lunedì 19 luglio 2010

In Italia ci sono 13 Cie, Medici senza frontiere: situazione esplosiva

ROMA (18 luglio) - I tentativi di fuga dai Centri di identificazione di Milano e Gradisca d'Isonzo sono l'ennesimo campanello d'allarme: la situazione nei Cie, dopo l'entrata in vigore del pacchetto sicurezza che ha allungato da 2 a 6 mesi i tempi di trattenimento dei clandestini, «rischia di rivelarsi esplosiva». Medici senza frontiere aveva dato l'allarme già a febbraio, pubblicando il rapporto "Al di là del muro": un viaggio all'interno dei Centri per gli immigrati svolto tra l'inverno del 2008 e l'estate del 2009. E sono diversi i motivi per i quali i 13 Cie italiani, sottolinea Msf nel suo rapporto, rischiano di esplodere: la «mancanza di linee guida per la pianificazione e la gestione dei servizi, elevata presenza di stranieri ex detenuti (40%), promiscuità tra trattenuti con condizioni sociali, legali e psicofisiche eterogenee». Ma soprattutto, segnalava Msf, «l'allungamento da 60 a 180 giorni del limite massimo di trattenimento sembra determinare uno stravolgimento definitivo della funzione originaria della detenzione amministrativa: non più una misura straordinaria e temporanea di limitazione della libertà per attuare l'allontanamento, ma una sanzione, estranea tuttavia alle garanzie e ai luoghi del sistema penale». Una misura che «se attuata con rigore, rischia di rendere ancora più esplosivo il clima all'interno dei centri». Proprio la «carenza di attività ricreative» per occupare gli immigrati, «obbligandoli ad un'inattività forzata» è, secondo Msf, il punto su cui bisognerebbe intervenire con la massima attenzione. Nel Cie di Gradisca d'Isonzo, ad esempio, spazi abitativi e bagni «sono molto spaziosi e in buone condizioni» ma «le condizioni di trattenimento appaiono seriamente compromesse dall'assenza di attività ricreative». Al momento di stilare il rapporto, annotava però Msf, «nessun ente gestore ipotizza di modificare le modalità di erogazione dei servizi». Un problema che si riscontra anche per quanto riguarda l'assistenza sanitaria degli immigrati. Se, infatti, nel complesso il servizio sembra essere «reattivo» a fornire «cure minime e a breve termine», diverso è il discorso se si prende come punto di riferimento i 180 giorni di trattenimento: ci si trova di fronte ad un approccio «che rischia di non essere più sostenibile». Attualmente in Italia, secondo quanto riporta il sito del ministero dell'Interno, ci sono 13 Centri di identificazione temporanea con una capacità complessiva di 1.920 posti, una capienza che è comunque soggetta a variazioni in caso di eventuali lavori di manutenzione. Si tratta di Bari-Palese (196 posti), Bologna (95), Caltanissetta (96), Lamezia Terme (75), Gradisca d'Isonzo (248), Milano (132), Modena (60), Roma (364), Torino (204), Trapani (43), Brindisi (83), Lampedusa (200) e Crotone (124). A questi, ha detto il ministro dell'Interno Roberto Maroni lo scorso 5 luglio a Trieste, se ne aggiungeranno entro la fine dell'anno altri quattro: uno in Veneto, uno in Toscana, uno nelle Marche e uno in Campania.

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