Mare deserto
di Emiliano Bos e Paul Nicol
Fine marzo 2011. In Libia è appena iniziato l’intervento militare voluto dall’Onu a sostegno dei ribelli anti-Gheddafi. I migranti fuggono dalla guerra. Un barcone - uno dei tanti – salpa da Tripoli verso Lampedusa. Ma non ci arriverà mai, perché il carburante finisce prima. Nessuno li avvista. Com’è possibile, visto che in quel momento il Mediterraneo pullula di navi e velivoli militari, della Nato ma non solo? Un elicottero militare getta ai profughi bottiglie d’acqua e un po’ di biscotti. Poi se va e non torna a soccorrerli. Perché? Il gommone resta incredibilmente alla deriva per 15 giorni nel Canale di Sicilia, incrociando almeno un paio di grandi imbarcazioni militari e pescherecci. Dei 72 a bordo, moriranno in 63. Falò ha rintracciato tutti i 9 superstiti, tra Italia, Tunisia e Norvegia. Ha ascoltato le loro testimonianze. Ha raccolto documenti. E ha costretto la Nato – che per mesi ha negato ogni coinvolgimento - ad ammettere di aver ricevuto una chiamata d’allarme. Ora sulla tragedia indaga il Consiglio d’Europa.
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