lunedì 16 febbraio 2009
Il direttore ufficio immigrazione Cei: grave l'equazione romeni uguali delinquenti
di Franca Giansoldati
CITTA’ DEL VATICANO (16 febbraio) - Padre Gianromano Gnesotto, direttore dell’Ufficio immigrazione della Cei, non vuole affatto minimizzare la portata degli episodi di violenza di questi giorni; invita a non generalizzare, a vedere la presenza degli stranieri presenti sul nostro territorio con equilibrio. «Fare di tutta l’erba un fascio è controproducente».
Ancora una volta al centro delle cronache ci sono stranieri che hanno abusato di giovanissime ragazze. «Ciò che è accaduto è gravissimo e doloroso per le vittime. Sono episodi che ci auguriamo siano isolati. L’impegno di tutti è di fare in modo che restino tali. Detto questo, aggiungo, che la prima a essere preoccupata è la comunità rumena, formata da persone che per la stragrande maggioranza sono qui per lavorare e per inserirsi armonicamente nella nostra società. Purtroppo questi fatti orribili penalizzano le comunità straniere per colpa di una generalizzazione ingiusta. E poi..»
Poi?
«Mi pare che il caso specifico sia anche frutto di una sovraesposizione mediatica..»
Ma i fatti sono gravissimi...
«E chi lo nega, ci mancherebbe. Solo che dobbiamo stare attenti a non veicolare degli stereotipi pericolosi. In questo caso rumeni uguale delinquenti. Non è così. Occorre dare, invece, messaggi costruttivi, che non aumentino le paure e l’allarmismo diffuso che è facilissimo cogliere in alcune zone. Bisogna trovare vie intelligenti per governare il fenomeno dell’immigrazione».
Vale a dire?
«Le reazioni immediate a certi fatti orrendi sono comprensibili, ma una convivenza civile deve nutrirsi di punti fermi, valori che ci fanno dire con orgoglio che la nostra cultura è inclusiva, solidale. Da questo punto di vista trovo vi sia una forte responsabilità da parte delle istituzioni, così come da parte dei mass media. Tenendo ben presente che le prese di posizione da chi ha ruoli di responsabilità, contribuiscono a formare una coscienza presso la gente».
Un po’ come dire che gli stupratori potevano essere anche italiani..
«Bisogna parlare alla testa della gente e non alle pance: Parlare alla pancia delle persone sono capaci tutti. Parlare alla testa è un compito educativo e spetta alle istituzioni, nessuna esclusa, anche a quelle ecclesiali. E’ un dovere da perseguire con coerenza».
In queste ore si invocano leggi antistupro più severe..
«Le leggi valgono per tutti, non ci sono norme speciali riservate a una particolare categoria di persone».
La Chiesa, di fronte al fenomeno dell’immigrazione, chiede che non siano disgiunti l’elemento dell’accoglienza da quello della legalità. In pratica, che cosa vuol dire?
«Che occorre creare un equilibrio tra quei valori che sono patrimonio delle nostre tradizioni, e le norme del vivere civile. Le leggi valgono per tutti e vanno applicate a tutti. Erga omnes. Posso dire che la stragrande maggioranza degli immigrati, per quanto è in loro potere, rispettano le regole, perché sanno che ne va della loro serenità e stabilità nel Paese di accoglienza».
Che cosa ne pensa dei Cpt, ora chiamati Centri di identificazione ed espulsione?
«Sono strumenti che lo Stato ha adottato nell’intento di identificare le persone che non hanno i documenti o avviare, eventualmente, l’iter di rifugiato per coloro che fuggono da guerre e persecuzioni. Devono, ovviamente, essere luoghi in cui i diritti della persona sono rispettati e garantiti».
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