domenica 3 maggio 2015

Profughi prigionieri in Libia: Condizioni di vita da Bestie! Tutto ciò è inaccettabile


Voglio citare, a questo proposito, l’ultima, terribile richiesta di aiuto che è arrivata all’agenzia Habeshia. Riguarda circa 400 eritrei ed etiopi rinchiusi in una ex scuola vicino a Misurata. Mercoledì uno di loro ha telefonato, raccontando che sono stati catturati da miliziani fedeli al governo di Tripoli. Per catturarli hanno ingaggiato un conflitto a fuoco che un altro gruppo che li teneva prigionieri. Nella sparatoria tre eritrei sono morti. Altri cinque feriti e ora non si sa che fine abbiano fatto. 





Martedì, circa 50 donne sono state prelevate da uomini armati e portate via: non si sa dove, né tanto meno perché siano state separate dagli altri prigionieri. Non solo: ogni tanto arriva nella prigione una donna libica, preleva un certo numero di profughi e li porta in una specie di luogo di compravendita, pretendendo dai 2.000 ai 2.500 dollari a persona per il rilascio. Tutto lascia credere che questa donna sia in collegamento con gli intermediari eritrei, etiopi, sudanesi e somali che organizzano la traversata verso l’Italia in collaborazione con i libici. E la vita in carcere è durissima: i migranti vengono costretti ad osservare gli orari delle preghiere islamiche e chi non prega viene pestato dai miliziani di guardia. 

Ecco cosa accade in quelli che in Italia sono stati definiti ipocritamente centri di accoglienza. Ma nei ‘dieci punti’ non c’è praticamente nulla per fronteggiare situazioni del genere. E quanto accade oggi in Libia potrebbe accadere domani in Niger, in Chad, Tunisia, Algeria… La verità è che non c’è alcuna garanzia in campi come questi, a prescindere dalle ‘sigle’ sotto cui sono aperti. Perché sono le stesse forze di polizia e di sicurezza, spesso, a sfruttare e perseguitare i prigionieri. In quel carcere di Misurata ogni tanto arrivano operatori dell’Oim. Ma non è un’ispezione. Si limitano a portare qualche coperta o saponetta. Senza poter fare nulla per la protezione e la liberazione di centinaia di persone detenute in condizioni degradanti per la dignità umana”.

Fr. Mussie Zerai

UNHCR al lavoro per alleviare le pessime condizioni nei centri di detenzione per migranti in Libia.
L'UNHCR in collaborazione con i suoi partner sta prestando assistenza in Libia ad alcune delle 1.242 persone soccorse in mare negli ultimi 10 giorni. Alcuni di loro si trovavano a bordo di imbarcazioni insicure, altri erano a bordo di barche intercettate dalla Guardia Costiera libica nelle acque vicino a Tripoli e sono per lo più state inviati in centri di detenzione per immigrati.
Tra di essi, anche un gruppo di oltre 200 persone provenienti dal Corno d'Africa e intercettate a Tajura (16 km a est di Tripoli). Quattro di essi presentavano gravi ustioni causate da un'esplosione di gas avvenuta due settimane fa in una località sconosciuta dove erano trattenuti dai trafficanti prima di imbarcarsi per l'Europa. Il gruppo è stato portato in un centro di detenzione per immigrati a Tripoli dove il personale medico di un partner dell'UNHCR ha curato le ustioni e organizzato il trasferimento in ospedale delle quattro persone più gravi. Tra di essi vi erano anche una madre di 20 anni che riportava ustioni estese alle braccia e alle gambe, e suo figlio di 2 anni con gravi ustioni al volto.
L'Agenzia è a conoscenza di almeno 2.663 migranti e richiedenti asilo (tra cui donne e bambini) distribuiti tra otto strutture di detenzione per immigrati in tutta la Libia, gestiti dal Dipartimento per il contrasto all’immigrazione illegale (DCIM) - un aumento significativo rispetto alle 1.455 persone che si trovavano in stato di detenzione un mese fa. Le principali nazionalità presenti nei centri sono quella somala, eritrea, etiope e sudanese. Vi sono anche persone provenienti da diversi paesi dell'Africa occidentale. Secondo le informazioni raccolte dall'UNHCR ci sarebbero 15 centri per l’immigrazione attualmente operativi in tutto il paese. Gli stranieri in Libia possono essere arrestati per mancanza di uno status di immigrazione legale e possono passare da una settimana a 12 mesi in stato di detenzione. Generalmente l’UNHCR organizza in pochi giorni il rilascio dei rifugiati e richiedenti asilo registrati presso il proprio ufficio, anche se la capacità dell’Agenzia di registrare i nuovi arrivati in Libia è limitata a causa delle condizioni di insicurezza del paese. L’UNHCR richiede anche il rilascio delle persone più vulnerabili, come le donne in stato di gravidanza, e l’individuazione, laddove possibile, di alternative alla detenzione.
Il personale locale dell’Agenzia e i partner che hanno visitato i centri di detenzione per migranti affermano che le condizioni sono pessime e le persone hanno un urgente bisogno di assistenza medica, di migliori condizioni di ventilazione e di adeguati servizi igienico-sanitari, nonché di beni di prima necessità. Con l’aumento del tasso di detenzione, il sovraffollamento aggrava le già difficili condizioni. In alcuni centri più di 50 persone sono ammassate in camere progettate per 25. Le temperature sono in aumento così come la presenza di zanzare che - combinata alla scarsa ventilazione – può favorire il diffondersi di malattie. Su richiesta delle autorità locali, l'UNHCR sta dando il suo contributo per cercare di alleviare tali condizioni. L’Agenzia sta distribuendo sapone, biancheria intima, vestiti e altri beni di prima necessità alle persone detenute negli otto centri a cui ha attualmente accesso.
L’aumento della violenza e il diffondersi dell’illegalità nel paese si ripercuotono sui circa 36.000 richiedenti asilo e rifugiati registrati presso l'UNHCR in Libia (anche se alcuni di essi potrebbe essersi trasferiti altrove). Tra di essi, il gruppo più numeroso (18.000) è composto da siriani, ma anche palestinesi, eritrei, iracheni, somali e sudanesi costituiscono gruppi significativi. Nonostante l'instabilità della situazione in Libia, l'Agenzia ha continuato ad aiutare i rifugiati e i richiedenti asilo attraverso il proprio personale e le ONG partner. L’UNHCR gestisce due centri per lo sviluppo della comunità a Tripoli e a Bengasi e, durante l’anno in corso, ha potenziato la propria presenza attraverso un team mobile per assistenza medica e sociale a Tripoli. L’Agenzia ha inoltre diffuso dei numeri telefonici dedicati alle persone che ancora devono registrarsi, ricevere assistenza economica o rinnovare i documenti, e per sostenere le persone che sono in stato di detenzione. L’Agenzia sta anche stabilendo un contatto dedicato con la Guardia Costiera libica per ricevere aggiornamenti sulle operazioni di ricerca e soccorso.
Nel frattempo, l'UNHCR continua a distribuire aiuti di emergenza - tra cui materassi, coperte, abiti e utensili da cucina - a migliaia di cittadini libici sfollati, e supporta le autorità locali per monitorare il fenomeno migratorio e per valutare i bisogni. Secondo i dati forniti dalle Nazioni Unite sono circa 400.000 i libici sfollati a causa delle ondate di violenza.

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