“Può il
sindaco spedire a Milano dodici immigrati?”, questo il titolo di un articolo
scritto da Maria Bordoli e pubblicato dalla celebre testata giornalistica “Il
Corriere”. Coincidenza o puro caso? Il nome della testata giornalistica e il
verbo "spedire" sono particolarmente affini al mondo postale. Mittente e
destinatario, questi i due termini estremi protagonisti della nostra
riflessione critica. Raccomandate, lettere e pacchi postali contenenti doni che devono essere recapitati in
occasione di importanti avvenimenti che costellano la nostra stessa condizione
esistenziale possono, infatti, esser ritenuti oggetti di scambio e di transizione. Dal tempo delle maschere apotropaiche, a mio avviso, nessuno ha
mai spedito un essere umano. Vi sono certamente stati fenomeni sociali alquanto
ripugnanti, potremmo infatti rievocare la Tratta degli Schiavi, nella quale
effettivamente soggetti appartenenti storicamente ad una determinata cultura
venivano letteralmente prelevati, trasportati in condizioni deplorevoli e
sfruttati per scopi che non avevano nulla in comune con gli ideali di
democrazia e libertà sui quali dovrebbe fondarsi la società, affondando di conseguenza le proprie radici in un terreno fertile. Nonostante ciò, secondo fonti certe e appurate, il Sindaco di
Gallarate ha collocato su un vagone ferroviario dodici immigrati irregolari,
dopo essersi scrupolosamente accertato che la Tratta Disumana portasse costoro
nella città del lusso, della moda e del design, Milano. Scrive Maria Bordoli: “Premesso
che penso che il problema degli irregolari esista e che vada affrontato con
spirito realistico e non con una dose eccessiva di buonismo, mi chiedo se
questo comportamento sia consentito dalla legge. Di questo passo qualunque
primo cittadino potrebbe comportarsi nello stesso modo”. Esaminando più
attentamente l’evento realmente accaduto, potremmo definire una chiave
interpretativa che ci consenta immediatamente di assaporare l’assoluta
percentuale di assurdità riscontrabile, per citare un esempio, anche all’interno dei
racconti fantastici portati sulla scena del panorama editoriale italiano da
Dino Buzzati, maestro dell’immaginifico e autore di straordinari componimenti
letterari come “Una Goccia”. La sottile differenza che separa i racconti dello
Scrittore italiano, che fu d’ispirazione per coloro che nel corso dell’incedere
del tempo vollero seguire le ombre del Maestro e il tragico evento si denota
immediatamente: qualsiasi opera frutto dell’invenzione personale si esaurisce
in un lasso temporale delimitato e non entra direttamente in contatto con l’esistenza
di un individuo il quale, seppur possa ricevere da quest’ultima una precisa
emozione, non subirà uno sconvolgimento totale della propria vita, a differenza
della “deportazione” effettuata in maniera rozza, barbara e meschina da un
sindaco che sembra non voler conformare il proprio sistema di pensiero e d’azione
con il contesto giuridico e sociale. Questa “deportazione”, per altro avvenuta
con lo stesso metodo e mezzo utilizzato negli anni del secondo conflitto mondiale dai
nazisti, non potrebbe esser certamente considerata il miglior mezzo di
confronto tra culture che presentano peculiarità in grado di
contraddistinguerle e di renderle uniche. Al di là delle personali ideologie
politiche, mi preme particolarmente sottolineare in modo palesemente marcato un
atto assolutamente scandaloso. Inoltre, com'è possibile che un soggetto possa
decidere dove debba stare un altro soggetto senza aver alcuna competenza
tecnica in un determinato settore, come quello dell’immigrazione? Credo sia
esplicitamente evidente che i fatti puramente riportati con distacco, freddezza
e oggettività possano conferire un’immagina alquanto nitida della situazione.
In chiusura, un appello al Sindaco. Si ricordi che davanti a sé vi erano delle
persone, non dei pacchi postali, perché solo individuando l’amore e l’essenza
della vita nelle iridi di un nostro fratello è possibile pienamente capire chi
siamo noi stessi e come dobbiamo utilizzare il tempo a nostra disposizione
durante la limitata permanenza su questo pianeta che venne addirittura
descritto da un noto poeta come “Un Atomo Opaco del Male”, la Terra.
La nostra
Terra.
La nostra Casa.
“Devo
lasciare un biglietto a mio nipote: la richiesta di perdono per non avergli
lasciato un mondo migliore di quello nel quale dovrà vivere”.
- Cit. Andrea Zanzotto
- Cit. Andrea Zanzotto
Francesco Pivetta
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