lunedì 31 gennaio 2011

Fiaccolata a Roma per la liberazione dei profughi prigionieri nel Sinai

Fiaccolata domani sera, sulla scalinata del Campidoglio a Roma, per chiedere la liberazione dei profughi nel Sinai, che da due mesi sono sequestrati e torturati da bande di beduini. Ad organizzare la manifestazione alcune delle organizzazioni che da tempo chiedono l’intervento della comunità internazionale, tra le quali il Consiglio Italiano per i rifugiati, l’Agenzia Habeshia e il Centro Astalli. Servizio di Francesca Sabatinelli:RealAudioMP3 Non sono più soltanto 250 i poveretti nelle mani dei beduini del Sinai al confine con Israele. Il numero dei profughi, in maggioranza eritrei ed etiopi, ma provenienti anche da altre parti del Corno d’Africa, è cresciuto, così come il numero dei gruppi di predoni. Lo conferma padre Mussie Zerai, dell’agenzia Habescia: “Stiamo scoprendo sempre nuovi gruppi. In parte già sapevamo che si trattava di 15-20 bande di trafficanti, però fino a qualche settimana fa l’unico contatto che avevamo, era legato ai 250 eritrei. Poi, successivamente, stiamo venendo a conoscenza dell’esistenza di altri gruppi. L’ultimo contatto, ad esempio, è stato con una ragazzina di 15 anni che è nelle mani di questi sequestratori che la vogliono vendere ad una clinica, il che implica il discorso del traffico di organi. Questa è la situazione: mi diceva questa ragazzina che sono in 120 nelle mani di questo nuovo gruppo mentre un altro gruppo, con cui sono entrato in contatto qualche giorno fa, parlava di altre 54 persone; invece, del vecchio gruppo dei 250 ne sono rimasti 27: due donne incinte sono state liberate dietro il pagamento del riscatto. Una donna, invece, esattamente il 25 gennaio, incinta di cinque mesi, ha perso il suo bambino dopo una serie di maltrattamenti e violenze che ha subito”. Allarmare l’opinione pubblica, e sollecitare l’intervento della Comunità internazionale, è l’obbiettivo di questa manifestazione. “Vogliamo che l’Europa si svegli!”, è il richiamo di Christopher Hein, direttore del Consiglio Italiano per i Rifugiati: “Sarà una manifestazione dove diciamo chiaramente che c’è una responsabilità anche degli Stati, cominciando da quelli dell’Europa, che in questi ultimi tempi hanno chiuso le frontiere a chi, spesso per motivi di guerra o di persecuzione, voleva entrare nel territorio. Noi chiediamo all’Europa di offrire un’evacuazione umanitaria di questi profughi, quindi condivisione delle responsabilità, tanto con l’Egitto - dove si trovano - come con Israele. Ci rendiamo conto che l’attuale situazione in Egitto, rende il tutto ancora più difficile. C’è anche un paradosso che vogliamo mettere in luce: si parla tanto della lotta contro il traffico di persone, ma alla luce dei fatti, dobbiamo constatare che le uniche persone che sono state liberate, sono state liberate perché i familiari disperati, alla fine, hanno pagato il riscatto di 8 mila dollari a persona”. Una fiaccolata fatta di lumi e silenzio, assicurano gli organizzatori, per denunciare e testimoniare. (ma)

La fiaccolata per i prigionieri nel deserto


RealAudioMP3 Una fiaccolata silenziosa per rompere il silenzio della comunità internazionale sul dramma delle centinaia di profughi africani da più di due mesi ostaggi dei trafficanti di uomini nel deserto del Sinai. E' in programma martedì 1° febbraio alle 18 al Campidoglio di Roma. Tra i promotori l'Agenzia Habeshia di don Mussié Zerai, nostro ospite in studio.

domenica 30 gennaio 2011

Sua Santità Benedetto XVI riceve in udienza la Comunità del Pontificio Collegio Etiopico


Benedetto XVI alla comunità del Pontificio Collegio Etiopico in Vaticano

La santità dei sacerdoti segno di speranza per la Chiesa


La santità dei sacerdoti come segno di speranza per la Chiesa e per il mondo è stata proposta dal Papa alla comunità del Pontificio Collegio Etiopico in Vaticano, durante l'udienza svoltasi sabato mattina, 29 gennaio, nella Sala dei Papi. L'occasione è stata la ricorrenza del centocinquantesimo anniversario della morte di san Giustino De Jacobis, del quale Benedetto XVI ha illustrato l'esemplarità. Questo il discorso.
Cari fratelli e sorelle! Sono lieto di accogliervi per la felice circostanza del 150° anniversario della nascita al Cielo di san Giustino De Jacobis. Saluto cordialmente ciascuno di voi, cari sacerdoti e seminaristi del Pontificio Collegio Etiopico, che la Divina Provvidenza ha posto a vivere vicino al sepolcro dell'Apostolo Pietro, segno degli antichi e profondi legami di comunione che uniscono la Chiesa in Etiopia ed in Eritrea con la Sede Apostolica. Saluto in modo speciale il Rettore, Padre Teclezghi Bahta, che ringrazio per le cortesi espressioni con cui ha introdotto il nostro incontro, ricordando le diverse e significative circostanze che lo hanno suggerito. Vi accolgo oggi con particolare affetto e, insieme a voi, mi è caro pensare alle vostre comunità di origine. Vorrei ora soffermarmi sulla luminosa figura di san Giustino De Jacobis, del quale avete celebrato il significativo anniversario lo scorso 31 luglio. Degno figlio di san Vincenzo de' Paoli, san Giustino visse in modo esemplare il suo "farsi tutto a tutti", specialmente al servizio del popolo abissino. Inviato a trentotto anni dall'allora Prefetto di Propaganda Fide, il Cardinale Franzoni, come missionario in Etiopia, nel Tigrai, lavorò prima ad Adua e poi a Guala, dove pensò subito a formare preti etiopi, dando vita ad un seminario chiamato "Collegio dell'Immacolata". Con il suo zelante ministero operò instancabilmente perché quella porzione di popolo di Dio ritrovasse il fervore originario della fede, seminata dal primo evangelizzatore san Frumenzio (cfr. PL 21, 473-80). Giustino intuì con lungimiranza che l'attenzione al contesto culturale doveva essere una via privilegiata sulla quale la grazia del Signore avrebbe formato nuove generazioni di cristiani. Imparando la lingua locale e favorendo la plurisecolare tradizione liturgica del rito proprio di quelle comunità, egli si adoperò anche per un'efficace opera ecumenica. Per oltre un ventennio il suo generoso ministero, sacerdotale prima ed episcopale poi, andò a beneficio di quanti incontrava e amava come membra vive del popolo a lui affidato. Per la sua passione educativa, specialmente nella formazione dei sacerdoti, può essere giustamente considerato il patrono del vostro Collegio; infatti, ancora oggi questa benemerita Istituzione accoglie presbiteri e candidati al sacerdozio sostenendoli nel loro impegno di preparazione teologica, spirituale e pastorale. Rientrando nelle comunità di origine, o accompagnando i connazionali emigrati all'estero, sappiate suscitare in ciascuno l'amore a Dio e alla Chiesa, sull'esempio di san Giustino De Jacobis. Egli coronò il suo fecondo contributo alla vita religiosa e civile dei popoli abissini con il dono della sua vita, silenziosamente riconsegnata a Dio dopo molte sofferenze e persecuzioni. Fu beatificato dal Venerabile Pio XII il 25 giugno 1939 e canonizzato dal Servo di Dio Paolo VI il 26 ottobre 1975. Anche per voi, cari sacerdoti e seminaristi, è tracciata la via della santità! Cristo continua ad essere presente nel mondo e a rivelarsi attraverso coloro che, come san Giustino De Jacobis, si lasciano animare dal suo Spirito. Ce lo ricorda il Concilio Vaticano II che, tra l'altro, afferma: "Nella vita di quelli che, sebbene partecipi della nostra natura umana, sono tuttavia più perfettamente trasformati nell'immagine di Cristo (cfr. 2 Cor 3, 18), Dio manifesta vivamente agli uomini la sua presenza ed il suo volto. In loro è Egli stesso che ci parla e ci mostra il contrassegno del suo Regno" (Cost. dog. Lumen gentium, 50). Cristo, l'eterno Sacerdote della Nuova Alleanza, che con la speciale vocazione al ministero sacerdotale ha "conquistato" la nostra vita, non sopprime le qualità caratteristiche della persona; al contrario, le eleva, le nobilita e, facendole sue, le chiama a servire il suo mistero e la sua opera. Dio ha bisogno anche di ciascuno di noi "per mostrare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza della sua grazia mediante la sua bontà verso di noi in Cristo Gesù" (Ef 2, 7). Nonostante il carattere proprio della vocazione di ciascuno, non siamo separati tra di noi; siamo invece solidali, in comunione all'interno di un unico organismo spirituale. Siamo chiamati a formare il Cristo totale, un'unità ricapitolata nel Signore, vivificata dal suo Spirito per diventare il suo "pleroma" e arricchire il cantico di lode che Egli innalza al Padre. Cristo è inseparabile dalla Chiesa che è il suo Corpo. È nella Chiesa che Cristo congiunge più strettamente a sé i battezzati e, nutrendoli alla Mensa eucaristica, li rende partecipi della sua vita gloriosa (cfr. Lumen gentium, 48). La santità si colloca quindi nel cuore stesso del mistero ecclesiale ed è la vocazione a cui tutti siamo chiamati. I Santi non sono un ornamento che riveste la Chiesa dall'esterno, ma sono come i fiori di un albero che rivelano la inesauribile vitalità della linfa che lo percorre. È bello contemplare così la Chiesa, in modo ascensionale verso la pienezza del Vir perfectus; in continua, faticosa, progressiva maturazione; dinamicamente sospinta verso il pieno compimento in Cristo. Cari sacerdoti e seminaristi del Pontificio Collegio Etiopico, vivete con gioia e dedizione questo periodo importante della vostra formazione, all'ombra della cupola di San Pietro: camminate con decisione sulla strada della santità. Voi siete un segno di speranza, specialmente per la Chiesa nei vostri Paesi di origine. Sono certo che l'esperienza di comunione vissuta qui a Roma vi aiuterà anche a portare un prezioso contributo alla crescita e alla pacifica convivenza delle vostre amate Nazioni. Accompagno il vostro cammino con la mia preghiera e, per intercessione di san Giustino De Jacobis e della Vergine Maria, vi imparto con affetto la Benedizione Apostolica, che estendo volentieri alle Suore di Maria Bambina, al Personale della Casa e a tutte le persone a voi care.
(©L'Osservatore Romano - 30 gennaio 2011)

venerdì 28 gennaio 2011

Manifesto della fiaccolata

Fiaccolata per la liberazione dei profughi sequestrati nel Sinai Scalinata del Campidoglio - Roma 1 febbraio 2011 ore 18,00 Da oltre due mesi sappiamo della drammatica situazione dei profughi provenienti dal Corno d’Africa nelle mani dei trafficanti di uomini nel deserto del Sinai. Sappiamo ciò grazie a familiari e amici degli ostaggi e seguiamo con apprensione giorno dopo giorno la loro vicenda. Inizialmente siamo entrati in contatto con 80 eritrei che provenivano dalla Libia, poi abbiamo avuto notizie di altri 170 ostaggi, per un totale di 250 profughi sequestrati. Non sappiamo che fine abbiano fatto 100 di essi, presumibilmente trasferiti o venduti a un altro gruppo di trafficanti. Tra il 28 novembre e il 12 dicembre 2010, 8 persone sono state uccise e altre 4 sono state sottoposte a un intervento chirurgico per l'espianto di un rene come forma di pagamento del riscatto. A ciò si aggiunge che, nei confronti degli ostaggi, viene esercitata una violenza quotidiana, anche sessuale. Sono incatenati, affamati e tenuti in condizioni disumane. Da pochi giorni sappiamo dell’esistenza di un altro gruppo di 30 profughi sequestrati. Gli unici che sono usciti da questo incubo sono quanti hanno avuto la possibilità di pagare il riscatto grazie all’aiuto dei loro familiari e amici. Questi i fatti, di cui rendono quotidiana e dolorosa testimonianza gli ostaggi. Due mesi passati nel silenzio e nell’inerzia della Comunità internazionale. Ma la Comunità internazionale non può assolutamente ritenersi estranea a questa vicenda. Non può essere taciuto infatti che questa drammatica situazione è una delle conseguenze della politica europea di chiusura delle frontiere che sempre più, attraverso la costruzione di muri fisici o legali e amministrativi, allontana le persone che cercano protezione dal nostro continente. Per questo chiediamo che, senza più attendere oltre, si mobiliti la Comunità internazionale, sia per combattere il traffico di esseri umani sia per garantire a queste persone la protezione internazionale di cui hanno bisogno e a cui hanno diritto. In particolare attraverso un piano di "evacuazione umanitaria" e un progetto di accoglienza dei profughi nel territorio dell'Unione Europea. Un impegno internazionale che necessariamente si deve tradurre in una strategia di cooperazione con Egitto e Israele, affinché rispettino gli impegni assunti e i diritti dei rifugiati. In caso contrario, la sorte cui destineremo quei profughi è l’abbandono in balia di spietati sequestratori. Una fiaccolata per denunciare e testimoniare, fatta di lumi e silenzio. Primi promotori Consiglio Italiano per i Rifugiati Agenzia Habeshia A Buon Diritto Centro Astalli Hanno patrocinato l’iniziativa Regione Lazio Provincia di Roma Comune di Roma Adesioni Acli Alleanza Evangelica Italiana Amnesty International – Sezione Italiana Archivio dell’Immigrazione - onlus Arciconfraternita ARCI ASGI Associazione Apertamente - di Biella Associazione culturale "Teresio Olivelli" Associazione Il Divenire Associazione Migrare Associazione Opera Onlus Associazione per la Pace Associazione Somebody Associazione Volontari per la protezione civile ASTRA - Caltagirone ASKAVUSA - di Lampedusa Asinitas Onlus ASPER – Eritrea (Associazione per la tutela dei diritti umani del popolo eritreo) Associazione Anne's Door CHEBI’ ONLUS CISP Sviluppo dei popoli Cittadini del mondo CGIL Comitato Pace, Disarmo e Smilitarizzazione del Territorio - Campania Comitato Nazionale Antidiscriminazioni Comunità di Sant’Egidio Master per l’Immigrati e rifugiati. Formazione, comunicazione e integrazione sociale – Università “La Sapienza” Federazione delle Chiese Evangeliche Focus-Casa dei Diritti Sociali Fondazione internazionale d. Luigi Di Liegro Gruppo EveryOne Gruppo Watching The Sky Istituto Fernando Santi Kayak per il diritto alla vita La Tenda Medici Contro la Tortura Medu – Medici per i Diritti Umani Opera Nomadi Nazionale Parsec Associazione – ricerca e interventi sociali Per la liberazione dei prigionieri nel Sinai - Gruppo facebook UGL Sei Tavolo Interculturale di Torre Angela Teatro di Nascosto UIL Unione Forense per la Tutela dei Diritti dell'Uomo WILPF (Women International League for Peace and Freedom) Hanno aderito inoltre Fabrizio Andreoli Rita Bernardini Paola Binetti Claudio Cecchini Carlo Cefalo Benedetto Della Vedova Lorenzo Di Pietro Margherita Gaetani Sancia Gaetani Massimo Ghirelli Antonio Inferrera Maria Macioti Gennaro Malgieri Luigi Manconi Claudio Martelli Matteo Mecacci Guido Melis Eduardo Micheletti Luisa Morgantini Silvana Palma Marco Perduca Flavia Perina Savino Pezzotta Chiara M. Polcaro David Sassoli Jean Leonard Touadì Livia Turco Luigi Zanda COMUNE DI ROMA

Per la liberazione dei profughi sequestrati nel Sinai

COMUNICATO STAMPA Per la liberazione dei profughi sequestrati nel Sinai Fiaccolata sulla Scalinata del Campidoglio, Roma Martedì 1 febbraio ore 18.00 Continua, nel deserto del Sinai, il dramma dei profughi provenienti dal Corno d’Africa da 2 mesi sequestrati e torturati da bande di beduini che di fatto governano il territorio vicino al confine con Israele. Sappiamo, dagli ultimi contatti diretti di alcuni profughi con don Mussie Zerai, di almeno tre località in cui ancor oggi sono incatenati più di 200 profughi eritrei e di altre nazionalità del Corno d’Africa, tra cui un minimo di 12 donne e ragazze, una di soli 15 anni. A causa dei continui maltrattamenti e delle sevizie subite da parte dei sequestratori una donna incinta il 25 gennaio ha perso il bambino e non avendo alcuna assistenza medica ora si trova in fin di vita. La liberazione di alcune decine di profughi durante le ultime settimane è stata ottenuta solo grazie al pagamento degli 8 mila dollari di riscatto per ogni ostaggio dai familiari residenti all’estero. Con la manifestazione del 1 febbraio vogliamo allarmare l’opinione pubblica e sollecitare l’intervento della Comunità Internazionale, dei Governi e dell’Unione Europea su questa infernale situazione che avviene dall’altra parte del Mediterraneo, alle porte dell’Europa. Vogliamo denunciare il fatto che i rifugiati, a causa delle politiche di chiusura e respingimento, sono costretti a viaggi che li espongono a rischi per la loro vita e libertà, solo per poter accedere a un territorio sicuro e di asilo. Vogliamo chiedere che finalmente l’Europa si svegli e predisponga un piano di evacuazione umanitaria dei rifugiati dal Sinai. Come si concretizza la lotta al traffico di persone, ci chiediamo, quando l’unico modo per liberare gli ostaggi è che familiari disperati sono costretti a pagare? . La manifestazione del 1 febbraio, fatta di lumi e silenzio, è stata promossa dal Consiglio Italiano per i Rifugiati (CIR), A Buon Diritto, l’Agenzia Habeshia e il Centro Astalli. Il Comune di Roma, la Provincia di Roma e la Regione Lazio hanno dato il patrocinio. Decine di enti della società civile italiana hanno aderito in questi giorni all’iniziativa tra cui ACLI, Amnesty International – Sezione Italiana, Arci, CGIL, Comunità di S. Egidio, Federazione delle Chiese Evangeliche, Fondazione Internazionale d. Luigi Di Liegro, UIL, UGL. Hanno aderito inoltre un vasto numero di parlamentari e personaggi della cultura. In allegato il manifesto della fiaccolata con l’elenco completo delle adesioni. Per ulteriori Informazioni: Ufficio Stampa CIR Valeria Carlini Yasmine Mittendorff 06.69200114 INT. 216/232 www.cir-onlus.org

lunedì 24 gennaio 2011

"Xenofobia, discriminazioni, respingimenti" L'Italia bocciata da Human Rights Watch

Nella relazione annuale sullo stato dei diritti umani nel mondo l'agenzia americana punta il dito contro l'immobilità delle organizzazioni internazionali di fronte a gravi crisi e violazioni dei diritti umani. Nel nostro Paese spiccano i casi di Rosarno, dei profughi africani rimandati in Libia e degli sfratti forzati di rom di MARCO PASQUA "Xenofobia, discriminazioni, respingimenti" L'Italia bocciata da Human Rights Watch Il direttore di Hrw, Kenneth Roth, presenta il rapporto 2011 ROMA - Razzismo e xenofobia sono ancora un "problema pressante" per l'Italia, un Paese nel quale il dibattito politico, troppo spesso, è segnato da toni accesi ed ostili. A scriverlo è Human Rights Watch (Hrw), l'organizzazione con sede a New York che, ogni anno, stila un rapporto sulle pratiche dei diritti umani a livello mondiale, e che sintetizza i problemi principali in più di 90 Paesi. Il documento (scaricabile a questo indirizzo) chiama anche in causa le politiche di molti Stati - inclusi alcuni dell'Unione Europea - che accettano "i sotterfugi di governi repressivi, sostituendo a pressioni per il rispetto dei diritti umani approcci più morbidi quali dialogo privato e cooperazione". I Paesi che dovrebbero essere i paladini dei diritti umani "hanno fallito", accusa l'organizzazione che ha sede a New York. Da Rosarno ai rom. Nel rapporto di 649 pagine, giunto quest'anno alla 21esima edizione, si dedica un capitolo all'Italia e si ricordano i vari casi di violenze scaturite dal razzismo e dalla xenofobia. Un lungo elenco, nel quale figurano anche le condanne e i richiami, spesso non seguiti da azioni correttive, da parte degli organismi internazionali. Si nota anche l'assenza di leggi specifiche che proteggano le persone discriminate sulla base del loro orientamento sessuale. La disamina parte dalla vicenda di Rosarno che, a gennaio, ha determinato il ferimento grave di 11 lavoratori migranti africani, nel corso della violenta guerriglia le cui immagini hanno fatto il giro del mondo. "Almeno altri 10 migranti, 10 agenti delle forze dell'ordine e 14 residenti hanno dovuto fare ricorso alle cure mediche - ricorda il rapporto - Più di mille migranti hanno lasciato la città in seguito alle violenze". L'organizzazione ricorda come, a febbraio, molti Paesi abbiano espresso la loro preoccupazione relativamente alla violenza xenofoba italiana, nel corso del Consiglio per i diritti umani presso le Nazioni Uniti. E' ancora "alto" il livello di discriminazione patito da rom e sinti, che vive in condizioni di povertà estrema, in condizioni di vita "deprecabili", all'interno di campi autorizzati e abusivi. Secondo l'ong, i rom provenienti dall'Europa dell'Est, soprattutto dalla Romania, hanno dovuto far fronte a "sfratti forzati" e ad "incentivi economici" per tornare nei loro Paesi d'origine. E, anche in questo caso, si ricorda il richiamo della comunità internazionale: a ottobre, il comitato europeo dei diritti sociali "ha condannato l'Italia per le discriminazioni nei confronti dei rom, a livello abitativo, ma anche per quanto riguarda l'accesso all'assistenza sociale, economica e legale". I respingimenti. "Numerosi" gli interventi della Corte europea dei diritti dell'Uomo (ECtHR) e del consiglio d'Europa contro il trasferimento di sospettati di terrorismo in Tunisia, come Mohamed Mannai (membro di un gruppo jihadista, condannato dal tribunale di Milano). Trasferimenti avvenuti nonostante questi prigionieri rischiassero di subire dei maltrattamenti nel loro Paese d'origine. L'Italia, inoltre, "non ha offerto asilo a una dozzina di eritrei, che aveva respinto verso la Libia nel 2009, e dove sono stati vittime di maltrattamenti e detenzioni illegittime insieme ad altre centinaia di connazionali". Ad aprile, il nostro Paese ha "violato il divieto di respingimento" quando ha intercettato un'imbarcazione carica di migranti, e l'ha rispedita in Libia, "senza verificare se ci fossero persone bisognose di protezione internazionale" e senza dar loro la possibilità di chiedere asilo. Infine, viene menzionato il processo ai poliziotti responsabili delle violenze commesse nel corso del G8 di Genova: a fronte "della condanna di 25 agenti su 29", il ministero dell'Interno "ha comunicato di non volerli sospendere". Il silenzio della Ue. Il documento presenta anche un atto d'accusa contro le deboli diplomazie di Onu e Unione europea che, troppo spesso, non fanno seguire alle parole i fatti, per costringere i regimi repressivi a rispettare i diritti umani. "Anziché opporsi con fermezza ai leader violenti, molti governi, tra cui alcuni Paesi membri dell'Unione europea - spiega una nota di Hrw - adottano politiche che non generano pressioni volte a un cambiamento. La Ue, anche nei confronti di chi viola i diritti umani, sembra essere orientata a sposare l'ideologia del dialogo e della cooperazione". Tra gli esempi citati, quelli di Uzbekistan e Turkmenistan: in questo caso, l'Unione non è riuscita a esercitare sufficienti pressioni sui loro governi per favorire cambiamenti. "Sebbene gli accordi di cooperazione della Ue con altri paesi siano condizionati sistematicamente sul rispetto di fondo dei diritti umani, (l'Unione) ha concluso un significativo accordo di scambio col Turkmenistan, un governo fortemente repressivo", dice Hrw. Altri esempi di scarso impegno, in tal senso: l'approccio verso il presidente ruandese Paul Kagame e il primo ministro etiope Meles Zenawi, ma anche verso una Cina in cui le libertà basilari dell'uomo vengono messe continuamente a repentaglio. Al tempo stesso, la Ue viene invitata a fare di più per difendere i diritti degli immigrati clandestini, per offrire migliori condizioni di asilo politico e essere più attenta ai diritti umani quando si introducono strumenti di lotta al terrorismo. C'è anche un richiamo agli stessi Paesi membri della Ue a non adottare la politica del doppiopesismo: "La credibilità dell'Unione europea come una forza che si batte per i diritti umani nel mondo, dipende anche dalla sua volontà di affrontare le violazioni commesse dai suoi stati membri. Con esempi di discriminazioni e una crescente intolleranza verso i migranti, i musulmani, i rom e altri, ma anche un accesso inadeguato al diritto d'asilo, gli stati membri e le istituzioni europee devono dimostrare un maggior impegno nel far sì che il rispetto per i diritti umani all'interno dei loro confini sia in sintonia con le posizioni europee all'estero". "Le pressioni europee ci sono state - concede Hrw - ma solo verso quei governi nei quali il comportamento è stato talmente scandaloso, da far passare in secondo piano gli interessi in gioco: è stato così con la Corea del Nord, l'Iran e lo Zimbabwe". Un problema che riguarda anche l'Onu, che sbaglierebbe ad "affidarsi ai canali diplomatici e non alla condanna pubblica per convincere i regimi repressivi, come quello cinese, a porre fine alle violazioni dei diritti umani". Secondo l'organizzazione, l'errore fondamentale del segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon e di molti altri Paesi della comunità internazionale è quello di promuovere ''il dialogo e la cooperazione'' preferendolo alle pressioni pubbliche nei confronti di quegli Stati che violano i diritti dell'uomo. Focus su Egitto, Iran, Tunisia. Sul fronte delle violazioni più gravi dei diritti umani, il rapporto, che accusa l'Egitto di "diffuse discriminazioni" contro i cristiani copti e le altre minoranze religiose, continua ad occuparsi della situazione in Iran, dove "la tutela dei diritti umani è peggiorata e il regime ha utilizzato la tortura e l'intimidazione per reprimere l'opposizione e le critiche e per consolidare il suo potere. Continuano senza sosta le restrizioni sulla libertà d'espressione e associazione, le libertà religiose e le discriminazioni sessuali. Durante gli interrogatori della polizia è stata usata la tortura per ottenere delle confessioni. Centinaia di persone, tra cui avvocati, giornalisti, attivisti e leader dell'opposizione restano in carcere senza un capo d'accusa". La "rivoluzione del gelsomino" in Tunisia, che ha portato alla caduta del regime di Ben Ali, secondo l'Hrw ha dato una "lezione" all'Unione europea e agli Stati Uniti sui rapporti con i dittatori: "L'Unione europea non si è resa conto dell'arrivo di questa rivoluzione. Penso - ha detto Kenneth Roth, direttore generale dell'organizzazione - che l'Ue, gli Stati Uniti e gli altri abbiano capito la lezione E' un errore schierarsi in un certo qual modo al fianco di un dittatore anche se visto come bastione contro il terrorismo o l'immigrazione illegale". (24 gennaio 2011)

Il Silenzio del Mondo e il dramma dei Profughi nel Sinai

Aggiornamento dal Sinai 24 gen. 2011 La situazione del primo gruppo di 250 persone, di cui 100 persone non sappiamo che fine abbiano fatto, nel caso che siano finite nelle carcere egizian chiediamo che gli operatori dell’UNHCR possano visitarli ed accogliere le loro richiese di asilo politico, il governo egiziano in quanto firmatario della Convenzione di Ginevra del 1951 deve garantire a queste persone l’accesso al diritto di asilo. Le 27 persone rimaste nelle mani dei trafficanti a Rafah stanno vivendo ore drammatiche, in particolare la donna in cinta al 5 mese dopo i maltrattamenti ricevute nei giorni precedenti ieri pomeriggio ha perso il bambino che portava in grembo ora teme per la sua vita, perché continua a perdere sangue, senza ricevere nessuna cura medica. Ce la condizione di salute fortemente compromessa del ragazzo da giorni che giace a terra, dopo essere stato picchiato selvaggiamente dei predoni. Sono ore terribili per questi nostri fratelli e sorelle profughi, che avrebbero il diritto di asilo in un paese civile, per questo chiediamo all’Europa di non voltare le spalle a queste persone. Il secondo gruppo di profughi eritrei che sono al nord del Sinai vicino all’aeroporto utilizzato dalle forze ONU, erano rimasti in 16 dopo la “liberazione” di quelle persone che hanno pagato il riscatto, solo che non si ha notizie di dove si trovino già da una settimana che hanno la sciato il luogo di prigionia. Ora ci riferiscono che si sono aggiunti 38 nuovi profughi ignari di tutto quello che sta succedendo sono finiti nella prigionia questo fatto ci allarma perché non ce nessun sforzo da parte dei governi di questa regione di combattere la tratta di esseri umani. Una settimana fa le testimonianza di uno dei profughi ci raccontava della campagna pubblicitaria portata avanti dai predoni in Sudan per indurre molti profughi ad intraprendere questo viaggio della “speranza” che purtroppo finisce in questi lager attrezzati dai trafficanti nel deserto del Sinai. Il Silenzio dei governi della regione; Egitto, Israele e le Autorità Palestinesi, costringe centinaia di famiglie di acquistare la “libertà” dei propri famigliari finiti nella rete dei sensali di carne umana nel Sinai. Torniamo a chiedere a tutta la Comunità Internazionale, in particolare il Parlamento Europeo di attivarsi usando tutti gli strumenti giuridici e diplomatici a disposizione per ottenere dai governi coinvolti in questa drammatica situazione un intervento risolutivo per liberare e proteggere i profughi che ora sono tenuti in condizione di schiavitù nel Sinai. Don Mussie Zerai Update from the Sinai on January 24 2011 The situation in the first group of 250 people, including 100 people do not know what happened to, in the case that ended up in jail Egyptian demand that UNHCR can visit them and receive their requested political asylum, the Egyptian government in as a signatory of the Geneva Convention of 1951 must ensure that these people access to asylum. The 27 people left in the hands of smuggling in Rafah are undergoing a tragic time, especially the pregnant woman at 5 months after the ill-treatment received in the days before yesterday afternoon lost the baby she was carrying now fears for his life, because it continues to lose blood, without receiving any medical treatment. We strongly compromised the health condition of the boy lying on the ground for days after being savagely beaten raiders. Hours are terrible for our brothers and sisters refugees, who have the right to asylum in a civilized country, why not ask Europe to turn their backs on these people. The second group of Eritrean refugees who are at the northern Sinai near the airport used by UN forces, were left in 16 after the "liberation" of those people who paid the ransom, only that there is no news of where they are already a week who have skied the place of captivity. We now report that it added 38 new refugees are unaware of all that is happening in captivity are over this fact alarming because there no effort by the governments of this region to combat human trafficking. A week ago the testimony of one of the refugees told us of the campaign carried out by raiders in Sudan to encourage many refugees to undertake this journey of "hope" that unfortunately ends up in these camps equipped by the smugglers in the desert of Sinai. The Silence of the governments of the region, Egypt, Israel and the Palestinian Authority, forcing hundreds of families to buy the "freedom" of their family ended up in the network of brokers in human flesh in the Sinai. Let's go ask the whole international community, particularly the European Parliament to take action using all legal and diplomatic tools available to governments to get involved in this tragic situation, a remedial action to liberate and protect the refugees who are now kept in condition slavery in the Sinai. Fr. Mussie Zerai

sabato 22 gennaio 2011

Testimonianza da Israel

Ecco la testimonianza e l'appello di Suor Azezet Kidane Habtezghi, Missionaria Comboniana. Vive in comunità a Betania, Cisgiordania (Territori Palestinesi Occupati). Infermiera ed eritrea, due volte a settimana va in una clinica di Tel Aviv dove accoglie i profughi eritrei (donne e uomini) che riescono ad arrivare in Israele anche pagando un riscatto (fino a 12mila dollari).

Immigrazione:pm disapplica Bossi-Fini,scarcerato clandestino

A Genova magistrato osserva normativa europea mai recepita (ANSA) - GENOVA, 21 GEN - Il sostituto procuratore Francesco Pinto, presidente della sezione ligure dell'Associazione nazionale dei magistrati, ha disapplicato la legge Bossi-Fini, in tema di immigrazione clandestina. E lo ha fatto in virtù della direttiva europea 2008/115 mai recepita dall'Italia, ma che è entrata automaticamente in vigore dopo il termine di scadenza del 24 dicembre. Il magistrato ha così ordinato la scarcerazione di un immigrato arrestato nei giorni scorsi per il reato di clandestinità, senza bisogno della decisione del giudice per le indagini preliminari.(ANSA).

venerdì 21 gennaio 2011

1 FEBBRAIO 2011: FIACCOLATA AL CAMPIDOGLIO per profughi sequestrati nel Sinai

Cari, sono più di due mesi che la drammatica situazione dei profughi sequestrati nel Sinai va avanti senza che nulla sia avvenuto in termini di risposte istituzionali e di mobilitazione della comunità internazionale. Siamo più che mai convinti che sia necessario intraprendere tutte le azioni possibili per tenere alta l'attenzione e cercare di sollecitare queste risposte. Per questo motivo insieme all'Agenzia Habeshia, all'Associazione a Buon Diritto e al Centro Astalli abbiamo deciso di promuovere un'iniziativa pubblica a Roma: una fiaccolata silente sulle scale del Campidoglio Martedì 1° febbraio 2011 alle ore 18.00. Vi alleghiamo il manifesto/appello della manifestazione. Per un'iniziativa che sia corale e veramente partecipata, crediamo sia importante raccogliere l'adesione di tutte le associazioni e organizzazioni che si occupano di tutela dei diritti dei migranti. Abbiamo richiesto il patrocinio di tutte le istituzioni locali: Comune di Roma e Provincia di Roma (che hanno già manifestato il loro interesse) e Regione Lazio. Nell'iniziativa vorremmo coinvolgere anche parlamentari della maggioranza e dell'opposizione (in primo luogo i firmatari dell'appello a Frattini). Vi invitiamo ad aderire alla manifestazione e a far circolare l'invito a quanti possano essere interessati: raccoglieremo le adesioni sino a mercoledì 26 alle ore 18.00. Consiglio italiano per i rifugiati 0669200114 www.cir-onlus.org

L'odissea dei profughi in ostaggio nel Sinai

La situazione a Rafah aggiornata a pochi minuti fa ore 15.45, resta grave la condizione di detenzione nelle mani dei trafficanti, non si e visto nulla del intervento militare del governo egiziano, di cui si e parlato ieri ed oggi. Ce la situazione grave di un ragazzo eritreo picchiato dei carcerieri preso a sprangate sulla testa che ora giace per terra senza nessun aiuto medico, non riesce a stare in piedi, i suoi compagni di sventura cercano di fare il possibile per tenerlo in vita, perchè non finisca in qualche clinica clandestina per essere sottoposto allo spianto degli organi. Questa notte non hanno chiuso gli occhi da continue pestaggi, minaciandoli di morte sembravano sotto gli effetti di droghe che assumono, raccontano che hanno avuto molta paura che uccidessero qualcuno. Anche il 2 gruppo che si trova nel nord del Sinai che ora sono rimasti solo 16 persone, perché gli altri hanno pagato il riscatto sono stati liberati. Raccontano che "quando si resta in pochi la paura aumenta, sei in balia di questi folli, che pretendo soldi subito alle tre di notte, sono talmente fuori di testa non poi dire nulla ti fai solo picchiare fino che stanchi senne vanno, questa è la nostra quotidianità". L'Egitto annuncia "rastrellamenti" e "forze speciali in azione" non ce l'ombra di tutto questo, le autorità sanno con precisione dove sono gli ostaggi, allora perché si perde tempo? Perché l'Egitto ha sempre negato l'esistenza di questo gruppo ora invece annuncia interventi massici di cui effetti sono invisibili? L'Europa e tornata ad essere muta! Aspettiamo un piano di evacuazione dei profughi in ostaggio nel deserto del Sinai compresi quelli che stanno marcendo nelle carceri egiziane che rischiano la deportazione. Quando che scatta l'indignazione della società civile? per dire basta! Non si può più assistere alla negazione delle dignità umana, ai diritti fondamentali della persona che vengono calpestati, senza che nessuno tenti di difendere quelli diritti conquistati con molta fatica dall'umanità intera. La pari dignità tra gli esseri umani, ma in Sinai ci sono Schiavi e Padroni. La libertà del uomo un diritto fondamentale, in Sinai abbiamo uomini e donne incatenate. Chiediamo a tutti, recuperiamo la nostra dignità, per poter indignarci contro chi calpesta la dignità degli altri. don Mussie

martedì 18 gennaio 2011

Testimonianza di un Ostaggio Eritreo nel Sinai

Ore 17.00 eritreo giovane padre di famiglia, racconta l'inganno dei trafficanti che fanno una campagna per il viaggio facile dal Sudan verso Israele. Ci hanno convinto che potevamo entrare in Israele senza difficoltà, perché ci hanno detto che erano esperti nessuno dei gruppi che hanno accompagno e stato preso dalla polizia, pagando 3.000 dollari potevamo fare il viaggio della speranza fino in Israele, invece arrivati nel deserto del Sinai ci hanno portato dentro questi container sotterranei al confine con Israele, il mediatore un eritreo di nome Tesfamicael Araya ci ha fatti dare soldi, al trafficante che ci ha portati dal Sudan nel Sinai, questo trafficante appartiene all'etnia Rashiayda, se ne andato in Sudan consegnandoci nelle mani di un suo parente residente nel Sinai, il quale a sua volta ci ha venduti ad un altro gruppo di trafficanti questo che ci tiene prigionieri, ci hanno tenuti al buio per dieci giorni senza sapere il motivo, poi ci e stato detto che il primo trafficante e scappato con i nostri soldi, quindi non potevamo continuare il viaggio il nuovo "Padrone" vuole 10.000 dollari per liberarci, inizialmente eravamo una sessantina di persone poi ci hanno divisi, da un mese che siamo in questa situazione, siamo in 38, di cui 8 sono donne costretti a mangiare una pagnotta al giorno, picchiati due volte al giorno ci sono due addetti a questo compito, uno ci picchia di giorno l'altro di notte, spesso sono sotto l'effetto di stupefacente non ci fanno dormire la notte, ormai molti parenti del gruppo stanno pagando, siamo rimasti in 11 persone che non abbiamo versato un euro dopo l'iniziale 3.000 pattuito, tra di noi ce una donna che non ha nulla e un ragazzo orfano che non potranno pagare. Siamo tenuti in catene mani e piedi, vicino dove siamo ce un aria porto utilizzato delle forze ONU gli sentiamo atterrare e partire, siamo molto vicino al confine con Israele. Salvateci fate qualcosa! Don Mussie At 17.00 Eritrean young family man, said the deception of traffickers who make a campaign for the easy journey from Sudan to Israel. Convinced us that we could enter Israel without difficulty, because we were told that none were expert groups that have accompanied and been caught by the police, paying $ 3,000 for the hope we could make the trip to Israel, but we arrived in the Sinai desert have brought in these containers underground on the border with Israel, the mediator of an Eritrean name Tesfamicael Araya made us give money to the trafficker who brought us from the Sudan in the Sinai, the trafficker belongs Rashiayda ethnicity, he left Sudan in giving us in the hands of a relative living in the Sinai, which in turn has sold us to another group of traffickers that we take prisoners, we were kept in the dark for ten days without knowing why, and then we were told that the first trafficker and absconded with our money, so we could not continue the journey, the new "Boss" wants $ 10,000 for free, initially we were about sixty people have divided us then, a month that we are in this situation, we are 38, 8 of which women are forced to eat a loaf a day, beaten twice a day there are two involved in this task, one of us beats the other day at night, often under the influence of drugs does not make us sleep night, now many relatives of the group are paying, we were in 11 people who have not paid after the initial € 3,000 was agreed upon between us there is nothing a woman and a young orphan who can not pay. We held hands and feet in chains, near where we used port there is an air of UN forces from the land and we feel we are very close to the border with Israel. Save us do something! Fr. Mussie

Aggiornamento dall'inferno del Sinai

Ore 11.00 Profughi eritrei provenienti dalla Libia, ostaggi nelle mani dei trafficanti nel deserto del Sinai, ora sono rimasti 27, di cui quattro donne, una di queste in cinta al quinto mese di gravidanza, sta molto male dicono di lei le altre donne rischia di perdere il bambino, a causa di abusi e maltrattamenti subiti dia predoni. In tanto abbiamo scoperto un altro gruppo di 32 eritrei in mani di un'altra banda di predoni, che ci e stato segnalato da un famigliare che vive in Italia che stato contattato da suo nipote che si trova nelle mani di questi aguzzini. Chiediamo alla governo egiziano di intervenire per salvare i profughi vittime dei predoni, non per ammazzarli al confine come accaduto ieri alla giovane ragazza eritrea uccisa dalle guardie di frontiera egiziane, che fin ora non sono andati a caccia dei trafficanti. Chiediamo ai governi europei di non dimenticare questa tragedia di centinaia di profughi che oggi giorno rischiano la vita per cercare una dignità, libertà e diritti. Don Mussie Zerai 11:00 am Eritrean refugees from Libya, hostages in the hands of smugglers in the desert of Sinai, have now been 27, including four women, one of them pregnant in the fifth month of pregnancy, is very sick about her other women may lose the child because of abuse and mistreatment give raiders. In time we found another group of 32 Eritreans in the hands of another gang of robbers, who has been notified by a family living in Italy who was contacted by his nephew, who is in the hands of these perpetrators. We ask the Egyptian government to intervene to save the refugees victims of robbers, not to kill the boundary as happened yesterday at the young Eritrean girl killed by Egyptian border guards, who until now have not gone in search of smugglers. We call on European governments not to forget the tragedy of hundreds of refugees who now risk their lives day to search for dignity, freedom and rights. Fr. Mussie Zerai

lunedì 17 gennaio 2011

Eritreo respinto dal Italia nel Luglio 2009 Ostaggio Nel Sinai

Eritrean Hostages in Sinai 16:25 hours testimony of a boy rejected by Italy in July 2009 to 10 km from Lampedusa by Italian patrol after long journey in Libyan prisons today is a hostage of drug traffickers. During the refusal were on the boat about thirty in the other half Eritreans were Somali, thanks to the interest Forensic Union for the Protection of Human Rights, have submitted a complaint to the European court, but justice is slow in waiting arrive. This young Eritrean not do without waiting for the outcome of the appeal to Libya, tried to enter Israel, but found another jail waiting for the traffickers. The devastating effects of indiscriminate rejections developed in recent years have also given this result, people who have the right to asylum end up thrown to the predators of the desert, the fight against trafficking in human beings both overt ends up enriching the very people who wanted to fight, what's happening in the Sinai, Turkey .... This young Tekle call it, has 25 years, asks for help as his companions in the hands of robbers in the desert of Sinai, saying "save us soon, so we are tired of beating." We give voice to these refugees, deprived of their dignity as free persons, deprived of their rights before they even from those who have rejected today by the marauders, we are asking that Europe is committed to free them and give them the right to asylum and that the was denied. Fr. Mussie Zerai Eritrei Ostaggi nel Sinai Ore 16.25 testimonianza di un ragazzo respinto dall'Italia nel Luglio 2009 a 10 km da Lampedusa, da motovedette italiane, dopo lunghe peripezie nelle carceri libiche oggi si trova ostaggo dei trafficanti. Nella fase di respingimento erano sulla imbarcazione una trentina di cui metà Eritrei gli altri erano Somali, grazie all'interessamento dell'Unione Forense per la tutela dei diritti dell'Uomo, hanno presentato un ricorso alla corte europea, ma la giustizia che attendono tarda ad arrivare. Questo giovane eritreo non ce la fatta ad attendere in Libia l'esito del ricorso, ha tentato di entrare in Israele, ma ha trovato un altro carcere ad attenderlo quello dei trafficanti. Gli effetti devastanti dei respingimenti indiscriminati portati avanti in questi anni, hanno dato anche questo di risultato, persone che hanno il diritto di asilo finiscono in pasto ai predoni del deserto, la lotta contro la tratta di esseri umani tanto conclamata finisce per arricchire proprio quelli che voleva combattere, quello che sta succedendo nel Sinai, in Turchia .... Questo giovane chiamiamolo Tekle, ha 25 anni, chiede aiuto come i suoi compagni nelle mani dei predoni nel deserto del Sinai, dice"liberateci presto, siamo stanchi di tanto pestaggio". Noi diamo voce a questi profughi, privati della loro dignità di persone libere, privati anche dei loro diritti prima da chi gli ha respinti, oggi dai predoni, chiediamo che l'Europa si impegni per liberarli ed garantire loro il diritto di asilo che gli e stato negato. don Mussie Zerai

BBC: Fears over African migrants held by Sinai Bedouin, 31.12.10

PHRIsrael | 03 gennaio 2011 | Following the publication of PHR-Israel's report "Hostages, Torture, and Rape in the Sinai Desert: A PHR-Israel update about recently arriving asylum seekers" (13.12.10) the international media started to cover the issue extensively. In this BBC report, the reporter Rupert Wingfield-Hayes met some of the refugees being held in Egypt's Sinai desert and the people traffickers profiting from the trade. The report also examines the work of PHR-Israel's Open Clinic for Migrants and Refugees. Please consider making a donation and help us continue offer medical and mental health care to Sinai victims: http://www.phr.org.il/default.asp?Pag... To view the full BBC report: http://www.bbc.co.uk/news/world-middl...

Firma per la liberazione dei progionieri nel Sinai

don Mosé Zerai promuove un appello all’Ue e alla comunità internazionale: liberate i Profughi Eritrei ostaggi dei predoni nel Sinai e date loro protezione. http://corneliagroup.altervista.org/blog/firma-per-la-liberazione-dei-progionieri-nel-sinai/ Molti profughi eritrei sono da più di tre mesi nelle mani dei trafficanti nel deserto del Sinai. Siamo venuti a sapere tramite amici e familiari degli ostaggi il 24 novembre 2010 di questa situazione, da allora seguiamo con apprensione giorno dopo giorno la loro vicenda. Prima siamo entrati in contatto con 80 eritrei che provenivano dalla Libia, poi abbiamo avuto notizie di altri 170 ostaggi, in totale 250 e di essi 100 non sappiamo che fine hanno fatto perché sono stati trasferiti o venduti ad un altro gruppo di trafficanti. Tra il 28 novembre e 12 dicembre 2010 sono stati uccisi dai trafficanti 8 persone, altre 4 persone sono state sottoposte dai trafficanti ad un interveto chirurgico per l’espianto di un rene come forma di pagamento del riscatto, vi è la violenza quotidiana fisica per tutti, sessuale per le donne, questa è la realtà dei fatti che ci hanno testimoniato i profughi eritrei ostaggi nel Sinai. Per questo chiediamo che senza più attendere si mobiliti tutta la Comunità internazionale, da un lato per combattere il traffico di esseri umani e dall’altro affinchè sia garantita a queste persone la protezione internazionale di cui hanno bisogno e a cui hanno diritto, in particolare attraverso un progetto di reinsediamento e accoglienza dei profughi nel territorio dell’Unione Europea. Sostengono l’appello umanitario internazionale e la raccolta firme il Gruppo EveryOne, il Gruppo Facebook “Per la liberazione dei prigionieri nel Sinai“, Christian Solidarity Worldwide, Gruppo Watching The Sky, Sindacato Europeo dei Lavoratori e la rete di Ong e difensori dei diritti umani a sostegno dei rifugiati africani nel nord del Sinai. Primi Firmatari: don Mussie Zerai On. Savino Pezzotta On. Luigi Manconi On. David Sassoli On. Paola Binetti On. Gennaro Malgieri On. Benedetto Della Vedova On. Livia Turco On. Matteo Mecacci Roberto Malini Matteo Pegoraro Dario Picciau Khataza Gondwe Negasi Tsegai Tekhle Fabio Patronelli Steed Gamero Mariana Danila Ionut Ciuraru Rebecca Covaciu Stelian Covaciu Carol Morganti LIz Coaghila Enrico Zanier Dario Malini Rami Lavitzky Cornelia I. Toelgyes-Solla

venerdì 14 gennaio 2011

FNSI: APPELLO PER LIBERAZIONE ERITREI PRIGIONIERI IN SINAI

(ANSA) - BERGAMO, 14 GEN - ’Unione europea e Comunità internazionale assumano immediatamente un’iniziativa volta alla liberazione dei 250 africani, in gran parte eritrei, tenuti incatenati dai predoni nel Sinai ormai da quasi tre mesi, con la promessa di liberarli soltanto in cambio di un riscatto di 8 mila dollari’. E’ quanto si chiede in un appello lanciato dal Congresso della Federazione nazionale della Stampa, riunito a Bergamo. ’Si conosce il luogo della detenzione, dieci container metallici in un frutteto alla periferia sud della città egiziana di Rafah, al confine con Israele - si legge nel documento -. Si conosce il nome del capo dei predoni, il beduino palestinese Abu Khaled, che si avvale di 20 uomini armati, e si conoscono addirittura i cellulari dei sequestratori, prestati agli ostaggi per chiedere i soldi del riscatto ai parenti emigrati in Europa e in altri paesi. Il governo italiano ha gravi responsabilità, perché molte decine di questi sequestrati furono respinti in mare su ordine delle nostre autorità, nel giugno del 2010, senza poter presentare la richiesta di asilo politico che, nel caso di cittadini eritrei, viene sempre accettata, a causa del regime sanguinario dal quale fuggono. Otto ostaggi sono già stati uccisi dai predoni, quattro, impossibilitati a pagare il riscatto, sono stati sottoposti a un’operazione di espianto degli organi mentre alcune donne sono state ripetutamente violentate’. ’Il Ventiseiesimo Congresso della Fnsi - prosegue la nota - nel rilanciare la domanda che don Mussie Zerai dell’Agenzia umanitaria Habeshia e i dirigenti della Onlus EveryOne hanno posto nei giorni scorsi: cosa sarebbe mai successo a livello mediatico e politico, se tra i 250 sequestrati ci fossero stati cittadini europei o nordamericani o giapponese, impegna i direttori delle agenzie, dei giornali su carta e online, e tutte le emittenti radiotelevisive italiane, perché diano il massimo risalto alle notizie che vengono dal Sinai’. (ANSA)

giovedì 13 gennaio 2011

Appello all'UE e alla comunità internazionale: liberate i Profughi Eritrei ostaggio dei predoni nel Sinai e date loro protezione

Molti profughi eritrei sono da più di tre mesi nelle mani dei trafficanti nel deserto del Sinai. Siamo venuti a sapere tramite amici e familiari degli ostaggi il 24 novembre 2010 di questa situazione, da allora seguiamo con apprensione giorno dopo giorno la loro vicenda. Prima siamo entrati in contatto con 80 eritrei che provenivano dalla Libia, poi abbiamo avuto notizie di altri 170 ostaggi, in totale 250 e di essi 100 non sappiamo che fine hanno fatto perché sono stati trasferiti o venduti ad un altro gruppo di trafficanti. Tra il 28 novembre e 12 dicembre 2010 sono stati uccisi dai trafficanti 8 persone, altre 4 persone sono state sottoposte dai trafficanti ad un interveto chirurgico per l'espianto di un rene come forma di pagamento del riscatto, vi è la violenza quotidiana fisica per tutti, sessuale per le donne, questa è la realtà dei fatti che ci hanno testimoniato i profughi eritrei ostaggi nel Sinai. Per questo chiediamo che senza più attendere si mobiliti tutta la Comunità internazionale, da un lato per combattere il traffico di esseri umani e dall'altro affinchè sia garantita a queste persone la protezione internazionale di cui hanno bisogno e a cui hanno diritto, in particolare attraverso un progetto di reinsediamento e accoglienza dei profughi nel territorio dell'Unione Europea. Primi Firmatari: don Mussie Zerai On. Savino Pezzotta On. Luigi Manconi On. David Sassoli On. Paola Binetti On. Gennaro Malgieri On. Benedetto Della Vedova On. Livia Turco On. Matteo Mecacci

martedì 11 gennaio 2011

CSW CALLS FOR EFFECTIVE ACTION FOR ERITREAN HOSTAGES IN SINAI

For Immediate Release 11 January 2011 GLOBAL HUMAN TRAFFICKING AWARENESS DAY: CSW CALLS FOR EFFECTIVE ACTION FOR ERITREAN HOSTAGES IN SINAI CSW is marking Global Human Trafficking Awareness Day by renewing its call for effective action to release Eritreans and other nationals who are being subjected to inhuman and degrading treatment in the Sinai desert by Bedouin people traffickers. For over two months the refugees and asylum seekers have been held in chains in purpose built facilities south of Rafah on Egypt’s border with Israel. Despite having paid US$2000 each for transfer to Israel, traffickers are torturing them in order to obtain an additional $8000 per person from their family and friends abroad. They are repeatedly beaten, branded like cattle, and are often deprived of food and water, forcing some to drink their own urine. Several men have been informed their organs will be harvested in lieu of payment, while women are repeatedly raped by numerous assailants. Italian NGO Agenzia Habeshia reports that on Saturday, four female hostages who are still unable to meet the ransom were once again subjected to gang-rape, while a pregnant woman was so badly beaten that she is now reported to be extremely unwell. Although the plight of the hostages has now been highlighted by Pope Benedict XVI, the European Parliament, the UNHCR and the international media, there has been no action on the part of the Egyptian government to secure their release. Instead, small groups of hostages were released and transported to Israel in batches during December as friends and family managed to meet the extortionate terms for their release. According to the Italian NGO EveryOne Group, efforts to tackle the problem by a reluctant Egyptian government may have been hampered by limitations placed upon it by the 1978 Camp David Accords whereby its troops on this border must be armed lightly. The wealthy Bedouin, on the other hand, are heavily armed. “If Egypt and Israel fail to sign a new agreement on the Sinai, trafficking in migrants, slaves, children and human organs will continue in the future." CSW Advocacy Director Andrew Johnston said: “The continuing plight of the refugees in the Sinai desert is an indictment on humanity and on the international community. Human trafficking is modern day slavery; it is an international crime that spans national borders. Tackling it is therefore the responsibility of all nations, yet despite the increasing profile of this case, there has been no effective action. International pressure must be maintained until the Egyptian government takes its responsibility for the welfare of refugees seriously, and acts to end the inexcusable suffering of these unfortunate people.” For further information or to arrange interviews please contact Matthew Jones, Public Affairs Officer at Christian Solidarity Worldwide on +44 7826 938 360, email matthewjones@csw.org.uk or visit www.csw.org.uk. CSW is a human rights organisation which specialises in religious freedom, works on behalf of those persecuted for their Christian beliefs and promotes religious liberty for all.

lunedì 10 gennaio 2011

The asylum system in Israel

1/ in the past 20 years, only about 160 were recognized as refugees in Israel. Israel does not have a refugee law and hardly respect the Geneva convention laws even though it is signed on it. the Eritreans that are here in Israel are not recognized as refugees, they receive a status of group protection according to a recommendation from the UNHCR. 2/ there are about 18,000-20,000 Eritrean refugees in Israel. 3/ there is no refugee camps in Israel. when you speak to people and they tell you that they are in a camp, it is actually the prison they are in. they call it "camp" because it is in the desert and people sleep in tenets. but do not make any mistake it is a prison or the way the Israeli government refers to it as a "detention center". once again, there are no refugee camps in Israel. the only people that are allowed in the prison are the UNHCR people and the group i volunteer with "The Hotline". 4/ the asylum system is Israel works as such -for non Eritrean / Sudanese that are currently receiving group protection and it is enough to be identified as an Eritrean or Sudanese to be released of prison. for the rest it is a very long process that can take several months- to one or 2 years until your request is processed by the R.S.D unit which is a governmental unit of the ministry of interior that will decide if you are asylum seeker. about 99.9 percent of requests will be rejected. so, once again, the asylum requests are not reviewd by UNHCR or any NGO but by the government. until one and a half years ago the UNHCR were dealing with it but then they gave the power to the government.

domenica 9 gennaio 2011

EGYPT: Abuse of asylum-seekers in Sinai must stop, say activists

Hundreds of African asylum-seekers face torture, rape and extortion at the hands of Bedouin human traffickers in the Sinai peninsula.

EGYPT: Abuse of asylum-seekers in Sinai must stop, say activists

CAIRO, 6 January 2011 (IRIN) - Egyptian activists are calling on the government to take action to save African asylum-seekers from what they call the "systematic torture" they are being subjected to by their Bedouin captors in the Sinai peninsula who demand thousands of dollars in ransom. "The government says it does not have information [on this]," said Magda Botrous, a violence and physical safety specialist at the Egyptian Initiative for Personal Rights, a local NGO. "But the problem is that the government doesn't try to get the information," she told IRIN. According to some estimates, hundreds of African asylum-seekers cross into Israel every month from Egypt, getting help from what some rights advocates describe as "international human trafficking rings" which start in the Horn of Africa and end at the Egypt-Israel border. Rights groups say around 200 of these asylum-seekers - mostly from Eritrea - are held in the Sinai desert and face torture and rape, with their captors demanding money before they are allowed into Israel. The Egyptian foreign minister, however, on 12 December dismissed such reports as "mere claims" and even accused the organizations which issue them of attempting to tarnish Egypt's image. "Whoever has information about the presence of African refugees in captivity in the Sinai has to prove it," Ahmed Abul Gheit said. "They have to give us the names of the refugees and the places where they are kept," he told local media. Botrous and her colleagues insist the reports about the refugees in the Sinai are true. She says men are forced to work without food, and women are forced into prostitution. "It is unbecoming of Egypt to fall silent while something like this happens," she said. "The government can't really understand that it has a moral and a legal responsibility to rescue these people." Beatings, rape Botrous's organization was among 13 local rights groups to issue a statement [ http://www.anhri.net/en/?p=1877 ] on 29 December, calling on the government to intervene. The organizations say the African hostages are beaten, burned, and lashed with electric cables, while the captors communicate with their relatives to pressure them to pay ransom. "Women are separated from the men and repeatedly gang raped by their captors," they said in their statement. In a 13 December update, [ http://phr.org.il/default.asp?PageID=100&ItemID=953 ] Physicians for Human Rights-Israel (PHR-Israel) said clinic staff began noticing a growing trend over the past few months of women, recently freed from detention, seeking abortions. “In conversations with our doctors, many women confessed to being raped prior to entering Israel. Of a total of 165 abortions facilitated by the clinic between January and November 2010, PHR-Israel suspects half were requested by women who were sexually assaulted in the Sinai,” the update said. During the same period, 1,303 women were referred for gynaecological treatment, a large percentage as a result of the trauma endured in Sinai, according to PHR-Israel. In a video published on YouTube, Y.M Anna, an Eritrean asylum-seeker, describes the torture he underwent on his way to Israel at the hands of Bedouin smugglers. [ http://www.youtube.com/watch?v=H1O-b6-s2zE ] “We were beaten brutally, whipped on the face and on sensitive body parts; we were chained, four persons on each side. One of the common methods [by the captors] to get more money is to call family members in Sudan and Eritrea and let them hear the painful cries of their relatives and ask for more money. Some US$4,000-8,000 is the price paid to smugglers to reach Israel,” Anna said. “I was very depressed. I did not know what to do. I could not pay $4,000, so I stayed in the dessert for a month and a half. It was very hard,” he said. The 2010 Trafficking in Persons Report [ http://www.state.gov/documents/organization/142982.pdf ] of the US Department of State describes Egypt as a source, transit, and destination country for women and children who are subjected to people-trafficking. The government approved new legislation in May 2010 criminalizing people trafficking for labour and sexual exploitation. "We only want to save these innocent people who suffer horrifying conditions in the detention camps in Sinai," said Hossam Bahgat, a local rights activist. The UN Refugee Agency (UNHCR) said in November there were 39,461 refugees and asylum-seekers in Egypt. It said the majority of the refugees were Sudanese, followed by Iraqis, Somalis, Ethiopians, and Eritreans. © IRIN. All rights reserved. More humanitarian news and analysis: http://www.IRINnews.org

sabato 8 gennaio 2011

Urgent call for help! from Sinai / Richiesta di aiuto Urgente! dal Sinai

Urgent call for help! from Sinai 10:36 am, a call comes from the Eritrean hostages in the Sinai, told this morning that the four women have suffered sexual violence for the umpteenth time by a pack of thieves, because they repeatedly do not pay the ransom demanded by the smugglers. A pregnant women is very ill, after she was beaten by traffickers all this happened this morning, all this is happening while the "civilized" world is watching , distracted by other issues, some for indifference to this tragedy, for those who do not irritate governments of the region, the fact is that there is a significant silence, no one is doing anything to eradicate this scourge of our times, you do not see any results, except the release of the hostages who have paid the ransom. Even today, the crime of slave wins, thanks to the complicit silence of the mighty of the earth. Intolerable inaction of governments in the region of Sinai, the other more shameful silence of the international community to the tragedy of hundreds of refugees held in chains by the raiders in a plot of land of more red globe, not only because it is hot, but being a territory under control of the entire international community to the Israeli - Palestinian. But the international community seems willing to close our eyes to this tragedy of refugees are stripped of everything, up to their human dignity, to lose life itself. We wonder where are the defenders of human life? Where are the champions of human rights? Where Europe is the cradle of "civilization"? African hostages probably worth less than many others for which we all mobilize? Europe that rejects, are announced to build walls, but none deals with the lives of these desperate people. A knock on the conscience of each one of us. The silence of the mass media will not hide the desperate cries of women raped. We ask for a concrete sign of not more than blackmail to free those people, but ourselves, as I said this morning one of them, "now we cuttings to die here, but you live in a free to remain slaves of your inaction, your silence, your passive complicity with these criminals. " I do not get tired of asking the international community, especially Europe to make progress in combating this crime against humanity that is taking place on Europe's doorstep, in the territory of the countries considered allies and friends in Europe. Need a concrete shelter for the refugees, who are now stranded in Egypt and Libya, the inhuman conditions in which they are screened hundreds of refugees, not only by the traffickers, but also by the police in Egyptian prisons and the Libyan ones, are well known in Europe, something is needed to provide security to those who flee to seek protection, freedom and peace. We must offer them the opportunity to get to safe places, where they are guaranteed the civil and human rights of refugee, the asylum seeker, the refugee. Fr. Mussie Zerai Richiesta di aiuto Urgente!!! dal Sinai Ore 10.36, arriva una telefonata dai ostaggi eritrei nel Sinai, raccontano le quattro donne che sta mattina hanno dovuto subire per l'ennesima volta violenze sessuali dal branco dei predoni, ripetutamente perché non pagano il riscatto richiesto dai trafficanti. Una delle donne incinte sta molto male, dopo che stata picchiata dai trafficanti tutto questo accadeva questa mattina, tutto questo sta accadendo mentre il mondo "civile" sene sta a guardare, distratto da altre questioni, chi per indifferenza verso questo dramma, chi per non irritare governi di quella regione, sta di fatto che ce un sostanziale silenzio, nessuno sta facendo nulla per debellare questa piaga dei nostri giorni, non si vede nessun risultato, tranne la liberazione dei ostaggi che hanno pagato il riscatto. Ancora oggi il crimine degli schiavisti vince, grazie al silenzio complice dei potenti della terra. Intollerabile l'inerzia dei governi della regione del Sinai, altre tanto vergognoso il silenzio della comunità internazionale di fronte al dramma di centinaia di profughi tenuti in catene dai predoni in un fazzoletto di terra più rovente del globo, non solo perché fa caldo, ma essendo un territorio sotto controllo di tutta la comunità internazionale per la questione Israelo - Palestinese. Ma la comunità internazionale sembra disposta a chiudere gli occhi su questo dramma di profughi che vengono spogliati di tutto, per fino della loro dignità umana, fino a perdere anche la vita stessa. Ci chiediamo dove sono finiti i difensori della vita umana? Dove sono i paladini dei diritti umani? Dove l'Europa culla della "Civiltà"? Ostaggi africani forse valgono meno di tanti altri per i quali tutti si mobilitano? L'Europa che gli respinge, si annunciano muri da costruire, ma nessuno si occupa della vita di questi disperati. Bussano alla coscienza di ciascuno di noi. Il silenzio dei mas media non nasconderà le grida disperate delle donne stuprate. Chiediamo un segno concreto di ricatto per liberare non più quelle persone, ma noi stessi, come mi diceva sta mattina uno di loro, “ormai siamo rassegnati a morire qui, ma voi che vivete nel modo libero a restare schiavi della vostra inerzia, del vostro silenzio, della vostra complicità passiva con questi criminali”. Io non mi stancherò di chiedere alla Comunità Internazionale, in particolare all'Europa di fare passi in avanti per combattere questo crimine contro l'umanità che si sta consumando alle porte dell'Europa, in territorio di paesi considerati alleati e amici dell'Europa. Serve un progetto concreto di accoglienza per i profughi, che oggi sono bloccati in Egitto e Libia, le condizioni disumane a cui vengono sottoposti centinaia di profughi, non solo dai trafficanti, ma anche dalla polizia nelle carceri egiziane e quelle libiche, sono ben conosciuti in Europa, serve una soluzione che dia sicurezza a chi fugge per cercare protezione, libertà e pace. Bisogna offrirgli la possibilità di arrivare in posti sicuri, dove sono garantiti i diritti umani e civili del profugo, del richiedente asilo politico, del rifugiato. don Mussie Zerai

martedì 4 gennaio 2011

Immigrazione:Yemen,annegati 43 africani

Oltre 40 i dispersi, rovesciati due barconi(ANSA) - SANAA, 3 GEN - Circa 43 migranti africani, per la maggior parte etiopi, sono morti annegati al largo delle coste dello Yemen, quando i due barconi su cui erano ammassati si sono rovesciati.Lo ha reso noto oggi il ministero dell'Interno yemenita che parla anche di 40 dispersi. 'L'incidente e' stato provocato da forti venti e ondate che hanno fatto capovolgere le due imbarcazioni spingendole verso la costa',ha aggiunto il ministero citando la guardia costiera di Aden,grande citta' nel nord dello Yemen.

Migrants face Israel deportation

Israel set to introduce tough new measures to crack down on migrants coming in from African states. Israel is set to introduce tough new measures to stop what it calls a flood of 'infiltrators' from seeking work or refuge in the country. Every month up to 1,500 people, mostly Africans, pour into the state. The Israeli government, however, says that this influx could destroy the fabric of Jewish society. Those migrants who are unable to find work, meanwhile, are mostly being held in jails or detention centres. Al Jazeera's Tony Birtley reports from Tel Aviv.

lunedì 3 gennaio 2011

Ostaggi nel Sinai, meeting delle tribù beduine per combattere il traffico di esseri umani

di CARLO CIAVONI L'EMERGENZA UMANITARIAO staggi nel Sinai, meeting delle tribù beduine per combattere il traffico di esseri umaniIl prossimo 15 gennaio la maggior parte dei gruppi beduini nella parte egiziana di Rafah, la città di confine con la Striscia di Gaza, si riuniranno per firmare un documento che dovrebbe impegnare tutti a contrastare ogni sopruso nei confronti di esseri umani che si svolge sotto i loro occhi ormai da troppo tempo. La denuncia di EveryOne e di Global Crisis Solution Centerdi RAFAH - Dai container sotterrati nel deserto del Sinai egiziano, sono usciti altri 15 ostaggi, dopo aver fatto sborsare ai propri parenti gli 8.000 dollari del riscatto richiesto dai trafficanti. Ora - come riferisce padre Moses Zerai, direttore dell'agenzia eritrea Habeshia, in costante contatto con i profughi - il bilancio dei superstiti, ancora sottoposti a torture e stupri quotidiani, risulterebbe il seguente: del gruppo dei 250 iniziali, 100 sono letteralmente spariti, non si sa più dove siano, forse sono stati eliminati, oppure sono stati venduti ad altre bande che scorrazzano nella zona. Otto sono stati uccisi; 24 liberati un paio di settimane fa, dopo il pagamento del riscatto, ai quali vanno aggiunti gli ultimi 15 liberati ieri. In tutto, dunque, ne resterebbero 103. Alcuni di loro continuano a chiamare i parenti per supplicarli di versare il denaro richiesto. I versamenti vengono fatti con Western Union o attraverso un conto corrente bancario in Egitto. La sorte di chi non può pagare. Grande preoccupazione destano ora una ventina di loro che, nonostante abbiano tentato di farsi mandare i soldi da parenti e amici, si trovano nella condizione di non poter soddisfare le richieste dei carcerieri. Fra loro, ci sono anche sei donne, tre delle quali in stato di gravidanza. Per tutti, si profila il rischio di essere uccisi, oppure mandati in una delle tante cliniche egiziane, a quanto pare specializzate in espianti di rene, che sul mercato internazionale è valgono 6.000 dollari l'uno. Il meeting delle tribù. Così, mentre continua l'odissea dei profughi eritrei, somali, etiopi, nigeriani e sudanesi in fuga dagli orrori dei propri paesi e finiti nei container sotterrati nel deserto, il prossimo 15 gennaio la maggior parte delle tribù beduine della parte egiziana di Rafah, la città divisa in due al confine con la Striscia di Gaza, si riuniranno per firmare un documento comune di condanna che impegnerà tutti a denunciare e combattere ogni traffico di esseri umani che si svolge sotto i loro occhi. Il meeting si dovrebbe svolgere non lontano dal borgo di al-Mahdeyya, a sud della città, proprio nella zona dove vengono segregati molti dei profughi, ormai da troppo tempo, nell'indifferenza generale. L'obiettivo dell'incontro di Rafah, oltre a quello (auspicabile) della solidarietà con le vittime di questa tragedia, è quello di tentare di salvare l'immagine dei gruppo di beduini dell'area, identificati ormai come trafficanti di organi, stupratori, assassini. Il ruolo di Abu Khaled. Secondo EveryOne Group 1, un'organizzazione umanitaria che si batte per la difesa dei diritti umani in Medioriente e una Ong israeliana, impegnata sullo stesso fronte, Global Crisis Solution Center 2, il traffico sarebbe gestito da bande, a quanto pare capeggiate da un certo Abu Khaled, beduino palestinese della tribù Rashaida, al quale vengono attribuiti legami con Hamas, al momento - tuttavia - non verificati. Sembra anche che sia in relazioni di affari - ma anche questo è in via di accertamento - con il trafficante di armi, tale Abu Ahmed, anche lui di Rafah, il quale disporrebbe della collaborazione di una ventina di uomini per organizzare il traffico di profughi in rotta verso Israele, lungo uno dei tunnel che ramificano lungo il "corridoio di Philadelphia", ossia il tratto di terra che separa l'Egitto dalla Striscia di Gaza. A questo gruppo di predoni, dotati di armi pesanti e sistemi di comunicazione e intercettazione sofisticatissimi, sarebbe destinato il lavoro sporco, mentre ad altri, i cosiddetti "runners", è affidato il compito di trasportare velocemente sulle proprie spalle i beni dei migranti da Rafah a Gaza, correndo lungo i tunnel. Ed è proprio la particolare forza organizzativa e bellica delle bande che finora ha dissuaso le autorità egiziane dall'intervento nella zona, ricordando a chi le critica, l'accordo con Israele secondo il quale lungo i confini comuni deve essere interdetto l'uso di armi pesanti. "Mica possiamo mandarci i poliziotti armati solo di pistole a contrastare questi criminali", sarebbe stata in sostanza la risposta del governo egiziano. Protetti dalla corruzione. Khaled, assieme ad Abu Ahmed, è ricercato per contrabbando, e se ancora tutti e due non sono stati arrestati dalle autorità egiziane - sostengono le organizzazioni umanitarie - si deve solo all'alto tasso di corruzione, che gli stessi trafficanti, intervistati da quotidiani britannici, dicono di aver verificato. Gli stessi predoni, affermano poi che "all'Egitto i trafficanti fanno comodo, perché se vengono chiusi i tunnel che da Rafah portano a Gaza, il Sinai verrebbe inondato di persone che vogliono attraversare il confine, per raggiungere Israele". In ostaggio oltre 2.000 persone. Secondo un'inchiesta di EveryOne Group, le vittime attualmente nelle mani della rete dei trafficanti, che specula sulla disperazione di chi fugge da guerre e soprusi di vario genere, sarebbero circa 2.000 persone, quasi tutte provenienti dal Corno d'Africa e ancora in catene nei container sotterrati nel Sinai, che per essere liberate devono pagare un riscatto di 8.000 dollari ciascuna. Un giro d'affari che frutta milioni di dollari a gente senza scrupoli, in combutta diretta con il commercio internazionale di organi, espiantati a chi non riesce a farsi mandare i soldi del riscatto dai propri parenti.

Non solo la disperazione eritrea

Il Governo italiano non ha mai prestato un particolare interesse per il futuro di quelle popolazioni dei paesi che un tempo erano parte di un misero impero. Gli interessi internazionali non contempla tra le sue priorità i Diritti umani, ma solo gli affari da stipulare con gli ambigui governanti delle sue ex colonie. Una scelta che l’Italia non ha intrapreso solitariamente. La Somalia è una tra le nazioni malavitose dove le attività illegali sono più rigogliose. La guerra civile che da una ventina d’anni ha lasciato la Somalia senza una struttura amministrativa, ma di mille fazioni che governano tanti frammenti di territorio, è l’ambiente adatto per i commerci illegali e sperimentare ogni fantasiosa brutalità. Una regione dove prospera la pirateria e i traffici di esseri umani, oltre a quello di materiale tossico. In questo caos istituzionale e governativo sono solo le Ong ha fornire, tra mille difficoltà, un supporto alla popolazione, trattando sia con formazioni islamiche più o meno fanatiche che con l’ectoplasmatica rappresentanza politica, non solo per far giungere aiuti alimentari, ma per dare una parvenza di vita civile, dando una continuità all’istruzione e all’assistenza sanitaria. Risultati ottenuti anche tessendo difficili rapporti non solo con le bande di contrabbandieri, ma anche con i militari della forza di pace dell’Unione africana (Amisom), presenti per difendere una sembianza di Governo, mentre nel caos il Al Shabaab pesca nel torbido e lancia minacce all’Occidente in tono Al Qaeda. In Eritrea la situazione si differenzia dalla Somalia solo per il fatto che la brutalità viene solo da un Governo centrale, tanto forte da rendere il paese una grande prigione a cielo aperto, ma non manca l’incertezza della propria vita. L’idiosincrasia del presidente/padrone eritreo, Isaias Afewerki, per un’informazione libera è stata incanalata con incarcerazione di una trentina di giornalisti, stimolando in sovraffollate delle prigioni. Un debole segno di condanna alle continue violazioni dei Diritti Umani in Eritrea, è allo studio dal Congresso statunitense, impedendo alle ditte di tutto il mondo che lavorano con quella nazione, numerose italiane, di operare nella borsa americana. Un’iniziativa che andrebbe presa in considerazione anche dall’Unione europea e soprattutto dall’Italia che foraggia un governo autoritario. È un primo passo per boicottare il regime e fermare la diaspora eritrea che costringe un’umanità oppressa ad affidarsi ai trafficanti di persone ed affrontare un viaggio pieno di sofferenze, attraversando anche il deserto prima del Mediterraneo, ma non sempre riescono a vedere la spiaggia per imbarcarsi sulle carrette del mare. Vengono passati da gruppo a banda sino a trovarsi ostaggi dei predoni nel deserto del Sinai, come sta accadendo da alcuni mesi ad un centinaio di eritrei, in gran parte cristiani, in compagnia di altre centinaia di etiopi e sudanesi. Le famiglie di una ventina dei sequestrati hanno raccolto il denaro necessario per riscattare le loro vite ed essere presi in consegna dai militari egiziani. In questo inizio di 2011 i cristiani e musulmani si trovano compagni di sventura, in balia di briganti, con la complicità, secondo il gruppo umanitario Everyone, di Hamas, in mezzo al deserto, in questo periodo definito da molti di passaggio dal vecchio al nuovo, un tragico accostamento di tempi e luoghi con il transito di un’umanità nel deserto che ha un precedente illustre con un popolo in fuga dalla schiavitù, vagando tra le dune, sperando che non si prolunghi per quarantenni, attendendo di poter essere accolti nei campi profughi in Israele. La timida diplomazia, pungolata dal sacerdote eritreo Mussie Zerai Yosief, responsabile dell’agenzia Habesia per la cooperazione e lo sviluppo, è riuscita a far riconoscere al governo egiziano l’esistenza del dramma, mentre gran parte del Pianeta chiude per ferie, ammettendo anche che il traffico di umanità coinvolge un numero ben più superiore di qualche centinaio di persone. Dalla Libia governata con pugno di ferro, con un presidente da operetta, viene il ricatto petrolifero non solo per l’Italia, avanzando continue richieste di risarcimento post coloniale o aiuti economici per bloccare, nei campi di detenzione, le speranze di una vita migliore di un’umanità che fugge dalle persecuzioni e pronta ad affrontare una perigliosa attraversata del Mediterraneo. Tra le ex colonia c’è anche un’Etiopia che cerca di non farsi notare troppo, cercando di non evitare un ulteriore coinvolgimento nel pantano somalo, ostentando un’apparente democrazia. Per chi decide e riesce ad affrontato il lungo e pericoloso viaggio, riuscendo a toccare il suolo italiano, non va meglio, anche dopo aver ottenuto il permesso per protezione sussidiaria, un primo passo per vedersi riconosciuto lo status di rifugiato, trovandosi con un pezzo di carta e abbandonati a se stessi. Un esempio è quello di un gruppo di somali che occupa da anni l’ex ambasciata a Roma, di proprietà di uno stato che non riesce neanche a gestire il quartiere di Mogadiscio nel quale ha sede, vivendo nel degrado. Una palazzina fatiscente, tra sedi diplomatiche e residenze signorili, che nel 1991 ha messo di essere la rappresentanza somala, per diventare un punto di riferimento dei somali in fuga, oltre che dormitorio senza servizi. L'Italia è il paese europeo più carente nell'ambito delle politiche di assistenza verso il rifugiato. Alcuni somali sono arrivati in Olanda, altri in Svezia, ottenendo sostegno, ma poi le autorità devono applicare il trattato di Dublino, obbligando i rifugiati a risiedere nel paese dove hanno richiesto asilo, a meno che non sono forniti di un'autorizzazione di libero spostamento tra i paesi europei. Si valuta, oltre ai 150 rifugiati nell’ex ambasciata somala, che a Roma sono presenti un altro migliaio di rifugiati dimenticati dalle istituzioni, tra questi libici ed etiopi, altri ex sudditi dell’impero, oltre ad afgani e curdi, lasciati senza alcuna assistenza, se non quella della Caritas o di altre associazioni di volontariato. Un disinteresse delle istituzioni dettato, forse, solo per non contrariare i governi dai quali fuggono. Anche in questo caso sono rare le voci in loro difesa, tranne le ovvie prese di posizioni dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) o di altre organizzazioni umanitarie, ma mancano quello dei compatrioti più fortunati, degli intellettuali e imprenditori italo-somali, mentre l’Italia continua a deludere le sue ex colonie, cercando di ignorare i vari appelli provenienti dai territori d’oltre mare, come quello di un centinaio di parlamentari somali nell’auspicare un concreto riavvicinamento tre le due nazioni. Tra i buoni propositi, per il 2011, i Governi democratici dovrebbero prendere in considerazione aggiornamento dell’elenco delle nazioni canaglia, per svincolarsi da ogni ricatto economico e finanziario.

domenica 2 gennaio 2011

Migrants smuggled across desert by Bedouin face abuse

31 December 2010 Last updated at 07:33 GMT Help Europe is still an attractive destination for African migrants prepared to risk their lives on dangerous journeys across the Mediterranean Sea, but as European borders become harder to breach, growing numbers are crossing the desert from Africa into Israel. The migrants find themselves completely at the mercy of the Bedouin people smugglers who they rely on to make the crossing. In an exclusive report, the BBC's Rupert Wingfield-Hayes met some of those being held in Egypt's Sinai desert and the people traffickers profiting from the trade.

Fears over African migrants held by Sinai Bedouin

African migrants gather in the Sinai before attempting the perilous journey to Israel Human rights groups say Bedouin smuggling gangs are holding over a hundred African migrants for ransom in the Sinai desert. The BBC's Rupert Wingfield-Hayes has had rare access to smugglers close to the Israeli border. Dusk is falling across the desert as we arrive at our rendezvous. It has taken five hours to get here from Cairo via a circuitous route to avoid the Egyptian police checkpoints. We draw up beside a white, Toyota four-wheel drive. The window rolls down to reveal the face of a handsome, Bedouin man with a carefully trimmed beard and a red and white kefiyyah scarf on his head. "Follow me," he shouts in Arabic and we head off again, this time into the sand dunes and gathering gloom. Half-an-hour later I am sitting beside a crackling fire inside a Bedouin tent with five men. They are all people smugglers. It is not the Bedouin way to hurry. First we must drink tea. Our hosts are exquisitely polite, but it is more than two hours before we can finally broach the subject we have come to talk about. "We have heard that Africans are being held for ransom out here and that women have been raped and men killed," we say. Their answers are evasive. "We hear of such tragedies," one man states, "there are people in this business who mistreat migrants." "It is a very hard journey," he adds. "Some migrants die along the way from thirst or exhaustion." We press them about reports that people are being held hostage. "Often the Africans do not have any money," the man answers, "but we still have to feed and house them. Out of 30 maybe only 10 can pay. In this situation we lose money." Human cargo As if to prove they do not mistreat their clients the smugglers then produce two young African men from out of the night. One is barely past childhood. He tells me in broken English that his name is Amar, he is just 15 and from Eritrea. As we talk, it rapidly becomes apparent that Amar is being held hostage. AdvertisementMigrants crossing the desert are completely at the mercy of the Bedouin people smugglers He has been waiting with the smugglers for a month to cross to Israel but they will not let him go until his family pays up. "How much do they want?" I ask. "Tonight my brother called to say he can send US $2000. They are trying to make a deal," Amar says. Amar is well-dressed and shows no signs of mistreatment but as we sit and eat with our Bedouin hosts the two Eritreans are made to sit in the corner and watch. They are not even offered a cup of tea. It is a telling sign of how the smugglers view the African chattels. Worsening abuse If you want to get an idea of the full horror of what can happen out in the desert you have to cross the border to Israel. African migrants get medical and legal assistance from Israeli NGOs There are over 30,000 African migrants in the country who have entered illegally from Egypt. At a Tel Aviv clinic run by the group Physicians for Human Rights, there are hundreds of Eritreans, Ethiopians and Sudanese crowded into the waiting room. One young woman from Ethiopia agrees to talk. She asks to be called Amira, although it is not her real name. "We had been told to pay $2,000, but when we got to the Sinai they said the price was $3,000," Amira recalls. "Those who refused to pay were beaten." She says the men were then forced to watch as their wives were raped in front of them. "They would take me into the front of the pick-up and do whatever they liked with me. The distress of this was too much for my husband," Amira says and then falls into uncontrollable weeping. More cases are coming to light like that of Amira who says she was raped in the desert "Oh my love," she cries. "Oh my sweetheart." Depressed and weakened by the beatings and dehydration, Amira's husband died in the desert. Doctors at the clinic are documenting more and more cases of this kind. More than a third of the migrant women they treat have been raped. A quarter of the migrants tell of being tortured. "It is in order to extort money," says Dan Cohen, director of Physicians for Human Rights. "The smugglers use different methods like torturing. The women are raped and men are buried in sand and left for days to put pressure on them and make the families send money." More than a thousand Africans are staggering out of the desert to arrive in Israel each month, hoping to start a new life. Yet the Sinai is huge and unforgiving. There is no law out there and nobody knows for certain how many more African migrants are being held hostage, raped, or left to die along the desert trails.

sabato 1 gennaio 2011

Eritrei, l'ultimo oltraggio: in 27 arrestati dagli egiziani

di Umberto De Giovannangeli in “l'Unità” del 30 dicembre 2010La polizia egiziana, schierata nel Sinai dove centinaia di eritrei sono tenuti in ostaggio dai trafficanti di immigrati, ha ricevuto l'ordine di non sparare, ma di arrestare e interrogare i migranti (considerati immigrati clandestini in Egitto) che vengono rilasciati dopo il pagamento di un riscatto per cercare di capire dove si trovano e come agiscono i beduini. È l’ultimo oltraggio inferto a donne e uomini da mesi in balia dei predoni del Sinai. Gli agenti del Cairo, spiegano fonti egiziane, non intervengono per liberare gli ostaggi per rispetto del Trattato di pace con Israele che impedisce di introdurre armi pesanti e blindati nella zona di frontiera. I beduini, invece, sarebbero dotati di armi molto sofisticate, acquistate dai sudanesi con il traffico di migranti. odissea continua Picchiati. Minacciati di morte. Trattati come bestie. Ed ora anche arrestati da coloro che avrebbero dovuto liberarli. È dell’altro ieri la notizia secondo cui 27 profughi etiopi ed eritrei, liberati dai trafficanti di Abu Khaled nella cittadina egiziana di Rafah, nel Sinai del Nord, dopo che i loro familiari hanno pagato il riscatto di 8mila dollari ciascuno, sarebbero stati prima arrestati dalla polizia egiziana e successivamente portati nelle rispettive ambasciate d’Etiopia e di Eritrea a Il Cairo. «È imminente la loro deportazione nei Paesi d’origine, dai quali questi profughi sono fuggiti per crisi umanitarie, persecuzioni e genocidi», denunciano Roberto Malini, Matteo Pegoraro e Dario Picciau, co-presidenti dell’organizzazione umanitaria EveryOne, che segue sin dall’inizio l’intera vicenda degli oltre 250 profughi ostaggio dei trafficanti di esseri umani nel Sinai. «Questi innocenti, per fuggire da Etiopia ed Eritrea, hanno affrontato un estenuante viaggio nel deserto, toccando anche i confini libici, venendo ripetutamente respinti. Alla fine sono approdati in territorio egiziano e sono stati consegnati ai trafficanti beduini Rashaida collusi con Hamas e con la Muslim Brotherhood, prima di raggiungere Israele, che li hanno sottoposti a spietate estorsioni e tremendi abusi, tra cui stupri e torture. Deportarli nei rispettivi Paesi di origine vorrebbe dire ammazzarli, istituzionalizzando una persecuzione e rendendo vano ogni loro sforzo di sopravvivenza in tutto questo tempo ». voci da Israele «We Refugees» (noi rifugiati), una Ong israeliana per la difesa dei diritti umani, ha chiesto ieri l'intervento urgente del governo egiziano per liberare circa 300 profughi eritrei tenuti prigionieri secondo diverse denunce nel Sinai da trafficanti, in condizioni disumane. L'Ong si è così associata a un analogo «indignato» appello lanciato l’altro da 13 Ong egiziane, che hanno denunciato «una congiura del silenzio» sul caso. Nel messaggio della Ong israeliana, firmato anche dall'exparlamentare Zaava Galon, si afferma che l'inazione mostrata finora dalle autorità «suscita la preoccupante impressione che i crimini (di cui sono vittime i rifugiati, ndr) siano visti dai governi egiziano e israeliano come in linea con i loro interessi nazionali. La situazione attuale è il diretto proseguimento di politiche che hanno visto migranti uccisi (dal fuoco delle guardie di frontiera) sul confine israelo-egiziano». «We Refugees» è una Ong formata da legali che si sono impegnati a proteggere i diritti dei rifugiati, di persone in cerca di asilo e di apolidi. Stando a fonti diverse, circa 300 profughi eritrei (e forse anche sudanesi) sono in ostaggio di bande di predoni che avrebbero fortemente aumentato la somma inizialmente pattuita per farli entrare clandestinamente in Israele. In base a quanto è trapelato, si ritiene che essi siano vittime di gravi maltrattamenti, torture e stupri