“L'Europa non deve puntare sui così detti
Hotspot, perché si riveleranno nel tempo delle trappole e non sono la soluzione
né per i profughi né per il paese costretto ad aprirli”. È così che Don Mussie
Zerai, il missionario candidato al Premio Nobel per la Pace, direttore di
Habeshia Agency Cooperation for Development, ha voluto commentare l’intenzione
dell’Europa di creare centri di identificazione rapida per migranti in ogni paese
di arrivo. Secondo Zerai, lo sforzo europeo deve essere concentrato
esclusivamente su come azzerare l'arrivo dei profughi per vie illegali e
pericolose. E questo azzeramento si potrà raggiungere solo con l'apertura di
corridoi umanitari.
“Per prima cosa – precisa don Zerai - occorrono
ponte-aerei dai paesi limitrofi con ogni Stato dove ci siano situazioni di
crisi. A oggi, per esempio, si dovrebbero aprire da Libano, Turchia o Giordania
per i profughi siriani, iracheni o curdi e da Etiopia e Sudan per eritrei e
somali. Basta con i lunghi e disumani viaggi durante i quali queste persone
finiscono nelle mani di trafficanti, gruppi terroristi e predoni che,
approfittando della loro disperazione, li derubano e ne abusano, violentando
anche donne e bambini. L'Europa – continua - deve impegnarsi per prevenire e
proteggere questa gente da tutta questa sofferenza. L’Europa deve dire basta ai
gruppi di trafficanti e criminali che si arricchiscono sulla pelle dei
profughi. L’Europa deve impedire ai terroristi di finanziarsi con il traffico di
esseri umani e il traffico di organi. Le parole chiave sono prevenzione e
protezione, non hotspot”.
Di “hotspot” si parlava già nella cosiddetta Agenda per la migrazione, un documento
della Commissione europea pubblicato lo scorso maggio con alcune nuove proposte
per cambiare il modo in cui gli stati europei gestiscono il fenomeno di
profughi e migranti. Gli hotspot saranno strutture allestite per identificare
rapidamente, registrare, foto-segnalare e raccogliere le impronte digitali dei
migranti, e che saranno create per sostenere i paesi più esposti ai nuovi
arrivi (quindi Italia e Grecia ma anche Ungheria, per esempio).
I migranti saranno trattenuti negli “hotspot”
(che in molti casi nasceranno in centri già esistenti e attrezzati) fino alla
conclusione di tutte le operazioni di identificazione.
“La cosa non chiara – incalza Zerai - è come
saranno impostate queste strutture: si tratterà di aree di accoglienza con
l’obiettivo di trasferire chi ha diritto di asilo in altri paesi oppure saranno
luoghi di detenzione per gli immigrati irregolari in attesa di un rimpatrio?. Sarà
consentito l'uso della forza per obbligare le presone a farsi foto-segnalare?
Chi vigilerà su eventuali abusi e violenze che possono avere luogo? Se il
trasferimento verso il paese terzo riguarda soltanto i profughi con alta
percentuale di riconoscimento dello status di rifugiato o protezione
sussidiaria, quale sarà il destino della maggioranza dei richiedenti asilo che
oggi provengono da paesi con basso riconoscimento di protezione internazionale?
L'Italia e la Grecia che piano di accoglienza e processo di integrazione hanno
proposto per garantire un'accoglienza dignitosa? Chi li gestirà? Le varie
autorità nazionali e gli agenti della polizia di frontiera, insieme ai tecnici
ed esperti di agenzie europee come Europol (l’Ufficio di Polizia Europeo), EASO
(l’Agenzia europea per il diritto d’asilo), Eurojust (per la cooperazione
giudiziaria tra varie autorità nazionali contro la criminalità), Frontex
(l’Agenzia europea per la gestione della cooperazione internazionale alle
frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione europea)?”
Secondo Zerai, la collaborazione tra autorità
europee e nazionali dovrebbe essere volta più che altro alla prevenzione e protezione di richiedenti asilo perché in fuga da guerra e violenza, e di garantire un flusso regolare di ingresso per i migranti
cosiddetti “economici”che fuggono cioè dalla povertà.
“Il coinvolgimento di Europol ed Eurojust ha
lo scopo di esercitare un controllo sul flusso di denaro che va nelle mani dei trafficanti e terroristi. Ma come intendono procedere?
– precisa il direttore di Habeshia - A oggi il 99% di Siriani ed Eritrei non
vogliono chiedere asilo in Italia o in Grecia per paura di restare divisi dai
familiari che vivono nel Nord Europa, quindi il regolamento di Dublino come si
pone? Chi decide il paese di destinazione del profugo che sarà ricollocato in
uno dei paesi UE? Quali sono i criteri ? Si terrà conto della volontà del
richiedente asilo? Si prenderà in considerazione la presenza di parenti in un determinato
paese? Se così fosse, quali sono i gradi di parentela da prendere in considerazione
per determinare la scelta del paese di destinazione finale? Le commissioni che
esaminano le richieste di asilo terranno conto delle nuove forme di violazioni
dei diritti umani e civili? E i profughi climatici? Le vittime di land grabbing
? Le vittime del terrorismo? I perseguitati per motivi politici, etnici e
religiosi? Le vittime della schiavitù esercitata dai regimi autoritari? Dove
verranno destinati?”
La maggior parte di questi nuovi centri
verrebbe creata in Italia (in realtà gli esperti delle agenzie UE Frontex,
Easo, Europol e Eurojust sono già operativi in Sicilia per gestire, assieme ai
funzionari italiani, le attività di registrazione dei migranti in arrivo sulle
coste italiane): ufficialmente tre saranno in Sicilia (Trapani, Pozzallo, Porto
Empedocle) e uno sull’isola di Lampedusa. Dall’inizio del 2016 dovrebbero
aprire anche i centri di Taranto e Augusta. Ogni centro, secondo le ipotesi che
circolano, potrebbe ospitare fino a 1.500 persone. “Quale sarà lo standard di
vita previsto in queste strutture? – aggiunge - E il tempo di permanenza? Saranno
garantiti la libertà di movimento degli ospiti e il loro diritto a essere
informati nella loro lingua? E il diritto alla salute? E sarà garantito il
diritto al ricorso nel caso di diniego della commissione per lo status di
rifugiati?”
don Mussie Zerai
Presidente dell'Agenzia Habeshia
don Mussie Zerai
Presidente dell'Agenzia Habeshia
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