domenica 26 luglio 2015

Migranti: in Italia una pesante deriva razzista



di Emilio Drudi
 “Sbarcati in Sicilia mille clandestini nella totale indifferenza”: è il titolo a tutta pagina pubblicato giorni fa da un giornale a tiratura nazionale, per sollecitare maggiori misure di controllo e, in definitiva, il blocco degli arrivi. Clandestini: così vengono sistematicamente definiti i profughi, i richiedenti asilo, i migranti forzati. Fingendo di ignorare che si tratta di gente “in fuga per la vita” da realtà dove si è persa ogni speranza. Che chi scappa da guerre, dittature, persecuzioni, terrorismo, disastri ambientali, paesi in dissoluzione, senza alcuna possibilità di canali legali per andarsene, non può che tentare la sorte amara del migrante “clandestino”. Come è accaduto agli esuli antifascisti espatriati prima della guerra. O, dopo le leggi razziali fasciste del 1938, agli ebrei che, per lasciare l’Italia, hanno percorso esattamente le medesime vie di fuga attraverso le Alpi, con gli stessi sistemi e con una rete di passeur analoga a quella usata ora da molti giovani africani diretti in Francia, in Svizzera, in Germania, dopo aver risalito la penisola. Ieri i perseguitati da nazismo e fascismo, oggi i perseguitati da regimi simili, spesso “amici” degli Stati europei.
Ecco, quel “clandestini”, usato sempre in senso negativo, è il primo muro: la prima forma di criminalizzazione dell’altro in quanto tale, presentato come una minaccia o un pericolo potenziale. Si fa strada, ancora una volta, la logica della “paura del diverso”: quel veleno che soffoca il cuore, ottenebra la mente e alimenta i sentimenti peggiori.
Negli ultimi mesi si è registrato un crescendo di questa ostilità, sempre più palese e non di rado alimentata ad arte. Ne fa fede l’escalation di dichiarazioni xenofobe, razziste, dense di odio. A tutti i livelli: dai vertici più alti della politica alla gente comune. “I rom sono la feccia della società”, è arrivato a dire Gianluca Buonanno, europarlamentare della Lega, in un talk show televisivo, raccogliendo applausi tra il pubblico in studio mentre il conduttore si è limitato a una imbarazzata presa di distanza, quando sarebbe stato opportuno invece denunciare ed isolare subito, con forza, questa posizione razzista, cambiando il palinsesto stesso della trasmissione. “Bisogna radere al suolo i campi rom”, ha fatto eco pochi giorni dopo il leader del Carroccio, Matteo Salvini, ricevendo un mare di vergognosi commenti favorevoli su face book, inclusa la proposta “aggiuntiva” di abbattere sì i campi, “ma con i rom dentro”.
“I migranti bastardano la nostra razza e tra di loro ci possono essere dei terroristi”, ha urlato alla Tv il presidente della Provincia di Treviso, Leonardo Muraro. “Bruciateli vivi e buttateli in mare”, ha scritto a proposito dei migranti un ispettore della polizia ferroviaria, inneggiando al fascismo e specificando: “Mi manca Hitler”. “Una negra non merita 10”, hanno detto a Pisa alcuni studenti a una ragazza, figlia di immigrati senegalesi, presa di mira per i suoi risultati scolastici e per il colore della pelle. “Sporchi negri, tornate al vostro paese, ci rubate il lavoro, dovevate affondare con i barconi”, hanno gridato decine di esagitati contro la squadra di calcio degli immigrati di Rosarno, assalendo gli spogliatoi dello stadio. Sempre in Calabria, il sindaco di Cirò Marina, Roberto Siciliano, ha disposto il divieto di circolazione per i migranti “per evitare la scabbia”. Esattamente come ha fatto, in Liguria, il sindaco di Alassio, Enzo Canepa, che ha vietato l’ingresso nel territorio del comune agli stranieri senza fissa dimora, privi di certificato sanitario “che attesti l’assenza di malattie infettive trasmissibili”. Un divieto che, in pratica, riguarda tutti i profughi.
Si potrebbe continuare all’infinito: basta spulciare i titoli dei principali giornali. Parole gettate come benzina sul fuoco di una ostilità diffusa, dettata da pregiudizio e disinformazione, alimentata da indifferenza, conformismo, opportunismo. E il risultato è che dalle parole violente si passa sempre più di frequente alla violenza fisica. Talvolta a vere e proprie rivolte anti immigrati, in un clima quasi di pogrom, come è già accaduto un paio di anni fa contro due campi rom, a Torino e Napoli. A Crema, la decisione di ospitare una ventina di giovani immigrati in un’ala dell’ex convento delle Ancelle, vicino a un asilo, ha scatenato la protesta di diverse famiglie sotto il palazzo della Curia. Una protesta immotivata: i locali erano stati debitamente predisposti per la nuova funzione, con tanto di nulla osta della Asl, e tutti gli ospiti destinati ad occuparli sono stati identificati, visitati dai medici allo sbarco, censiti dal Viminale. Ma il vescovo Oscar Cantoni non ha trovato di meglio che fare marcia indietro, cedendo di fatto a paure e pregiudizi assurdi, come quelli manifestati da una mamma che, senza neanche aver mai visto in faccia quei giovani, ha dichiarato al Fatto Quotidiano: “Si è deciso che degli immigrati in piena fase ormonale fossero vicini a dei bambini. Questi ragazzi possono essere persone bravissime ma magari hanno ricevuto abusi e sono propensi a fare qualcosa che può urtare la sensibilità di un bambino di cinque anni, che potrebbe riportare danni per la vita…”.
Ha vinto la protesta anche a Quinto di Treviso, dove gli abitanti di una zona residenziale sono scesi in strada per contestare la decisione della Prefettura di alloggiare 100 profughi in palazzine in parte già abitate da alcune famiglie. Anzi, c’è stato un assalto ad uno degli appartamenti per i migranti, dal quale sono stati presi e incendiati mobili e materassi, mentre il giorno dopo è stato impedito di consegnare il cibo agli ospiti già arrivati. A dare man forte alla protesta è intervenuto il governatore del Veneto, Luca Zaia, andando di persona sul posto. “Questi migranti – ha detto – devono andarsene perché noi ne abbiamo già 517 mila… Abbiamo già dato”. Dimenticando che, semmai, da quei 517 mila il Veneto ha “preso” e non “dato”: si tratta in gran parte, infatti, di lavoratori che hanno contribuito e contribuiscono tuttora a far crescere l’economia regionale e non di profughi arrivati nelle ultime settimane con i barconi. Anzi, la percentuale di questi ultimi, in Veneto, è tra le più basse d’Italia. Eppure Zaia dice che “stanno africanizzando il Veneto”. E il prefetto, Maria Assunta Marrosu, si è arresa.

Ha tenuto duro, invece, il prefetto Franco Gabrielli, a Roma, dove una protesta simile a quella di Treviso si è scatenata a Casale San Nicola, per l’arrivo di 19 immigrati in una ex scuola ristrutturata come centro di accoglienza. Presidio, blocco stradale, striscioni e cartelli, urla e lancio di bottiglie contro il pullman che portava i migranti. Una sommossa nella quale hanno avuto un ruolo importante anche i fascisti di Casapound, con tanto di cori e insulti razzisti, saluti romani, minacce, al fianco di residenti che dicevano di essere lì “per difendere il proprio paese” dall’invasione di stranieri. Gabrielli non si è lasciato intimorire: “Non faremo passi indietro”, ha dichiarato. E sono scattati arresti, denunce, un’inchiesta della Procura. Il livore xenofobo, così, si è riversato sul prefetto. “Non rompete le palle a chi protesta”, ha tuonato Matteo Salvini. Il vicepresidente del Consiglio delle Marche, Sandro Zaffiri, pure lui leghista, si è spinto oltre, scrivendo sul suo profilo face book: “Gabrielli un porco di un comunista al servizio del Pd, attento che ti abbiamo segnato sul nostro elenco. Arriveremo. Olio di ricino te ne darei tanto”. Ed è ancora poco. In quegli stessi giorni, Fabrizio Florestano, dirigente ferrarese di Fratelli d’Italia, ha scritto sui migranti: “Certo, io ne prenderei cento alla volta: tempo di sparare per farli cadere in una buca e me ne date altri cento. In una giornata ne faccio fuori quanti ne sbarcano”.
Sono affermazioni da far tremare: un’aperta istigazione all’odio razziale. Eppure vengono fatte passare quasi senza alcuna seria reazione, dando così sempre più forza alla deriva xenofoba e razzista che sembra investire sempre di più il Paese. Pesanti responsabilità gravano, per tutto questo, sulla politica. Per non aver messo in campo un serio programma di accoglienza e, contemporaneamente, per l’atteggiamento defilato che ha assunto di fronte a violenze verbali e fisiche crescenti. Tutta la politica o quasi. La destra, anziché frenare, alimenta e cavalca l’insofferenza contro i migranti, con diverse “tonalità”: dalle posizioni estreme dei fascioleghisti a quelle più soft, ma analoghe nella sostanza, dell’ala “moderata”. La sinistra, invece di proporre idee e valori diversi, sembra inseguire la destra sul suo terreno, nel timore di perdere consensi. Il risultato è che sempre più spesso l’immigrazione, sia a destra che a sinistra, viene vista come un “pericolo”, accostata al rischio di epidemie e terrorismo. Negli ultimi mesi soprattutto al terrorismo: ne hanno parlato a tutti i livelli, dai ministri Paolo Gentiloni (esteri) e Roberta Pinotti (difesa) all’ultimo consigliere comunale. Eppure tra le migliaia di profughi sbarcati negli ultimi anni non risulta che sia stato trovato un solo terrorista. Semmai le milizie fondamentaliste hanno messo le mani sul traffico di esseri umani, in concorrenza con i clan malavitosi, come lucrosa fonte di autofinanziamento. Ma su questo aspetto, in genere, si tace, forse perché è una delle prove più evidenti che, se si vogliono davvero combattere i trafficanti-terroristi, non ha senso bombardare i barconi come proposto dall’Unione Europea: basterebbe creare quei canali di immigrazione legale, i cosiddetti corridoi umanitari, di cui invece la politica, di destra e di sinistra, non vuole neanche sentire parlare.
Grosse responsabilità, con rare eccezioni, ha anche il sistema dei mass media (dai giornali tradizionali ai notiziari Tv e ai talk show), che spesso finisce per alimentare paura e ostilità, in contrasto con alcuni principi fondamentali della Carta di Roma, come quello di “evitare la diffusione di informazioni imprecise, sommarie o distorte riguardo a richiedenti asilo, rifugiati, vittime della tratta e migranti”. Un esempio per tutti: si continua a parlare di “invasione”, ma basta scorrere le cifre per capire che si tratta quanto meno di una esagerazione. Dall’inizio dell’anno sono sbarcati in Italia meno di 85 mila profughi, circa l’otto per cento in più dello stesso periodo del 2014. In tutta Europa non si arriva a 170 mila. Non pochi ma sicuramente un flusso che può essere agevolmente gestito e assorbito, con una ripartizione equa tra nazioni e regioni e garantendo un adeguato processo di inserimento sociale. Invece, no: ad ogni sbarco si urla all’emergenza e si scrive che l’Italia non è in grado di assorbire altri stranieri, facendo passare senza battere ciglio dichiarazioni come quella di Zaia sulla presunta “africanizzazione” del Veneto o del governatore della Lombardia, Roberto Maroni, che minaccia la riduzione dei fondi ai Comuni che aprono le porte ai migranti. Anzi, spesso si mostra “comprensione” nei confronti delle proteste. E si avalla l’idea che i profughi “vengono tutti qui” e l’Italia è stata lasciata sola dall’Europa. Pochissimi fanno un po’ di conti e rivelano, ad esempio, che in Svezia ci sono 9 profughi ogni mille abitanti, in Olanda 8, in Germania circa 7. In Italia appena 1,3. Basti dire che, dei circa 170 mila arrivati nel 2014, oltre 110 mila, quasi due terzi, se ne sono andati dalla Penisola e lo stesso sta accadendo quest’anno.
Il punto, ma pochissimi lo fanno notare, è che il vero problema di questa tragedia – come ha scritto il filosofo Diego Fusaro – non è chi è affamato ma chi affama, non chi è perseguitato ma chi perseguita, non chi fugge ma chi costringe a fuggire, non chi l’emigrazione la subisce ma chi la provoca. Forse perché è più facile prendersela con il “diverso”, innescando però un processo che, una volta messo in moto, non si sa mai fin dove potrà arrivare.


(Tratto da www.psicologiaradio.it)        

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