Appello alla comunità internazionale
Le ultime,
drammatiche notizie da Tripoli parlano di profughi sequestrati da miliziani
delle varie fazioni e costretti a seguirli in battaglia come “ausiliari
forzati”, obbligati a portare fin sulla linea del fuoco munizioni e
rifornimenti. Chi cerca di rifiutarsi viene pestato a sangue e minacciato di
morte.
La situazione per i
rifugiati e i migranti in Libia è tornata come quella della guerra civile
del 2011, quando ogni africano “nero”
veniva considerato un ausiliario del regime di Gheddafi e, come tale,
perseguitato, imprigionato, spesso ucciso. Forse, anzi, va anche peggio, perché
il Paese sta implodendo in una logica di tutti contro tutti e non ci sono
istituzioni a cui rivolgersi per chiedere un minimo di legalità e protezione.
Rischi, pericoli, abusi si sono particolarmente accentuati negli ultimi giorni,
con la rapidissima escalation del conflitto interno.
Negli scontri
continui, specie a Tripoli e a Bengasi, si sono avute come è noto numerose
vittime anche tra i civili. I profughi sono spesso i più esposti a questa
autentica mattanza: solo nella giornata di domenica risulta da varie
testimonianze che ne siano morti una trentina, di cui 8 eritrei e 5 etiopi,
oltre a somali, sudanesi, egiziani. E’ in questo contesto che, da parte di
varie milizie armate, si inseriscono le sempre più frequenti retate di profughi
per usarli come “portatori” di armi e munizioni nei combattimenti: giovani
prelevati nelle loro case o per strada, mentre cercano di fuggire dalle zone
evacuate (come la vasta area alla periferia di Tripoli intorno ai depositi di
carburante in fiamme) e gettati a forza nella fornace di una guerra che non
hanno scelto e che non li riguarda.
Tutte le potenze occidentali
hanno evacuato o stanno evacuando i propri cittadini presenti nel Paese e lo
stesso personale diplomatico. Alcune ambasciate, a partire da quella degli
Stati Uniti, sono state totalmente chiuse. Migliaia e migliaia di rifugiati e
migranti restano invece abbandonati a se stessi, in balia dei gruppi armati che
possono disporre di loro come credono, che spesso non nascondono un disprezzo
di tipo razzista contro tutti i “neri” e che non esitano a uccidere al minimo
cenno di resistenza. Nessuno sembra preoccuparsi dei diritti di queste persone.
Persino del diritto elementare alla vita e all’incolumità: sono fuggite o
stanno comunque abbandonando la Libia in questi giorni anche le organizzazioni
umanitarie internazionali.
A fronte di tutto ciò,
l’agenzia Habeshia lancia un appello all’intera comunità internazionale e in
particolare all’Onu, all’Unione Europea e agli Stati Uniti, perché si facciano
carico di questa situazione assurda e inaccettabile di indifferenza e di abbandono.
Chiediamo un piano di evacuazione di tutti i rifugiati e i migranti
intrappolati in Libia. Così come sono state giustamente organizzate vie di fuga
per gli europei presenti nel Paese, chiediamo uno o più corridoi umanitari, verso Stati terzi in
grado di accoglierli e proteggerli, per i profughi eritrei, etiopi, sudanesi,
somali e di eventuali altre nazioni, bloccati in Libia loro malgrado dal
conflitto in corso, che ha già provocato numerosissime vittime e che rischia di
trasformarsi in una strage.
don
Mussie Zerai
presidente dell’Agenzia Habeshia
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