venerdì 22 luglio 2011

France pays tribute to hero refugee who died to save a life

http://www.maltatoday.com.mt/news/national/tributes-pour-in-for-a-hero
By RAPHAEL VASSALLO
Ashih Tekleab Haile (in yellow) with his friends in Paradise Bay
France has paid tribute to Ashish Tekleab Haile, the 32-year-old man who lost life while rescuing a drowning French tourist at Paradise Bay on Wednesday.
Commenting to MaltaToday, the French ambassador to Malta praised Ashih's heroic effort, and said that he will pay his formal respects to the 'hero refugee' today.

"This story is a sad one with a truely touching end," Ambassador Daniel Rondeau told MaltaToday, adding that he was personally Ashih is remembered by colleagues as a cheerful and positive man, a hard worker, and above all as a friend.

“We are all deeply shocked by his death,” said Stanley Zammit, one of the directors at Paradise Bay Hotel, where Ashih (nicknamed ‘Ashish’ among the staff) worked as a beach attendant. “We have lost not only a colleague but also a friend.”

Zammit remembers his Eritrean colleague well. “We originally hired him as a painter last year, when we were building new rooms at the hotel. His contract expired in November, but we recommended him to other hotels and he was quickly re-employed. By the end of February, he was back in our employment, this time as a beach boy.”

Ashih’s wife Selemawit Hagus Belay, whom he met and married in Sudan in 2006, is also employed at Paradise Bay hotel.

Even before being hailed a hero for his life-saving actions this week, Zammit points out that Ashih had already settled down and integrated with an ease that often eludes others in similar situations. In less than two years, it seems he had progressed through all stages of dependency on the local asylum system.  

“He had only recently bought a car,” Zammit recalls, adding that the young family had also moved out of their previous accommodation in an open centre, and were sharing a rented apartment in Bugibba.

Regarding the accident itself, Zammit specifies that it actually took place at some distance from where Ashih was working. The Frenchman found himself in difficulties in Paradise Bay, while Ashih was at the time stationed at the pool area on the other side on the peninsula, facing the Cirkewwa ferry.

“He heard someone calling out, and without thinking he went rushing to help,” Zammit recalls. “It doesn’t surprise me. It was exactly the sort of thing he would do.”

It transpires that this was not the first time Ashih had been involved in life-saving incidents at sea… though sadly it will certainly be the last. Like so many other asylum seekers, Ashish found the crossing from North Africa in October 2009 to be a dangerous affair.

“Halfway through the trip to Malta, the boat he was on started to fall apart,” Zammit recounts. “When the engine came unstuck, Ashih was one of the men on board who manually kept it in place using his own and other passengers’ T-shirts, tied together to form a rope.”

They were able to keep the boat from disintegrating long enough for the entire boatload to be rescued by the AFM.

Meanwhile. tributes to Ashih Tekleab Haile continued to pour in all day yesterday. The Emigrants’ Commission offered condolences to Ashih’s family.

“France, which had shown so much sympathy with refugees in Malta, should be proud that one of its citizens was saved by a refugee,” ther Commission said in a statement yesterday.

In another statement, the Nationalist Party said that Ashih’s noble gesture will remain imprinted in the hearts of all Maltese.

The Labour Party called for Ashih Tekleab Haile to be posthumously appointed to the National Order of Merit.

The Emigrants' Commission offered its condolences to his family.


Updated: Emigrants' Commission tribute to Eritreean refugee

(Adds PN's, PL's condolences)
France, which had shown so much sympathy with refugees in Malta, should be proud that one of its citizens was saved by a refugee, the Emigrants Commission said today.
Ashih Tekleab Haile drowned after saving a young Frenchman in rough seas in Paradise Bay yesterday afternoon.
The Emigrants' Commission offered its condolences to his family. 
The 32-year-old was married to Selemawit Hagus Belay. The couple met and married in Sudan in 2006 and arrived in Malta by boat in October 2009.
Funeral details will be announced later.
In a statement issued this afternoon, the Nationalist Party also expressed its condolences saying that although this young man had died he would continue living in the people's memory.
The Labour Party said the country should honour Mr Haile with a posthumous National Order of Merit.

Interrogazione Parlamentare sul caso Eritrea e Diritti Umani



C.2/01165 [Pressioni in Eritrea per la libertà religiosa e i diritti umani]



I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro degli affari esteri, per sapere - premesso che:
il regime eritreo sta causando l'esodo della popolazione perché nega ogni forma di libertà e diritti civili ed umani nel Paese, nega al suo popolo la costituzione, il giusto processo per i prigionieri politici, la libertà di stampa, la libertà di movimento, la libertà religiosa, la libertà di associazione e il diritto ai giovani di lavorare in proprio;
appare in un'agenzia del Velino datata 7 luglio 2011 la notizia di una delegazione di imprenditori in Eritrea: «Rafforzare la cooperazione economico-commerciale con l'Eritrea, investendo su settori-chiave come la pesca, il turismo e l'energia. Questo l'obiettivo di una missione imprenditoriale ad Asmara appena conclusasi, guidata dal direttore centrale per i Paesi dell'Africa sub-sahariana della Farnesina, Rosa Anna Coniglio. Nella delegazione anche Gianni Piccato, della direzione generale per il Sistema Paese. Fitta l'agenda di incontri con le autorità eritree, cui hanno partecipato anche responsabili di Federpesca e Assafrica, associazione di Confindustria che riunisce e rappresenta le imprese che operano in Africa, nel Mediterraneo e in Medio Oriente. Particolarmente importanti gli incontri con il ministro delle Risorse marine, Tewelde Kelati, con il quale si è discusso della possibilità di investimenti nel settore ittico, e con il titolare del Turismo, Askalu Menkerios. Quest'ultimo ha in particolare riferito di piani per l'ampliamento delle infrastrutture turistiche e lo sviluppo di risorse umane nel settore, nel rispetto del principio di eco sostenibilità. Significativo anche l'incontro con funzionari del ministero dell'Energia e delle miniere, soprattutto per il potenziale che deriva dal settore estrattivo, e per la possibilità di collaborazioni in materia di rinnovabili. La delegazione è stata infine ricevuta anche dal ministro dell'Educazione, Semere Russom, con il quale si è discusso del rinnovo dell'accordo tecnico sullo status delle scuole italiane di Asmara. Durante i colloqui, il governo di Asmara ha infine annunciato di voler avviare le procedure per l'inserimento di 15 siti nella lista del patrimonio Unesco, trovando da parte italiana disponibilità a collaborare nell'adempimento delle procedure burocratiche»;
nei confronti del Paese eritreo gli italiani devono ritenersi, ad avviso degli interpellanti, due volte responsabili, per il passato coloniale e per via dei respingimenti dei profughi della Libia che coinvolgono inevitabilmente anche gli eritrei che transitano per quel Paese;
la risoluzione Mazzocchi e altri approvata il 12 gennaio 2011 impegna il Governo a tener conto del rispetto dei diritti umani nei paesi con cui ci sono scambi economici e risulta agli interpellanti acclarato che con tale condizione non sussiste in riferimento all'Eritrea -:
se siano state sviluppate, prima o durante quegli incontri, pressioni morali e o commerciali per la libertà religiosa;
se non sia il caso che, in occasioni future, in relazione a Paesi con le stesse situazioni, siano avviati i necessari contatti con la Presidenza delle Camere affinché sia valutata, la possibilità di includere nella delegazione italiana una rappresentanza parlamentare o comunque ne sia data comunicazione preventiva al Parlamento.
(2-01165)
«Renato Farina, Cristaldi, Mazzocchi, Di Centa, Pagano, Bergamini, Biancofiore, Mussolini, Toccafondi, Corsaro, Porcu».

Risposta del Governo all'Interpellanza Urgente sul caso Eritrea e diritti Umani


Bozze non corrette in corso di seduta

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 15,55).
(Intendimenti del Governo per garantire la libertà religiosa in Eritrea in relazione alle iniziative di cooperazione economico-commerciale - n. 2-001165)
PRESIDENTE. L'onorevole Renato Farina ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-001165 concernente intendimenti del Governo per garantire la libertà religiosa in Eritrea in relazione alle iniziative di cooperazione economico-commerciale (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).
RENATO FARINA. Signor Presidente, rinuncio all'illustrazione.
PRESIDENTE. Sta bene.
Il sottosegretario di Stato per gli affari esteri Stefania Craxi ha facoltà di rispondere.
STEFANIA GABRIELLA ANASTASIA CRAXI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Come è noto, l'Eritrea è Pag. 149sottoposta ad un regime sanzionatorio delle Nazioni Unite in base alla risoluzione del Consiglio di Sicurezza n. 1907 del 2009, che ha accentuato le tendenze di quelle autorità a percorrere la via dell'autarchia e dell'isolamento dalla comunità internazionale. L'isolamento e l'ulteriore rafforzamento del regime sanzionatorio nei confronti di Asmara non hanno finora contribuito alla causa del miglioramento della situazione del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali ma hanno al contrario condotto il regime ad un'ulteriore involuzione.
Con gli obiettivi di promuovere e sostenere la crescita democratica e civile dell'Eritrea, e relazioni bilaterali costruttive, il Governo ha quindi avviato, nel corso degli ultimi due anni, un complesso e delicato processo di rivitalizzazione del dialogo bilaterale. Nei contatti con quelle autorità, non si è mai mancato di sottolineare l'importanza del rispetto dei diritti umani e della promozione delle libertà fondamentali per il popolo eritreo.
Il Governo è infatti ben consapevole delle forti criticità quanto al rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali in Eritrea. Ed è proprio per questa ragione che tale tema rientra fra quelli principali del nostro dialogo bilaterale con Asmara. Anche a livello europeo abbiamo favorito, sin dai primi timidi segnali d'apertura al dialogo da parte eritrea nel 2008, l'inserimento della questione dei diritti umani e delle libertà fondamentali nel dialogo politico che i capi missione della UE ad Asmara intrattengono con le autorità locali. Tale questione ha quindi formato oggetto, negli ultimi due anni, di tre sessioni del dialogo politico che le ambasciate europee intrattengono con quel Governo.
La recente missione, cui fanno cenno gli onorevoli interroganti, si è recata ad Asmara per partecipare alla seconda sessione del tavolo bilaterale per la discussione di tematiche consolari, culturali ed economiche, esercizio avviato nell'ottobre scorso a Roma. La convocazione del secondo tavolo, è stata tuttavia condizionata da alcuni gesti da parte eritrea: la presentazione delle lettere credenziali del nostro ambasciatore, l'allentamento delle restrizioni imposte alla comunità diplomatica colà residente, e dei segnali positivi in merito alla nota questione della coscrizione obbligatoria dei religiosi. Pag. 150
A tale ultimo proposito, si ricorda infatti che recentemente il dipartimento per gli affari religiosi eritreo aveva annunciato di aver disposto l'arruolamento militare obbligatorio di tutti i religiosi di ogni confessione, ordine e grado di età inferiore ai 30 anni. Se ciò dovesse verificarsi circa 600 religiosi cattolici tra seminaristi, sacerdoti e parroci sarebbero costretti ad abbandonare parrocchie e conventi e a presentarsi nei campi di addestramento per prestare il servizio militare a tempo indeterminato. Grazie quindi al nostro intervento, le autorità eritree hanno deciso di esentare dal servizio militare sia le religiose dei vari ordini ivi attivi, sia i componenti del clero di vario livello che hanno compiti operativi nella conduzione delle parrocchie e di altre istituzioni cattoliche.
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Tali sviluppi parziali, ma incoraggianti, hanno formato oggetto dei colloqui della recente missione nel Paese. Com'è noto, i gruppi religiosi sono sottoposti ad un rigido regime di registrazione obbligatoria e, allo stato attuale, solo quattro confessioni sono autorizzate ad agire nel Paese (Chiesa ortodossa Eritrea, Chiesa evangelica di Eritrea, Islam sunnita e Chiesa cattolica romana).
La delegazione ha, inoltre, affrontato altre tematiche bilaterali: il rinnovo dell'Accordo tecnico sullo status delle scuole italiane all'Asmara, la più grande istituzione scolastica statale fuori dai confini nazionali, e la situazione della comunità italiana colà residente, eredità dei trascorsi legami storici tra l'Italia e l'Eritrea e importante anello di unione tra i due Paesi.
Sul fronte culturale e della formazione scolastica, gli incontri realizzati con le competenti autorità eritree in vista del rinnovo dell'Accordo tecnico sullo status delle scuole italiane di Asmara e del loro personale hanno consentito di ribadire, nel rispetto della missione principale ed irrinunciabile della diffusione della lingua e dei modelli culturali italiani, la nostra disponibilità ad un'armonizzazione dei curricula e programmi offerti dalle scuole italiane, al fine di venire incontro all'esigenza di una maggiore integrazione fra i due sistemi educativi.
Tutto questo, nella prospettiva di dare una più adeguata risposta formativa alle esigenze della società e del mercato del lavoro locali, garantendo nel contempo ai giovani eritrei - che costituiscono oltre il 95 per cento degli studenti frequentanti le nostre istituzioni scolastiche - un percorso educativo e culturale più completo, aperto e diversificato rispetto a quello offerto dal sistema scolastico locale. Alcuni miglioramenti dello status dei docenti italiani della scuola sono stati, altresì, al centro dei colloqui con il Ministro dell'educazione.
Inoltre, alla luce del crescente interesse del mondo imprenditoriale italiano per le opportunità economiche del Paese africano, sono state affrontate alcune questioni economico- Pag. 152commerciali con le autorità eritree, al fine di verificare il quadro giuridico a tutela degli investimenti italiani nel Paese, in particolare nel settore della pesca.
A quest'ultimo riguardo, è stato avviato il negoziato per un'intesa tecnica tra il Ministero della salute italiano e il Ministero dell'agricoltura eritrea nel settore della pesca e dell'acquacoltura, per prevenire i rischi di trasmissione delle malattie infettive e parassitarie delle specie ittiche, e per prevenire la trasmissione all'uomo delle malattie degli animali e/o delle malattie derivanti dai prodotti di origine animale.
Riteniamo importante l'approfondimento delle relazioni commerciali e della collaborazione in alcuni settori tecnici quali quello sanitario, nella consapevolezza che la crescita economica e l'assistenza tecnica rappresentino strumenti determinanti per contribuire a migliorare la condizione socioeconomica della popolazione locale e, di conseguenza, ad alleviare le cause all'origine dell'ingente flusso di cittadini eritrei che fuggono dal Paese, finendo vittime di organizzazioni criminali internazionali.
Allargando il nostro orizzonte al contesto regionale, vorrei sottolineare come l'involuzione del regime eritreo affondi le sue radici anche nello stato di mobilitazione perenne al quale viene sottoposta la popolazione locale per fare fronte alla percepita minaccia militare dell'Etiopia, Paese che, come è noto, occupa, in violazione del diritto internazionale, alcuni territori eritrei.
La stabilizzazione del contesto regionale rappresenta, dunque, una condizione necessaria per favorire l'avvio di un graduale processo di democratizzazione dei Paesi del Corno d'Africa, ivi inclusa l'Eritrea.
Per questo motivo, l'Italia è impegnata, sia a livello bilaterale che a livello europeo, per contribuire alla normalizzazione delle relazioni tra L'Asmara ed Addis Abeba, nella consapevolezza che la risoluzione di tale conflitto congelato possa arrecare grande beneficio in termini di stabilità a tutti i Paesi della regione.
Vorrei concludere ricordando quanto il Governo sia fortemente impegnato a mantenere il Parlamento informato sulla sua azione. Ci atteniamo a questo impegno, ovviamente con maggior convinzione in materia di promozione di diritti Pag. 153dell'uomo e di libertà fondamentali, la quale rappresenta una tematica assolutamente prioritaria per il Governo e sulla quale si registra da sempre una piena sintonia con il Parlamento
PRESIDENTE. L'onorevole Renato Farina ha facoltà di replicare. RENATO FARINA. Signor Presidente, a me sembra che l'interpellanza urgente in oggetto abbia avuto un successo, cioè abbia consentito finalmente di capire, con un'ampiezza di particolari, quale sia il lavoro del nostro Governo nei confronti del regime eritreo.
Mi dichiaro, quindi, soddisfatto di quanto riferito dall'onorevole Craxi, ma ribadisco un punto: tutto questo deve essere manifesto e reso chiaro, altrimenti si rischia di propagandare un'immagine dei nostri rapporti con l'Eritrea che sono di sostanziale accettazione dello status quo.
Mi riferisco, in particolare, al comunicato ufficiale espresso dal Ministero degli affari esteri e pubblicato dalle principali agenzie del Paese, che è un comunicato addirittura festoso. Le leggo l'inizio: rafforzare la cooperazione economico-commerciale con l'Eritrea, investendo su settori chiave come la pesca, il turismo e l'energia; questo l'obiettivo di una missione imprenditoriale ad Asmara appena conclusasi e guidata dal direttore centrale per i Paesi dell'Africa subsahariana della Farnesina.
Non vi è nessun accenno, in questo comunicato, a tutto quello che lei ha affermato, salvo dal punto in cui lei ha detto «inoltre», che è la parte finale della sua risposta.
Non capisco perché nei comunicati ufficiali non si accenni al fatto che si è intervenuti sui diritti umani: vi è un patto tacito di non parlarne? Non lo credo. Allora, si rafforzi la comunicazione, perché, altrimenti, di fatto si comunica un'idea di Eritrea che non esiste nella realtà.
Pertanto, sono molto contento che l'onorevole Craxi abbia espresso una politica del Governo che mi trova completamente concorde e, vorrei dire, ammirato.
Detto questo, mi permetto di segnalare all'opinione pubblica, oltre che a questa istituzione in cui parlo, qual è oggi la situazione dei diritti umani in Eritrea, facendo anche un po' di storia e anche contestando una piccola questione non marginale. Pag. 154
Primo: negli ultimi quindici anni la situazione dell'Eritrea, nel campo dei diritti umani, è peggiorata vistosamente, non vi sono mai state elezioni dal 1991 (da quando vi è stata l'indipendenze e l'ascesa di questo dittatore, di cui non faccio il nome) e la Costituzione del 1997 non è mai entrata in vigore. Secondo: nel 2001 vi è stato l'arresto di quindici tra ministri e generali che chiedevano riforme e rispetto della sovranità popolare; sono passati dieci anni senza nessun processo e sono quasi tutti morti nelle carceri del regime (sono carceri sotterranee nel deserto, spero si chieda conto di questo). Terzo: l'arresto domiciliare - che continua - e l'estromissione del patriarca della Chiesa ortodossa dalla sua sede canonica. Quarto: la totale assenza di libertà di stampa, di movimento, di associazione e di religione. Quinto: quello che oggi è il motivo dell'esodo di centinaia di migliaia di giovanissimi eritrei - ed è stato ben espresso dal sottosegretario - attiene alla militarizzazione del Paese, costringendo i giovani non a fare il servizio militare, ma la vita militare a tempo indeterminato, negando spesso il diritto allo studio. Sesto: la mancanza di una giustizia libera dal potere militare (non vi è giustizia indipendente).
Ultimamente anche la Chiesa cattolica è sotto attacco, e sono molto compiaciuto che il Governo abbia fatto pressione ed abbia ottenuto risultati - nel campo che ho appena citato - contro la coscrizione obbligatoria. Già nel 1995 il Governo ha tentato di limitare le azioni sociali caritatevoli della Chiesa e ha fatto chiudere tutte le riviste e i giornali che la Chiesa pubblicava.
Vi sono stati anche casi di esproprio dei beni della Chiesa. Da più di dieci anni si nega il visto a sacerdoti e suore che vogliono venire a completare i loro studi di teologia a Roma.
Questo rientra nella strategia del regime per indebolire la Chiesa cattolica sul piano intellettuale, sociale ed economico, dimenticando che, tra l'altro, la Chiesa cattolica, in particolare i frati cappuccini, sono stati determinanti nell'ottenere l'indipendenza. Inoltre, vi è stata l'espulsione dei missionari e così via.
Salto altre questioni che sono gravi e arrivo alla questione dell'embargo.
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Se non ho afferrato male il concetto, la tesi del nostro Governo è che l'embargo sia un guaio e che le sanzioni ONU praticate abbiano accelerato la volontà del Governo eritreo di isolarsi e quindi, in qualche modo, costituiscano un alibi.
È una tesi interessante e che in gran parte è condivisibile, se non fosse che è il Governo eritreo che ha continuato a cercare il suo isolamento, però avvalendosi comunque di rapporti che consentissero il rafforzamento sul piano degli armamenti, questo è il guaio.
L'embargo significa sottrarre all'Eritrea la possibilità di accrescere delle ricchezze che non costituiscono ricchezze per il popolo, purtroppo, ma per il regime. Recenti vicende giudiziarie hanno messo in luce come ci siano viaggi anche in Italia di questo dittatore che si procura armi e così via per il suo divertimento personale, oltre che per armare il suo esercito.
Ricordo che l'Eritrea è il Paese, dopo la Nord Corea, più militarizzato al mondo. C'è uno studio che ha pubblicato l'Economist di recente da cui risulta che la Corea del Nord ha 48,7 militari ogni mille abitanti, l'Eritrea 37,3 e la Cina, che ha il più grande esercito del mondo, ne ha 1,7, ossia 35 volte in meno dell'Eritrea.
Tutto questo ci deve far pensare a cosa servano gli aiuti economici e se l'incrementare i rapporti commerciali ed economici non serva ad incrementare la distruzione della stabilità del Corno d'Africa. È questo il grande punto da affrontare. Certamente la politica ha il delicato compito di vigilare perché ciò non accada.
Ho totale stima in quello che fa il Governo. Detto questo, qui e in ogni sede, è opportuno sollevare il velo su un regime tremendo che alimenta anche quel flusso migratorio che poi spesso giudichiamo fatto di criminali e così via, mentre in realtà è composto di gente che si sottrae ad un regime terroristico.
Aggiungo un'ultima cosa che mi preoccupa molto e che probabilmente sarà oggetto di una prossima interpellanza sul fatto che esiste un controllo da parte del regime eritreo Pag. 156attraverso non ben identificati strumenti di intelligence sugli eritrei che riescono ad arrivare in Italia. Ci sono denunce fatte da persone e da organizzazioni di cui abbiamo stima, tanto che sono chiamate spesso a riferire in Comitato diritti umani della Camera dei deputati e che meritano, a mio avviso, grande attenzione.
Esprimo dunque soddisfazione per quanto detto, anche perché si dimostra come il Governo intenda veramente mettere in pratica quella risoluzione del 12 gennaio Mazzocchi ed altri per cui i rapporti internazionali sono tesi ai diritti umani ed, in particolare, al sostegno della libertà religiosa.

giovedì 14 luglio 2011

Situazione dei Profughi Eritrei nel Nord Africa e in Medio Oriente

La situazione dei profughi Eritrei nel Nord Africa è pessima: queste persone, che hanno lasciato il proprio paese di origine per mancanza di libertà e giustizia, devono subire altre violazioni dei diritti comuni a tutti gli uomini. Da 7 - 8 mesi stiamo denunciando la terribile condizione degli Eritrei ostaggi dei trafficanti nel Sinai - Egitto: profughi eritrei tenuti in catene, torturati dai trafficanti, che pretendono il pagamento di un riscatto per la loro liberazione; decine di questi ostaggi hanno trovato la morte nei luoghi dove erano tenuti prigionieri.

mercoledì 13 luglio 2011

Nel mese di giugno 2011 in Svizzera sono state presentate 1 675 domande di asilo, di cui 234 Eritrei


Domande di asilo in giugno: calo di un quarto rispetto a maggio

Berna-Wabern, 13.07.2011 - Nel mese di giugno 2011 in Svizzera sono state presentate 1 675 domande di asilo, in calo del 25,7 per cento o di 579 unità rispetto a maggio (2 254). Come nel mese precedente, i principali Paesi di provenienza sono stati l’Eritrea e la Tunisia. Al terzo posto figura la Nigeria.

Le domande di asilo presentate da cittadini eritrei erano 234, ossia 311 unità o il 57,1 per cento in meno rispetto al mese precedente. I cittadini tunisini hanno presentato 284 domande (-17%), quelli nigeriani 123 (0%).
Le cifre del secondo trimestre
Nel secondo trimestre 2011 (aprile, maggio, giugno) sono state presentate complessivamente 5 424 domande di asilo, ossia 1 053 in più rispetto al trimestre precedente e 1880 in più rispetto al secondo trimestre del 2010 (+24,1 % risp. +53 %).
Le 2 254 domande di maggio raggiungono i massimi fatti registrare nel gennaio del 2009. In giugno il numero delle domande è sceso a una quota paragonabile allo scorso novembre, prima quindi degli sconvolgimenti in Africa settentrionale.
La pressione migratoria in tale regione comunque persiste, come pure la tendenza a proseguire in direzione Nord e quindi anche verso la Svizzera.
Ulteriori informazioni sulle domande di asilo nel secondo trimestre 2011 sono disponibile sul sito web dell'OFM.
http://www.news.admin.ch/dokumentation/00002/00015/?lang=it&msg-id=40206

Eritrea: The land its citizens want to forget


By James Copnall 
BBC News, eastern Sudan
"I realise there are political problems everywhere, but in Eritrea it is unique," says Habtu Zere Maram, one of a thickening flow of Eritrean refugees who have crossed the border into Sudan.
Eritrean children at the Shagarab camp in Sudan
Many children flee Eritrea without their parents
"It's like the Middle Ages. Now we are in the 21st Century, how can we live like this? You can't speak, there is no freedom, you cannot say whatever you want to say.
"I dreamt of leaving, because I want to live free. Most of the Eritrean people think the same thing."
Last week, a group of Eritrean footballers absconded in Kenya, where they had gone to play a football tournament.
Eritrea has a population of about 3.5 million but more than 1,800 refugees - almost all Eritreans - cross the border into eastern Sudan every month, according to the UN's refugee agency, the UNHCR.
Many of the refugees end up in tents in places like the Shagarab camp, where living conditions are difficult.
But the UNHCR says some refugees - usually political opponents of the Eritrean government - are too scared to live in the camps, as many people fear the Eritrean state has spies there.
A previous generation of Eritrean refugees still lives in camps in eastern Sudan, and some have been there for four decades.
The UNHCR estimates there are currently more than 66,000 in the camps, and maybe another 40,000 in urban areas.
 Military service was terrible. I could say pages and pages and pages about it 
Habtu Zere Maram
Most of the long-term refugees came to escape hunger in Ethiopia or the conflict between Eritrea and Ethiopia and have never returned home.
But the new arrivals do not want to be caught in the same situation and hope to move on quickly.
Mohamed, a 13-year-old, speaks for many when he says his objective is to make it to Europe.
His few words of English delight the gathered crowd.
Like many of the children in the camps, Mohamed crossed the border without his parents.
No money, no prospects
Another topic of conversation that has everyone nodding in agreement at the Shagarab camp is the hated Eritrean national service.
Young Eritreans at the Shagarab camp in Sudan
There is fear among the camp's residents that Eritrea may have spies there

"Military service was terrible. I could say pages and pages and pages about it," Mr Habtu says.
"You don't have enough to eat. I am a young person, I must eat a lot. How can you serve there? Even if you have a desire to live in Eritrea... well actually, you can't desire to live there."
Eritrea map
Mr Habtu's case is far from unique.
Ura, a teacher, says he also left Eritrea because of national service.
He was not forced to join the army - instead he served as a teacher.
But the pay was poor and he says future prospects were limited.
"National service continues until you get to 40 years old. There is no good salary, and the service continues, it doesn't stop. It's difficult to live like that," he says.
UN figures 'untrue'
Another educated man, who asked not to be named, says he smuggled his whole family out because he was worried about his children's future.
He says he was paid just a few dollars a month in Eritrea, despite being well qualified.
Eritrean Halima Saleh weaving
Some refugees have been in Sudan for years
Despite these complaints, the Eritrean government categorically denies that so many their people are fleeing and calls UN figures "untrue".
In a BBC interview last month, Information Minister Ali Abdu accused the UNHCR of being "involved in human trafficking" and said some UN workers were "intelligence agents".
He said many asylum seekers often pretended to be Eritrean because "Western countries and MI5" gave priority to Eritreans to encourage them to flee.
All the same, the fear in the camp is certainly real.
Some refugees said they were too scared to speak, or hinted that they were being watched.
In careful handwriting, one refugee wrote out his complaints about the poor conditions in the camp on a piece of paper.
More than 20 families are housed in one large, fairly ramshackle tent, with little privacy and not enough bedding.
"To live here is difficult, really it is difficult," says Mr Habtu.
"Us young people, we have to put our hands out to beg. I hate that. We don't have enough blankets, we don't have enough mattresses.
"We don't have enough food either. But at least this place is better than Eritrea. At least I will survive."

Eritrean Red Sea FC footballers seek Tanzania asylum

http://www.bbc.co.uk/news/world-africa-14119890
Red Sea footballersRed Sea FC lost their semi-final to Tanzania's Young Africans

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Thirteen members of an Eritrean football team have asked for political asylum in Tanzania after a regional tournament, officials say.
After Red Sea FC lost the Cecafa championship semi-final on Saturday, only half of the team turned up for the return flight to Eritrea.
This is said to be the fourth time Eritrean footballers have absconded.
Young Eritreans often try to escape poverty, a repressive government and national military service.
"The 13 Eritrean footballers went directly to the United Nations High Commissioner for Refugees (UNHCR) offices in Dar es Salaam and sought protection as refugees," Tanzania's home affairs ministry spokesman Isaac Nantanga said.
He said that they could not be arrested as they had international protection.
Earlier, Tanzania Football Federation (TFF) Angetile Osiah told Reuters news agency that the missing players had been noticed at the airport.
"Some team members colluded in the incident by trying to stamp the passports of the missing players at airport immigration checkpoints but when a physical head count was conducted, it was discovered that 13 players were missing," he said.
Tanzania's Young Africans beat their rivals Simba 1-0 in Sunday's Cecafa final.