lunedì 9 agosto 2010
Drammatica la situazione di 245 rifugiati, soprattutto eritrei, detenuti in Libia
E’ sempre più grave la situazione dei rifugiati africani, soprattutto eritrei, nel centro di detenzione di Brak, vicino Sabha, nel sud del deserto libico. Diversi osservatori sottolineano che serve con urgenza un intervento internazionale. Amnesty International ha lanciato un appello urgente chiedendo al governo di Tripoli di non rimpatriare il gruppo di rifugiati in Eritrea, dove rischiano di subire la tortura, punizione riservata ai colpevoli di "tradimento" e diserzione. In Libia, intanto le condizioni nel centro di detenzione di Brak si aggravano di ora in ora. Sulla drammatica situazione dei rifugiati ascoltiamo al microfono di Fabio Colagrande, don Mussie Zerai, sacerdote eritreo della diocesi di Asmara, responsabile a Roma dell’Agenzia Hadesha, Ong che si occupa dell’accoglienza dei migranti africani:
R. - Ho parlato con diversi dei ragazzi che sono stati deportati da Mishiratah verso Brak vicino a Sabha. Mi hanno riferito che sono 245 persone. Alcuni sono somali, nella maggioranza dei casi invece sono eritrei. Mi hanno raccontato tutta la situazione che stanno vivendo in questo momento dal punto di vista di trattamenti riservati a loro. E' una vera e propria punizione per aver resistito oppure rifiutato di compilare quei moduli che gli sono stati presentati il 29 pomeriggio a Mishiritah. Quindi per punire la loro resistenza nella notte tra il 29 e il 30 sono stati deportati verso Sabha dentro questi camion container. Hanno fatto il viaggio di mille chilometri per 12 ore sotto il sole con il caldo del Sahara.
D. - Tra queste persone ce ne sono alcune che avevano ottenuto lo status di rifugiati?
R. - Sì, dall’Acnur. Il campo di Mishiritah era il centro più visitato dall’Acnur finché era attivo. Quindi tanti di loro sono stati già ascoltati e sono state raccolte le loro storie. Gli è stato anche dato un riconoscimento. Alcuni invece già provenivano con un riconoscimento dello status di rifugiato dal Sudan. Avevano la tessera del rifugiato, e altri invece erano persone che sono state rimandate dall’Italia.
D. - Lei che notizie ha sulla situazione umanitaria in cui si trovano questi detenuti?
R. - Loro, da quello che mi hanno detto, sono stremati. Non sanno quanto possono resistere in queste condizioni perché, da quello che mi hanno detto, ogni due ore le guardie vengono per controllare. Ci sono continui maltrattamenti, li bastonano e così via. Lo stesso per la scarsità di acqua e la scarsità di cibo. Sono ammassati in questo seminterrato in 120, 140 persone. In più ci sono le persone ferite che non ricevono cure mediche. Le persone che stanno male stanno peggiorando anche con il rischio di infezione perché alcuni hanno ferite proprio aperte. E’ molto urgente adesso sollecitare un intervento umanitario per salvare queste persone. Non solo si devono impedire eventuali deportazioni ma anche salvare la loro dignità di persone perché quello che stanno vivendo è veramente un totale degrado. Quindi bisogna garantire i più elementari diritti umani che sono assicurati in molte aree nel mondo. (Montaggio a cura di Maria Brigini)
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