venerdì 28 novembre 2008
Uno sforzo comune per i rifugiati
L'arcivescovo Marchetto annuncia un nuovo documento
Colonia, 27. "L'assistenza da prestare ai rifugiati deve includere i bisogni tanto materiali che spirituali del singolo, e ciò conferma l'opportunità della natura pastorale del documento che il nostro dicastero dovrebbe licenziare il prossimo anno". L'annuncio di un nuovo testo dedicato ai rifugiati, che il Pontificio consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti sta preparando, è stato dato dal segretario del dicastero vaticano, l'arcivescovo Agostino Marchetto, intervenuto all'assemblea della Commissione per le migrazioni della Conferenza episcopale tedesca, in corso di svolgimento oggi e domani a Colonia. Monsignor Marchetto ha inoltre anticipato che altri documenti (come quelli sulla pastorale degli zingari e dell'apostolato della strada) saranno presentati nel loro insieme, con altri atti, alle Conferenze episcopali. Come avvenuto in passato con il documento Chiesa e mobilità umana.
Nel suo discorso, intitolato "Visione sul Pontificio consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti e sue prospettive per il futuro", il presule ha spiegato quali saranno le linee principali del nuovo documento. Dopo aver presentato le competenze del proprio dicastero e illustrato una visione d'insieme dell'istruzione Erga migrantes caritas Christi (La carità di Cristo verso i migranti), pubblicata il 3 maggio 2004, Marchetto ha parlato della missione della Chiesa verso i rifugiati, soffermandosi sulle solide radici sui cui si fonda e sulle sfide che l'attendono. "I rifugiati sono sempre presenti al cuore della Chiesa - ha detto -. Limitandoci al non lontano passato, nella sua lettera enciclica Pacem in terris, Papa Giovanni xxiii affermò che "i profughi politici sono persone; e che a loro vanno riconosciuti tutti i diritti inerenti alla persona". E da allora la Chiesa cattolica non ha smesso di rivolgere appelli in loro favore alla comunità internazionale e di invocare a tal fine la solidarietà e la collaborazione di tutti i cristiani e di tutte le persone di buona volontà. In effetti, nel 1981, pochi anni dopo l'inizio del suo pontificato, Giovanni Paolo ii asserì che quanto la Chiesa compie a favore dei rifugiati forma parte integrale della sua missione. Proprio come ogni persona per crescere e svilupparsi ha bisogno di una famiglia - ha precisato l'arcivescovo - ciò è vero anche per i rifugiati. Per tale ragione la Chiesa ha sempre invocato la riunificazione delle famiglie separate dalla fuga di uno dei propri membri. Perciò nel suo Messaggio per la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato 2007, Papa Benedetto XVI ha messo sotto gli occhi di tutti la situazione dolorosa delle famiglie dei rifugiati".
Nella dottrina sociale della Chiesa che guida il suo impegno per i rifugiati, i profughi e le persone soggette al traffico di esseri umani - ha affermato il segretario - la dignità della persona riveste un ruolo centrale, che si fonda sulla convinzione che siamo tutti creati a immagine di Dio: "Ognuno è prezioso, le persone sono più importanti delle cose e il valore di ogni istituzione si misura sul modo in cui tratta la vita e la dignità dell'essere umano". Secondo Marchetto, da ciò si può dedurre che "se una persona non gode di una vita realizzata umanamente, nel proprio Paese, ha il diritto, in determinate circostanze, di andare altrove. Ogni essere umano" in effetti "ha un valore essenziale e inestimabile, una dignità che non va in alcun modo minacciata".
La Chiesa è consapevole della gravità della situazione dei rifugiati e delle condizioni inumane in cui vivono e ritiene che tale grave problema - ha sottolineato l'arcivescovo - "possa essere risolto solo mediante un sincero sforzo di azione concordata a livello internazionale". È la stessa istruzione Erga migrantes caritas Christi a precisare in che cosa consista l'accoglienza ai migranti e ai rifugiati: "Certo è utile e corretto distinguere riguardo all'accoglienza - vi si legge - i concetti di assistenza in genere (o prima accoglienza, piuttosto limitata nel tempo), di accoglienza vera e propria (che riguarda piuttosto progetti a più largo termine) e di integrazione (obiettivo del lungo periodo, da perseguire costantemente e nel giusto senso della parola). Gli operatori pastorali che possiedono una specifica competenza in mediazioni culturali - operatori di cui anche le nostre comunità cattoliche devono assicurarsi il servizio - sono chiamati ad aiutare nel coniugare l'esigenza legittima di ordine, legalità e sicurezza sociale con la vocazione cristiana all'accoglienza e alla carità in concreto".
I "nuovi itinerari pastorali all'alba del terzo millennio", come li chiama l'arcivescovo Marchetto, devono passare necessariamente attraverso l'accoglienza ecclesiale e l'eventuale integrazione nella Chiesa locale, adeguate strutture pastorali, la collaborazione tra Chiese locali, la formazione degli agenti pastorali, il coinvolgimento dei laici, la cooperazione ecumenica e interreligiosa. "Speranza, coraggio, amore e creatività: ecco cosa bisogna offrire a queste persone per consentire loro di rifarsi una vita - ha detto monsignor Marchetto -. La priorità va data a uno sforzo comune volto a fornire loro un preciso sostegno morale e spirituale e la comunità cristiana locale può in questo essere di grande aiuto. Ma soprattutto vanno affrontate le cause di fondo che costringono le persone a fuggire".
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