mercoledì 12 agosto 2009
Federica e gli altri, mediatori d'arte
Ogni opera d'arte può essere interrogata, ogni qual volta è interrogata risponde, e le domande cambiano in continuazione perché dipendono dagli interessi del singolo e dalle sue esperienze. Noi siamo lì per rispondere a queste domande»: si può riassumere così l’originale figura del mediatore culturale, che dallo scorso marzo Federica Volpato sta impersonando grazie al progetto avviato dall’Università Ca’ Foscari in alcuni luoghi veneziani dell’arte.
I musei dei mediatori. La Biennale, la Querini, palazzo Grassi, Punta della Dogana e Ca’ Foscari Esposizioni – prima con la mostra sull’arte etiope, ora con Bruce Nauman -: in queste sedi si possono incontrare, riconoscibili grazie ad apposite magliette e cartellini, studenti che si rendono disponibili, in ciascuna sala, a rispondere a dubbi e curiosità dei visitatori.
Non sono vere e proprie guide turistiche così come noi tutti abbiamo imparato a conoscerle: non si tratta insomma di percorsi guidati dall’inizio alla fine, un discorso imparato a memoria, tappe prestabilite; questi ragazzi – per lo più studenti di arte o di lingue – hanno una preparazione trasversale, e danno spiegazioni su richiesta.
Federica, come tutti i suoi colleghi, è stata contattata dopo aver consegnato il proprio curriculum e una presentazione con le motivazioni che la spingevano a interpretare questo ruolo; dopodiché, dei corsi di formazione, insieme a cataloghi e dispense, l’hanno preparata per affrontare qualsiasi domanda le venga posta, con l’aggiunta che: «Possiamo virare e dare una nostra interpretazione alle opere, avvisando che si tratta di nostri pensieri».
Sei ore al giorno, fino a settembre. «Inizialmente ci scambiano come guardasala – racconta Federica, 21 anni – allora ci proponiamo»: e la gente come risponde? Dai più piccoli ai più anziani, tutti hanno domande da porre, soprattutto sul significato delle opere di arte contemporanea.
Attualmente infatti Federica lavora 6 ore al giorno, fino a fine settembre, presso Ca’ Foscari Esposizioni, dove sono dei pannelli sonori di Nauman, posti lungo le scale, ad attirare l’attenzione e a suscitare la curiosità di sapere che cosa abbia voluto esprimere l’artista.
La bellezza di essere mediatori culturali – figure professionali che in Italia incontriamo anche a Torino, e sono affermate in Francia – sta nella libertà che lasciano al visitatore di gestirsi il proprio tempo all’interno di una mostra, scegliendo a cosa dare più attenzione e avendo comunque la possibilità di risolvere dubbi o instaurare un dialogo costruttivo – del tutto gratuitamente - con persone preparate.
Spesso poi, attorno a un mediatore, si possono raccogliere più visitatori per dar vita così a una piccola lezione d’arte.
Quel signore che tornava dall’Etiopia.... Federica, che è al secondo anno di Conservazione dei Beni Culturali, racconta che ha scelto di studiare storia dell’arte perché è una materia che le è sempre piaciuta, sin dai tempi del liceo artistico, e le piace «vedere come gli artisti decidono di rapportarsi con la realtà, cosa scelgono di rappresentare con le loro opere, il messaggio che vogliono trasmettere, cosa lasciano di sé alle persone che vengono dopo»: pensando al ruolo che oggi svolge, dice di amare specialmente il contatto col pubblico.
Il ricordo più bello per Federica infatti è quel turista che – ai tempi della mostra “Nigra sum sed formosa”, sull’arte etiope, realizzata qualche mese fa a Ca’ Foscari – appena tornato dal viaggio in Etiopia racconta ciò che ha potuto vedere di persona, arricchendo innanzitutto lei stessa, e poi il visitatore che viene dopo, e che può godere di un bagaglio maggiore di informazioni e di conoscenze più fresche e dirette.
Laura Campaci
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