Bengasi. Circa quattrocento prigionieri. Questo centro, situato a Medina Riyada, vicino allo stadio, è gestito teoricamente dalla “Mezzaluna Rossa”, ma in realtà comandano i miliziani armati della rivoluzione, che si dichiarano jihaidisti: entrano quando vogliono e dispongono dei detenuti a loro piacimento. “Gli operatori umanitari che talvolta vengono – ha raccontato uno dei detenuti – non possono fare nulla: registrano i nostri nomi, ci contano e basta. Poi tutto è in mano alle guardie”. Quasi tutti i locali di detenzione sono ricavati da vecchi container, dove i prigionieri sono stipati per quasi l’intera giornata, sotto un sole rovente, senza poter uscire. Il cibo, scarsissimo, più di qualche volta non arriva. Manca del tutto un servizio medico, anche minimo: un giovane, ferito in gennaio a Kufra, negli ultimi tre mesi non ha ricevuto alcuna cura nonostante si sia sviluppata una grave infezione; ci sono donne incinte abbandonate a se stesse e due bambini sono nati in un container, senza alcuna assistenza.
Diverse donne sono state violentate: per vincerne la resistenza gli aguzzini le hanno colpite più volte con una pistola elettrica, un sistema di punizione sempre più diffuso nei confronti dei prigionieri. Almeno 140 uomini sono stati portati via per farli lavorare come schiavi: o al servizio dei militari (spesso vengono utilizzati per caricare e scaricare munizioni), oppure presso tenute agricole e aziende di personaggi vicini ai gruppi fondamentalisti islamici. L’ultimo “prelievo” forzato risale al 2 ottobre scorso: 15 detenuti sono stati presi nelle loro celle e scortati fuori dal campo. Non si sa che fine abbiano fatto. Anche i più giovani, ragazzini minorenni, non sfuggono alle botte e alle torture. Secondo alcuni testimoni, anzi, i miliziani avrebbero inventato un ‘gioco’ terribile proprio sulla pelle di questi ragazzini: una sorta di tiro a segno con bersagli umani. Eviterebbero di colpirli ma anche così, se è vero, resta una forma di tortura orrenda. Per puro, sadico divertimento. Come facevano le SS nei campi di sterminio con i bambini ebrei.
Le ultime notizie parlano anche di discriminazioni e persecuzioni religiose. I miliziani costringono tutti a pregare secondo la fede islamica. Durante il periodo di ramadan hanno obbligato anche i cristiani ad osservare il digiuno come i musulmani. Chi si rifiutava veniva pestato a sangue. Vale per tutti la legge coranica: i simboli cristiani o eventuali effigi di santi, ecc. sono proibiti, alle donne sono state strappate le croci che portavano al collo, chi ha un tatuaggio ricollegabile al cristianesimo lo deve tenere nascosto o viene picchiato duramente. Le donne devono coprirsi e portare il velo. Molte famiglie sono state divise perché, non avendo con sé documenti comprovanti il matrimonio, vale il principio che uomini e donne non possono stare insieme: può capitare così che moglie e marito finiscano in carceri diversi, senza avere più notizia l’una dell’altro. Agli uomini che tentano di difendere le loro donne vengono inflitte torture terribili. Una delle più frequenti è il finto annegamento: la vittima viene immersa con la testa sott’acqua fin quasi a soffocarla e tirata fuori solo all’ultimo momento. Per più volte. Le frustate come punizione sono pratica quotidiana. E uno dei “divertimenti” preferiti delle guardie, dopo queste torture, è far rotolare le vittime nel fango, come segno di estrema umiliazione.
Ultimo contatto oggi 07.10.12 alle ore 15.00pm, che mi aggiornavano della situazione critica, i profughi che da tre giorni che non ricevono cibo, la situazione sta peggiorando, pare che alcuni operatori dell'UNHCR che si sono recati nel centro di detenzione abbiano detto "l'UNHCR non vi riconosce come rifugiati o richiedenti asilo, quindi quello che stiamo facendo per voi solo un atto di umanità, nei prossimi tre giorni dovete lasciare questo posto, noi vi diamo un contributo in denaro." ma i militari hanno minacciato ai profughi dicendo che nessuno tenti di la sciare questo campo, altrimenti verrà ucciso. In mezzo a queste due posizioni la vita dei profughi è seriamente messa in pericolo.
Chiedo che l'UNHCR si prenda in consegna queste persone, per sottrarle da ogni rischio, strumentalizzazione e sfruttamento.
don Mussie Zerai
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