sabato 5 ottobre 2013

La Storia

Odissea degli Eritrei
Le scrivo per far conoscere la storia dimenticata dagli Italiani e cercare di far capire il legame che c’è tra gli Eritrei e gli Italiani.
Io sono Eritrea e mi sono laureata a Milano in Scienze Politiche, con una tesi dal titolo: “Gli Ascari Eritrei nella Storia Coloniale Italiana” che ha lo scopo di raccontare, in maniera il più possibile imparziale, il periodo coloniale italiano che va dal 1885 al 1941.
Gli Eritrei furono mandati a combattere in Somalia, in Libia e in Etiopia per il colonialismo italiano.
Decine di migliaia morirono combattendo per la Bandiera Italiana in tutte le battaglie che l’Italia combatté in Africa.
Essi servirono fedelmente la Bandiera Italiana perché si sentivano appartenenti alla nazione italiana, dal momento che l’Eritrea è stata una colonia italiana per più di 55 anni.
Non ci sarebbe stato alcun colonialismo italiano senza gli Ascari Eritrei.
Nel 1935-36 gli Italiani arruolarono il 40% della popolazione attiva tramite leva obbligatoria (quasi 60.000 giovani). Gli Inglesi avevano stabilito che non fosse possibile impiegare nell’esercito un numero di individui superiore al 9% della popolazione attiva senza danneggiare seriamente l’economia locale.
Nella sola battaglia di Cheren (Marzo 1941), 9.000 Eritrei persero la vita per difendere l’Italia dagli Inglesi. Oltre 20.000 furono i feriti e nessuno ricevette né cure né riconoscimenti di alcun genere da parte dell’Italia.
L’ignoranza della storia fa sì che gli Eritrei, nipoti e figli degli Ascari, oggi non abbiano alcun vantaggio né privilegio in Italia, a differenza delle altre nazioni coloniali che hanno un occhio di riguardo per le persone appartenenti alle loro ex-colonie.
E’ una vergogna che gli Eritrei vengano trattati indifferentemente e non aiutati.
Oltretutto, gli Eritrei, che sbarcano in Italia, sono per la maggior parte Cristiani (Ortodossi e Cattolici) e gli Eritrei, già presenti sul territorio italiano, rispettano le leggi italiane, come tutte le statistiche evidenziano.
Gli Eritrei sono perseguitati in Libia perché i Libici li considerano i figli ed i nipoti degli Ascari eritrei che li sconfissero durante la conquista della Libia nel 1911 e nel 1927 da parte degli Italiani e perché sono Cristiani.
In Libia, gli Eritrei sono rapiti, torturati, massacrati e le donne vengono stuprate e costrette ad abortire. L’unica vera loro via di fuga è quella di prendere un barcone (pagando migliaia di euro) e cercare di venire in Italia.
Ma in Italia, paese che dovrebbe essere civile e cristiano, non trovano nessun tipo di accoglienza da parte delle istituzioni, a parte il primo soccorso, nonostante accordi e trattati internazionali firmati dall’Italia.
Conoscendo “l’ospitalità italiana”, la maggior parte degli Eritrei, in ogni caso, cerca di lasciare l’Italia e andare in altri paesi europei.
A proposito degli Eritrei, il Barone Guillet, ufficiale e ambasciatore italiano, disse:
“Gli Eritrei furono splendidi. Tutto quel che potremo fare per l'Eritrea non sarà mai quanto l'Eritrea ha fatto per noi”.

ASCARI E LAVORATORI
da L’Eritrea di Massimo Rava (1927)
La nostra indagine sull’Eritrea non può finire qua. Resta a parlare dei meravigliosi battaglioni di ascari eritrei, onusti di gloria e di allori conquistati su tutti i campi di tutte le nostre colonie. Ancor ieri questi battaglioni fra le palme di Giarabub. E il giorno in cui si volle procedere all’occupazione dei sultanati somali, ancora e sempre, sono stati chiamati i battaglioni eritrei a conquistare e mantenere i territori contesi dai ribelli. L’armata di colore italiana trova il suo fulcro nella piccola Eritrea. Non vi è che questa colonia che possa gettare battaglioni su battaglioni, composti di truppa di primissimo ordine, per le spedizioni d’oltremare. Del resto, a che pro’ dilungarci su questo argomento? Qui non c’è nulla da dire che non sia stato detto. Perché, grazie al cielo! Non vi è mai stato alcuno che abbia parlato o scritto sull’Eritrea, il quale non abbia almeno ricordato queste truppe coloniali, scaturite a maggior gloria d’Italia dalle viscere della fedele popolazione eritrea.
Se mai, se qualche cosa di nuovo si può ancora dire, è che esiste un rovescio della medaglia, il quale non offre nulla di abbastanza brillante perché su esso debbano soffermarsi le prose giornalistiche, troppo sovente amiche della teorica. Chi ha mai rilevato infatti che la continua annua sottrazione delle masse necessaria ai contingenti da inviare in Libia - diverse migliaia di uomini validi, robusti, giovani - costa all’Eritrea un impoverimento demografico che va a danno del suo progresso economico? Eppure chi non sa - per poco che si occupi di problemi coloniali - che nell’opera di valorizzazione delle colonie africane il problema fondamentale, il problema-base, sempre più assillante, è precisamente il problema demografico?
Quasi tutta l’Africa è assai povera di braccia, e laddove, come in Eritrea, non è possibile creare delle colonie di popolamento, bisogna pur contare sui nativi per la mano d’opera necessaria a metterne in valore le molteplici risorse naturali. Sottrarre uomini all’Eritrea è sottrarle ricchezza, significa toglierle della materia prima preziosissima. Ma chi ha mai pensato a tutto questo? Chi ha mai pensato, cioè, che di questa materia prima indispensabile, l’uomo, l’Eritrea potesse avere bisogno per sé, per il suo sviluppo e per il suo avvenire?

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