venerdì 26 settembre 2008
VATICANO: NON CRIMINALIZZARE I CLANDESTINI
''Un invito a valutare criticamente le scelte che criminalizzano l'immigrazione indesiderata'' e' stato lanciato oggi dall'Osservatore Romano in un articolo a firma del direttore della Caritas Italiana, mons. Vittorio Nozza che invita l'Unione Europea e l'Italia a interrogarsi ''sulle contraddizioni delle politiche di chiusura delle frontiere e sulla necessita' di prestare al fenomeno migratorio una maggiore e piu' qualificata attenzione e progettualita'''. Oggi, invece, denuncia l'articolo, ''restrizioni, ostacoli, barriere sono i segnali che arrivano dal Parlamento europeo e dal patto per l'immigrazione e il diritto d'asilo che dovrebbe essere adottato dal vertice europeo dei capi di Stato e di Governo'', mentre ''un giro di vite anche in Italia sui ricongiungimenti e per i richiedenti asilo''. Tendenze che, rileva il sacerdote, ''non meravigliano in questo primo segmento del terzo millennio in cui c'e' sempre meno memoria e scarsa speranza, in cui la vita e' sempre piu' usa e getta, piu' che curata e vissuta, con i deboli e i poveri costretti a pagare due volte''. Mons. Nozza ricorda in proposito ''le recenti parole del Papa, di compassione per le tragedie nelle quali si concludono i tentativi degli immigrati di approdare alle nostre coste e di appello ai Paesi occidentali affinche' mettano in atto politiche di soccorso''. ''E' giusto infatti - conclude l'articolo - chiedere alla politica l'indicazione di un progetto fondato sull'equilibrio tra diritti e doveri, tra sicurezza e integrazione, che produca provvedimenti idonei ad affrontare i diversi profili di una questione che chiama in causa valori profondi del nostro modo d'essere e di rapportarci agli altri. La stessa Commissione europea ha definito l'integrazione come un processo continuativo e a doppio senso, basato su diritti e doveri che gravano tanto sugli immigrati che sulla societa' di accoglienza. Senza contare che ormai tutti parlano di un'Europa dei popoli, sia chi vorrebbe vedere accresciuto il peso dei popoli rispetto ai Governi, sia chi sostiene invece chiusure xenofobe e ritiene che essere popolo significhi avere un'eredita' comune impermeabile ad ogni apporto esterno''.
Dall'Eritrea con un sogno: giocare nel Milan
CROTONE (11 settembre) - Quando in Eritrea si è imbarcato su un gommone insieme ad altri disperati, per raggiungere l'Italia, aveva un sogno: giocare nella sua squadra del cuore, il Milan. È la storia di Tesegay Kiflay, 20 anni, sbarcato nei mesi scorsi a Lampedusa, ed ospite del Centro di accoglienza di Isola Capo Rizzuto, in provincia di Crotone.
Il ragazzo ama il pallone, e ci sa anche fare. La sua abilità nel calcio è stata notata anche dagli operatori della Misericordia, l'ente che gestisce il centro, che hanno pensato di farlo giocare nella squadra di Isola Capo Rizzuto. Per Kyflai, che ha ottenuto il permesso di soggiorno per protezione sussidiaria, è stato l'inizio dell'avverarsi di un sogno. «Mi sono subito trovato bene - ha detto - con i ragazzi della squadra. Ho iniziato a giocare a calcio quando avevo sette anni e nel mio Paese militavo in una squadra molto forte. Il mio sogno è quello di diventare un giocatore professionista, magari per il Milan, che è la mia squadra del cuore».
Il giovane eritreo, ora, è in attesa del tesseramento con la squadra isolitana, che avverrà nei prossimi giorni. Intanto, gli è stata consegnata una maglia della squadra con il numero 22, insieme al permesso di soggiorno.
La seconda vita di Adam:
Per "Articolo 10" raccontiamo la storia di un giovanissimo eritreo vivo per miracolo La seconda vita di Adam, scampato alla guerra e al naufragioDopo essere andato in Sudan con la mamma e il fratellino, viene abbandonato di Gianpietro Occhiofino
“Mi chiamo Adam e sono nato a Barentu (Eritrea, ndr) il 20 gennaio 1989. Ero un appartenente del gruppo etnico chiamato Kunama, tribù di pastori che vive separata dal resto della popolazione nelle aree rurali e montagnose del paese”. Fin dalla sua più giovane età Adam, seguendo l’esempio di suo padre, si dedicò alla pastorizia. “Quando avevo otto anni, il conflitto tra Etiopia ed Eritrea raggiunse anche la zona del Barentu. Per garantire la sicurezza dei propri figli, mia madre decise di abbandonare il Paese. Così, io, mio fratello più piccolo e mia madre ci trasferimmo in Sudan, lasciando mio padre in Eritrea. Di lui non ho avuto più alcuna notizia”.
Anche in Sudan Adam continuò il suo lavoro, come pastore, alle dipendenze di un allevatore locale. “Il trattamento riservato a me era ai limiti dello schiavismo. Il comportamento nei miei riguardi era simile a quello che riservava ai suoi animali. Mi costringeva a vivere segregato sulle montagne. Poi, nel 2003, fui anche abbandonato da mia madre. Fuggì senza darmi alcuna spiegazione”. Mentre ricorda quel periodo, non riesce a trattenere le lacrime. “Non sono mai riuscito a capire il motivo che spinse mia madre a scappare con mio fratello più piccolo”. Da un giorno all’altro, di colpo, Adam si ritrovò a vivere da solo.
“Riuscii a sopportare ancora per qualche tempo le angherie alle quali ero sottoposto sul luogo di lavoro, senza poter trovare protezione o aiuto da parte delle autorità locali. Né, tanto meno, ottenni una qualche forma di solidarietà tribale in Sudan, poiché considerato straniero”. Nel maggio del 2005 si presentò l’occasione per fuggire. “Decisi di abbandonare il mio padrone. Attraversai il deserto munito di datteri e acqua e raggiunsi la Libia”. Rimarrà lì all’incirca per un anno. “Raccolsi mille euro. Lavoravo come garzone in un piccolo negozio di Tripoli. Il ricordo più brutto che mi lega a quell’esperienza è il viaggio per l’Italia”.
Adam ci confessa, infatti, che durante la traversata del canale di Sicilia il barcone sul quale si trovava affondò. “Molti degli occupanti morirono annegati. Tra questi anche donne e bambini. Non potrò mai dimenticare le loro grida d’aiuto. Il mare, quel giorno, era molto agitato. La verità è che dovevamo impedire a quei criminali di partire. Purtroppo, noi eravamo troppo deboli e loro troppo cattivi”. Assieme ad altri dieci naufraghi fu tratto in salvo da un peschereccio tunisino.
A distanza di qualche giorno, giunto in Italia, chiese asilo politico.
Oggi vive e lavora a Bari, con un regolare permesso di soggiorno. “La vita mi ha sorriso e io ho sorriso a lei. Quel giorno potevo morire anch’io in mare e nessuno avrebbe mai conosciuto la mia storia. Grazie a Dio posso dire di essere nato una seconda volta”.
L’Osservatore Romano torna a criticare la politica di Palazzo Chigi.
Oggi il quotidiano della Santa Sede usa parole severe per puntare il dito contro il "giro di vite" adottato dal governo italiano sui ricongiungimenti degli immigrati e i richiedenti asilo. Non solo. L’Osservatore Romano ha, allo stesso tempo, attaccato le politiche europee che prevedono "restrizioni, ostacoli e barriere" all’immigrazione, contenute nel piano che sarà all’esame del prossimo Vertice europeo di ottobre. Lo si legge in un articolo in prima pagina firmato dal responsabile della Caritas italiana don Vittorio Nozza che aggiunge: "Intristisce quando, dal mondo politico, arrivano segnali contrari che alimentano un clima di paura e intolleranza".
La polemica dell'Osservatore "Intristisce" quando, dal mondo politico, "arrivano segnali" che "alimentano un clima di paura e di intolleranza, tanto che nella dimensione locale del vivere si accentuano tendenze di chiusura autarchica e di arroccamento sociale". "Restrizioni, ostacoli, barriere. Sono i segnali - scrive Nozza - che arrivano dal Parlamento europeo e dal patto per l’immigrazione e il diritto d’asilo che dovrebbe essere adottato dal vertice europeo dei capi di Stato e di Governo del prossimo 15 ottobre. Con possibili eccezioni e corsie preferenziali per i lavoratori altamente specializzati". "Un giro di vite anche in Italia sui ricongiungimenti e per i richiedenti asilo. Tolleranza zero contro gli irregolari, ma anche qui - precisa il quotidiano d’Oltretevere - con eccezioni in base alle nostre convenienze. Tendenze che non meravigliano in questo primo segmento del terzo millennio in cui c’è sempre meno memoria e scarsa speranza. In cui la vita è sempre più 'usa e getta', più che curata e vissuta. Con i deboli e i poveri costretti a pagare due volte". "È urgente - afferma don Nozza - una rinnovata tensione e azione pedagogica. In quest’ottica deve essere chiaro che quando la Chiesa predica i valori di rispetto della dignità, solidarietà, condivisione tra i popoli, di incontro tra le culture e le religioni non fa battaglie politiche ma - a partire dai principi evangelici e dall’azione che dispiega giorno per giorno - precisa solo i presupposti sui quali la politica deve costruire. Si tratta di un contributo morale, culturale, di esperienza, di disponibilità del quale, a nostro avviso, la politica ha bisogno".
mercoledì 24 settembre 2008
Immigrati, un altro naufragio al largo di Malta: almeno sei vittime
Nuova tragedia dell'immigrazione al largo di Malta. La Marina della Valletta ha individuato «tra i sei e gli otto cadaveri» di clandestini a circa 64 chilometri dalla costa meridionale dell'isola. I corpi non sono stati ancora recuperati a causa del maltempo, ha spiegato un portavoce dell'esercito maltese alla France Presse. Secondo il quotidiano locale «L-Orizont», le vittime del naufragio, avvenuto nel fine settimana, sarebbero invece 35. Il giornale ha riferito che venerdì scorso un elicottero tedesco appartenente alla missione Ue Frontex aveva avvistato una imbarcazione con numerose persone a bordo. Subito erano intervenuti un aereo militare e una motovedetta maltesi, ma le ricerche, rese difficili dal maltempo, non avevano prodotto alcun esito. Soltanto ieri sera, l'incrociatore Argo della Marina francese ha avvistato i cadaveri, dopo la segnalazione di un aereo lussemburghese Frontex. Le autorità della Valletta da tempo chiedono maggiore aiuto a Bruxelles nella gestione dell'afflusso di clandestini, aumentato del 30% rispetto allo scorso anno. Secondo gli ultimi dati ufficiali i migranti che hanno tentato tra gennaio e agosto di raggiungere l'isola, prima tappa verso l'Europa, sono stati 2.289, contro i 1.379 dello stesso periodo del 2007.
Cdm: norme più rigide per asilo e ricongiugimenti familiari
ILSOLE24ORE.COM
Il Consiglio dei ministri di oggi ha approvato due decreti legislativi: il primo modifica la disciplina del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato, mirata anche ad evitare richieste d'asilo strumentali, il secondo introduce "requisiti più stringenti" per il diritto al ricongiungimento familiare. Tra gli altri, si prevede che il coniuge non debba essere separato e debba avere più di diciotto anni.
I due decreti sono stati approvati su proposta del ministro per le politiche europee, Andrea Ronchi, e del ministro dell'Interno, Roberto Maroni.
I decreti, che modificano la disciplina di recepimento di direttive comunitarie (rispettivamente il decreto legislativo n.
25 del 2008 e n. 5 del 2007), hanno superato positivamente - sottolinea il comunicato del Cdm - la verifica di compatibilità con l'ordinamento comunitario.
Giro di vite dal Cdm anche sull'immigrazione clandestina: Palazzo Chigi infatti ha varato - tramite decreto legge - misure per "incrementare l'attività di contrasto all'immigrazione clandestina mediante la realizzazione tempestiva di ulteriori Centri di identificazione e di espulsione". Il Consiglio dei ministri di oggi ha deciso l'apertura di 10 nuovi centri di identificazione e espulsione degli immigrati clandestini, gli ex Cpt. Lo ha annunciato in conferenza stampa il ministro degli Interni, Roberto Maroni, che ha motivato la decisione con l'eccezionale afflusso di immigrati: 14200 tra gennaio e settembre del 2007, 23600 nello stesso periodo del 2008, con un incremento, sottolinea Maroni del 60%.
I nuovi centri verranno aperti in regioni dove non sono ancora presenti strutture.
Bagnasco (Cei): sull'immigrazione in atto regressione culturale
Allarme e preoccupazione per il «fenomeno dell'immigrazione» che «resta uno degli ambiti più critici della nostra vita nazionale». Ad esprimerli, a nome dell'intera chiesa italiana, è il cardinale Angelo Bagnasco, che oggi ha aperto a Roma il Consiglio permanente della Cei.
«Vogliamo credere che non si tratti già di una regressione culturale in atto - dice il numero uno dei vescovi - ma motivi di preoccupazione ce ne sono, e talora anche allarmi, che occorre saper elaborare in vista di risposte sempre civili, per le quali il pubblico dibattito deve lasciar spazio alla ricerca di rimedi sempre compatibili con la nostra civiltà». Bagnasco è preoccupato anche per «l'incessante arrivo di nuovi irregolari, sempre nostri fratelli, che a prezzo della vita si accostano alle rive italiane, interrogando la nostra coscienza e inevitabilmente sfidando ogni volta le nostre potenzialità d'accoglienza». Ed invoca «ciascuna delle parti interessate» ad assumersi «responsabilità e doveri». «Su questo fronte sarà bene procedere, anche in un contesto europeo - prosegue il presidente Cei - cercando con impegno accordi di cooperazione con i Paesi di provenienza e volendo progressivamente guadagnare alla legalità situazioni irregolari compatibili con il nostro ordinamento, accettando di dare, appena vi siano le condizioni, risposte positive sia alle esigenze di una progressiva ed equilibrata integrazione sociale, sia alle domande di ricongiunzione familiare presentate nella trasparenza e per il benessere superiore delle persone coinvolte, oltre che della società tutta».
Bagnasco rileva che «se fino ad ieri eravamo giunti a una presenza tutto considerato significativa di immigrati sul nostro territorio, senza spaccature sociali o situazioni drammaticamente fuori controllo, è perchè alla prova dei fatti il temperamento del nostro popolo si lascia filtrare da una secolare cultura dell'accoglienza e di rispetto per il fratello, per quanto diverso, in difficoltà».
Ma «nell'ultimo periodo - conclude il porporato - stanno emergendo qua e là dei segnali di contrapposizione anche violenta che sarà bene da parte della collettività ai vari livelli non sottovalutare».
ILSOLE24ORE.COM
martedì 23 settembre 2008
Immigrazione: da Cdm ok a dl su ricongiungimenti e rifugiati
ROMA - Il Consiglio dei ministri ha dato via libera al decreto legge che modifica le norme sul diritto al ricongiungimento familiare e sul riconoscimento e la revoca dello status di rifugiato.
Lo riferiscono fonti governative, sottolineando che le nuove norme prevedono limitazioni all'esercizio del diritto al ricongiungimento nei confronti del coniuge, dei figli maggiorenni e dei genitori. Sono previste anche modifiche alla normativa relativa al riconoscimento dello status di rifugiato.
sabato 20 settembre 2008
COME UN UOMO SULLA TERRA
Dal 2003 Italia ed Europa chiedono alla Libia di fermare i migranti africani. Ma cosa fa realmente la polizia libica? Cosa subiscono migliaia di uomini e donne africane? E perchè tutti fingono di non saperlo?
Per la prima volta in un film, la voce diretta dei migranti africani sulle brutali modalità con cui la Libia controlla i flussi migratori, su richiesta e grazie ai finanziamenti di Italia ed Europa.
Una produzione Asinitas Onlus in collaborazione con ZaLab
Dag studiava Giurisprudenza ad Addis Abeba, in Etiopia. A causa della forte repressione politica nel suo paese ha deciso di emigrare. Nell’inverno 2005 ha attraversato via terra il deserto tra Sudan e Libia. In Libia, però, si è imbattuto nelle violenze dei contrabbandieri e nelle sopraffazioni e alle violenze subite dalla polizia libica, responsabile di indiscriminati arresti e disumane deportazioni. Sopravvissuto alla trappola Libica, Dag è riuscito ad arrivare via mare in Italia, a Roma, dove ha iniziato a frequentare la scuola di italiano Asinitas Onlus punto di incontro di molti immigrati africani coordinato da Marco Carsetti e da altri operatori e volontari. Qui ha imparato non solo l’italiano ma anche il linguaggio del video-documentario. Così ha deciso di raccogliere le memorie di suoi coetanei sul terribile viaggio attraverso la Libia, e di provare a rompere l’incomprensibile silenzio su quanto sta succedendo nel paese del Colonnello Gheddafi.
IN ANTEPRIMA NAZIONALE
16 settembre 2008, ore 18:00 - Teatro dal Verme - Milano a cura di MilanoFilmFestival 2008 con la presenza di Moni Ovadia
23 settembre 2008, ore 20.30 – Nuovo Cinema Aquila - Roma a cura di TekFestival – Roma, con la speciale presenza di Goffredo Fofi e Ascanio Celestini
Dal 24 al 28settembre 2008 – Isola di Salina, in concorso al SalinaDocFestival
Per maggiori info e per vedere il trailer del film: http://comeunuomosullaterra.blogspot.com
Contatti per la stampa: Andrea Segre (regista e produttore per ZaLab) – 389.6747891
Marco Carsetti (produttore per Asinitas Onlus) - 340.0573209
martedì 16 settembre 2008
USA: VESCOVI, TROPPE VIOLAZIONI DIRITTI UMANI IMMIGRATI
Citta' del Vaticano, 16 set. - (Adnkronos) - Nel pieno di una crisi economica imponente e alla vigilia di nuove e decisive elezioni presidenziali, gli Stati Uniti devono fare i conti con problemi urgenti di politica interna, non ultima la questione immigrazione e ''sicurezza nazionale'', di fondamentale interesse per il Paese e inevitabilmente presente sull'agenda di entrambi i candidati alla Casa Bianca. E' quanto rileva l'agenzia di stampa vaticana Fides promossa dalla Congregazione per l'evangelizzazione dei popoli che riporta la denuncia della Conferenza episcopale degli Stati Uniti per la quale l'immigrazione non puo' essere declassata a tema legato unicamente alla sicurezza, mentre sono moltissime le aziende che fanno lavorare gli immigrati irregolari privi di documenti. In questo contesto, nonostante le severe strategie messe in atto dalle diverse amministrazioni Usa sin dalla prima era Clinton, non si ferma il flusso di ingressi illegali provenienti in maggioranza dal Messico, provocando un cortocircuito interno alle politiche di immigrazione. Come ha spiegato a Fides Kevin Appleby, Direttore dell'Ufficio politiche per l'immigrazione della Conferenza episcopale Usa, ''in tutto il Paese vi sono fabbriche ben note per l'utilizzo di immigrati senza documenti. Tuttavia, i blitz (delle forze di sicurezza, ndr) sono iniziative estremamente preoccupanti, perche' deportando i lavoratori non si tiene conto dell'impatto su famiglie, bambini, comunita''' e si viola una seconda volta la dignita' di quelle donne e di quegli uomini. I clandestini vengono ''assunti'' per lavorare con stipendi da fame e in condizioni disumane, dietro il ricatto del viaggio pagato per arrivare negli Usa. Per restituire il debito contratto, al lavoratore clandestino vengono spesso sottratti i documenti, finche' non avra' completato il risarcimento, sempre molto lontano nel tempo per via della paga insufficiente. Questi immigrati vivono dunque per lunghissimi periodi in uno spazio indefinito, magari stipati in ''colonie'' prive di servizi o condizioni di vita decenti, e sfruttati con lavori estenuanti per oltre 12 ore al giorno, senza il rispetto delle norme minime di sicurezza, o dei diritti fondamentali dell'uomo.
(Fpe/Zn/Adnkronos)
Risarcimento alla Libia
Parliamo di risarcimento al popolo libico per i trenta anni di colonialismo. Questo risarcimento prevede un'ammissione di colpa da parte dello stato Italiano, credo, ma quale parte d'Italia si e riconosciuta colpevole del periodo coloniale? quella parte d'Italia che condanna il fascismo, quella che tenta di salvare una parte di esso come la repubblica di salo o quella che si riconoscie nella costituzione della Repubblica Italiana? Si e parlato di accordo di pace con la Libia, allora perché non è stata fatta una confernza di pace, dove gli storici potevano spiegarci bene di quali colpe si e machiata l'Italia in Libia, quali sono state le colpe riconosciute come tali dallo stato Italiano? visto che il risarcimento sono soldi pubblici $ 5 miliardi di dolari più l'autostrada che collega la Tunisia con l'Egitto. L'Italiani e Libici dovevano sapere che i due stati firmano la fine di ogni ostilità è chiudere definitivamente il passato ma affrontandolo seriamente il periodo coloniale, politicamente e storicamente. Niente di tutto questo, gli Italia ha solo cercato di comperarsi una fetta del mercato libico, garantirsi l'accesso ai fonti energetici cedendo al ricato del regime libico.La democrazia non dovrebbe mai cedere al riccato di una dittatura che dura da 40 anni come quella del Rais di Tripoli.Il popolo libico non viene risarcito cosi, si e fatto solo una manovra commerciale. Ghedafi aveva bisogno di uscire dal isolamento internazionale gli Italia gli ha dato l'occasione. Cedendo al riccatto sul immigrazione, sul energia, sul mercato e le grandi opere.Pero si e finiti per legitimare una ditattura come un fatto normale, riconoscendoli come legitimo rapresentante del popolo libico, quando il popolo libico non si e mai esperesso in questo senso.Perché allora criticare la Cina, Sudan, Mozambico, Iran e tanti altri stati, se gli stati occidentali sono i primi a sostenere dittatori al potere in nome di petrolio, gas, affari? Dove sono finiti i parametri di diritti umani e civili? La democarzia e di ventata un opinione o relativa che vale solo per alcuni paesi? e pure l'occidente ha fatto una guerra per portare la democrazia ai popoli opressi come quello Iraqueno, Afgano.Perché questi disugualianza nel trattare la politica internazionale e sempre a favore dei soliti paesi potenti? Cosa cambbiato oggi in Libia? sul piano di diritti umani e civili nulla. sul piano della democrazia neanche l'ombra. allora cosa e cambiato? La disponibilità di vendervi petrolio e gas.Immigrati usati come merci di scambio, viene chiesto al regime libico di fare il lavoro sporco di bloccare i potenziali immigrati ilegali, non importa come anche violando diritti umani e civili dei migranti come sta già accadendo nei 21 centri di detenzione in parte finanziati anche dall'Italia. Italia ha fatto un grave errore di dare il risarcimente a questo regime che non e stato legitimato da un voto popolare. Un precedente negativo per tutto il continente. Se gli stati democratici premiano i diattatori allora dove andiamo a finire?
Mussie Zerai
No al Razzismo!!!
Comunicato
E' ora di dire basta e reagire uniti contro ogni tipo di razzismo
Abdul, 19 anni, è stato ucciso, domenica mattina a Milano, perché nero. L’assassinio di Abdul non è purtroppo un fatto isolato, ma è una cruenta espressione del clima di razzismo diffuso nella società. Questo clima viene alimentato dai provvedimenti razzisti del governo e delle amministrazioni comunali. Siamo tutti coinvolti, è il momento di reagire riconoscendo la nostra comune umanità. Esprimiamo la nostra indignazione per questo barbaro omicidio e la più profonda solidarietà ai familiari e ai conoscenti di Abdul.
Siamo esterefatti dal fatto che la magistratura non ha contesttato ai due arrestati per l'omicidio di Abdul, l'agravante del razzismo. Questa indulgenza della magistratura e dei inquirenti rischia di sembrare una giustificazione ai fatti di intoleranza e di razzismo che sta dilagando in questo paese.Mussie Zerai
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