Agenzia Habeshia. Sgombero
via Curtatone
Appello al Governo e al
Prefetto di Roma
Lo sgombero del palazzo di
via Curtatone a Roma, occupato da circa 800 Eritrei ed Etiopi, titolari di permesso di soggiorno in quanto rifugiati politici e profughi, circa quattro anni fa,
è l’ennesima dimostrazione di come il sistema di accoglienza in Italia sia
gravemente inadeguato e carente. La radice sta nell’approccio emergenziale con
cui è sostanzialmente organizzato, come dimostra l’enorme sproporzione tra i
posti disponibili nel programma Sprar, che prevede un percorso di inclusione
sociale, e la rete dei Cara e Cas, che ospita la stragrande maggioranza dei
richiedenti asilo presenti in Italia ma che di fatto si risolve solo in un
enorme “parcheggio”. Mancano, cioè, progetti e iniziative guidate che possano
aprire prospettive per il futuro alle persone alle quali è stato concesso lo
status di rifugiato o comunque una forma di protezione internazionale. Il
risultato è che, nel momento stesso in cui i richiedenti asilo ricevono un
permesso di soggiorno a qualsiasi titolo, vengono di fatto abbandonati a se
stessi: nulla che consenta loro persino di trovare un alloggio regolare e
dignitoso, premessa indispensabile per non ritrovarsi allo sbando e potersi
inserire, attraverso il lavoro, nella società italiana che teoricamente li ha
accolti e alla quale intendono portare con convinzione tutto il contributo di
crescita di cui sono capaci.
Questo stato di abbandono è
esattamente quello che è accaduto alle centinaia di giovani che nell’ottobre
2013, non avendo alcun altro posto alternativo dove abitare, hanno occupato nel
cuore di Roma il palazzo che è stato appena sgomberato. Lo stesso è capitato in
precedenza ad altre migliaia di migranti di ogni nazionalità, sia a Roma che in
numerose altre parti d’Italia, creando spesso situazioni di grande disagio:
aree grigie dove si sono formate sacche enormi di donne e uomini praticamente
dimenticati e di fatto privati dei loro diritti, giovani da sfruttare come
braccia a buon mercato per il lavoro nero o, peggio, in taluni casi, per attività
molto border line.
L’esigenza più immediata,
dopo lo sgombero, è sicuramente quella di offrire una sistemazione alloggiativa,
in via prioritaria, ai soggetti più deboli: donne, bambini, ragazzi minorenni,
famiglie, disabili… E poi, per quanto possibile e anche con il loro stesso
contributo, a coloro che sono in possesso di un permesso di soggiorno regolare
come rifugiati o comunque titolari di una forma di protezione internazionale: a
coloro, cioè, di cui in qualche modo lo Stato italiano si è fatto carico
riconoscendone la legittimità delle ragioni che li hanno spinti a fuggire dal
proprio Paese e della conseguente presenza in Italia. Lo stesso chiediamo per i
migranti che si trovano a Roma nelle medesime condizioni di quelli evacuati da
via Curtatone, non di rado incappati a loro volta in sgomberi analoghi.
Un auspicabile, urgente
intervento del genere, tuttavia, deve essere soltanto un primo passo verso una
radicale riforma dell’attuale sistema di accoglienza: è questo l’unico modo per
risolvere davvero un problema generale che riguarda migliaia di persone e che si
fa di giorno in giorno più grave. Rivolgiamo in questo senso un accorato
appello alla Presidenza del Consiglio e chiediamo in particolare al prefetto di
Roma di prendere spunto proprio dal caso di via Curtatone per sostenere, di
fronte al Governo che rappresenta nella Capitale, la necessità di cambiare la
politica sull’accoglienza seguita finora, in nome della dignità dei rifugiati
ospitati in Italia e perché non debbano più ripetersi in futuro casi analoghi,
ponendo rimedio anzi alle situazioni simili oggi presenti sia a Roma che in
altre città della Penisola.
don Mussie Zerai
Presidente dell'A.H.C.S
Roma, 19 agosto 2017
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