lunedì 11 febbraio 2008

In Eritrea resta la preoccupazione

In Eritrea resta la preoccupazione per l'attività dei missionari Si temono nuovi interventi politici Asmara, 4. C'è preoccupazione nella comunità religiosa e laica che opera in Eritrea in progetti umanitari: ostacoli all'attività di assistenza rendono difficile l'impegno di missionari e volontari di vari organismi. In un reportage pubblicato del settimanale cattolico "Vita trentina", viene descritta la situazione. In particolare, la preoccupazione deriva - racconta fratel Fiorenzo Losa, pavoniano, uno dei quattordici missionari espulsi dal Paese nel novembre scorso - dalla possibilità che nel Paese si dia vita ad una Chiesa non libera dai poteri politici, con progetti che potrebbero mirare a stipendiare i sacerdoti e alla costruzione delle chiese delle quali mantenere la proprietà. Il missionario, che ha dovuto lasciare l'Eritrea (in base al motivo ufficiale del non rinnovo del permesso di soggiorno, che scade ogni anno) gestiva ad Asmara una casa alloggio per ragazzi orfani o dimessi dal carcere. Fratel Losa sottolinea che l'impegno profuso dai missionari li aveva fatti identificare come "parte attiva sul territorio" e questo ha portato alla creazione di un clima di ostilità nei loro confronti. È forse da tutto questo che è derivata la decisione da parte del Governo di espellere quattordici missionari che hanno lasciato la nazione lo scorso novembre. Oltre a fratel Losa, sono stati espulsi: padre Javier Alvarado, padre Juan Martin Gonzales, padre Bonifacio Apaap, suor Gladys Primero Palacio, fratel Marco Manca, suor Vilma Cortinova, suor Virginia Jamele, suor Maria Angela Pagani, padre Austine Radol Odhiambo. Ed ancora, una laica, Daniela Pagena, suor Mary Catherine, suor Dalia Parakal Abraham e suor Lilly Joseph. In una conferenza stampa, tenutasi subito dopo il loro arrivo in Italia, gli espulsi avevano descritto i problemi. Sembra - avevano detto - che il Governo eritreo consideri gli operatori ecclesiastici alla stregua di appartenenti alle organizzazioni non governative e applichi a loro le stesse regole. In una dichiarazione rilasciata all'agenzia Sir, da una fonte anonima, era stato messo in rilievo che da tempo incombeva sui missionari un clima ostile: "Sapevamo che i missionari erano a rischio da mesi per via dei permessi di soggiorno scaduti". E lo stesso clima ha colpito le organizzazioni di volontariato: "Dal 2005, secondo la "Proclamation", in base alla quale erano state chiuse molte strutture di assistenza, le organizzazioni non governative non sono più realizzatrici di progetti, ma solo donatori autorizzati al monitoraggio, mentre il realizzatore diretto sarebbe il Governo stesso. Per cui ora, in teoria, dovremmo consegnare tutti i progetti al Governo". La partenza dei missionari ha causato dolore e smarrimento tra la gente. Una suora ha commentato: "È la prima volta che dei missionari vengono espulsi dall'Eritrea. La gente era commossa nel vedere un ventina di ragazzi che piangevano per la partenza del loro custode. Uno dei missionari pavoniani, infatti, stava aiutando degli orfani e stava riuscendo a dare loro una casa e un po' di educazione". I missionari hanno poi sottolineato: "I partenti avevano un contegno abbastanza sereno, anche se qualcuno nascondeva una lacrima. Quel che fa più male è il fatto di sentirsi rifiutati, nonostante la buona condotta e il servizio reso al Paese. I missionari sono comunque coscienti che non sono rifiutati dalla gente e questo significa molto. Hanno lasciato dietro di sé molti cuori spezzati". La popolazione vive in condizioni problematiche: "A livello sociale - spiega fratel Losa - stanno avvenendo dei fatti molto gravi: gli agricoltori vengono privati del raccolto. Questo provoca la sofferenza di un popolo che si sente umiliato anche nel proprio lavoro, nella propria fatica. Teniamo presente che nei villaggi ci sono le donne, i bambini, gli anziani, gli emarginati e i mutilati". Ad Asmara opera ancora un missionario pavoniano, padre Flavio Paoli, che deve occuparsi della casa alloggio per orfani lasciata dall'altro missionari che è stato espulso. Padre Paoli esprime tutta la sua preoccupazione nel reportage, riferendo, tra l'altro, del timore che in futuro ci possano essere altre espulsioni. Il missionario afferma: "Se dovessimo essere veramente costretti ad andarcene per questi ragazzi ci sarà nuovamente la strada". Secondo le stime, tra cui quella del Governo, sarebbero almeno tremilacinquecento i minori lasciati a sé stessi. La povertà in alcune zone del Paese è estrema: nei villaggi molte famiglie soffrono la fame estrema e i bambini, innocenti tra i sofferenti, spesso rischiano l'abbandono. La Chiesa è da sempre fortemente impegnata nella lotta alla povertà e negli anni, grazie all'opera missionaria, sono state numerose le strutture di accoglienza create per aiutare i minori. Tre vescovi ed un nunzio hanno anche scritto una lettera alle autorità politiche senza ricevere una risposta. Ad avere difficoltà - emerge sempre dal reportage - sono anche i tanti volontari che lavorano per le associazioni e le organizzazioni non governative. In particolare, si evidenzia il problema del mancato invio degli aiuti. "Il Governo, impedendo l'arrivo dei container - spiega Antonella, un medico che lavora in un ospedale a novanta chilometri da Asmara, fondato da un'associazione di laici cristiani - ci condanna a restare senza medicine. Ci hanno detto che la struttura verrà presa dal Governo, mentre a noi probabilmente non verrà rinnovato il premesso di soggiorno e saremo costretti ad andarcene. Chi si occuperà allora di quella gente?". Un gruppo di giovani volontari hanno denunciato, riferisce l'agenzia Sir, che, a causa di questo, tanti progetti di cooperazione nel Paese sono bloccati. I volontari hanno detto: " Si resiste finché si può poi vedremo. Quella gente ha estremo bisogno di missionari e volontari e se gli vengono tolti rimarranno soli". Infatti, per il futuro si temono ulteriori restrizioni: per fratel Losa "si mira alla nazionalizzazione di molte opera gestite da stranieri, anche da organizzazioni non governative", di conseguenza il controllo delle attività passerebbe in esclusiva al Governo. (©L'Osservatore Romano - 4-5 febbraio 2008)

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