse contraffatte (griffate Prada), occhiali, cinture, ombrelli, orologi, giocattoli e altre cianfrusaglie da vendere per strada. Immediato il sequestro dell’immobile disposto dal magistrato. Il minore, senza documenti come la maggior parte dei suoi coinquilini, è stato affidato al Nucleo assistenza emarginati del I Gruppo della polizia municipale. L’accusa per il padrone di casa è favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. «Ci siamo trovati di fronte a una situazione igienico sanitaria a dir poco precaria - commentano i pizzardoni - dove la moltitudine degli occupanti rendeva impossibile anche il minimo movimento e livello di pulizia. Vettovaglie e cibi cotti erano lasciati per giorni all’aria. Nel bagno, utilizzato dall’intera comunità, mazzi di rose offerte la sera nei ristoranti del centro». Immancabili le reazioni politiche: «Situazioni di illegalità come questa sono intollerabili - dichiara Federico Mollicone (Pdl), della commissione Sicurezza del Campidoglio -. Il sequestro è un deterrente per colpire chi lucra sulle difficoltà degli altri ma auspico un’azione ancora più restrittiva nei confronti di chi affitta o subaffitta illegalmente. Chiedo che si proceda all’arresto, ponendo fine a questa speculazione». Gli fa eco Dino Gasperini, delegato del sindaco Alemanno per il centro storico: «Un risultato straordinario che conferma quanto il Patto per Roma sicura sia penetrato nel territorio. E che l’integrazione tra polizia municipale e polizia è, oramai, consolidata».

Ma oggi il crimine cresce tra gli immigrati illegali

Su cento stranieri detenuti 83 non hanno il permesso di soggiorno. Il rischio è consegnare una massa di disperati al mondo dell´illegalità La recente relazione di apertura dell´anno giudiziario segnala il forte incremento a Genova dei reati degli stranieri: "� 493 reati in tema di stupefacenti, 17 per violazione di norme sulla prostituzione, 675 furti, 161 rapine, 1.204 violazioni delle norme in tema di immigrazione". Quasi la metà dei 2.550 reati pendenti a carico di stranieri è quindi attribuibile alla condizione stessa di immigrato irregolare: una bella statistica "tautologica", non c´è che dire. Questo esempio mostra l´esigenza di un approccio rigoroso a statistiche particolarmente insidiose come quelle giudiziarie. Ci aiuta una recente ricerca di Marzio Barbagli ("Immigrazione e sicurezza in Italia", Il Mulino). Chi sostiene la tesi secondo cui i fenomeni migratori provocano un forte aumento della criminalità, cita spesso la crescita degli immigrati nella popolazione carceraria. Crescita indubbia, perché la quota di stranieri sul totale dei detenuti è passata a livello nazionale dal 15,1% del 1991 al 37,5% del 2007. Vi sono però molti buoni motivi per considerare questo come il meno affidabile degli indicatori. A parità di reato commesso infatti, la custodia cautelare è imposta molto più spesso agli stranieri, proprio perché quasi tutti irregolari. A parità di pena inoltre, gli stranieri godono molto meno degli italiani delle misure alternative e di pene sostitutive alla detenzione. Indicatori più "sicuri" sono invece quelli delle quote di stranieri sul totale dei denunciati e dei condannati, quote in aumento per tutti i reati, lievi e gravi, specie nelle grandi città. Per esempio in Liguria gli stranieri denunciati per droga salgono dal 15% del 1988 al 53% del 1998, per poi scendere al 36% del 2007. A Genova, nello stesso periodo, si passa dal 21% del 1988 al 59% del 1998 al 41% del 2007. La presenza straniera è ovviamente maggiore nello strato più basso dello spaccio, ma è consistente anche nel segmento più alto della produzione e del traffico, a segnalare la forza delle reti di criminalità organizzata. Lo stesso fenomeno avviene per le estorsioni e soprattutto per il mercato della prostituzione e, in generale, per il traffico di immigrati. La stragrande maggioranza della criminalità straniera è composta di irregolari, che costituiscono l´83% degli stranieri detenuti. Nel 2007 su 100 persone denunciate per borseggio, 32 sono italiani, 14 stranieri regolari, 54 irregolari. Ancora minore (2,4%) è l´incidenza dei regolari nei reati di droga. A parità di condizione economica - osserva Barbagli - gli immigrati regolari delinquono con la stessa frequenza degli italiani, mentre la crescita della criminalità degli irregolari è favorita dall´inefficienza dei controlli, a partire dal "�fiorente, enorme settore dell´economia informale". Ma l´analisi dei dati riserva grosse sorprese, a partire da quella che in tanti delitti gli immigrati sono più colpiti degli italiani. I rischi di "vittimizzazione" sono superiori di cinque volte a quelli degli italiani per rapine e borseggi e più di tre volte per lesioni dolose, violenze sessuali e anche omicidi. Questo perché la criminalità "ingroup" è nettamente superiore a quella "intergroup". Non è certo la prima volta nella storia che si registra una preoccupazione di massa per la criminalità degli immigrati. Fu così negli Stati Uniti nel primo trentennio del secolo scorso e nell´Europa nel secondo dopoguerra (in primo piano eravamo noi italiani). È così ancora in Europa dagli anni Settanta in poi. Ciò che fa la differenza tra quei paesi in quei momenti storici e l´Italia d´oggi è l´attuale inaudito sfruttamento politico del fenomeno, sino a prefigurare con le recenti leggi per la sicurezza una nuova Costituzione non ancora scritta che disegna una società di diseguali, privati dei diritti universali alla salute e alla dignità della persona. Con il rischio paradossale di consegnare una massa crescente di disperati proprio a quella criminalità organizzata che dovrebbe essere più efficacemente combattuta e che invece si troverà a gestire non solo i traffici illeciti, ma anche le abitazioni, i risparmi e finanche la salute degli "irregolari".(12 febbraio 2009)

Sempre più immigrati a Roma, presenza strutturale

Presentato il rapporto dell'osservatorio romano sulle migrazioni della Caritas E' stato presentato oggi il rapporto dell'Osservatorio romano sulle immigrazioni realizzato dalla Caritas. Emerge una situazione che vede l'aumento del numero degli stranieri nella capitale, in particolare cittadini rumeni. In aumento anche le iscrizioni all'università e nelle scuole romane segno che la vera novità è rappresentata dalle cosidette seconde generazioni, figli di immigrati. Il problema della sicurezza è avvertito anche dai cittadini stranieri che dopo gli ultimi episodi di intolleranza sembrano avere più paura. Aumentano gli stranieri residenti a Roma e provincia e l'incidenza sul totale della popolazione romana lievita, superando la media nazionale. È questo uno dei dati principali del quinto rapporto sull'immigrazione redatto dall' Osservatorio romano sulle migrazioni della Caritas diocesana di Roma presentato oggi alla presenza del direttore della Caritas, mons. Guerino Di Tora. Il dato principale riguarda appunto l'aumento degli stranieri residenti: +15,6% con un'incidenza sul totale della popolazione di 7,9 punti percentuali. Gli stranieri arrivati direttamente dall'estero sono 45.953, i nuovi nati da genitori stranieri sono 4.548. Secondo Caritas, le previsioni elaborate dall'Istat per i prossimi anni parlano di un sostanziale raddoppio degli stranieri nel Lazio che dal 2010 al 2030 passeranno da 470 mila unità a 820 mila con un tasso medio annuo di crescita pari al 3,7%, 16 volte superiore a quello dell'intera popolazione, dato destinato ad aumentare entro il 2050. La comunità romena ha il primato di presenze: sono 92.258, un terzo dei residenti stranieri complessivi. Seguono i filippini (8%) e i polacchi (5,6%). Tra gli immigrati si annovera anche la comunità rom. «Oggi - si legge nel rapporto - l'atteggiamento nei loro confronti non è benevolo. È necessario attivare uno sforzo maggiore sostenendo percorsi concreti di integrazione e, nello stesso tempo, vigilando per prevenire fenomeni di devianza». I lavoratori stranieri incidono per l'8,7% sull'occupazione complessiva (due punti in più rispetto alla media nazionale) a Roma e provincia. È il dato fornito dal rapporto Caritas. Metà di essi è occupato in attività legate ai servizi sociali, o presso le famiglie o nelle case di cura, sono per lo più ucraini, moldavi, romeni e peruviani. Poco più di un decimo lavora negli alberghi e nei ristoranti e un altro decimo in edilizia. A Roma, il 61,7% degli immigrati (contro il 13,6% dei romani) svolge lavori manuali e non qualificati, nella gran parte dei casi non corrispondenti ai titoli di studio. In questi bassi livelli è inserito il 21% degli occupati con formazione universitaria e il 60% di quelli che hanno un diploma. Un immigrato su 10 (più del doppio rispetto alla media italiana) è dirigente o svolge mansioni di alta qualificazione. Aumentano anche gli studenti stranieri. Nell'anno accademico 2007-2008 sono stati registrati 7.252 studenti universitari, per lo più romeni. Molti studiano presso le università e facoltà pontificie. Nelle scuole di Roma e Provincia nell'anno scolastico 2007-2008 si sono registrati 45.879 iscritti stranieri pari all'8% degli stranieri iscritti in Italia e al 7,7% del totale degli iscritti nella Provincia romana. Crescono anche i rom iscritti nelle scuole della capitale, passati dai 1.161 del 1999 ai 2.027 nel 2008.

mercoledì 11 febbraio 2009

Immigrati, ora permessi più rapidi

L’incontro fra i rappresentanti di 40 comunità e Damiano Kerzaij: bene, prima dovevamo protestare Ora nuovi punti d’ascolto e cartelli in indiano Quaranta associazioni di stranieri faccia a faccia, per la prima volta, con il questore di Treviso Carmine Damiano. Un vertice per fare il punto sulla gestione del fenomeno immigrazione e pianificare nuove strategie d’integrazione. E’ quanto avvenuto ieri pomeriggio in via Carlo Alberto. Un incontro voluto dallo stesso questore che ha illustrato anche dati e cifre dell’incremento dei servizi dati agli immigrati nel corso dell’ultimo anno. C’erano praticamente tutti i più importanti rappresentanti delle comunità immigrate della Marca. Esponenti dell’associazione indiana, marocchina, serba ma anche algerina, kosovara, macedone, cingalese e via così. Un rappresentante per ogni comunità, su invito espresso della Questura. Dopo le presentazioni di rito, a farla da padrone sono stati i numeri. Quelli che descrivono il colpo di reni dato dall’ufficio stranieri della questura negli ultimi 12 mesi. Un impegno che ha portato in numero di convocazioni a crescere del 30% (1884 chiamate a gennaio 2008, 2465 a gennaio 2009); le fotosegnalazioni a quota +62% (1010 quelle fatte a gennaio 2008, 1642 quelle registrate a gennaio 2009); le richieste di pratiche dalle 328 del gennaio 2008 alle 1446 di quest’anno. Il tutto per arrivare a un conteggio dei permessi di soggiorno fin qui consegnati che arriva a toccare quota 1542 (933 quelli dati a gennaio 2008). Poi, via libera alla discussione. «Siamo stati molto soddisfatti della convocazione - dice Abdallah Kezraji, mediatore culturale - di solito gli incontri o i vertici arrivavano se scendevamo in piazza a manifestare, stavolta è arrivata prima la questura». Tra gli argomenti a margine della disamina dei risultati, anche il tema integrazione potenziamento dell’attività degli uffici. Per migliorare il servizio, sono stati gli stessi immigrati ad avanzare alcune richieste. Come l’istituzione di una sorta di filo diretto tra associazioni e questura per aggiornare le comunità delle novità legislative che vanno via via modificando il panorama normativo legato all’immigrazione. Ma anche problemi meramente pratici, come la mancanza di indicazioni e spiegazioni in indiano (due stranieri si sono fatti carico di tradurre tutto il materiale oggi in inglese e francese). Tutto per accrescere il lavoro già portato avanti dai mediatori culturali impegnati nell’ufficio stranieri. «Elementi fondamentali - dice Kezraji - per cui servirebbero anche sponsor». Si guarda a Camera di Commercio, industriali, artigiani.