Fare memoria, lasciare parlare la Storia, imparare dal passato
“Post Fata Resurgo”, questo il motto della Fenice, il quale
tradotto in italiano assumerebbe il seguente significato: dopo la morte torno
ad alzarmi.
La Fenice, dunque, risorge dalle sue stesse ceneri,
trasmettendo simbolicamente un messaggio di forte speranza e di crescita.
Riemergere dalle proprie ceneri significa elaborare interiormente le avversità
che sopraggiungono quotidianamente, trasformandole e applicando l’esito di
queste mutazioni ai principi sui quali si ergono modelli di vita personali, con
l’intento di migliorare la propria condizione esistenziale. Attraverso gli
ostacoli presenti sul cammino della nostra vita infatti, si possono fabbricare
dei piccoli mattoncini, proprio come facevano i nostri antenati, edificando un
castello imponente, una vita degna di essere vissuta come quella di Giuseppe
Pivetta. La cenere, la sofferenza, i cocci del nostro cuore, i residui delle
nostre delusioni, anche se non ci crediamo subito, diverranno la base della
nostra forza. Il volo della Fenice, che dalle sue ceneri si ricrea con quel
fuoco vitale che la avvolge, diviene un’immagine straordinaria di positività e
di vita.
“Nel cuore di questa civile Europa – scriveva Primo Levi
nella Testimonianza per Eichmann – è stato sognato un sogno demenziale, quello
di edificare un impero su milioni di cadaveri e di schiavi. Il verbo è stato
bandito sulle piazze: pochissimi hanno rifiutato, e sono stati stroncati, tutti
gli altri hanno acconsentito, parte con ribrezzo, parte con indifferenza, parte
con entusiasmo. Non è stato solo un sogno, l'impero, un effimero impero, è
stato edificato; i cadaveri e gli schiavi ci sono stati”.
Uno degli obiettivi fissati da chi scrive questo genere
letterario è riscontrabile nell'impegno attivo per tramandare alle giovani
generazioni la memoria storica e umana attraverso la scrittura e la cultura.
Si tratta di un obiettivo fondamentale che diviene sempre
più importante di fronte alla distanza temporale crescente che ci separa da
quei fatti, alla scomparsa dei testimoni e della loro memoria vivente, di
fronte al tentativo di cancellazione della memoria e della storia operata
attraverso le tesi revisioniste o negazioniste.
L'obiettivo è quello di rinnovare la memoria e, partendo da
una pagina tragica della storia del Novecento, richiamare la riflessione dei
giovani sulla lotta al razzismo anche nella società contemporanea per
contribuire alla costruzione dei valori comuni nell'Europa di domani.
Non bisogna confondere la memoria con il ricordo.
Il ricordo è un pezzo del passato isolato dal suo contesto,
messo in una cornice. La memoria è invece il senso, il significato profondo di
una vicenda passata e lo sforzo di raccordarla al presente. La memoria comporta
sempre una fatica, spesso dolorosa, il ricordo no, il ricordo è passività. La
memoria è uno sforzo ed un passaggio essenziale per capire, per mettere a
confronto la forza della propria coscienza e dei propri valori di fronte ai
fatti della Storia, di fronte alla terribile banalità del male e
all'indifferenza che allora fu di milioni di uomini in Italia ed in Europa e
che ha rischiato di riproporsi di fronte ad eccidi o a genocidi che si sono
perpetrati ancora nel mondo, dopo la fine di quella tragedia che si è inverata
per un lungo arco temporale.
Conoscere e capire sino in fondo ciò che accadde negli anni
della discriminazione e dell'indifferenza, approfondire le riflessioni sulle
responsabilità, capire le ragioni della rimozione di questi eventi dalla
memoria costituiscono gli elementi indispensabili per la costruzione di un
nucleo di valori comuni attorno ai quali far crescere e rafforzare l'identità
di un popolo, che sia da tutti condivisa, perché il nostro Paese possa avere
più forza umana e civile.
Questo libro sulla storia personale di Giuseppe Pivetta è
un'iniziativa che si affianca all'importante contributo delle comunità di
sopravvissuti alle guerre italiane ed europee con lo scopo di diffondere le
singole storie personali, in particolare attraverso la letteratura e la
proposta di visite nei luoghi della grande guerra.
Conoscere i fatti e i luoghi di questa pagina della nostra
Storia significa anche offrire alla riflessione delle giovani generazioni un
elemento fondamentale per comprendere la storia di questo secolo.
Il confronto diretto con i “monumenti” silenziosi ed
agghiaccianti dello sterminio – dalle carte dei censimenti agli edifici
dell'annientamento fisico degli ebrei, dei prigionieri politici, degli zingari,
dei portatori di handicap fisici e psichici, degli omosessuali – insegnano ai
giovani la necessità di “entrare nel nuovo secolo” forti di una “ragione”
moderna, che non può essere più la razionalità assolutistica, cui affidarsi
ciecamente, ma una ragione guidata dal principio di responsabilità dell'uomo di
fronte a se stesso e di fronte agli altri umani.
Io credo che questo libro sia il modo concreto con cui la
nostra generazione fa propria la considerazione di Gershom Scholem che, alcuni
anni fa, dichiarò: “Per quanto sublime possa essere l'arte del dimenticare noi
non possiamo praticarla” (Ebrei e tedeschi, 1966).
Sui lager si è scritto più che altro sul principio di
discriminazione. Eppure Auschwitz non sarebbe esistito senza quel principio.
Auschwitz nel suo universo di dolore pianificato e indicibile ci sembra non
possa mai più tornare. Ma la discriminazione che è alla sua radice, invece sì;
a volte la vediamo sulle strade, negli stadi di calcio, qualche volta persino
nelle scuole e allora anche la fiducia nella non ripetibilità di Auschwitz si
incrina.
Il razzismo, infatti, è forse proprio l'aspetto del fascismo
e del nazismo che può ritornare e che può diventare lo scoglio più duro perché
il futuro sarà sempre più improntato alla multietnicità.
Uno dei caratteri fondamentali dell'umanità nei prossimi
decenni infatti sarà il fenomeno migratorio.
All'emigrazione “povera”, fatta di persone che sfuggono alla
fame, alla miseria, alla persecuzione, si sommerà un'emigrazione “ricca”,
costituita da masse di professionisti capaci che sceglieranno nel mondo i
lavori più soddisfacenti e più retribuiti. Per queste ragioni la multietnicità
è il futuro del mondo ed i Paesi più forti nell'economia, nella scienza e nella
cultura saranno e sono già oggi i Paesi con un più alto coefficiente di
multietnicità. Ma non tutti comprendono che questo è il futuro e che questo
futuro, che dev'essere affrontato con serenità e fermezza, deve essere
governato e non respinto.
È una consapevolezza che dobbiamo contribuire insieme a far
crescere nel Paese.
Sicurezza delle città e l’integrazione dei cittadini non
comunitari nel nostro Paese, non sono obiettivi contrapposti, sono entrambi
parte fondamentale di una politica dell'immigrazione moderna, che affronta i
problemi con senso della realtà ed è capace di risolverli.
Chi ha paura o non capisce può diventare razzista.
Nel mondo di oggi ciascuno di noi può diventare
improvvisamente minoranza, per il suo aspetto fisico, per le sue scelte
sessuali, per la sua fede religiosa o per l'assenza di fede religiosa, per il
suo stile di vita. Apparteniamo tutti in realtà ad una somma di minoranze o,
meglio, apparteniamo a maggioranze o minoranze fluide che possono
improvvisamente cambiare di segno, a seconda del momento, delle condizioni
sociali e culturali.
Più che mai oggi è attuale, per dare concretezza alla
democrazia, il richiamo alla lotta contro il razzismo e contro ogni forma di
discriminazione.
Non si tratta di riaffermare il vecchio concetto di
tolleranza, che presuppone la divisione in tollerati e tolleranti. Occorre
costruire il concetto ed il costume della convivenza tra diversi che si
rispettano reciprocamente.
Dobbiamo conquistare il valore della convivenza e del
rispetto reciproco anche di chi, invece, è convinto di difendersi con il
rifiuto e la diffidenza verso coloro che ritiene essere diversi da sé. Non
dobbiamo essere razzisti contro i razzisti.
In questo modo possiamo concretamente sperare che non si
costruiscano, ancora, dei nemici. Insieme dobbiamo condividere l'impegno
affinché nel presente e nel futuro essere diversi non significhi mai più essere
discriminati.
La capacità di lottare contro la discriminazione che
costituisce la più grave forma di iniquità sociale è uno dei capisaldi della
dignità di un popolo che ha memoria del suo passato.
Sta al nostro impegno comune far divenire la memoria uno dei
cardini nella formazione culturale ed umana delle generazioni che non hanno
conosciuto direttamente le due guerre mondiali, il totalitarismo nelle sue
varie sfumature e colori attraverso quella trasmissione di valori, sentimenti,
ideali che danno un senso alla vita e permettono che la vita abbia un senso.
Don Mussie Zerai
Sinossi del progetto
editoriale:
Un’avvincente testimonianza offertaci dall’inaspettato e
sorprendente ritrovamento, e dall’inedita pubblicazione, di un diario di guerra
redatto da un militare italiano deportato nel campo di prigionia nazista di
Neuengamme e un dialogo tra un Internato Militare Italiano (I.M.I.),
miracolosamente sopravvissuto allo sterminio nazista, e suo nipote, in cui le
atrocità e le barbarie commesse nei lager nazisti nei confronti dell’intera
umanità vengono rappresentate attraverso l’utilizzo di un linguaggio
metaforico: questi sono gli elementi caratterizzanti de “Il Tuo Riflesso”. Dopo
settant’anni, nei quali il diario di guerra fu segretamente conservato, la
scoperta di una narrazione storiografica così fluida e scorrevole ci permette
di immedesimarci all’interno del quadro storico, sociale, culturale e politico
del tempo, prendendo indirettamente parte al racconto, permeato di sentimenti
individuali fusi con gli eventi storici narrati. Questo libro si prefigge l’intento
di divulgare alcune Pagine e Parole di Vita sperando che possano giungere all’interesse
delle nuove generazioni, alle quali è affidata la difesa della libertà
collettiva e della democrazia, affinché si possa definitivamente scongiurare la
possibilità che, nel nome di un’ideologia errata si verifichino,
ripresentandosi, catastrofici eventi e comportamenti inumani come quelli perpetrati
dal Terzo Reich per sterminare, annientare e sopprimere innocenti.
Francesco Pivetta
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