martedì 3 aprile 2018

Riflessi di umanità



Tutti i soggetti sono dotati di due strumenti attraverso i quali possono codificare la realtà a loro circostante: il cuore e il cervello. Se siamo davvero sicuri che la repressione totale degli impulsi interni, delle emozioni che ci permettono di compiere dei voli pindarici e dei desideri connaturati nel nostro animo sia la direttiva vincente da perseguire, dovremmo di conseguenza spronare la nostra possibilità di ragione per definire una tattica che ci consenta di sopperire alla sensibilità essenziale. Nel caso contrario, permettere all’autenticità dell’essere primordiale insito nelle nostre coscienze di sopraffare il nostro “io” conscio e consapevole non sempre si potrebbe rivelare il giusto mezzo. I due elementi, infatti, devono andare di pari passo. L’uomo, percorrendo per la maggior parte delle volte una strada impervia e intricata ha l’obbligo morale di servirsi di entrambi al fine di adottare un comportamento sociale proficuo per se stesso e per gli altri individui. Affermare ferocemente: “Rimarchiamo avidamente i nostri confini territoriali innalzando barriere architettoniche per impedire traversate e passaggi” non sarebbe una possibilità di dialogo e confronto coerente con il nostro sistema di pensiero e d’azione perché la “ratio” umana finirebbe per inghiottire la parte sentimentale che, assecondando la coscienza e l’agire morale, giudicherebbe questa alternativa come disumana, offuscando la nostra percezione visiva con il sentimento dell’odio e della repulsione provati per persone con le quali abbiamo in comune la stessa conformazione fisica e tutte le facoltà psicologiche e cognitive adeguate per comprendere appieno il funzionamento del meccanismo sociale. Secondo quanto precedentemente affermato, infatti, potremmo immediatamente capire come Benoît Ducos, guida alpina francese al quale ho affibbiato l’appellativo “Il Mosè delle Alpi”, nei giorni scorsi sia stato accusato per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Se veramente commettessimo l’errore di appoggiare o supportare anche solo indirettamente la drammatica situazione secondo la quale un soggetto possa esser realmente colpevolizzato per aver salvato un’innocente vita umana, credo non riusciremmo a delineare uno scorcio prospettico che possa concepire, al suo interno, la presenza di tutti gli ingredienti necessari che potrebbero tornarci utili per impastare un tessuto sociale migliore. La prospettiva delle forze dell’ordine in primis e successivamente della magistratura sembrano esser discordi con quanto riportato. Sembrano aver preso a cuore la questione, a mio avviso, in maniera prettamente negativa, in quanto stanno ormai disquisendo da alcuni giorni sulla possibilità di far sopperire costui sotto una pesante condanna che possa tramutarsi e riversarsi in una pena pecuniaria o detentiva. In un’epoca dove cinque anni di detenzione all’interno di un istituto carcerario non vengono emessi e attribuiti neanche nei confronti dei più temibili assassini e uccisori è forse possibile che debba sobbarcarsi questo brutale affronto un signore che ha salvato delle vite umane intrappolate e avvolte nel gelo delle intemperie presenti in alta quota? Essendo, forse, le parole del diretto interessato più significative, accattivanti e coinvolgenti delle mie, concedo a lui la parola: “Se mi ritrovassi in una situazione simile, mi comporterei nello stesso modo. Credo che non si possa restare indifferenti davanti a chi vive un disagio o è in difficoltà. Ho ricevuto attestati di solidarietà da tante persone e da diverse associazioni umanitarie. È stato un dovere, non una scelta. Lo stesso dovrebbe fare la Francia che è stata colonizzatrice dei molti Paesi da cui i migranti scappano, la quale non è affatto esente o immune dalle responsabilità sulle quali si dovrebbe interrogare in modo critico e razionale”. Proprio la Francia che propone e propina imperterrita il motto: “Liberté, Égalité, Fraternité” sembra non rivelarsi un eccelso esempio di umanità. Comunque decidano di agire gli organi “competenti” che hanno l’onore di far rispettare l’ordinamento giuridico, noi staremo sempre dalla parte di coloro che nel corso dell’incedere del tempo si sono schierati dalla parte dei più umili, tendendo loro una mano in segno di assoluta solidarietà. In chiusura un appello a tutti coloro che vorrebbero nascondersi dietro a robuste barricate edificate sulla violenza, sull’emarginazione e sulla discriminazione: ricordatevi che in questo preciso istante della storia voi occupate il posto privilegiato del comando politico, sociale ed economico, ma in futuro tutti gli assetti si potrebbero clamorosamente ribaltare e voi potreste trovarci tra coloro che su un barcone disastrato in mezzo al mare in tempesta invocano un aiuto divino o tendono la mano a un soccorritore che, rispettando la vostra stessa condizione esistenziale sarebbe disposto a sacrificare anche la propria vita sottoponendola alla crudeltà di pene detentive e carcerarie ingiustamente e immoralmente imposte senza alcun ritegno.

“Tutti gli esser umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza”

Art. 1 – Dichiarazione universale dei diritti umani

Francesco Pivetta 


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