martedì 29 marzo 2016

Appello a Gibuti perché liberi 19 prigionieri di guerra eritrei

Un calvario lungo 8 anni
Appello a Gibuti perché liberi 19 prigionieri di guerra eritrei
  
Prigionieri di guerra a Gibuti da otto anni. Anche se la guerra è finita sei anni fa, nel 2010. E’ il calvario di 19 soldati eritrei, dimenticati e abbandonati da tutti. A cominciare dal governo di Asmara che li ha mandati a combattere e che adesso, in pratica, nega persino che esistano.


La sorte terribile di questi militari, attualmente detenuti nel carcere di Negad, è un episodio del lunghissimo conflitto scatenato dal dittatore eritreo Isaias Afewerki contro Gibuti nel 1996 per una controversia di confine. Sono stati catturati tra il 10 e il 13 giugno del 2008 nel corso di uno dei tanti scontri che si succedevano periodicamente lungo la linea del fronte. Nel 2010, con la mediazione del Qatar, si è finalmente firmata la pace. Era da aspettarsi che a quel punto i prigionieri di guerra delle due parti venissero liberati. Non è stato così.

Asmara non ha rilasciato i militari detenuti nei campi di concentramento, negando anzi con forza che in territorio eritreo ci fossero militari di Gibuti prigionieri. Non ha cambiato atteggiamento nemmeno quando a smentire queste affermazioni è intervenuta una inchiesta del Consiglio di sicurezza dell’Onu, forte delle denunce di due soldati che, dopo una lunga prigionia, erano riusciti ad evadere e a raggiungere il Sudan, a oltre un anno di distanza dalla firma del trattato di pace. Gibuti, a sua volta, ha trattenuto i prigionieri eritrei come “arma di scambio” e, in definitiva, come ritorsione.

Sia da parte di Asmara che di Gibuti si tratta di una evidente violazione del diritto internazionale, ma finora nessuno ne ha chiesto conto. Nei giorni scorsi è intervenuta una novità. Sempre con la mediazione del Qatar, l’Eritrea  – smentendo in pratica se stessa e confermando il rapporto dell’Onu – ha deciso di rilasciare quattro soldati gibutini prigionieri di guerra, che aspettavano di essere liberati da ben sei anni. I familiari dei 19 militari eritrei in carcere a Negad hanno sperato che, sulla scia di questa decisione, anche i loro cari potessero tornare in libertà. Gibuti, invece, non ne ha rilasciato neanche uno. Anzi, il portavoce del governo ha negato che ci siano ancora nel paese militari catturati durante il conflitto con l’Eritrea. E, d’altra parte, anche Asmara è come se li avesse cancellati per sempre: non riconosce che Gibuti abbia prigionieri di guerra eritrei. Così il calvario continua: quei 19 eritrei, abbandonati anche dal loro stesso governo, sembrano condannati a restare in un centro di detenzione per un tempo indefinito. Molti di loro stanno perdendo ogni speranza e rischiano di cadere in uno stato di prostrazione senza uscita. Uno, in particolare, ha sviluppato gravi problemi di salute mentale.


Habeshia ha più volte implorato il governo di Gibuti di liberare e di consegnare alla Croce Rossa Internazionale tutti i prigionieri di guerra. Ora lancia un nuovo appello: allo stesso governo di Gibuti ma anche all’Unione Europea e soprattutto alla Francia, che ha stretti, antichi legami con la sua ex colonia nel Corno d’Africa. Si tratta di mettere fine a una ingiustizia palese e a una sofferenza che si trascina da otto anni: ne va ormai della vita stessa di 19 uomini “colpevoli” soltanto di essere stati mandati in guerra.

           don Mussie Zerai

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