venerdì 30 dicembre 2011

Italia 2065 11 Milioni di Immigrati o Cittadini?

«S iete vecchi! Vecchi! Vecchi!». Il tormentone di Oliviero Toscani è ripreso nei dati Istat: l' età media degli italiani, che è già a 43,5 anni, è destinata a salire quasi a 50. E andrebbe ancora più su senza gli immigrati. Che in mezzo secolo dovrebbero triplicare. C' è chi si sentirà gelare il sangue. Ma mai come in questo caso i numeri vanno presi con le pinze. E possono aiutare a capire. Gli anziani con oltre 65 anni che sono un quinto (20,3%) della popolazione, dovrebbero nel 2043, cioè fra poco più di tre decenni (il tempo che ci separa, per dire, dal festival di Sanremo segnato dal «Wojtilaccio» di Benigni) passare il 32%. Uno su tre. Il numero dei bambini e dei ragazzi sotto i 14 anni dovrebbe scendere parallelamente nel 2037 al 12,4%: uno su otto. Mentre cresceranno i pensionati, caleranno gli italiani al lavoro per pagare quelle pensioni e accantonare le proprie: la popolazione in età lavorativa (15-64 anni) scenderà in tre lustri dal 65,7% al 62,8% per precipitare infine nel 2056 a un minimo del 54,3%. Non c' è Paese al mondo che possa reggere con numeri così. Impossibile. Men che meno un Paese industriale che tale voglia restare. Ed è in questo contesto che vanno letti i dati sull' immigrazione. Dice dunque l' Istituto di statistica che, sulla base delle tendenze attuali (da prendere con le molle perché la storia prende spesso pieghe inattese), gli arrivi dovrebbero proseguire incessanti con un aumento dei residenti con cognome estero dai 4,6 milioni di oggi a 14,1 milioni nel 2065. Per capirci: «L' incidenza della popolazione straniera passerà dall' attuale 7,5% a valori compresi tra il 22% e il 24% nel 2065». Ma qui, appunto, bisogna capirci. Partiamo dall' età media: spiega una tabella Istat che gli italiani sono mediamente, in realtà, ancora più vecchi (44,4 anni) e portano sul groppo 12 anni e mezzo in più rispetto agli stranieri, che stanno sotto i 32. Peggio ancora andrà in futuro se è vero che in quel 2065 preso a riferimento l' età media degli italiani arriverà a 51 anni e otto mesi. Contro i 43 scarsi dei nostri «ospiti». Insomma, piaccia o non piaccia saranno gli immigrati e i loro figli a pagare in modo determinante le nostre pensioni. Andassero via tutti, saremmo nei guai fino al collo. Bruno Anastasia, a capo dell' Osservatorio immigrazione di Veneto Lavoro, ha fatto due conti prendendo ad esempio la sua regione, una di quelle che tirano. La popolazione veneta aumenterà nei prossimi vent' anni di circa mezzo milione di abitanti grazie in gran parte ai nuovi arrivi: «È evidente che gli italiani rimarranno costanti solo grazie ai naturalizzati». Di più: se passeranno dal 10% di oggi al 18% fra vent' anni, gli immigrati «nelle classi di età centrali (trentenni-quarantenni) sfioreranno il 30%». Un terzo della forza lavoro. Nonostante il fatto che molti, appena possibile, torneranno a casa andando a coprire circa il 95% di quanti (5,9 milioni a livello nazionale) lasceranno l' Italia. C' è chi pensa sul serio che possiamo «prendere in affitto» milioni di persone tenendoli qui «appesi» per decenni? «Se io fossi uno xenofobo me lo chiederei», dice il demografo Massimo Livi Bacci: «Se il saldo positivo sarà davvero di 11 milioni di persone mi spaventerebbe meno avere 11 milioni di immigrati emarginati, senza casa, senza diritti, ignari della lingua, senza una famiglia che come in tutte le emigrazioni è quella che aiuta l' inserimento? Non credo proprio. L' inserimento non è solo un interesse loro: è anche interesse nostro». Giorgio Napolitano l' ha detto bene invitando le Camere ad affrontare il tema della cittadinanza ai bambini nati in Italia da immigrati: «Negarla è un' autentica follia, un' assurdità». Sia chiaro, in un' epoca in cui per il Cestim «il 16,6% degli abitanti del pianeta vive in una regione diversa da quella di nascita», passare dallo «ius sanguinis» (la cittadinanza dipende dai genitori) allo «ius soli» (chi nasce sul suolo di uno Stato è cittadino di quello Stato) impone massima cautela. Perfino gli studiosi più aperti invitano a procedere coi piedi di piombo. Come non ha senso che Leonardo DiCaprio, un americano che a dispetto del nome non sa quasi nulla dell' Italia, possa rivendicare il passaporto e votare un «suo» deputato, non ha senso che quel documento possa chiederlo il figlio di una turista nato casualmente a Capri. Del resto, spiegano Graziella Bertocchi e Chiara Strozzi nel saggio L' evoluzione delle leggi sulla cittadinanza: una prospettiva globale , proprio gli epocali esodi migratori hanno spinto nel dopoguerra molti Paesi a cambiare le loro leggi. Lo «ius soli» integrale applicato mezzo secolo fa dalla metà dei 162 Paesi studiati è integralmente conservato oggi solo da 36. Altri 31 (soprattutto colonie africane che si sono radicalizzate con l' indipendenza) sono passati allo «ius sanguinis». Ma in gran parte, sia che venissero dal primo (l' Irlanda) sia dal secondo sistema (la Germania), hanno finito per scegliere un mix. Che cerchi di tutelare insieme la maggior integrità possibile delle etnie nazionali e la maggiore integrazione possibile dei nuovi cittadini. Come può l' Italia non rivedere le leggi che hanno permesso a Mario Balotelli, nato a Palermo e cresciuto da genitori bresciani, di diventare italiano solo al compimento dei 18 anni? Anche perché la storia dimostra che il figlio di un immigrato, se accettato e inserito secondo regole chiare, può amare la Patria più di un compaesano con mille anni di «cromosomi» locali. Valga per tutti il caso di Leon Gambetta. Era figlio di un immigrato savonese e scriveva con amore della chiesa di San Michele, «diamante incastonato in una foresta d' ulivi». Ma era più francese dei francesi, e quando dopo la disfatta di Sedan Napoleone III si consegnò al kaiser Guglielmo, fu lui a dire «No, la Francia non si arrende». E restituì lui l' onore alla Patria che aveva scelto e amato. Se fosse rimasto appeso per decenni al rinnovo del permesso di soggiorno sarebbe stato lo stesso uomo? Gian Antonio Stella RIPRODUZIONE RISERVATA


Stella Gian Antonio



http://archiviostorico.corriere.it/2011/dicembre/29/Italia_2065_Milioni_Immigrati_Cittadini_co_8_111229004.shtml

venerdì 23 dicembre 2011

Interrogazione Parlamentare presentata dal UDC

I sottoscritti chiedono di interpellare i Ministri degli affari esteri e dell'interno, per sapere - premesso che: migliaia di profughi fuggiti dal Corno d'Africa o dall'Africa sub-sahariana risulterebbero ridotti in stato di schiavitù da bande di predoni beduini nel Sinai; ad essere imprigionati sarebbero, soprattutto, giovani, donne e numerosi adolescenti e bambini, vittime di un traffico inumano, organizzato da criminali che si arricchiscono con la richiesta di riscatti di migliaia di euro o, peggio, con il mercato clandestino di organi, al quale vengono sacrificati quelli che non riescono a «pagarsi la libertà»; si tratta di una delle maggiori emergenze umanitarie degli ultimi anni, che si sta consumando nella sostanziale indifferenza del mondo e nel silenzio assordante dell'Europa e dell'Italia, ovvero di quei Paesi verso i quali quei profughi disperati intendevano dirigersi, in nome dei più elementari diritti umani, fuggendo guerre, persecuzioni politiche o religiose, fame, carestia; in genere, i profughi partono dai grandi campi di raccolta allestiti in Etiopia (che ospitano soprattutto eritrei) o nel Sudan (ancora eritrei, somali ed etiopi), dove sono arrivati dopo aver corso rischi pesantissimi e dove speravano che, riconosciuta a livello internazionale la loro condizione di rifugiati e perseguitati, potessero essere accolti in Europa entro un periodo di tempo ragionevole; a causa della lentezza e dalla sostanziale chiusura di quasi tutti i Governi occidentali questi profughi, nel tentativo di giungere in Europa risalendo il Sudan e l'Egitto per puntare poi verso il confine israeliano nel Sinai (Tunisia e, soprattutto, Libia e il Mediterraneo non erano vie praticabili con le rivolte esplose dall'inizio del 2011), cadono nella rete di organizzazioni clandestine o singole guide che offrono il «passaggio» fino al confine israeliano per un compenso che va da mille a duemila euro, ma che spesso si rivelano emissari delle bande di predoni beduini che gestiscono il traffico di schiavi; i pochi che riescono a sottrarsi a questa trappola spesso vengono uccisi a fucilate dalle guardie di frontiera del Cairo mentre tentano di entrare clandestinamente in Israele, o finiscono nelle carceri egiziane, dove i maltrattamenti e le percosse, la malnutrizione e la scarsità d'acqua, le terribili condizioni igieniche e logistiche provocano malattie e non di rado anche la morte, senza nessuna assistenza; stessa sorte è toccata anche a molti giovani che avevano inizialmente raggiunto la Libia per essere o respinti in mare o espulsi al confine sud, in pieno Sahara, e da qui - non potendo rientrare nei Paesi d'origine dove rischiavano l'arresto o la morte - diretti verso il Sinai; l'allarme è stato lanciato per la prima volta, nel novembre 2010, da Habeshia, l'agenzia che si occupa in Italia dei profughi eritrei, e da numerose altre organizzazioni umanitarie internazionali, ma da allora non è cambiato nulla, anzi la situazione è peggiorata; un anno fa si parlava di circa 250 prigionieri, mentre l'ultimo rapporto del pool di organizzazioni, che, insieme ad Habeshia, segue costantemente il problema, parla di almeno 350-400 ostaggi, ma altre organizzazioni non governative internazionali ne stimano oltre mille; è il caso di ricordare che su molti giornali sono comparsi anche i nomi di personaggi fortemente sospettati di essere ai vertici dell'organizzazione, con presunte complicità a vari livelli sia in Egitto che in Israele; è una tragedia che non può lasciare indifferente l'Italia -: se non ritenga opportuno adottare urgenti iniziative, anche presso le competenti sedi europee od internazionali, volte a: a) coinvolgere l'Interpol per aprire un'inchiesta su questo traffico di esseri umani, con l'ausilio delle polizie egiziana ed israeliana ai massimi livelli e con la prospettiva di emettere mandati di cattura internazionali contro i trafficanti; b) aprire un'inchiesta specifica per cercare di risalire alla catena che porta al traffico clandestino di organi, un mercato che richiede necessariamente una organizzazione ad alto livello, con la complicità di medici, specialisti e cliniche (l'Egitto, tra l'altro, è nell'elenco delle nazioni più sospette, per questo tipo di traffico, anche a prescindere dal caso del Sinai); c) sensibilizzare il Governo egiziano affinché consenta l'accesso nelle sue carceri alle organizzazioni umanitarie internazionali che si occupano dei profughi, per verificare la loro condizione di richiedenti asilo politico o di rifugiati; d) invitare il Governo dei Paesi interessati, anche attraverso l'Unione europea, ad aprire le frontiere almeno ai profughi sfuggiti ai «predoni» e, contemporaneamente, rendere più celeri e meno fiscali le pratiche sull'emigrazione e la concessione dello status di rifugiati o di esuli politici ai profughi; e) modificare in Italia la politica dell'accoglienza, sulla base del sistema in vigore in Svezia; f) contribuire a realizzare progetti di sostegno nei Paesi di transito (Etiopia e Sudan) per frenare l'emigrazione disperata di migliaia di profughi. (2-01294) «Pezzotta, Galletti, Adornato, Enzo Carra, Volontè, Binetti». (13 dicembre 2011)

Interrogazione Parlamentare sul caso Sinai, On. Savino Pezzotta

SAVINO PEZZOTTA. Signor Presidente, sono veramente dispiaciuto di dover intervenire un'altra volta su questo tema, ma la situazione sta continuamente drammatizzandosi. Ho sperato, come tanti altri, che in questo anno la situazione potesse trovare una soluzione. Da molto tempo, ormai troppo, si sta consumando nella penisola del Sinai un dramma umano che inquieta, che turba, che crea profonda emotività e lo si sta consumando nella totale indifferenza dell'Europa e anche, devo purtroppo dire, del nostro Paese. Migliaia di profughi fuggiti dal Corno d'Africa, in particolare dall'Eritrea e dalla Somalia, di cui conosciamo le situazioni politiche, economiche e anche di conflitto, sono stati ridotti allo stato di schiavitù o Pag. 26 forse anche peggio della schiavitù. Sono stati ridotti a cose da poter scambiare, da poter vendere, da poter utilizzare, da una banda di predoni. Sono in larga maggioranza giovani, donne e bambini e sono vittime di un traffico inumano, organizzato da criminali che si arricchiscono da un lato con le richieste di riscatto verso le famiglie, verso gli amici, verso i conoscenti o, peggio, con un traffico clandestino di organi ai quali vengono obbligati e sottoposti quelli che non sono in grado di pagarsi la libertà. Abbiamo racconti, telefonate veramente raccapriccianti e tremendi su quello che sta avvenendo in quell'area, anche se poi ci dicono che non riescono a localizzarli, ma basterebbe poco per localizzare dove sono, visto che si riesce ad avere contatti telefonici e la localizzazione di dove sono collocati credo che sia in una cosa anche abbastanza facile. Sono persone in fuga da situazioni di guerra, di persecuzioni, dalla dittatura e che speravano sicuramente di poter riconquistare, raggiungere una posizione nella quale farsi riconoscere nella loro condizione di profughi e di richiedenti asilo. In questo cammino verso la libertà, oserei dire verso la sopravvivenza, anche fisica, condotto in situazioni estreme, non sono riusciti ad arrivare ai luoghi che gli avrebbero consentito questa possibilità, cioè di pervenire a luoghi più sicuri, a luoghi dove avrebbero potuto farsi riconoscere il loro status di profughi, di rifugiati, e sono caduti nella rete di organizzazioni clandestine che, approfittando della loro situazione, ne hanno veramente utilizzata la condizione di estrema difficoltà, magari offrendogli un passaggio fino al confine israeliano, ma molte volte sono caduti nelle mani di predoni che gestiscono il traffico di persone. I pochi che sono riusciti a sottrarsi a questa cattura sono molte volte stati vittime delle guardie di frontiera che impediscono il loro espatrio, qui necessariamente clandestino, in Israele. Molti finiscono nelle carceri egiziane, dove sicuramente la loro situazione di trattamento, la loro situazione umana è diventata sempre più drammatica. Molti giovani sono riusciti ad arrivare in Libia. Sono stati respinti, respinti quando hanno tentato, in mare, di uscirne, respinti verso il Sahara e dal Sahara verso il Sinai e, pertanto, diventati oggetto di cattura. Nel 2010 l'agenzia Habeshia, che in Italia si occupa dei profughi eritrei, e altre organizzazioni umanitarie, avevano lanciato un grido d'allarme, avevano segnalato questa situazione. Un anno fa si poteva parlare di 250 persone, oggi si comincia a parlare di migliaia. Noi vorremmo che su questo vi fosse un'attenzione e una riflessione. Con questa interpellanza urgente chiediamo un'attenzione, pertanto, al nostro Governo, pur sapendo qual è la situazione politica di quei territori e di quegli ambiti, sicuramente molto più difficile oggi di quella che non era un po' di tempo fa. Noi chiediamo un'attenzione a questo problema e di ammettere e di definire delle iniziative presso le competenti sedi, europee ed internazionali. Chiediamo che il nostro Governo si attivi per coinvolgere l'Interpol, perché apra un'inchiesta su questo traffico di esseri umani, coinvolgendo la polizia egiziana e israeliana, con l'obiettivo di emettere mandati di cattura internazionali. Tanto, più o meno, si conoscono coloro che dirigono questo traffico. Chiediamo che si apra un'inchiesta specifica per risalire la catena che porta al traffico clandestino di organi, un traffico che sappiamo dove va a finire. Vi sono cliniche, medici e persone che si prestano, per motivi di denaro, a utilizzare il corpo e parti del corpo di persone per arricchirsi. Bisogna sensibilizzare il Governo egiziano perché consenta l'accesso alle carceri alle organizzazioni umanitarie internazionali, per verificare se vi sono dei profughi, dei richiedenti asilo e per vedere, allora, di immetterli in questo status, in questa condizione di protezione internazionale. Inoltre, chiediamo che il nostro Governo intervenga presso l'Unione europea, in modo che si possa agire perché si aprano le frontiere per coloro che rischiano di cadere nelle mani dei predoni. Anche in questo caso, alla fine deve essere Pag. 27 riconosciuto, a quelli che ne hanno il diritto, lo status di rifugiati, di esuli politici e di profughi. Inoltre, credo che sia arrivato il tempo di modificare, in Italia, quella che è la politica dell'accoglienza. Noi prendiamo come esempio quanto avviene in Svezia, ma il tema della politica di accoglienza è un tema che va affrontato, soprattutto per quanto riguarda i rifugiati, per quanto riguarda i profughi. Ricordo che nella nostra Costituzione vi è un capitolo preciso sul diritto d'asilo. Tuttavia, devo anche ricordare che il nostro è uno dei pochi Paesi europei che non ha ancora una legge organica sul diritto d'asilo. Credo che il nostro Governo dovrebbe contribuire a realizzare progetti di sostegno nei Paesi di transito, in modo da consentire una via d'uscita a queste persone che per necessità devono andare via. Queste persone sono molto diverse da coloro che fuggono magari per altre esigenze, perché qui vi è la necessità della vita e della libertà. Ciò affinché il transito sia tranquillo, sia assistito e affinché queste persone, alla fine, possano arrivare ad essere riconosciute nel loro status internazionale di profughi o di richiedenti asilo. Credo che dobbiamo fare in fretta perché ogni giorno che passa è un dramma in più. Pensiamo che il nostro Governo dovrebbe - per la nostra storia e la nostra tradizione, per quello spirito umanitario che anima il nostro essere, ma anche soltanto perché ogni persona che viene trattata in tal modo è un'offesa anche al nostro modo di pensare alla democrazia e alla libertà -, nel limite delle possibilità attuali, agire in fretta perché questa situazione trovi una sua soluzione. PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per gli affari esteri, Staffan de Mistura, ha facoltà di rispondere. STAFFAN DE MISTURA, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, onorevole Pezzotta, prima di tutto la ringrazio per aver sollevato questa questione. Prima di tutto, a nome del Governo, posso dire che la questione dei profughi e dei rifugiati del Corno d'Africa è nota e guardata con molta attenzione e - se mi permette - personalmente, basandomi sulla mia storia personale, la sento profondamente. Quindi, le sono grato di sollevare e di risollevare questo argomento. Leggerò con attenzione, sono quindici punti, articolati in maniera tale da essere, per quanto possibile, precisi su quella che è una situazione complessa e complicata. Il primo punto è che grazie anche - e francamente molto - alla sua interpellanza noi ci siamo molto attivati, sia nell'ambasciata de Il Cairo, che altrove con le autorità locali, in particolare egiziane, e le organizzazioni internazionali, su questo argomento. Tutto questo però - per avere una massa critica - è stato e viene fatto in stretto coordinamento con la delegazione dell'Unione europea: è inevitabile, perché così abbiamo maggiore capacità di pressione. Da parte egiziana va detto - e dobbiamo confermarlo, perché l'abbiamo visto ogni volta che c'è stato un intervento - che c'è collaborazione, c'è attiva collaborazione. È stato confermato quello che lei dice, ossia una presenza di eritrei in Alto Egitto e, in più, essi hanno un contatto - molti almeno, ma non tutti, ma quelli a cui lei si riferisce credo che siano proprio quelli - con l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) e, proprio alcuni di loro, dall'Alto Egitto, sono stati trasportati su base volontaria, da quanto ci risulta, in Etiopia. In più, basandosi sui contatti con le organizzazioni internazionali competenti, in particolare, di nuovo, con l'UNHCR, L'OIM, l'Organizzazione internazionale per le migrazioni, e le ONG più direttamente interessate, è stato notato - e, devo dire, con apprezzamento - che le autorità egiziane hanno consentito a loro di visitare i centri di accoglienza di Luxor e Assuan, gestiti dal Governo egiziano. Abbiamo anche notato, tramite i nostri contatti, che le autorità egiziane, alle quali viene ricordata l'importanza che questo problema ha ai nostri occhi, ma anche ai loro occhi, Pag. 28 hanno intensificato, per quello che possiamo notare, l'impegno nel contrasto ai traffici di esseri umani. Ora arriviamo al Sinai, ossia alla questione che lei solleva in particolare. Immagino che lei sia stato nel Sinai, bene, vedo che c'è stato. Io ci sono stato varie volte: è un territorio vastissimo, complesso, che proprio in una fase molto fragile, come quella che esiste adesso, non solo in Egitto, ma in tutta quella che chiameremo la «primavera avanzata araba», non è facile da controllare. Rimane quindi una zona difficile da controllare e, in particolare, in una certa zona dell'Egitto la sicurezza è inoltre peggiorata in questa fase politicamente di transizione. Questo non vuol dire che non possono usare i telefoni, ma arrivare a raggiungere quelle zone dove questi personaggi, in particolare organizzazioni criminali, operano, è difficile. Abbiamo la conferma - anche tramite alcune inchieste condotte dalla nostra Polizia di Stato insieme a quella egiziana - del coinvolgimento di gruppi criminali organizzati, e - lei ha ragione - del fatto che le tribù beduine vengono in qualche maniera collegate o utilizzate per questo. Ora, il fatto non è solo egiziano, possiamo dire che non è circoscritto solo all'Egitto, ma anche ad altre zone, come la Libia e la Tunisia, dove, per motivi di transizione politica interna, è difficile da parte delle autorità locali poter focalizzarsi su quelli che, invece, sono problemi che riteniamo importanti ed urgenti, ma rispetto ai quali abbiamo notato, anche da parte loro, sensibilità e attenzione. Quindi, non vi è una risposta negativa, anzi. I rapporti da parte israeliana - lei ha fatto riferimento a questo - restano molto efficaci, anche perché la situazione, il controllo e l'accoglienza alla frontiera sono per loro tecnicamente più facili e il risultato è molto efficace. Per quello che riguarda l'azione in favore dei profughi del Corno d'Africa in Sinai, continueremo, anche grazie al fatto che lei ci sta stimolando - abbiamo bisogno di questi stimoli, onorevole, perché il mondo è grande, e quindi, a volte, ci si dimentica quanto urgenti siano delle situazioni che toccano anche i nostri principi umanitari -, a sensibilizzare direttamente il Cairo, il quale sta reagendo con grande collaborazione, devo dire e ripeto. Intendiamo anche stimolare lo sviluppo della collaborazione tra l'Unione europea e l'Egitto proprio nel settore migratorio. Ora, nel contesto europeo potremmo vedere opportunamente valutate delle iniziative in materia di sistema generale di accoglienza, che è un argomento che va ben oltre rispetto a quello sul quale riferiamo. Sulla questione del traffico di organi, è orribile soltanto pensare che questo possa avvenire, come forse - lei mi pare avere informazioni chiare - sta avvenendo. Al riguardo, le autorità egiziane stanno dimostrando una particolare disponibilità, e non soltanto al dialogo. Le do un esempio: mentre stiamo parlando, in questo momento, il 22 dicembre, al Cairo, proprio adesso, vi è un convegno organizzato dall'Organizzazione mondiale delle migrazioni, la IOM, proprio sull'argomento delle migrazioni, ma, soprattutto, sulla sensibilizzazione delle autorità locali verso le tematiche che lei ha sollevato. Per guardare, invece, lontano, cioè alle origini, l'Italia contribuisce, nonostante la nostra situazione, che, come lei ben sa, è molto attenta ai costi, in questo periodo, ad alleviare le sofferenze dei profughi anche nei Paesi di transito, cioè Etiopia e Sudan. Nel Sudan orientale la cooperazione italiana realizza interventi a sostegno del sistema sanitario locale, sia direttamente sia tramite Agenzie dell'ONU, in special modo l'UNICEF, in particolare con 500 mila euro, che sono stati dati anche in favore dell'UNHCR. In più, 44 mila rifugiati somali sono stati, come lei sa, accolti dai campi delle Nazioni Unite presenti nel Paese (in particolare, quello di Dolo Ado). Comunque, grazie di nuovo. Abbiamo bisogno di questi stimoli e nel 2012 intendiamo continuare questo lavoro di sensibilizzazione, ma anche di attivismo, perché i punti che lei ha sottolineato sono validi. Pag. 29 PRESIDENTE. Saluto gli studenti e i docenti dell'Istituto Comprensivo Statale «Alessandro Manzoni» di Castellanza, in provincia di Varese, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi). L'onorevole Pezzotta ha facoltà di replicare. SAVINO PEZZOTTA. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario. Voglio solo fare osservare alcune cose: comprendo pienamente la complessità di agire in quell'area dopo la «primavera» e quello che si sta determinando è anche, probabilmente, una sorta di debolezza transitoria di potere che si può determinare e che rende molto più difficile di un tempo l'intervento. Credo che alcune risposte mi possano soddisfare. Mi rimane solo il dubbio - lo dico, anche qui, in modo molto pacato e certamente non polemico - di quanto tempo queste persone che sono prigioniere nel Sinai rimangano lì. Infatti, se non diamo un termine entro il quale evacuarle, portarle via, la questione degli organi continuerà ad esistere. Anche per le forze sul confine israeliano succede qualcosa, perché non penso che l'espiantazione di organi possa avvenire nel deserto. Per cui, bisogna sensibilizzare lo stesso Governo israeliano su quello che succede sulla sua frontiera. Sono d'accordo sulla conferenza che si sta svolgendo in questi giorni a Il Cairo, però sappiamo quanto le organizzazioni internazionali abbiano dubbi su ciò che avviene in Egitto rispetto alla questione dell'espiantazione degli organi. Pertanto, credo vi sia bisogno di una maggiore pressione da parte del nostro Governo. Accolgo con molto interesse quanto lei ha detto rispetto al coinvolgimento dell'Unione europea, ma rimane, a mio avviso, ancora aperta la questione di quando liberare queste persone. La polizia egiziana non può fare finta di non sapere dove sono, perché lo sappiamo noi. Telefoniamo, parliamo con i prigionieri e, se noi che siamo in Italia sappiamo dove si trovano, credo che una polizia minimamente dotata - non mi sembra che la polizia egiziana non lo sia - sia in grado di arrivare dove queste persone sono prigioniere e rinchiuse. Lo abbiamo fatto presente anche ai diplomatici egiziani, ma non sempre otteniamo delle risposte forti. Pur accogliendo con attenzione quanto lei ha detto, insisterei perché vi sia un'azione molto più pressante affinché queste persone siano liberate.

lunedì 19 dicembre 2011

Boats 4 People action video in the Netherlands / Vidéo de l'action Boats 4 People aux Pays Bas


EN : http://www.boats4people.org/index.php/en/

FR: http://www.boats4people.org/index.php/fr/

IT: http://www.boats4people.org/index.php/it/

Here's a 3 min. film of the Dutch Boats 4 People action. The police was
blocking the harbour where the detention boats are located, but .... And
three of the seven boats got a fine of 420 euro's each. The benefit
after was a big success with very good spirit and lots of intentions for
boats4people on the Mediteranean!

Voici le film de l'action Boats 4 People à Amsterdam.
La police  bloquait le port où les bateaux-prisons pour étrangers sont localisés,
mais... trois des sept bateaux ont recu une amende de 420 euro
chacun. le concert qui a suivi a été un grand succès avec beaucoup
d'intentions pour les actions de Boats 4 People en Méditerranée! 

Facebook : Boats4People
Twitter: Boats4People 

domenica 18 dicembre 2011

Ministerial Conference of the World Trade Organization


Statement by H.E. Archbishop Silvano M. Tomasi, Apostolic Nuncio, Permanent Observer of the Holy See to the United Nations and Other International Organizations in Geneva
at the 8th Session of
the Ministerial Conference of the World Trade Organization

  


Geneva, 15-17 December 2011


Mr Chairman,

1.     The Holy See Delegation extends its congratulations to the Russian Federation, Montenegro, Samoa and Vanuatu for their accession to the World Trade Organization.

Mr Chairman,

2.     The eighth Ministerial Conference of the WTO takes place at unprecedented times for the world economy. The recovery from the financial crisis of 2008 lasted only few months and there are already clear signs of a slowing down of economic activity in advanced and emerging economies. If these signs are confirmed, the world risks to plunge in a double dip recession which could entail prolonged periods of stagnation and high unemployment.

3.     The economic situation in advanced economies and in Europe is reason for particular concern. The debt crisis is forcing several European countries to implement tough fiscal policies, with the risk of worsening the economic cycle. In these cases the weakest are penalised the most, in particular young adults, who experience an unemployment rate at the highest level in decades, and the poor confronted with a strong increase in inequality in all countries.

4.     Evidence from the recent financial crisis has shown us that trade has been an effective tool in helping a rapid recovery. Now the primary challenge WTO faces is to sustain this approach and discourage countries to give in to the temptation of protectionism that promises to deliver some illusory short-run benefits while preventing more conspicuous long-term gains.

5.     An additional burden could be imposed on the shoulders of the young and of the poor if they are deprived of  such an effective tool for improving the economy as an open trade.

6.     In this context, the Delegation of the Holy See would like to recall the ethical foundation of trade. Ethics is not an external element of the economy and the economy does not have a future if it does not take into account the ethical dimension. The economy functions not only through self-regulation of the market and much less through agreements limited to reconciling the interests of the most powerful countries, but it needs also to take into account that it functions at the service of man. The production of resources and goods and their strategic management require a sense of ethics and of the common good  since without them the economy becomes  naïve, cynical  and destined to failure. In fact, every economic decision has a moral consequence. The economy needs an ethical perspective centered on the person and able to offer sure points of reference to new generations. Economic and commercial activities oriented to development should be able to reduce poverty effectively and to alleviate the suffering of the most unprotected. On several occasions the Holy See has called attention to the urgency of a new and profound reflection on the meaning and objectives of the economy and of a far-sighted revision of the global financial and commercial architecture in order to correct problems of functioning and distortions. This revision of international economic rules must be integrated in the framework of a new global model of development. In reality, it is required by the planet's ecological state of health, and, above all, by the cultural and moral crisis of man, and the symptoms have been evident everywhere for a long time. As Pope Benedict XVI states: “taking care of the needy means not just giving bread to the hungry, but also letting yourself ponder the causes why the other person is hungry.  Only with the acceptance of  effective rules that protect the management of the economy in an ever more interdependent world, our efforts will be directed toward the pursuit of the common good.

7.     Despite the seriousness of the general economic condition and despite the strong need for improving trade, we observe that trade negotiations are at an impasse. This stalemate has lasted for several years and there is no sign that the current round of negotiations will be concluded in the near future. There is a concrete risk that the entire Doha Development Round may end in failure jeopardising all the efforts devoted to the promotion of development through trade.

8.     However, looking at the work conducted during the last years, as the "Easter package" clearly shows. significant progress has been made in several areas, and an agreement can be within reach. In other critical areas such as agriculture, positions are distant and a solution does not seem to be close.

9.     During the current year serious attempts have been conducted in order to reach an agreement on a smaller set of issues - the so called LDC plus package -  in order to take a step forward toward the implementation of the Doha Development Agenda. Despite the failure of this new attempt, the Delegation of the Holy See supports the adoption of a pragmatic approach and the consolidation of the progress made so far. This option ensures that countries will reap the trade liberalisation benefits that, in some areas, remain significant. If the opportunity is missed, the poor will end up paying the highest cost.

10.                        The success of the Aid-for-Trade initiative gives evidence of the potential benefits deriving from trade and, on the other hand, of the cost of inaction. In fact, lack of decision seems to turn into an effective tool through which several countries are pursuing protectionist policies.

11.                         Another positive achievement is given by the group of countries whose accession has so significantly advance that they are at the threshold of completion. The creation of an "Accessions Commitments Database" (ACDB) allows Members, acceding governments and the Secretariat, to rapidly and efficiently retrieve information on "commitment language", for all completed accessions under Article XII of the Marrakesh Agreement. Ensuring transparency and predictability in the accession process remains a key priority for the Membership and the Secretariat. In this sense my Delegation, appreciating all the efforts made by the Director General and the Secretariat, underlines the need for enhanced technical assistance and capacity building to help LDCs to complete their accession process, implement their commitments and become integrated into the multilateral trading system. 

12.                        One area where progress will deliver significant and tangible benefits to poor and developing countries is that of the Rules of Origin (ROO). Negotiations to harmonise non preferential rules of origin were launched sixteen year ago, but an agreement has not been reached so far. A solution to this problem will determine a significant step towards a more stable clear and predictable set of rules for trade talks. Transparency and predictability are particularly valuable for developing countries which are much penalised by the complexity of the current set of rules.

13.                        Preferential Rules of Origin (ROO) should be amended in favour of poor countries. Often for these economies, the potential benefits deriving from the margin of preferences are not captured because of the presence of strict ROO. In practice ROO go against the realisation of comparative advantages since poor countries tend to specialise in very simple activities characterised by low added value. If advanced economies wish to use trade as an effective tool to lift countries out of poverty they need to recognise that giving poorer countries a margin of preference is not enough without rules of origin that allow these economies to really exploit the preferences.

14.                        Mr. Chairman, after years of standstill, the Ministerial Conference provides an opportunity to start taking tangible steps toward the implementation of the Doha Development Agenda. WTO members must "think big" in order to conclude a broad deal, otherwise the risk of the marginalisation of the multilateral trading system will become real. A positive conclusion of the Round will represent a win-win situation:  a chance for developed countries to strengthen the confidence in the multilateral trading system, to guard against the rise of protectionism, and to boost the global economy while reducing its asymmetries; a chance for newly emerging economies to lock in those benefits permanently while avoiding new trade arrangements that may well exclude them;  last but not least, a chance for the poorest developing countries to realize the gains of the Doha Development Agenda promised long ago. 

15.                         Mr. Chairman,

To sum up, the human family has not been created to serve the market, but the market, to serve the human family. If this principle is respected, even though times are difficult, fear will give way to hope.

venerdì 16 dicembre 2011

GIORNATA INTERNAZIONALE DEI MIGRANTI


GIORNATA INTERNAZIONALE DEI MIGRANTI
18 dicembre 2011


COMUNICATO



La Rete Internazionale Scalabrini per le Migrazioni che rappresenta le Organizzazioni e le Missioni della Congregazione dei Missionari Scalabriniani per i migranti in 33 nazioni, si unisce alle organizzazioni della Società Civile, agli organismi internazionali, alla Comunità Internazionale e a tutte le Comunità migranti nella celebrazione della XI Giornata Internazionale dei Migranti promossa dalle Nazioni Unite.

La Congregazione ha aumentato il suo impegno particolarmente nelle tematiche riguardanti la Migrazione e la Cultura, la Migrazione e il Lavoro, la Migrazione e la Religione, la Migrazione e la Famiglia, la Migrazione e l’Etica e la Migrazione e la Pace. Questo impegno crescente si realizza attraverso una pluralità di strutture ed azioni concrete: l’accompagnamento nell’integrazione attraverso delle comunità religiose interculturali, la ricerca e le pubblicazioni dei centri di studio, l’utilizzo dei media per una visione positiva dei migranti, le presenze in frontiere, in metropoli e in porti marittimi, le case per i migranti, sfollati e rifugiati e i centri di consulenza giuridico-sociale, l’animazione della pastorale migratoria della Chiesa.

Le Congregazioni missionarie e le Organizzazioni laicali cattoliche sono chiamiate a continuare la loro cooperazione e il loro impegno nei Forum internazionali, regionali e nazionali affinché i valori del Vangelo, la Dignità della persona, la Trascendenza, la Solidarietà e la Fraternità siano lievito efficace per l’Unita della Famiglia Umana.

In questa Giornata Internazionale dei Migranti, noi, in comunione con le diversificate azioni pubbliche della Società Civile, vogliamo:

-         salutare la OIM per i suoi 60 anni a servizio di una migrazione internazionale ben gestita, regolata, legale, efficace e protetta e per la collaborazione con la Congregazione Scalabriniana nella promozione della dignità e i diritti dei migranti in diversi paesi.
-         Unirci all´impegno della Santa Sede, diventata membro della OIM, nella promozione e protezione dei diritti dei migranti e delle loro famiglie.

-         Proseguire con la partecipazione agli spazi di dibattito sulla gestione delle migrazioni internazionali, come il Forum Globale sulle Migrazioni e Sviluppo e altre iniziative regionali, oltre a continuare a promuovere il Forum Internazionale su Migrazioni e Pace.

-         Unirci ai 33 vescovi degli USA, di origine ispana, che in un’incoraggiante Lettera del 12 dicembre riaffermano la loro solidarietà verso tutti i migranti, l’impegno a livello dell’unita’ della famiglia e della dignità del lavoro e chiedono una “riforma migratoria” giusta, umana e efficace che rafforzi il bene comune dell’Unione americana.

-         Denunciare l’aumento del razzismo, della discriminazione e della xenofobia nell’Europa in grave crisi economica e di valori. Un aumento motivato da ideologie senza umanesimo e senza Dio, da pratiche politiche securitarie e economiste, dai media e da un’opinione pubblica stigmatizzante verso lo straniero mettendo in pericolo la vita di tutti i cittadini, specialmente i migranti, come avvenuto recentemente in Italia.

-         Impegnarci nel continuare assieme ai migranti e alle loro associazioni, alle organizzazioni sociali e al mondo accademico, ai media e agli organismi di Governo a livello nazionale ed internazionale, attraverso le nostre specifiche presenze missionarie – missioni, centri ed organizzazioni - a diffondere una cultura dell’accoglienza, della solidarietà, dell’incontro delle culture, del dialogo tra le religioni, della trascendenza di vita e della pace.


Roma, 16 dicembre 2011


Scalabrini International Migration Network
Rui M. da Silva Pedro
Direttore generale

A year after the Pope's appeal for the release of Eritrean refugees held hostage in Sinai

Eritreans, the appeal of the Pope
  
05/12/2010 Sunday Angelus, Benedict XVI has raised its voice in favor of refugees from Eritrea and their companions in misfortune, still prisoners of ruthless smugglers (as he called attention to the Christians and Muslims Iraqi and Egyptian Copts for the faithful). The call and the prayer of the Pope are to break with the roar of the most authoritative word the curtain of silence that has enveloped so far rejected the story of migrants, arrested and blackmailed. The Holy Father, appearing before the faithful gathered in St. Peter's Square and talking to all those who followed him by radio, television and the Internet, "in this time of Advent, when we are called to feed our expectation of the Lord and to welcome inamong us, "invited" to pray for all situations of violence, of intolerance, of suffering that we are in the world, that the coming of Jesus brings consolation, reconciliation and peace. "Benedict XVI then listed the groups that are most affected. "I think the many difficult situations, such as the continuous attacks that occur in Iraq against Christians and Muslims, the clashes in Egypt where there were dead and wounded, the victims of traffickers and criminals, as the hostage drama of Eritreans and other nationalities in the desert of Sinai. " "Respect for the rights of all - said the Pope - is a precondition for peaceful coexistence. Our prayer to the Lord and our solidarity can bring hope to those who are suffering, "Pope Ratzinger has concluded.Even this Christmas, more than 350 refugees who are seized in the hands of traffickers, Christmas will be a burden of suffering, among them there are 8 women hostages, one of which is eight months pregnant, that "home" for this will be / a creature that is about to be born. In recent months there have been many appeals, complaints, parliamentary interpellation at all levels, but the trade in human organs and continues to flourish in the region of Sinai.And scary to read the summary statistics that are made of this traffic in human beings and organs in the Sinai region alone, there is talk of almost 50 000 refugees who have crossed into Israel and Egypt, all have to get paid something. More than 10 000 have been victims of robbers who demanded a tight, about 3 000 people have disappeared into thin air, we have a serious suspicion that they have been victims of organ trafficking. There is talk of about 4 000 children from refugee camps in Sudan fuck, for the majority of Eritreans.Hundreds of refugees have died since 2005 under the bullets of the guards at the Egyptian border with Israel, Egypt, which has not been able to defend people from the hands of traffickers, but so zealous in killing them at the border to meet the insistent demand Israel to stop the refugees, no matter how or at what price.Egypt, which is not respecting the rights of asylum seekers detained in its police stations or military camps in Aswan. Egypt who did not hesitate to deport asylum seekers violates international conventions and treaties.Israel, which is building the wall, as we read these days will shortly complete the constriction of the wall, in between time Vole plan how to deport thousands of people who came to Israel in search of protection, that the Jewish state has never wanted to recognize them. 46 000 immigrants, of which about 20 000 Eritrean asylum seekers, so Sudanese who live from day to day with no protection or recognition of rights.It concludes a terrible 2011 for hundreds of thousands of refugees, nearly 2 000 deaths in the Mediterranean, also murdered in Libya, during the hunt for the Black Many hundreds of people died in the Gulf of Aden in an attempt to reach Yemen.More than 4 000 Eritreans and Ethiopians refugees trapped in the internal war in Yemen, more than 3 000 Sudanese, Eritrean and Ethiopian refugees in Tunisia in the field waiting for a country that welcomes, just as in Egypt in the field of Solum, the border with Libya.Here we come back to renew our appeal to the international community to seek solutions that will last over time, not enough palliative care in diseases of the political, economic, social afflicting the African continent, particularly the Horn of Africa. The international community and in particular the determination of African Unity has to deal with trafficking in human beings and organs.We ask all international organizations for the protection of human rights to make a lot of pressure on the AU, EU, UN because these organisms do as much pressure on the governments of Egypt, Sudan, Israel, Palestinasi Authority, Ethiopia and Eritrea to commit themselves to stop the human trafficking that involves the crossing. Fight against trafficking in organs, especially to defend unaccompanied minors who wander aimlessly in the territories of these countries, which are often the victims are more exposed to any danger.

Fr. Mussie Zerai 

Un anno dopo l'appello del Papa per la liberazione dei profughi eritrei in ostaggio nel Sinai


Eritrei, l'appello del Papa. 
Domenica all’Angelus, Benedetto XVI ha levato la sua voce a favore dei profughi provenienti dall’Eritrea e dei loro compagni di sventura, ancora prigionieri di spietati trafficanti di uomini (così come ha invocato attenzione per i cristiani e i musulmani iracheni e per i fedeli copti egiziani). L’appello e la preghiera del Papa vengono a rompere con il fragore della parola più autorevole la cortina di silenzio che ha avvolto finora la vicenda dei migranti respinti, arrestati e ricattati. Il Santo Padre, affacciandosi davanti ai fedeli raccolti in piazza San Pietro e parlando a tutti coloro che lo seguivano via radio, tv e Internet, «in questo tempo di Avvento, in cui siamo chiamati ad alimentare la nostra attesa del Signore e ad accoglierlo in mezzo a noi», ha invitato «a pregare per tutte le situazioni di violenza, di intolleranza, di sofferenza che ci sono nel mondo, affinché la venuta di Gesù porti consolazione, riconciliazione e pace». Benedetto XVI ha poi elencato i gruppi che attualmente più sono colpiti. «Penso alle tante situazioni difficili, come i continui attentati che si verificano in Iraq contro cristiani e musulmani, agli scontri in Egitto in cui vi sono stati morti e feriti, alle vittime di trafficanti e di criminali, come il dramma degli ostaggi eritrei e di altre nazionalità, nel deserto del Sinai». «Il rispetto dei diritti di tutti – ha sottolineato il Pontefice – è il presupposto per la civile convivenza. La nostra preghiera al Signore e la nostra solidarietà possano portare speranza a coloro che si trovano nella sofferenza», ha quindi concluso papa Ratzinger.
Anche questo Natale, per più di 350 profughi sequestrarti che sono nelle mani dai trafficanti, sarà un Natale carico di sofferenza, tra questi ostaggi ci sono 8 donne, di cui una all'ottavo mese di gravidanza, che "natale"  sarà per questo/a creatura che sta per nascere. In questi mesi sono stati fatti molti appelli, denunce, interpellanza parlamentari a tutti livelli, ma il commercio di esseri umani e di organi continua a fiorire nella regione del Sinai. 
E spaventoso leggere le statistiche sommarie che vengono fatte su questo traffico di esseri umani e di organi nella sola regione del Sinai, si parla di quasi 50 mila profughi che hanno varcato il confine Israel-Egitto, tutti hanno pagato qualcosa per arrivarci. Più di 10 mila sono stati vittime dei predoni che hanno preteso risicato, circa 3 mila persone sono scomparse nel nulla, abbiamo un serio sospetto che siano stati vittime del traffico di organi. Si parla di circa 4 mila minori scoparsi dai campi profughi in Sudan, per la maggioranza eritrei. 
Centinaia di profughi dal 2005 ad oggi sono morti sotto i colpi di arma delle guardie egiziane al confine con Israele, l'Egitto che non ha saputo difendere le persone dalle mani dei trafficanti, ma cosi solerte nel ucciderli al confine per soddisfare l'insistente richiesta di Israele a bloccare i profughi, non importa come o a che prezzo.
L'Egitto che non sta rispettando i diritti dei richiedenti asilo, trattenuti nelle sue stazioni di polizia o campi militari ad Aswan. L'Egitto che non ha esitato a deportare richiedenti asilo violando convenzioni e trattati internazionali.
Israele, che sta costruendo muro, come leggiamo in questi giorni intende completare in tempi brevi la costrizione del muro, nel fra tempo vole progettare come deportare le migliaia di persone che sono arrivati in Israele alla ricerca di protezione, che lo stato ebraico non ha mai voluto riconoscerli. 46 mila immigrati di cui circa 20 mila richiedenti asilo politico eritrei, altrettanto sudanesi che vivono alla giornata senza nessuna protezione o riconoscimento dei diritti.  
Si conclude un 2011 terribile per centinaia di migliaia di profughi, quasi 2 mila morti nel Mediterraneo, altrettanto morti ammazzati in Libia, durante la caccia al Nero. Molte altre centinaia di persone morte nel Golfo di Aden nel tentativo di raggiungere lo Yemen.
Più di 4 mila profughi eritrei ed etiopi intrappolati, nella guerra interna nello Yemen, più di 3 mila sudanesi, eritrei ed etiopi, nel campo profughi in Tunisia in attesa di un paese che gli accoglie, altrettanto in Egitto  nel campo di Solume, al confine con la Libia.
Ecco che torniamo a rinnovare il nostro appello alla comunità internazionale, di cercare delle soluzioni che durano nel tempo, non bastano più le cure palliative a delle malattie politiche, economiche, sociali che affliggono il continente Africano, in particolare il Corno d'Africa. La comunità internazionale e in particolare l'Unità Africana deve combattere con determinazione la tratta di esseri umani e di organi. 
Chiediamo a tutti gli organismi internazionali per la tutela dei diritti umani di fare una forte pressione su UA, UE, ONU perché questi organismi facciano altrettanta pressione su governi di Egitto, Sudan, Israele, Autorità Palestinasi, Etiopia ed Eritrea perché si impegnino a fermare il traffico di esseri umani che gli coinvolge gli attraversa. Combattano  contro il traffico di organi, sopratutto difendano i minori non accompagnati che vagano senza meta nei territori di questi paese, che spesso sono le vittime più esposte ad ogni pericolo.
don Mussie Zerai