martedì 2 ottobre 2007
दिरित्ती Umani
All’attenzione del
Presidente della Camera
On. Fausto Bertinotti
ERITREA – DIRITTI UMANI
Promemoria
Violazione dei diritti umani in Eritrea
Eritrea e Corno d’Africa
La situazione politica del Corno d’Africa è strettamente connessa con la vicenda della dittatura eritrea.
L’Eritrea ricopre un ruolo importante nel Corno d’Africa, e per la centralità della sua posizione geografica, e per il ruolo che essa vi svolge nelle relazioni con i paesi limitrofi, e con quelli ad essi correlati, non ultimo l’Iran, cui recenti accordi garantiscono appoggio da parte eritrea a proposito di nucleare in cambio di sostegno commerciale. In particolare:
con lo Yemen sono aperte da anni latenti controversie sullo spazio marittimo e sul controllo di alcune isole del mar Rosso;
in Somalia è rilevante l’appoggio dato alle Islamic Courts nel recente e attuale conflitto, anche con forniture militari avvenute in violazione dell’embargo;
Asmara è stata sede delle recentissime trattative tra le parti del conflitto interno sudanese;
con l’Etiopia non si è sopita, dopo gli accordi di pace conseguenti alla guerra 1998-200, la conflittualità, ancora combattuta by proxy in Somalia, a proposito delle questioni confinarie intorno alla zona di Badme. La responsabilità della mancata risoluzione di tali questioni viene attribuita, oltre che all’Etiopia, alla mancanza di impegno da parte del consesso internazionale.
L’Eritrea, in tempi assai recenti, ha rischiato infiltrazioni del terrorismo internazionale nel suo territorio, l’eccessivo avvicinamento con le corti islamiche della Somalia testimonia dell’atteggiamento della dittatura al potere in quel paese nei confronti della pace e dei diritti umani. Disprezzo che si manifesta anche con l’espulsione dal suo territorio delle organizzazioni umanitarie, italiane e internazionali, che per anni vi sono state attive, il tentativo di confiscare le scuole, ospedali e cliniche gestite dalla chiesa cattolica.
Il ruolo dell’Eritrea nel Corno d’Africa è rilevante, e non si può pensare a un percorso di pace e di democrazia in quell’area senza il suo contributo.
Perché tale percorso possa realizzarsi è necessario che l’Eritrea, come l’Etiopia, sospenda il suo comportamento destabilizzante; è necessario cioè che la dittatura abbia fine e che il popolo eritreo possa riprendere il percorso di pace, di stabilità democratica, e di benessere sociale, in nome del quale ha combattuto per oltre un trentennio.
Attività imprenditoriali estere in Eritrea sostengono la dittatura, e hanno arricchito le finanze private del dittatore. Ad attività illecite e violente l’Italia ha contribuito con la tacita approvazione del suo Governo.
Diritti umani in Eritrea
In Eritrea vige una dittatura tra le peggiori al mondo. Le violente politiche repressive e antidemocratiche attuate dal governo eritreo colpiscono soprattutto la popolazione in un paese ormai ridotto al terrore, in cui la sola presunzione di un’idea costa l’imprigionamento, la tortura, la mutilazione o la morte, in cui vengono violati sistematicamente i diritti umani e civili, in cui la popolazione è continuamente vessata per ogni rispetto. La situazione eritrea è ampiamente documentata dai rapporti di Amnesty International, di Human Rights Watch, di Reporters sans Frontieres, delle Nazioni Unite, della stessa Unione Europea, oltre che dai partiti dell’opposizione in diaspora e dalle organizzazioni come Mossob, Asper, Agenzia Habeshia, Hadinet Eritrawyan,Eritrean Democrats, Eritrean Civic Societies, ecc., firmatarie di questo documento.
Nel 2001 in Eritrea sono stati incarcerati incommunicado, senza capi di imputazione e quindi senza processo, undici ministri: chiedevano che fosse approvata in Parlamento la costituzione già da tempo elaborata. Nulla si sa della loro sorte, nonostante le ripetute e inascoltate richieste di Amnesty International e delle Nazioni Unite.
Migliaia di prigionieri sono detenuti, incommunicado e senza capi di imputazione, in condizioni di aperta violazione di ogni regola internazionale, impediti alle visite della Croce Rossa Internazionale e alla comunicazione con i familiari.
E’ vietata la costituzione di organismi politici di opposizione, e i partiti dell’opposizione operanti nella diaspora sono oggetto di continue minacce e aggressioni.
Chiusa l’Università di Asmara e molti dei suoi studenti e insegnanti sono detenuti incommunicado e senza capi di imputazione. Altri sono stati vittime di mortali incidenti.
Chiusi sono i giornali non governativi e molti giornalisti sono detenuti, incommunicado e senza capi di imputazione; non è ammessa la presenza di giornalisti esteri: l’ultimo di essi, corrispondente della BBC, è stato espulso dal paese nel 2003. Non vengono rilasciati visti d’ingresso a giornalisti stranieri.
Viene regolarmente praticata la tortura e la mutilazione nei posti di polizia, nelle prigioni, nei luoghi dell’addestramento militare.
Vengono lesi i diritti consuetudinari sulla proprietà del terreni agricoli di alcune minoranze etniche.
E’ vietata la libertà di culto alle confessioni religiose minoritarie, i cui rappresentanti sono detenuti incommunicado e senza capi di imputazione. Le principali confessioni religiose sono sottoposte a stretta vigilanza poliziesca, ed i loro dirigenti arbitrariamente rimossi dal governo, detenuti, incommunicado e senza capi di imputazione, e sostituiti con altri di migliore gradimento. E’, ad esempio, il caso del Patriarca Ortodosso Antonios che è stato rimosso dalla sua posizione dal Sinodo controllato dal governato il 13 gennaio 2006 per aver criticato le ingerenze governative nelle attività della Chiesa. Antonios, che allora era stato posto agli arresti domiciliari, è stato recentemente trasferito ad una destinazione detentiva ignota. Secondo il rapporto di Amnesty International Antonios si trova in stato di detenzione incommunicado, e privo dell’adeguata assistenza medica di cui necessita. Si svolgerà a Londra il 27 giugno prossimo, a St. Mary’s-on-Paddington-Green, una manifestazione a sostegno di Abuna Antonios e di tutti i cristiani attualmente imprigionati in Eritrea a causa della loro fede religiosa. Ad essa interverranno il Metropolita Seraphim, il Vescovo Angaelos, Dr. Gerald Gotzen (Globe Trotting), Dr. Martin Hill (Amnesty International), Elizabeth Chyrum (Human Rights Concern - Eritrea).
Migliaia di Cristiani Ortodossi, più di 2.000 Cristiani Evangelici, Musulmani e altri gruppi religiosi vengono perseguitati, e imprigionati senza formalizzazione di atti di accusa e senza processo, in condizioni disumane.
Il divieto di lasciare il paese a tutti preti e suore sotto i quaranta anni, impedendo di fatto lo svolgimento delle loro missioni perseguita anche i cattolici eritrei che sono una minoranza nel paese.
La relazione, ufficiale e no, tra Italia ed Eritrea
In tempi recenti le relazioni tra Italia ed Eritrea non sono state solo quelle dei tentativi di instaurare accordi politici, culturali e commerciali, né quelle che hanno portato alle espulsioni dall’Eritrea di gran parte delle ONG italiane, dei Carabinieri inquadrati nella missione UNMEE, o dell’Ambasciatore Antonio Bandini nel 2001 e del Segretario d’Ambasciata Ludovico Serra nel 2006, seguite, per reciprocità, dalle espulsioni dei loro omologhi eritrei dall’Italia.
Dal 2000 sono innumerevoli gli sbarchi clandestini di cittadini eritrei sulle coste italiane. Essi fuggono, a rischio della vita, da una situazione di repressione umana e politica, e dal blocco delle attività produttive sacrificate alla totale militarizzazione del paese.
La coscrizione in Eritrea è obbligatoria ed a tempo indeterminato. Gli studenti delle scuole superiori sono costretti a frequentare l’ultimo anno scolastico presso i campi di addestramento militare. Il servizio di leva militare si svolge in condizioni di estremo disagio e di inaudita violenza, soprattutto nei confronti delle giovani reclute femminili che spesso oggetto di stupro da parte dei superiori in grado. Gli obiettori di coscienza e i renitenti alla leva vengono rastrellati nei villaggi, nelle città, e nelle case, sottoposti alla tortura e a condizioni di reclusione disumane all’interno di container metallici esposti alle calure della depressione dankala. Nel caso in cui si riesca da parte di qualcuno a eludere il reclutamento forzato, sono allora le famiglie ad essere perseguitate.
Per sfuggire a tale stato di cose migliaia di giovani e meno giovani eritrei sono costretti alla fuga dal loro paese e a tentare le vie di migrazione possibili: la più consistente tra queste, com’è noto, è l’Italia.
Una volta in Italia gli eritrei che riescono a sopravvivere all’attraversamento a piedi del deserto e alla traversata del mar Mediterraneo entrano in buona parte in contatto con organismi umanitari e di accoglienza che generosamente si adoperano per affrontare i problemi delle prime urgenze.
Tali organismi sono di fatto in relazione di "cooperazione umanitaria" con l’ambasciata eritrea in Italia, e con gli uffici consolari che gestiscono, in territorio italiano, il servizio di intelligence che ha l’obiettivo di sorvegliare l’operato dei loro connazionali immigrati, legalmente e illegalmente, in Italia. E’ per questa via che chi cerca rifugio dalla dittatura del suo paese, si ritrova in Italia a continuare ad essere sotto il suo controllo.
Le relazioni amichevoli tra tali organismi umanitari e il governo dell’Eritrea determinano, come involontaria e forse inconsapevole conseguenza, il nuovo assoggettamento dei cittadini eritrei alla violenza del regime al quale hanno tentato di sfuggire.
La genericità nelle relazioni ufficiali di cooperazione e politiche tra Italia ed Eritrea è determinante di questa situazione:
- i progetti di cooperazione di molti Consigli Regionali italiani, come quelli di Province e Comuni, di EE. LL., e di alcune ONG ancora presenti in Eritrea, sono necessari alla popolazione eritrea, ma sembrano non considerare le caratteristiche politiche del territorio cui si rivolgono;
- non risulta che le relazioni politiche tra il Governo italiano e il dittatore eritreo Isayas Afwerki si fondino sull’esercizio della critica, né che vadano oltre gli auspici di sempre migliori rapporti stabili e collaborativi, compromessi da "orientamenti sempre più rigidi che ostacolano la tutela dei legittimi interessi dell'Italia", in colloqui finalizzati a ridare all’Italia un "giusto ruolo di supporto allo sviluppo dei paesi africani storicamente a noi più vicini";
- non risulta alcuna azione politica del Governo italiano tendente alla condanna della grave situazione che continua a caratterizzare l’Eritrea e il suo popolo. A proposito dell’incontro tra il Presidente del Consiglio Romano Prodi e il dittatore eritreo Isayas Afwerki, abbiamo anzi letto che "il presidente del Consiglio ha manifestato la disponibilità italiana a rilanciare le relazioni tra i due paesi", e non diversamente è avvenuto nel più recente incontro tra il Ministro D’Alema e il nuovo Ministro degli Esteri eritreo.
- Questo avviene senza che sia stata posta alcuna condizione, quella ad esempio del ristabilimento in Eritrea di un clima di civile convivenza e di rispetto dei diritti civili delle popolazioni, quando da parte di numerosi altri paesi viene sospesa la concessione dei visti di ingresso al personale diplomatico eritreo. E l’ambasciatore Gaetano Martinez Tagliavia, per quanto riguarda il ruolo del governo dell’Eritrea nel Corno d’Africa, ha dichiarato che tutti i governi stanno cominciando a capire il suo ruolo e che il governo dell’Italia loda e sostiene gli sforzi dell’Eritrea.
La situazione oggettiva che deriva da tali comportamenti determina l’instaurarsi di un circolo vizioso tale per cui:
- i progetti di cooperazione proseguono con la soddisfazione di quanti li promuovono e di quanti ne sono destinatari;
- le relazioni politiche tra i due paesi si cristallizzano nel silenzio delle valutazioni.
Gli Eritrei in Italia
Da questo stato di fatto discende implicitamente, per le rappresentanze diplomatiche e consolari eritree in Italia, l’autorizzazione a proseguire in maniera sempre più aggressiva il sistema poliziesco di controllo e di repressione nei confronti degli immigrati che si sostanzia in:
- ricatti e intimidazioni dirette;
- ricatti ed intimidazioni ai familiari che risiedono in Eritrea;
- vessazioni economiche;
- emarginazione nei confronti dei connazionali residenti in Italia;
- aggressioni morali e fisiche.
Vittime di aggressioni morali e fisiche e oggetto di pedinamenti sono anche, e sempre più ripetutamente, anche quei cittadini italiani che manifestano la loro opposizione alla dittatura e il loro impegno per il rispetto dei diritti umani e per la transizione verso la democrazia in Eritrea.
La questione dei rifugiati eritrei e il riconoscimento all’asilo politico e umanitario
Un numero non indifferente di giovani eritrei, ragazze e ragazzi, per la maggior parte ex-soldati o giovani fuggiti dalla coscrizione obbligatoria, si trovano in Italia in questo momento. Sono giunti in Italia per vie che solo la disperazione può fare sopportare. Loro si ritengono fortunati perché a differenza di quelli che hanno lasciato dietro, sperano di trovare accoglienza e protezione in Italia.
Molti eritrei sono morti in mare, nel deserto, nelle carceri libiche, tunisine, spesso vittime di accordi euro-mediterranei.
Europa e Italia si sono rese complici delle violazioni dei diritti umani, civili, religiosi di cui sono vittime i profughi che vengono respinti. Negli ultimi anni l’atteggiamento di insensibilità dell’Italia verso il dramma dei profughi eritrei e richiedenti asilo politico, continuano a suscitare un forte sentimento di malcontento verso le Istituzioni da parte di quest’ultimi. In questi giorni circa 500 giovani eritrei, tra cui alcune donne con figli, si trovano rinchiusi nelle carceri libiche. Essi rischiano di essere rimandati al paese di origine, con le ben note nefaste conseguenze.
I rifugiati e i richiedenti asilo politico provenienti dal Corno d’Africa vivono in Italia una condizione di vita priva di alcun diritto e di ogni tutela legislativa: da anni si attende una legge organica sul diritto d’asilo in Italia.
Il sistema di accoglienza dei rifugiati, e non solo eritrei, è pressoché fallimentare, e le possibilità d’integrazione vicinissime allo zero. I tempi per ottenere un documento, per rinnovare il permesso di soggiorno o per il documento di viaggio spesso sono talmente lunghi che paralizzano le possibilità di progettare il futuro.
Non esiste in Italia alcuna parità di diritti/doveri dei rifugiati con gli altri cittadini. Essi sono pressoché abbandonati dallo Stato, oltre che vittime di svariate forme di discriminazione, già nei centri d’accoglienza dove vengono lesi i diritti alla privacy, alla libertà, alla salute, all’informazione. Ai richiedenti asilo politico non viene garantita alcuna sicurezza.
Riteniamo che sia doveroso, da parte italiana, riconoscere il diritto all’asilo:
- Lo status di rifugiato politico a chi, proveniente dall’Eritrea,
o sia renitente, o in attesa di adempiere al servizio militare, o ad esso sfuggito
o sia giornalista
o professi una religione bandita o perseguitata
o si dichiari appartenente all’opposizione o perseguitato dal regime.
E’, d’altro canto, molto significativa la dichiarazione fatta dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano il giorno 20 giugno in occasione della "Giornata Mondiale del Rifugiato": "Guardo con favore al fatto che finalmente il Parlamento italiano rimetta in moto il processo di riforma del diritto di asilo in Italia e constato con particolare soddisfazione che uno dei progetti in discussione è a firma dei rappresentanti della maggioranza e dell'opposizione".
Conoscenze da aggiornare
Riteniamo che questo stato delle relazioni Italia-Eritrea discenda da una non aggiornata conoscenza, da parte italiana, della involuzione civile e politica in atto dal 1998 in Eritrea.
Gli stessi documenti che a proposito di Eritrea vengono espressi dall’Unione Europea risentono di una simile situazione. Tant’è che la recente Risoluzione del 10 maggio 2007 auspica lo viluppo delle relazioni tra Unione Europea e Eritrea su accordi economici e di partenariato.
Ci interroghiamo su quali azioni il Governo italiano, impegnato positivamente a livello internazionale nella ricerca di pace e sviluppo per i popoli, intenda attuare per dare giusta voce alle forze di opposizione eritree e a chi da tempo denuncia le ripetute violazioni dei più elementari diritti civili.
Il Presidente dell’AHCS
Roma 18 settembre 2007 Mussie Zerai Yosief
Il Coordinamento Italiano per la Pace, la Democrazia e i Diritti Umani in Eritrea
di cui fanno parte:
A.H.S.C., Agenzia Habeshia per lo Sviluppo e la Cooperazione, Roma (agenzia_habeshia@yahoo.it) http://habeshia.blogspot.com/ A.H.E.I Associazione Hadinet Eritrawyan in Italia, Roma - A.I.E.I., Associazione Immigrati Eritrei in Italia, Milano (assoeritrea@libero.it) - ARCI Corvetto, Associazione Nazionale di promozione sociale, Milano (scovazzi@arci.it) – ASPER, Associazione per la tutela dei diritti umani del Popolo Eritreo, Napoli (asper@tim.it) - MOSSOB, Comitato Italiano per un’Eritrea democratica, Milano (mossob2004@tiscali.it) A.S.D.G.E Associazione Di Solidarietà per la Giustizia e la Democrazia in Eritrea (Milano) - P.D.E., Ass. per il Partito Democratico Eritreo in Italia, organizz. pol. dell’opposizione eritrea in diaspora, Milano (partitode.italia@gmail.com).
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