lunedì 2 dicembre 2013

Dal Sinai a Lampedusa: la “tratta dei profughi” in un dossier alla Camera

di Emilio Drudi

Non accenna a cessare l’esodo dei profughi dall’Africa verso le coste italiane ed europee: disperati che, in fuga da fame, guerre e persecuzioni, sfidano il mare su vecchie “carrette”, navi a perdere che reggono a stento la traversata dalla Libia o dalla Tunisia. Tagliati i ponti con il proprio Paese, dove li aspettano solo carcere e torture o addirittura la morte, non li ferma spesso nemmeno il mare in tempesta, come dimostra il barcone giunto in questi giorni in Calabria. E prosegue il dramma del Sinai, dove centinaia di fuggiaschi sono tenuti prigionieri come schiavi da organizzazioni criminali internazionali, che pretendono riscatti fino a 50 mila dollari a testa per liberarli, con la minaccia, per chi non riesce a pagare, di essere venduto sul mercato degli organi per i trapianti clandestini. Un girone infernale che allunga ormai i tentacoli anche nei paesi di transito dei profughi, con emissari che operano direttamente nei campi di accoglienza provvisori e nei centri di detenzione, spesso in combutta con poliziotti e funzionari corrotti.
Questa tragedia è evidenziata in un dossier – “Il traffico internazionale di esseri umani: Sinai e oltre” – che, elaborato da docenti e ricercatori universitari europei, giornalisti e operatori umanitari, verrà presentato l’11 dicembre prossimo a Roma, in un incontro alla Camera, presente anche la presidente Laura Boldrini, presso la sala del Refettorio di Palazzo San Macuto. Quattro i relatori: Miriam van Reisen, docente di scienze sociali all’università di Tilburg, direttrice dell’Europe External Policy Advisor (Eepa) di Bruxelles; Meron Estefanos, giornalista e co-fondatrice della Commissione internazionale dei rifugiati eritrei di Stoccolma; Alganesh Fissehaye, presidente Ong Ghandi; don Mussie Zerai, presidente dell’agenzia Habeshia, responsabile per la Pastorale per gli Eritrei ed Etiopi in Svizzera. A introdurre e coordinare i lavori sarà Emilio Ciarlo, consigliere del viceministro degli Esteri con delega all’Africa sub sahariana e responsabile del Dipartimento internazionale del gruppo Pd alla Camera dei Deputati.
Autori del rapporto sono due degli stessi relatori, Miriam van Reisen e Meron Estefanos, insieme a Conny Rijken, docente di diritto europeo e internazionale all’università di Tilburg. Si tratta dell’aggiornamento o, per meglio dire, del completamento di un precedente dossier elaborato dallo stesso team di studiosi e osservatori, che tra i primi hanno rivelato la terribile situazione in cui sono precipitati e vivono tuttora migliaia di giovani, uomini e donne, perseguitati e costretti a fuggire dal proprio Paese. Un’autentica “tratta” le cui vittime sono quasi tutte originarie del Corno d’Africa: il 90 per cento dei fuggiaschi vengono dall’Eritrea, gli altri dall’Etiopia, dalla Somalia o dal Sudan. Molti, catturati durante il viaggio verso l’Europa o Israele oppure rapiti intorno o addirittura all’interno dei campi profughi in Sudan o in Etiopia, sono diventati “merce umana”: prigionieri da sfruttare, con riscatti di decine di migliaia di dollari a testa come “prezzo del rilascio” o la minaccia, in alternativa, di una vita da schiavi in vendita al miglior offerente, torture, morte. Per gli altri, il destino non è meno pesante, nel lungo, difficilissimo viaggio verso la costa sud del Mediterraneo, che dura mesi, spesso più di un anno: sempre con la paura di essere presi, imprigionati, tenuti per mesi in campi più simili a lager che a centri di accoglienza e alla fine, magari, riconsegnati ai governi, alle dittature, che li perseguitano.
Oltre ad ampliare il lavoro precedente descrivendo gli itinerari della disperazione che portano al Sinai e qual è la situazione nella regione a quasi due anni di distanza, la nuova inchiesta completa il quadro analizzando le risposte che danno a questo fenomeno le istituzioni e le “autorità” dei paesi africani che i profughi attraversano prima di arrivare nel Sinai o anche dopo, una volta che abbiano magari riconquistato in qualche modo la libertà, con particolare riferimento alle politiche adottate nei confronti dei rifugiati. Persino l’eventuale rilascio, infatti, non è risolutivo e il futuro di questi uomini e donne resta estremamente incerto: rischiano di essere di nuovo sequestrati, di essere arrestati nei paesi di transito, di subire altri ricatti e rimpatri forzati verso i paesi da cui sono fuggiti per sottrarsi a morte, carcere e persecuzione. Esattamente come accade a quelli che, anziché sul Sinai, hanno puntato invece sulla sponda sud del Mediterraneo, inseguendo un imbarco qualsiasi per l’Europa.
Condotta “sul campo”, con una larga messe di dati e racconti di numerosi testimoni-protagonisti dei fatti narrati, la ricerca mira in sostanza a dar voce alle vittime di questa tragedia, con un obiettivo: chiedere una diversa politica di accoglienza da parte dell’Unione Europea nei confronti dei rifugiati. Sono strettamente connessi, infatti, il problema del traffico internazionale di esseri umani e l’atteggiamento, le scelte, che l’Europa e i singoli stati nazionali adottano per i richiedenti asilo e i migranti. Affonda qui le radici anche la stessa recente strage di Lampedusa, che ha suscitato così vasta commozione e sensazione: le circa 400 vittime stavano fuggendo dal mondo descritto nel dossier, nella speranza di trovare rifugio in uno dei paesi europei o magari negli Stati Uniti e in Canada.

La presentazione in programma alla Camera il giorno 11 (ore 15,30) è una “prima” assoluta per l’Italia, dopo il convegno previsto mercoledì a Bruxelles, presso l’Unione Europea. Nelle prossime settimane il dossier verrà illustrato anche a Tel Aviv, al Cairo, ad Addis Abeba, a Londra, New York, Washington. Per l’Italia è stato già fissato un secondo incontro a Lampedusa, simbolo della speranza per migliaia di profughi. Alle cancellerie delle varie nazioni ospiti, oltre che all’Unione Europea e alle Nazioni Unite, verrà sollecitata, in particolare, un’azione comune per risolvere la crisi del Sinai 

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