giovedì 15 aprile 2010
Migranti, le linee guida della Ue "Salvaguardare il diritto d'asilo"
Approvate il 25 marzo scorso dal Parlamento europeo, sono centrate sui pattugliamenti
Per la politica italiana la commissaria Malmström ha parlato di "errori" da non ripetere
di VITTORIO LONGHI
L'Europa conferma la politica dei pattugliamenti in mare ma assicura il rispetto dei richiedenti asilo. Il 25 marzo il Parlamento europeo ha approvato le linee guida "sulla ricerca, il soccorso e lo sbarco degli immigrati in pericolo in mare" con il potenziamento di Frontex, l'agenzia di controllo delle coste mediterranee. La commissaria agli Affari interni, la svedese liberale Cecilia Malmström, vuole dotare Frontex di maggiori strumenti e autonomia, mentre gli Stati membri dovranno mettere a disposizione più attrezzature e mezzi. Il budget dell'agenzia è passato dai 6,2 milioni del 2005 agli oltre 83 del 2009. L'obiettivo è quello di pattugliare in modo sempre più accurato le coste e "riaccompagnare" i migranti intercettati fino al porto di partenza o, se le condizioni non lo permettono, di consegnarli al porto europeo che ospita la missione Frontex. Il governo maltese da tempo protesta contro questa regola d'ingaggio perché l'onere finora è spesso ricaduto su La Valletta. In ogni caso, la Commissione tiene ad assicurare il rispetto dei diritti fondamentali delle categorie vulnerabili, come minori e donne in gravidanza, e dei richiedenti asilo, per i quali dovrebbe valere il principio del non-respingimento. Riguardo all'Italia e ai potenziali rifugiati respinti nei mesi scorsi, la commissaria ha parlato di "errori" che non dovranno più essere commessi.
Verso un sistema di asilo europeo
L'approvazione di questa politica, comunque basata sulla ulteriore sorveglianza dei confini, è arrivata nel momento in cui gli europarlamentari stavano discutendo della creazione di un sistema comune di asilo. L'idea, almeno sulla carta, è quella di aumentare in Europa il numero dei reinsediamenti volontari dei rifugiati, che ora nel mondo sono ospitati prevalentemente - l'80 per cento - dai Paesi in via di sviluppo. Inoltre, si cerca di avviare un processo di condivisione della responsabilità intra-europeo, nel pieno rispetto della Convenzione di Ginevra sul diritto d'asilo. La predisposizione di un sistema comune eviterebbe, ad esempio, che le misure di contrasto dei flussi migratori messe in atto dai singoli Paesi ricadano poi su altri, come avviene tra Italia, Malta e Grecia. Secondo questa visione, l'asilo e la protezione dovrebbero essere percepiti dagli europei come "beni pubblici internazionali", di cui tutti i Paesi dell'Unione beneficierebbero, in termini di maggiore sicurezza e di stabilità. Alle buone intenzioni il Parlamento dovrà far seguire però un sistema chiaro di standard comuni per le condizioni di accoglienza.
La partnership Italia-Malta-Libia
Nei progetti europei di gestione dei flussi migratori è prevista anche una maggiore collaborazione con i Paesi d'origine e di transito. Ma non è chiaro se ci si riferisca a quella dell'Italia con la Libia. Durante l'ultima visita del presidente della Camera al ministro degli esteri maltese Borg, Fini ha epresso grande apprezzamento per quella che ha chiamato la "partnership Italia-Malta-Libia", grazie alla quale negli ultimi mesi si è fortemente ridimensionato il numero degli sbarchi sulle coste italiane e maltesi. Ciò che Fini non ha detto è che cosa succede ai migranti quando sono respinti. Secondo le testimonianze raccolte dalla Ong Jesuit Refugee Services, chi è riuscito ad arrivare a Malta dopo il respigimento, deuncia casi di violenza, di razzismo e maltrattamenti subìti nei centri di detenzione libici. Ancora più grave è quanto denuncia Human Rights Watch. Le autorità libiche darebbero libero accesso ai funzionari del governo eritreo nei centri di detenzione per controllare chi è scappato dal loro Paese. Una evidente violazione del diritto di asilo, dato che buona parte dei respinti in Libia - è noto - è costituita da eritrei in fuga dalla persecuzione del regime.
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