La Regione Lazio
lancia la sfida di un cambiamento radicale del sistema di accoglienza per i
profughi e i rifugiati. Primo passo: una nuova legge da varare al più presto e
che ha l’ambizione di proporsi eventualmente come modello o punto di
riferimento per altre regioni italiane e per la stessa nuova normativa
nazionale che, sulla scia della tragedia di Lampedusa, viene invocata da più
parti.
Se ne è discusso in
un incontro tra l’assessore ai servizi sociali Rita Visini, il consigliere
Enrico Forte (Pd) e don Mussie Zerai, fondatore e portavoce dell’agenzia
Habeshia. Una presenza, questa, certamente non casuale: don Zerai – che da anni
denuncia il dramma dei rifugiati e il muro di ostilità e diffidenza eretto in
Italia e in buona parte dell’Europa nei loro confronti – è di origine eritrea:
eritreo come buona parte, la maggioranza, degli uomini e delle donne che hanno
perso la vita a Lampedusa, proprio quando pensavano che si profilasse
finalmente la salvezza dalla guerra e dalle persecuzioni da cui erano fuggiti.
“La tragedia di
Lampedusa urla che dobbiamo accelerare i tempi per la riforma che abbiamo in
mente – ha dichiarato l’assessore Rita Visini – Ma l’idea di varare una nuova
normativa, anzi, un nuovo sistema, più vicino e attento ai bisogni reali dei
profughi, è stata fin dall’inizio uno dei punti guida del mio assessorato e
della giunta. Ci ha spinto a inserirla tra le priorità della Regione la
situazione esplosiva che si registra giorno per giorno nell’intero Lazio: in
particolare a Roma, ma anche nell’hinterland e nelle altre quattro province.
Voglio citare per tutte le condizioni del Centro di assistenza per i
richiedenti asilo (Cara) di Monterotondo che, proprio nell’ambito del programma
di cambiamento che vogliamo mettere a punto, ho avuto modo di visitare pochi
giorni prima della sciagura che ora richiama tutta l’Italia alle sue
responsabilità. Ne ho avuto l’ennesima conferma che non c’è neanche un’ora da perdere
per cercare di cambiare le cose: non ha senso mantenere in piedi il sistema
attuale, che non assicura né assistenza né accoglienza”.
“La nuova legge che
andremo a varare, spero nel tempo più rapido possibile – aggiunge Enrico Forte
– oltre a cercare di dare risposte adeguate ai problemi citati dall’assessore
Visini, può mirare a mio avviso anche a un obiettivo più alto: diventare la
base di discussione non solo su tutto il sistema di accoglienza, locale e
nazionale, ma su quello che c’è a monte. In una parola, sui rapporti e sulle
politiche nazionali ed europee nei confronti del Sud del mondo. In particolare
dei paesi africani dai quali arriva la maggioranza dei rifugiati e dei paesi di
transito, come la Libia o l’Egitto. Penso, ad esempio, a corridoi umanitari per
l’emigrazione, in modo da tagliare il terreno sotto ai piedi dei trafficanti di
esseri umani. Ma anche a una maggiore attenzione per gli interessi e le
esigenze delle popolazioni di quei paesi. Interessi ed esigenze che non sempre
corrispondono a quelli dei governi e alle scelte fatte dalla politica
occidentale in quelle realtà. E’ solo un sogno? Può darsi. Ma mi piace sognare
che la rivoluzione dell’accoglienza e dei rapporti tra Nord e Sud del mondo
sollecitata con forza anche da papa Francesco, possa partire almeno in parte
dal Lazio. Dire, insomma, ‘noi nel Lazio facciamo così’, voi che cosa fate?”.
L’idea alla base
della legge che si intende impostare è quella di smantellare, in pratica,
l’attuale sistema che ha portato a creare centri di accoglienza enormi,
diventati pressoché ingestibili, e che di fatto abbandona i profughi al loro
destino o, peggio, offre il destro a speculazioni, iniziative e abusi che non
di rado hanno richiamato anche l’attenzione della magistratura. Il modello
potrebbe essere quello della Svizzera o di vari paesi del Nord Europa, come la
Svezia, dove non esistono strutture simili ai nostri Cara: i rifugiati, una
volta ottenuto dallo Stato il diritto alla protezione internazionale, vengono
presi in carico dalle varie regioni, che li distribuiscono su tutto il
territorio in piccoli gruppi, seguendone passo per passo il percorso di
inserimento lavorativo e sociale e cercando di garantire loro la massima
autonomia. In estrema sintesi, l’obiettivo è quello di farli sentire “persone”,
ciascuno con la propria storia e la propria voglia di ricominciare, e non massa
anonima, destinata a finire di fatto in una sorta di ghetto.
“Non deve più
accadere – ha insistito don Zerai – che i profughi, dopo che la loro richiesta
di asilo è stata accettata, vengano di fatto abbandonati, con un biglietto del
treno in tasca e l’invito a recarsi da qualche parte in Italia. Magari a Roma.
Perché questo accade oggi in quasi tutti i Cara d’Italia. Anche per questo
consiglio ad ‘andare a Roma’, la situazione della Capitale è diventata
esplosiva, con migliaia di disperati ai quali lo Stato italiano ha riconosciuto
la protezione internazionale ma che di fatto sono stati lasciati in balia di se
stessi, ‘invisibili’ condannati a vivere in rifugi di fortuna e a finire
fatalmente nel giro dello sfruttamento e del lavoro nero”.
Secondo le ultime
stime, riferite alla fine dell’incontro all’assessorato da don Zerai, si
calcola che a Roma ci siano oltre duemila profughi alloggiati alla meglio in
vari palazzoni in disuso occupati o nelle baraccopoli. In particolare, oltre
1.200 in un edificio, già dell’Università di Tor Vergata, alla Romanina; circa
600 sulla via Collatina; qualche centinaio nel campo “spontaneo” di Ponte
Mammolo, sull’Aniene, oltre a una serie di insediamenti minori. Più di duemila
“non persone” prive di diritti. E le condizioni dei tantissimi alloggiati nel
Cara di Monterotondo non sono molto dissimili. “Non per niente – ha spiegato
don Zerai – a migliaia rifiutano le grandi strutture di accoglienza: lì dentro
spariscono come persone e non vedono alcuna prospettiva. ‘Passiamo il tempo a
non far niente o magari a litigare tra di noi’, mi hanno detto in molti. Fuori,
pur nelle condizioni difficilissime in cui vivono, riescono ancora a coltivare
la speranza di riuscire almeno a trovare un lavoro”.
La nuova legge
regionale punta a cambiare tutto questo. Per riempirla di contenuti e individuarne le direttive, l’assessorato
intende coinvolgere anche le organizzazioni che, come l’agenzia Habeshia,
operano sul territorio, a Roma e nel Lazio, a contatto diretto con questa
drammatica realtà. La prossima settimana, intanto, è in programma l’ispezione
di Enrico Forte ed altri consiglieri regionali nei maggiori edifici “invasi” e
nelle baraccopoli per un confronto diretto con i rifugiati: l’obiettivo è
stilare un dossier da porre alla base delle ragioni a sostegno della riforma
radicale del sistema di accoglienza in tutto il Lazio.
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