Tutti i soggetti sono dotati di due strumenti attraverso i
quali possono codificare la realtà a loro circostante: il cuore e il cervello.
Se siamo davvero sicuri che la repressione totale degli impulsi interni, delle
emozioni che ci permettono di compiere dei voli pindarici e dei desideri connaturati
nel nostro animo sia la direttiva vincente da perseguire, dovremmo di
conseguenza spronare la nostra possibilità di ragione per definire una tattica
che ci consenta di sopperire alla sensibilità essenziale. Nel caso contrario,
permettere all’autenticità dell’essere primordiale insito nelle nostre
coscienze di sopraffare il nostro “io” conscio e consapevole non sempre si
potrebbe rivelare il giusto mezzo. I due elementi, infatti, devono andare di
pari passo. L’uomo, percorrendo per la maggior parte delle volte una strada
impervia e intricata ha l’obbligo morale di servirsi di entrambi al fine di
adottare un comportamento sociale proficuo per se stesso e per gli altri
individui. Affermare ferocemente: “Rimarchiamo avidamente i nostri confini
territoriali innalzando barriere architettoniche per impedire traversate e
passaggi” non sarebbe una possibilità di dialogo e confronto coerente con il
nostro sistema di pensiero e d’azione perché la “ratio” umana finirebbe per
inghiottire la parte sentimentale che, assecondando la coscienza e l’agire
morale, giudicherebbe questa alternativa come disumana, offuscando la nostra
percezione visiva con il sentimento dell’odio e della repulsione provati per
persone con le quali abbiamo in comune la stessa conformazione fisica e tutte
le facoltà psicologiche e cognitive adeguate per comprendere appieno il funzionamento
del meccanismo sociale. Secondo quanto precedentemente affermato, infatti,
potremmo immediatamente capire come Benoît Ducos, guida alpina francese al
quale ho affibbiato l’appellativo “Il Mosè delle Alpi”, nei giorni scorsi sia
stato accusato per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Se veramente
commettessimo l’errore di appoggiare o supportare anche solo indirettamente la
drammatica situazione secondo la quale un soggetto possa esser realmente
colpevolizzato per aver salvato un’innocente vita umana, credo non riusciremmo
a delineare uno scorcio prospettico che possa concepire, al suo interno, la
presenza di tutti gli ingredienti necessari che potrebbero tornarci utili per
impastare un tessuto sociale migliore. La prospettiva delle forze dell’ordine
in primis e successivamente della magistratura sembrano esser discordi con
quanto riportato. Sembrano aver preso a cuore la questione, a mio avviso, in
maniera prettamente negativa, in quanto stanno ormai disquisendo da alcuni
giorni sulla possibilità di far sopperire costui sotto una pesante condanna che
possa tramutarsi e riversarsi in una pena pecuniaria o detentiva. In un’epoca
dove cinque anni di detenzione all’interno di un istituto carcerario non
vengono emessi e attribuiti neanche nei confronti dei più temibili assassini e
uccisori è forse possibile che debba sobbarcarsi questo brutale affronto un
signore che ha salvato delle vite umane intrappolate e avvolte nel gelo delle
intemperie presenti in alta quota? Essendo, forse, le parole del diretto
interessato più significative, accattivanti e coinvolgenti delle mie, concedo a
lui la parola: “Se mi ritrovassi in una situazione simile, mi comporterei nello
stesso modo. Credo che non si possa restare indifferenti davanti a chi vive un
disagio o è in difficoltà. Ho ricevuto attestati di solidarietà da tante
persone e da diverse associazioni umanitarie. È stato un dovere, non una
scelta. Lo stesso dovrebbe fare la Francia che è stata colonizzatrice dei molti
Paesi da cui i migranti scappano, la quale non è affatto esente o immune dalle
responsabilità sulle quali si dovrebbe interrogare in modo critico e razionale”.
Proprio la Francia che propone e propina imperterrita il motto: “Liberté,
Égalité, Fraternité” sembra non rivelarsi un eccelso esempio di umanità.
Comunque decidano di agire gli organi “competenti” che hanno l’onore di far
rispettare l’ordinamento giuridico, noi staremo sempre dalla parte di coloro
che nel corso dell’incedere del tempo si sono schierati dalla parte dei più
umili, tendendo loro una mano in segno di assoluta solidarietà. In chiusura un
appello a tutti coloro che vorrebbero nascondersi dietro a robuste barricate
edificate sulla violenza, sull’emarginazione e sulla discriminazione:
ricordatevi che in questo preciso istante della storia voi occupate il posto
privilegiato del comando politico, sociale ed economico, ma in futuro tutti gli
assetti si potrebbero clamorosamente ribaltare e voi potreste trovarci tra
coloro che su un barcone disastrato in mezzo al mare in tempesta invocano un
aiuto divino o tendono la mano a un soccorritore che, rispettando la vostra
stessa condizione esistenziale sarebbe disposto a sacrificare anche la propria
vita sottoponendola alla crudeltà di pene detentive e carcerarie ingiustamente
e immoralmente imposte senza alcun ritegno.
“Tutti gli esser umani nascono liberi ed eguali in dignità e
diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni
verso gli altri in spirito di fratellanza”
Art. 1 – Dichiarazione universale dei diritti umani
Francesco Pivetta
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