SAVINO PEZZOTTA. Signor Presidente, sono veramente dispiaciuto di dover intervenire un'altra volta su questo tema, ma la situazione sta continuamente drammatizzandosi. Ho sperato, come tanti altri, che in questo anno la situazione potesse trovare una soluzione. Da molto tempo, ormai troppo, si sta consumando nella penisola del Sinai un dramma umano che inquieta, che turba, che crea profonda emotività e lo si sta consumando nella totale indifferenza dell'Europa e anche, devo purtroppo dire, del nostro Paese.
Migliaia di profughi fuggiti dal Corno d'Africa, in particolare dall'Eritrea e dalla Somalia, di cui conosciamo le situazioni politiche, economiche e anche di conflitto, sono stati ridotti allo stato di schiavitù o
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forse anche peggio della schiavitù. Sono stati ridotti a cose da poter scambiare, da poter vendere, da poter utilizzare, da una banda di predoni. Sono in larga maggioranza giovani, donne e bambini e sono vittime di un traffico inumano, organizzato da criminali che si arricchiscono da un lato con le richieste di riscatto verso le famiglie, verso gli amici, verso i conoscenti o, peggio, con un traffico clandestino di organi ai quali vengono obbligati e sottoposti quelli che non sono in grado di pagarsi la libertà.
Abbiamo racconti, telefonate veramente raccapriccianti e tremendi su quello che sta avvenendo in quell'area, anche se poi ci dicono che non riescono a localizzarli, ma basterebbe poco per localizzare dove sono, visto che si riesce ad avere contatti telefonici e la localizzazione di dove sono collocati credo che sia in una cosa anche abbastanza facile. Sono persone in fuga da situazioni di guerra, di persecuzioni, dalla dittatura e che speravano sicuramente di poter riconquistare, raggiungere una posizione nella quale farsi riconoscere nella loro condizione di profughi e di richiedenti asilo. In questo cammino verso la libertà, oserei dire verso la sopravvivenza, anche fisica, condotto in situazioni estreme, non sono riusciti ad arrivare ai luoghi che gli avrebbero consentito questa possibilità, cioè di pervenire a luoghi più sicuri, a luoghi dove avrebbero potuto farsi riconoscere il loro status di profughi, di rifugiati, e sono caduti nella rete di organizzazioni clandestine che, approfittando della loro situazione, ne hanno veramente utilizzata la condizione di estrema difficoltà, magari offrendogli un passaggio fino al confine israeliano, ma molte volte sono caduti nelle mani di predoni che gestiscono il traffico di persone. I pochi che sono riusciti a sottrarsi a questa cattura sono molte volte stati vittime delle guardie di frontiera che impediscono il loro espatrio, qui necessariamente clandestino, in Israele. Molti finiscono nelle carceri egiziane, dove sicuramente la loro situazione di trattamento, la loro situazione umana è diventata sempre più drammatica.
Molti giovani sono riusciti ad arrivare in Libia. Sono stati respinti, respinti quando hanno tentato, in mare, di uscirne, respinti verso il Sahara e dal Sahara verso il Sinai e, pertanto, diventati oggetto di cattura. Nel 2010 l'agenzia Habeshia, che in Italia si occupa dei profughi eritrei, e altre organizzazioni umanitarie, avevano lanciato un grido d'allarme, avevano segnalato questa situazione. Un anno fa si poteva parlare di 250 persone, oggi si comincia a parlare di migliaia.
Noi vorremmo che su questo vi fosse un'attenzione e una riflessione. Con questa interpellanza urgente chiediamo un'attenzione, pertanto, al nostro Governo, pur sapendo qual è la situazione politica di quei territori e di quegli ambiti, sicuramente molto più difficile oggi di quella che non era un po' di tempo fa. Noi chiediamo un'attenzione a questo problema e di ammettere e di definire delle iniziative presso le competenti sedi, europee ed internazionali. Chiediamo che il nostro Governo si attivi per coinvolgere l'Interpol, perché apra un'inchiesta su questo traffico di esseri umani, coinvolgendo la polizia egiziana e israeliana, con l'obiettivo di emettere mandati di cattura internazionali. Tanto, più o meno, si conoscono coloro che dirigono questo traffico. Chiediamo che si apra un'inchiesta specifica per risalire la catena che porta al traffico clandestino di organi, un traffico che sappiamo dove va a finire. Vi sono cliniche, medici e persone che si prestano, per motivi di denaro, a utilizzare il corpo e parti del corpo di persone per arricchirsi.
Bisogna sensibilizzare il Governo egiziano perché consenta l'accesso alle carceri alle organizzazioni umanitarie internazionali, per verificare se vi sono dei profughi, dei richiedenti asilo e per vedere, allora, di immetterli in questo status, in questa condizione di protezione internazionale. Inoltre, chiediamo che il nostro Governo intervenga presso l'Unione europea, in modo che si possa agire perché si aprano le frontiere per coloro che rischiano di cadere nelle mani dei predoni. Anche in questo caso, alla fine deve essere
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riconosciuto, a quelli che ne hanno il diritto, lo status di rifugiati, di esuli politici e di profughi.
Inoltre, credo che sia arrivato il tempo di modificare, in Italia, quella che è la politica dell'accoglienza. Noi prendiamo come esempio quanto avviene in Svezia, ma il tema della politica di accoglienza è un tema che va affrontato, soprattutto per quanto riguarda i rifugiati, per quanto riguarda i profughi. Ricordo che nella nostra Costituzione vi è un capitolo preciso sul diritto d'asilo. Tuttavia, devo anche ricordare che il nostro è uno dei pochi Paesi europei che non ha ancora una legge organica sul diritto d'asilo. Credo che il nostro Governo dovrebbe contribuire a realizzare progetti di sostegno nei Paesi di transito, in modo da consentire una via d'uscita a queste persone che per necessità devono andare via. Queste persone sono molto diverse da coloro che fuggono magari per altre esigenze, perché qui vi è la necessità della vita e della libertà.
Ciò affinché il transito sia tranquillo, sia assistito e affinché queste persone, alla fine, possano arrivare ad essere riconosciute nel loro status internazionale di profughi o di richiedenti asilo. Credo che dobbiamo fare in fretta perché ogni giorno che passa è un dramma in più. Pensiamo che il nostro Governo dovrebbe - per la nostra storia e la nostra tradizione, per quello spirito umanitario che anima il nostro essere, ma anche soltanto perché ogni persona che viene trattata in tal modo è un'offesa anche al nostro modo di pensare alla democrazia e alla libertà -, nel limite delle possibilità attuali, agire in fretta perché questa situazione trovi una sua soluzione.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per gli affari esteri, Staffan de Mistura, ha facoltà di rispondere.
STAFFAN DE MISTURA, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, onorevole Pezzotta, prima di tutto la ringrazio per aver sollevato questa questione. Prima di tutto, a nome del Governo, posso dire che la questione dei profughi e dei rifugiati del Corno d'Africa è nota e guardata con molta attenzione e - se mi permette - personalmente, basandomi sulla mia storia personale, la sento profondamente. Quindi, le sono grato di sollevare e di risollevare questo argomento.
Leggerò con attenzione, sono quindici punti, articolati in maniera tale da essere, per quanto possibile, precisi su quella che è una situazione complessa e complicata.
Il primo punto è che grazie anche - e francamente molto - alla sua interpellanza noi ci siamo molto attivati, sia nell'ambasciata de Il Cairo, che altrove con le autorità locali, in particolare egiziane, e le organizzazioni internazionali, su questo argomento. Tutto questo però - per avere una massa critica - è stato e viene fatto in stretto coordinamento con la delegazione dell'Unione europea: è inevitabile, perché così abbiamo maggiore capacità di pressione.
Da parte egiziana va detto - e dobbiamo confermarlo, perché l'abbiamo visto ogni volta che c'è stato un intervento - che c'è collaborazione, c'è attiva collaborazione. È stato confermato quello che lei dice, ossia una presenza di eritrei in Alto Egitto e, in più, essi hanno un contatto - molti almeno, ma non tutti, ma quelli a cui lei si riferisce credo che siano proprio quelli - con l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) e, proprio alcuni di loro, dall'Alto Egitto, sono stati trasportati su base volontaria, da quanto ci risulta, in Etiopia. In più, basandosi sui contatti con le organizzazioni internazionali competenti, in particolare, di nuovo, con l'UNHCR, L'OIM, l'Organizzazione internazionale per le migrazioni, e le ONG più direttamente interessate, è stato notato - e, devo dire, con apprezzamento - che le autorità egiziane hanno consentito a loro di visitare i centri di accoglienza di Luxor e Assuan, gestiti dal Governo egiziano. Abbiamo anche notato, tramite i nostri contatti, che le autorità egiziane, alle quali viene ricordata l'importanza che questo problema ha ai nostri occhi, ma anche ai loro occhi,
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hanno intensificato, per quello che possiamo notare, l'impegno nel contrasto ai traffici di esseri umani.
Ora arriviamo al Sinai, ossia alla questione che lei solleva in particolare. Immagino che lei sia stato nel Sinai, bene, vedo che c'è stato. Io ci sono stato varie volte: è un territorio vastissimo, complesso, che proprio in una fase molto fragile, come quella che esiste adesso, non solo in Egitto, ma in tutta quella che chiameremo la «primavera avanzata araba», non è facile da controllare. Rimane quindi una zona difficile da controllare e, in particolare, in una certa zona dell'Egitto la sicurezza è inoltre peggiorata in questa fase politicamente di transizione. Questo non vuol dire che non possono usare i telefoni, ma arrivare a raggiungere quelle zone dove questi personaggi, in particolare organizzazioni criminali, operano, è difficile. Abbiamo la conferma - anche tramite alcune inchieste condotte dalla nostra Polizia di Stato insieme a quella egiziana - del coinvolgimento di gruppi criminali organizzati, e - lei ha ragione - del fatto che le tribù beduine vengono in qualche maniera collegate o utilizzate per questo.
Ora, il fatto non è solo egiziano, possiamo dire che non è circoscritto solo all'Egitto, ma anche ad altre zone, come la Libia e la Tunisia, dove, per motivi di transizione politica interna, è difficile da parte delle autorità locali poter focalizzarsi su quelli che, invece, sono problemi che riteniamo importanti ed urgenti, ma rispetto ai quali abbiamo notato, anche da parte loro, sensibilità e attenzione. Quindi, non vi è una risposta negativa, anzi. I rapporti da parte israeliana - lei ha fatto riferimento a questo - restano molto efficaci, anche perché la situazione, il controllo e l'accoglienza alla frontiera sono per loro tecnicamente più facili e il risultato è molto efficace. Per quello che riguarda l'azione in favore dei profughi del Corno d'Africa in Sinai, continueremo, anche grazie al fatto che lei ci sta stimolando - abbiamo bisogno di questi stimoli, onorevole, perché il mondo è grande, e quindi, a volte, ci si dimentica quanto urgenti siano delle situazioni che toccano anche i nostri principi umanitari -, a sensibilizzare direttamente il Cairo, il quale sta reagendo con grande collaborazione, devo dire e ripeto.
Intendiamo anche stimolare lo sviluppo della collaborazione tra l'Unione europea e l'Egitto proprio nel settore migratorio. Ora, nel contesto europeo potremmo vedere opportunamente valutate delle iniziative in materia di sistema generale di accoglienza, che è un argomento che va ben oltre rispetto a quello sul quale riferiamo. Sulla questione del traffico di organi, è orribile soltanto pensare che questo possa avvenire, come forse - lei mi pare avere informazioni chiare - sta avvenendo. Al riguardo, le autorità egiziane stanno dimostrando una particolare disponibilità, e non soltanto al dialogo. Le do un esempio: mentre stiamo parlando, in questo momento, il 22 dicembre, al Cairo, proprio adesso, vi è un convegno organizzato dall'Organizzazione mondiale delle migrazioni, la IOM, proprio sull'argomento delle migrazioni, ma, soprattutto, sulla sensibilizzazione delle autorità locali verso le tematiche che lei ha sollevato.
Per guardare, invece, lontano, cioè alle origini, l'Italia contribuisce, nonostante la nostra situazione, che, come lei ben sa, è molto attenta ai costi, in questo periodo, ad alleviare le sofferenze dei profughi anche nei Paesi di transito, cioè Etiopia e Sudan. Nel Sudan orientale la cooperazione italiana realizza interventi a sostegno del sistema sanitario locale, sia direttamente sia tramite Agenzie dell'ONU, in special modo l'UNICEF, in particolare con 500 mila euro, che sono stati dati anche in favore dell'UNHCR. In più, 44 mila rifugiati somali sono stati, come lei sa, accolti dai campi delle Nazioni Unite presenti nel Paese (in particolare, quello di Dolo Ado). Comunque, grazie di nuovo. Abbiamo bisogno di questi stimoli e nel 2012 intendiamo continuare questo lavoro di sensibilizzazione, ma anche di attivismo, perché i punti che lei ha sottolineato sono validi.
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PRESIDENTE. Saluto gli studenti e i docenti dell'Istituto Comprensivo Statale «Alessandro Manzoni» di Castellanza, in provincia di Varese, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
L'onorevole Pezzotta ha facoltà di replicare.
SAVINO PEZZOTTA. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario. Voglio solo fare osservare alcune cose: comprendo pienamente la complessità di agire in quell'area dopo la «primavera» e quello che si sta determinando è anche, probabilmente, una sorta di debolezza transitoria di potere che si può determinare e che rende molto più difficile di un tempo l'intervento. Credo che alcune risposte mi possano soddisfare. Mi rimane solo il dubbio - lo dico, anche qui, in modo molto pacato e certamente non polemico - di quanto tempo queste persone che sono prigioniere nel Sinai rimangano lì.
Infatti, se non diamo un termine entro il quale evacuarle, portarle via, la questione degli organi continuerà ad esistere. Anche per le forze sul confine israeliano succede qualcosa, perché non penso che l'espiantazione di organi possa avvenire nel deserto. Per cui, bisogna sensibilizzare lo stesso Governo israeliano su quello che succede sulla sua frontiera.
Sono d'accordo sulla conferenza che si sta svolgendo in questi giorni a Il Cairo, però sappiamo quanto le organizzazioni internazionali abbiano dubbi su ciò che avviene in Egitto rispetto alla questione dell'espiantazione degli organi. Pertanto, credo vi sia bisogno di una maggiore pressione da parte del nostro Governo.
Accolgo con molto interesse quanto lei ha detto rispetto al coinvolgimento dell'Unione europea, ma rimane, a mio avviso, ancora aperta la questione di quando liberare queste persone. La polizia egiziana non può fare finta di non sapere dove sono, perché lo sappiamo noi. Telefoniamo, parliamo con i prigionieri e, se noi che siamo in Italia sappiamo dove si trovano, credo che una polizia minimamente dotata - non mi sembra che la polizia egiziana non lo sia - sia in grado di arrivare dove queste persone sono prigioniere e rinchiuse. Lo abbiamo fatto presente anche ai diplomatici egiziani, ma non sempre otteniamo delle risposte forti.
Pur accogliendo con attenzione quanto lei ha detto, insisterei perché vi sia un'azione molto più pressante affinché queste persone siano liberate.