lunedì 10 novembre 2008
Aveva salvato un uomo nella Rienza ma non ha il permesso di soggiorno
Clandestino l’eroe di Stegona: foglio di via
Marco Rizza
Ha cinque giorni di tempo per abbandonare l’Italia «Ma voglio restare qui» BRUNICO. Una vita nell’ombra, col marchio del clandestino. Da un paese all’altro, da un lavoro (in nero) all’altro. Gli amici che ti coprono, gli altri che ti guardano e pensano: chissà quello come vive. Il marchio del clandestino. Però poi succede che un uomo si butti nel fiume e che il primo a intervenire sia lui, il clandestino. Che entri nell’acqua e lo salvi, prima di tornare nell’ombra. E ora si ritrova con un foglio di via e cinque giorni per lasciare l’Italia.
Lui ha 29 anni e si chiama Sedat Rexhepi. È un clandestino. Non ha il permesso per stare sul suolo nazionale. Non ha un lavoro fisso perché, dopo il primo periodo in Italia sotto lo scudo dell’asilo politico, non ha mai ricevuto il permesso di lavoro. E quindi niente permesso di soggiorno. È arrivato dal Kossovo («nato nell’ex Jugoslavia, di etnia kossovara», si legge nel foglio di via appena ricevuto: l’unico documento ufficiale in suo possesso) nel 2003 e da allora è rimasto quasi sempre in Alto Adige. Bolzano, Lana, Appiano, da qualche mese Brunico. Irregolare - clandestino - dal 2005. La storia di tanti. Lavori saltuari nell’edilizia, «sempre in nero». Abitazioni cambiate spesso. E il cuore che batte quando incroci una pattuglia.
Giampaolo Mingrone, luogotenente degli alpini, domenica pomeriggio faceva jogging lungo la Rienza a Stegona. Sente un urlo, vede una coppia sbracciarsi e un giovane che corre. Il primo pensiero (quello che avrebbe attraversato la testa di tutti noi) è che quel tizio che scappa abbia combinato qualcosa. Lo insegue, ma improvvisamente lo vede scavalcare uno steccato ed entrare nel fiume. A quel punto capisce che qualcosa non quadra. Quel giovane era Sedat. Che ora racconta: «Stavo facendo un giro in bici e quando ero lungo il fiume ho sentito un rumore. Appena passato il ponte ho visto una coppia sbracciarsi. Ho guardato la Rienza e ho visto che c’era un anziano. Ho subito gettato per terra la bici, mi sono precipitato verso il fiume, ho scavalvato uno steccato e sono entrato in acqua per prendere l’uomo. Per fortuna che in quel momento è arrivato Giampaolo, sennò da solo mica riuscivo a tirarlo fuori». Insieme ci riescono. Vengono chiamati i soccorsi. Sedat sa che arriveranno anche i carabinieri, lui è bagnato ma senza documenti e preferisce non farsi trovare lì. L’alpino gli chiede almeno come si chiama e da dove viene. Sedat lo dice, poi torna nell’ombra.
Mingrone non capisce il nome, ma non molla: sa che il giovane kossovaro merita un premio. Inizia a chiedere alla comunità albanese come può trovare quel ragazzo. Si sparge la voce, qualcuno trova Sedat e alla fine l’appuntamento viene fissato alla pizzeria al taglio in centro, il ritrovo degli albanesi di Brunico. Siamo a mercoledì sera: «Giampaolo mi ha chiesto delle mie condizioni e mi ha convinto ad andare dai carabinieri per trovare una soluzione».
Sedat Rexhepi ha salvato un uomo, ed è questo che Mingrone vuole fare emergere e premiare. Ma la legge non prevede sconti per gli eroi. Sedat passa la giornata dai carabinieri, poi viene trasferito in questura a Bolzano. Qui riceve il foglio di via: entro cinque giorni dovrà lasciare l’Italia. Certo, una volta arrivato in Kossovo potrebbe fare domanda per entrare in Italia con un permesso di lavoro e probabilmente la questura darebbe un parere favorevole. «Ma quando vai fuori - dice Sedat - poi è difficile rientrare. Seguire le pratiche da là... Meglio restare qui». Quindi Sedat non partirà. Farà ricorso, cercherà un datore di lavoro, contatterà l’avvocato per cercare un modo di restare legalmente in Italia. «Basta che mi diano una possibilità».(07 novembre 2008)
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