di Emilio Drudi
Non accenna a cessare
l’esodo dei profughi dall’Africa verso le coste italiane ed europee: disperati
che, in fuga da fame, guerre e persecuzioni, sfidano il mare su vecchie
“carrette”, navi a perdere che reggono a stento la traversata dalla Libia o
dalla Tunisia. Tagliati i ponti con il proprio Paese, dove li aspettano solo
carcere e torture o addirittura la morte, non li ferma spesso nemmeno il mare
in tempesta, come dimostra il barcone giunto in questi giorni in Calabria. E
prosegue il dramma del Sinai, dove centinaia di fuggiaschi sono tenuti
prigionieri come schiavi da organizzazioni criminali internazionali, che
pretendono riscatti fino a 50 mila dollari a testa per liberarli, con la
minaccia, per chi non riesce a pagare, di essere venduto sul mercato degli
organi per i trapianti clandestini. Un girone infernale che allunga ormai i
tentacoli anche nei paesi di transito dei profughi, con emissari che operano
direttamente nei campi di accoglienza provvisori e nei centri di detenzione,
spesso in combutta con poliziotti e funzionari corrotti.
Questa tragedia è
evidenziata in un dossier – “Il traffico
internazionale di esseri umani: Sinai
e oltre” – che, elaborato da docenti e ricercatori universitari europei,
giornalisti e operatori umanitari, verrà presentato l’11 dicembre prossimo a
Roma, in un incontro alla Camera, presente anche la presidente Laura Boldrini,
presso la sala del Refettorio di Palazzo San Macuto. Quattro i relatori: Miriam
van Reisen, docente di scienze sociali all’università di Tilburg, direttrice
dell’Europe External Policy Advisor (Eepa) di Bruxelles; Meron Estefanos,
giornalista e co-fondatrice della Commissione internazionale dei rifugiati
eritrei di Stoccolma; Alganesh Fissehaye, presidente Ong Ghandi; don Mussie
Zerai, presidente dell’agenzia Habeshia, responsabile per la Pastorale per gli
Eritrei ed Etiopi in Svizzera. A introdurre e coordinare i lavori sarà Emilio
Ciarlo, consigliere del viceministro degli Esteri con delega all’Africa sub
sahariana e responsabile del Dipartimento internazionale del gruppo Pd alla
Camera dei Deputati.
Autori del rapporto sono
due degli stessi relatori, Miriam van Reisen e Meron Estefanos, insieme a Conny
Rijken, docente di diritto europeo e internazionale all’università di Tilburg. Si
tratta dell’aggiornamento o, per meglio dire, del completamento di un
precedente dossier elaborato dallo stesso team di studiosi e osservatori, che tra
i primi hanno rivelato la terribile situazione in cui sono precipitati e vivono
tuttora migliaia di giovani, uomini e donne, perseguitati e costretti a fuggire
dal proprio Paese. Un’autentica “tratta” le cui vittime sono quasi tutte
originarie del Corno d’Africa: il 90 per cento dei fuggiaschi vengono dall’Eritrea,
gli altri dall’Etiopia, dalla Somalia o dal Sudan. Molti, catturati durante il
viaggio verso l’Europa o Israele oppure rapiti intorno o addirittura
all’interno dei campi profughi in Sudan o in Etiopia, sono diventati “merce
umana”: prigionieri da sfruttare, con riscatti di decine di migliaia di dollari
a testa come “prezzo del rilascio” o la minaccia, in alternativa, di una vita
da schiavi in vendita al miglior offerente, torture, morte. Per gli altri, il
destino non è meno pesante, nel lungo, difficilissimo viaggio verso la costa
sud del Mediterraneo, che dura mesi, spesso più di un anno: sempre con la paura
di essere presi, imprigionati, tenuti per mesi in campi più simili a lager che
a centri di accoglienza e alla fine, magari, riconsegnati ai governi, alle
dittature, che li perseguitano.
Oltre ad ampliare il
lavoro precedente descrivendo gli itinerari della disperazione che portano al
Sinai e qual è la situazione nella regione a quasi due anni di distanza, la
nuova inchiesta completa il quadro analizzando le risposte che danno a questo
fenomeno le istituzioni e le “autorità” dei paesi africani che i profughi
attraversano prima di arrivare nel Sinai o anche dopo, una volta che abbiano magari
riconquistato in qualche modo la libertà, con particolare riferimento alle
politiche adottate nei confronti dei rifugiati. Persino l’eventuale rilascio,
infatti, non è risolutivo e il futuro di questi uomini e donne resta estremamente
incerto: rischiano di essere di nuovo sequestrati, di essere arrestati nei
paesi di transito, di subire altri ricatti e rimpatri forzati verso i paesi da
cui sono fuggiti per sottrarsi a morte, carcere e persecuzione. Esattamente
come accade a quelli che, anziché sul Sinai, hanno puntato invece sulla sponda
sud del Mediterraneo, inseguendo un imbarco qualsiasi per l’Europa.
Condotta “sul
campo”, con una larga messe di dati e racconti di numerosi
testimoni-protagonisti dei fatti narrati, la ricerca mira in sostanza a dar
voce alle vittime di questa tragedia, con un obiettivo: chiedere una diversa
politica di accoglienza da parte dell’Unione Europea nei confronti dei
rifugiati. Sono strettamente connessi, infatti, il problema del traffico
internazionale di esseri umani e l’atteggiamento, le scelte, che l’Europa e i singoli
stati nazionali adottano per i richiedenti asilo e i migranti. Affonda qui le
radici anche la stessa recente strage di Lampedusa, che ha suscitato così vasta
commozione e sensazione: le circa 400 vittime stavano fuggendo dal mondo
descritto nel dossier, nella speranza di trovare rifugio in uno dei paesi
europei o magari negli Stati Uniti e in Canada.
La presentazione in
programma alla Camera il giorno 11 (ore 15,30) è una “prima” assoluta per
l’Italia, dopo il convegno previsto mercoledì a Bruxelles, presso l’Unione
Europea. Nelle prossime settimane il dossier verrà illustrato anche a Tel Aviv,
al Cairo, ad Addis Abeba, a Londra, New York, Washington. Per l’Italia è stato
già fissato un secondo incontro a Lampedusa, simbolo della speranza per migliaia
di profughi. Alle cancellerie delle varie nazioni ospiti, oltre che all’Unione
Europea e alle Nazioni Unite, verrà sollecitata, in particolare, un’azione
comune per risolvere la crisi del Sinai
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