sabato 21 febbraio 2009
Immigrati, -7mila euro rispetto ai salari degli italiani
Roma - A che punto si trova la popolazione immigrata nell’accesso alla casa, alla scuola e nel radicamento nel tessuto sociale? A rispondere è il VI Rapporto sugli Indici di integrazione degli immigrati in Italia illustrato oggi a Roma dal Cnel, alla presenza del presidente della Camera Gianfranco Fini.
L'indice di inserimento sociale Il Cnel ha elaborato l’indice di inserimento sociale e il risultato complessivo di tutti gli indicatori pone al primo posto le Marche in termini assoluti - circa le condizioni offerte agli immigrati tout court - e l’Abruzzo in termini differenziali - circa le condizioni offerte agli immigrati comparate a quelle degli italiani nello stesso territorio - mentre agli ultimi posti si collocano in entrambi i casi il Lazio e la Liguria. Quanto al mercato immobiliare viene presa a riferimento l’incidenza dell’affitto di una casa di 50 metri quadrati in zona periferica sulla retribuzione media degli stranieri non comunitari. Nel Lazio questa incidenza è mediamente del 52% mentre nel Meridione il valore si dimezza. A creare maggiori difficoltà sono i costi nelle grandi aree urbane o di rilevante interesse artistico. Se si compara la situazione degli stranieri non comunitari con quella della popolazione nel suo complesso, si riscontra che per i primi il peso percentuale di questo costo sulla retribuzione è mediamente di 12 punti superiore.
La dispersione scolastica Come indicatore di dispersione scolastica si è scelta la quota di alunni non ammessi all’esame finale di terza media (nell’anno scolastico 2005-2006 si trattava, significativamente, dell’ultimo anno della scuola dell’obbligo). In Italia il tasso di dispersione è per gli alunni stranieri del 9,5%, oltre 7 punti superiore alla media complessiva, anche se in questa comparazione il caso più soddisfacente è quello della Sardegna, dove lo scarto è di solo 1,9 punti. In generale è il Mezzogiorno ad affermarsi positivamente e a precedere le altre aree, sia secondo la graduatoria assoluta che secondo quella differenziale.
La naturalizzazione degli immigrati L’indicatore di naturalizzazione tiene conto della quota di coloro che hanno acquisito la cittadinanza italiana in base al requisito della residenza continuativa per almeno 10 anni in Italia. Si tratta, significativamente, di quote molto esigue (in Italia è di 1,9 casi ogni mille residenti): al primo posto si colloca il Nord Est (2,5) e, al suo interno, spicca l’Emilia Romagna (3,1), mentre all’ultimo c’è il Meridione. L’indicatore dei ricongiungimenti familiari, basato sulla percentuale di permessi per motivi familiari tra i soggiornanti (35% in Italia), vede primeggiare il Nord (37% il settore orientale), seguito dalle Isole, dal Centro e infine dal Sud (30%). L’Abruzzo si colloca al primo posto (46%), come anche la provincia de L’Aquila (58%), e la Calabria all’ultimo (24%), come avviene per Crotone. In zona bassa si collocano anche le province di Roma e di Napoli, oltre che Milano, Torino e Genova, segno delle difficoltà oltremodo elevate poste dai grandi agglomerati urbani e metropolitani nel reperimento di risorse adeguate per vivere insieme alla propria famiglia.
Il tasso di devianza Infine, il Cnel ha analizzato, il punto dolente dell’immigrazione: il tasso di devianza, che è basato sull’incidenza (4,3% in Italia) delle denunce penali tra gli stranieri regolarmente soggiornanti. Nel Nord il tasso è al di sotto della media nazionale, nonostante lì venga particolarmente enfatizzato l’accostamento immigrazione-insicurezza. Alcune città sono al di sotto della media (Palermo, Napoli, Milano e Bari) e altre al di sopra (Torino, Bologna, Roma, Firenze). Il metodo comparativo addebita agli stranieri un tasso di 3,4 punti percentuali in più rispetto alla media complessiva (anche se il tasso di devianza degli stranieri è sovrastimato, perché nella popolazione di riferimento dovrebbero essere aggiunti anche gli irregolari - di cui però non si conosce il numero - essendo costoro i due terzi dei denunciati): più basso in Lombardia (2,4: a Brescia è solo di un punto) e più elevato in Liguria (7,9: a Genova di 9 punti e a Enna di 10).
La polarizzazione territoriale Nel rapporto viene eleborato l’indice di attrattività dei territori, ovvero l’effetto "polarizzante" di un determinato territorio, cioè la sua capacità di attrarre flussi migratori e di trattenerli stabilmente in loco. L’incidenza degli immigrati sulla popolazione (in Italia 6,2% nel 2006 e 6,7% nel 2007) è preminente nell’Italia centro-settentrionale, con l’Emilia Romagna, il Lazio e la Lombardia ai primi posti. Questa preminenza è dovuta alla vitalità del tessuto economico e occupazionale di questi territori e richiama l’attenzione sull’ancora attuale dicotomia Nord-Sud in termini di crescita e sviluppo nel paese: tuttavia anche il Meridione, seppure in proporzione ridotta, conosce una presenza consistente di immigrati. La densità demografica (In Italia, riguardo agli immigrati, è di 12,3 per kmq nel 2006) evidenzia la marcata forza di attrazione esercitata fin dai primi flussi dai grandi contesti metropolitani, che da alcuni anni è comunque in corso di ridimensionamento, con il deflusso di quote man mano più consistenti nei Comuni medio-piccoli, secondo una dinamica "diffusiva" dell’immigrazione che è propria del nostro Paese. Le Regioni del Nord, a partire dal Veneto, si distinguono anche per una maggiore incidenza dei minori sulla popolazione immigrata (in Italia 18,4% nel 2006 e 22,3% nel 2007), che da una parte attesta la tendenza alla stabilità dell’insediamento e dall’altra pone la necessità di un nuovo inquadramento (anche giuridico) delle esigenze degli stranieri, specialmente quando si tratta di persone nate e cresciute in Italia (seconde generazioni). Il fabbisogno lavorativo, infine, desunto dalle domande presentate in occasione del decreto flussi del 2006 (540mila in Italia) confrontate con la popolazione totale residente nei rispettivi contesti territoriali, ha mostrato come il Centro-Nord si ponga al di sopra della media nazionale, a differenza di quanto avviene nel Mezzogiorno. In Italia le domande di assunzione sono poi aumentate a ben 743mila nel dicembre 2007, a fronte di una quota prefissata per 170mila nuovi lavoratori, per cui la quota di 150mila nuovi ingressi stabilita per il 2008 è stata finalizzata al recupero di parte delle domande inevase dell’anno precedente.
Le differenze salariali La retribuzione media annua pro capite per gli extracomunitari che lavorano in Italia è di 11.712 euro. Al nord questa quota arriva al 12.200-12.300 euro mentre al sud scende a meno di 9mila. Rispetto agli italiani, gli stranieri percepiscono circa 7 mila euro in meno l’anno. La differenza di retribuzioni tra nord e sud, fra lavoratori non comunitari, è mediamente di circa 3mila euro ma diventano 5mila tra la prima regione (Friuli con 13mila euro) e l’ultima (Molise con 8.400). Nel confronto con gli italiani, i non comunitari percepiscono mediamente oltre 7mila euro di meno, che in alcuni contesti diventano anche 10mila; è il caso di Roma (11mila di meno) e di Milano (13mila di meno). Le differenze sono invece meno accentuate nel meridione. Il rapporto del Cnel sottolinea poi che 87.983 immigrati sono impiegati in posti di alta qualifica (dirigenti ed impiegati, esclusi quindi operai ed apprendisti) mentre nel complesso sono quasi 5 milioni (il 37,4% dei dipendenti d’azienda totali). Sardegna, Sicilia e Lazio sono ai primi posti con le percentuali più alte (12-15%) mentre agli ultimi si trovano le altre regioni del Centro-Nord. A Cagliari, gli immigrati qualificati incidono per circa il 20% a Roma e Napoli per il 13% a Prato solo per il 2%. Il tasso di imprenditorialità degli stranieri è mediamente del 4,35% (erano 13mila nel 2006, sono diventati 165mila a giugno 2008); è superiore in Sardegna e Calabria (a Catanzaro e Cagliari è del 17%) prima ancora che delle regioni del Nord.
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