Cronaca
di Teresa Carbone
ROMA - Detenuti senza sbarre. Si sentono così gli 800 rifugiati politici che vivono in un palazzo alle porte di Roma, un tempo sede della facoltà di Lettere dell'Università di Tor Vergata.
A giugno, quando nella capitale si facevano i conti con l'ondata di calore battezzata Scipione, ai rifugiati è stata staccata l'acqua. Nell'Hotel Africa, come è conosciuto questo palazzo tra i rifugiati, è una cosa che capita spesso e allora le condizioni di vita diventano ancora più difficili: ci si deve alzare di notte per fare una doccia, si esce all'alba per cercare lavoro o da mangiare.
Gli abitanti di questo palazzo vengono soprattutto dal Corno d'Africa, scappano dalle guerre; molti sono superstiti del conflitto in Darfur, come Bahar Abdalla, commerciante prima della fuga, o Sherif Abdala Ibrahim, che in quella regione ha lasciato la moglie e la madre. In tutto l'edificio, nonostante alcune episodiche tensioni, c'è un ordine dettato dai membri del comitato locale, otto rappresentanti dei quattro Paesi (Eritrea, Etiopia, Sudan e Somalia) più presenti. E' con loro che si sono tenute due riunioni prima di riuscire a ricevere il permesso per entrare con una telecamera e documentarne la miseria.
Una volta prese le scale, buie, la puzza è ovunque, permea i corridoi con i vetri delle finestre rotti e le stanze senza porte dove ci sono brandine sistemate alla meglio, ma qualcuno non resiste e dorme in una terrazza. C'è un solo bagno al secondo piano, i vani per la doccia sono coperti da stracci, penzola una lampadina, se ne servono in centinaia. I rifugiati hanno aperto le porte al Commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa, Nils Muiznieks, che ha chiesto all'Italia di porre fine a questa situazione vergognosa.
"In Africa c'è la guerra - dice Bahar Abdalla - qui c'è una guerra fredda". La loro battaglia è quella per il ricongiungimento familiare, concesso a chi ha lo status di rifugiato politico ma difficile da ottenere in realtà, o per l'equiparazione dei titoli di studio. Difficile anche ottenere la residenza anche per coloro che vivono in Italia da anni: su questo fronte (ma non solo) è attiva l'unica onlus che si prende cura dei rifugiati dell'Hotel Africa, l'Associazione Cittadini del Mondo, dove lavora Donatella D'Angelo, medico specializzato in immunologia che ogni giovedì fa visite gratis. "Sette anni fa, quando è stato occupato il palazzo - dice D'Angelo - venivamo per le visite mediche, ora oltre a consulenze mi chiedono di tutto perché queste persone non hanno nulla. Abbiamo bisogno di volontari. Stiamo lottando per fare avere la residenza a questi giovani".
Tra gli 800 rifugiati c'è chi avrebbe bisogno di cure psichiatriche, come un ragazzo che vaga nel palazzo con lo sguardo perso nel vuoto: è scappato, come molti, dalla guerra e in tanti indossavano una divisa. C'é ancora chi coltiva la speranza, come Muna Awil, 24 anni, somala che sogna di diventare attrice e ha fatto anche provini come figurante, ma "non c'é spazio per me né nel mondo dello spettacolo, né in quello reale". L'associazione onlus ha messo in piedi da tre anni una biblioteca interculturale in una scuola nel quartiere del Quadraro, per ora hanno 4000 mila libri ma ne servono altri, perché "queste persone - aggiunge Paolo Guerra, responsabile della biblioteca - non possono neanche leggere una favola ai loro figli".
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