domenica 18 aprile 2010
ARCI: RIFUGIATO TESTIMONIA ''IN ITALIA E' CONTINUATO IL MIO INFERNO''
(ASCA) - Chianciano, 17 apr - ''Sono scappato dall'Eritrea dopo essere finito tre volte in prigione per le mie idee. Dal 2007 sono in Italia, il mio stato di rifugiato e' stato riconosciuto, ma tra burocrazia e abbandono, l'inferno che attraversato tra Sudan e Libia in Italia e' continuato''. E' questa la storia di Abdul Aziz Mohammed, rifugiato eritreo, che e' intervenuto oggi al XV Congresso Arci ha denunciato le condizioni di abbandono in cui vivono anche gli stranieri che si vedono riconosciuto lo status di rifugiato.
Ore nascosto in un camion, poi la prigione scavata nella terra, in Libia, dove subisce maltrattamenti fisici e psicologici. Poi un nuovo viaggio della speranza: da Tripoli in barcone per 23 ore in mare senza acqua ne' cibo. Ma in Italia, con il riconoscimento effettivo del suo stato di rifugiato, non trova la serenita' che gli spetta per diritto ma inizia una nuova odissea, fatta di attese nei Cara (Centri accoglienza richiedenti asilo), il riconoscimento del diritto d'asilo, e poi l'abbandono da parte dello Stato. Nessuna prospettiva di lavoro, nessun alloggio, le notti passate alla stazione di Mestre. E finalmente l'incontro con l'Arci e l'impegno a Rovigo con l'associazione. ''Sono stato piu' fortunato di tanti altri - dice Abdul -ma questo e' un paese in cui formalmente ti puo' essere riconosciuto un diritto e poi non aver modo di farlo valere''.
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