sabato 7 agosto 2010
L'Europa dei naturalizzati Così l'Italia ha perso la corsa
Etiopi e somali per tutti: e anche la Turchia ci supera nel medagliere. Senza matrimonio da noi servono fino a 12 anni per poter gareggiare con il nuovo passaporto
dall'inviato EMANUELA AUDISIO
BARCELLONA - La nuova atletica è un'Europa africanizzata. Che mescola vite, azzardi, amori, passaporti. E spesso compra fiato al mercato della povertà. La Turchia con tre ori e 1 argento svetta sull'Italia, che finisce 17esima e non ha né un campione del mondo né un campione europeo. Però la Turchia nelle donne vince con Alenitu Bekele e Elvan Abeylegasse. Cognomi turchi? Nemmeno un po', le ragazze sono nere, transfughe dall'Etiopia e naturalizzate. E del triplista russo Adam Lukman, 21 anni, ne vogliamo parlare? Stropicciatevi gli occhi, è nero. Il primo di colore a vestire la maglia della nazionale di atletica. Suo padre è nigeriano, la mamma russa. Anche la Spagna è più scura: ha due lunghisti e un discobolo cubani, più due corridori, un marocchino e un etiope. Alemayehu Bezabeh nel 2004 da Addis Abeba sbarcò a Barcellona con un passaporto falso, si ritrovò a Madrid, senza documenti, soldi, vestiti. Si sfamò alla mense per poveri, trovò un prete che si prese cura di lui, compagni con cui allenarsi, l'asilo politico, e quattro anni dopo la nuova cittadinanza. Israele ha molti atleti etiopi, ma si capisce sono falascià. Si capisce meno l'Azerbaigian, regione del Caucaso, di religione musulmana-sciita, dove non è che esci di casa e trovi un etiope che passa di lì. Beh, gli azeri ne hanno naturalizzati parecchi. Non c'è bisogno di Simenon per scoprire che la triplista belga Svetlana Bolshakova non è cresciuta a "gaufres"
e "gracht brood", visto che è nata a Leningrado, ma nel 2006 si è sposata con un belga e due anni dopo ha ottenuto la cittadinanza.
Certe trafile sono odissee nello spazio solo in Italia. La Norvegia ha uno sprinter nero, Jaysuma Saidy Ndure, nato in Gambia, L'Inghilterra ha vinto con Farah, somalo, arrivato a dieci anni in Gran Bretagna per sfuggire alla guerra. E la brillantissima Francia, mai così vincente (18 medaglie di cui 8 d'oro), seconda in classifica alle spalle della Russia, deve dire grazie alla sua seconda generazione di immigrati. Véronique Mang, due medaglie nello sprint, è del Camerun, si è trasferita con la famiglia in Francia nel '95, ha avuto il nuovo passaporto nel 2003. Come Teddy Tamgho, 21 anni, nero, bronzo nel triplo, che però è nato in Francia, a Aulnay-sous-Bois. E poi c'è il Maghreb: Myriam Soumaré, che cantava la Marsigliese sul podio dei 200 metri, viene dalla Mauritiana, mentre Mahiédine Mekhissi e Mehdi Baala, oro e argento dei 3000 siepi hanno origini algerine.
L'Europa si mischia, nella società, e forse anche troppo nello sport. Nel senso che certe acquisizioni vengono dal potere della moneta e non da scelte di vita. L'Italia invece che rifiuta la contaminazione nel calcio, ma che nell'atletica ha avuto Fiona May (nata in Inghilterra) e ha Andrew Howe (nato in Usa) sconta pratiche lunghissime: dieci anni per la naturalizzazione. Il tempo di due Olimpiadi e di cinque campionati europei. Persi. Se in più si pensa che da quest'anno la Iaaf è più severa e impone altri due anni, dopo la naturalizzazione, per gareggiare si arriva a 12. L'equivalente di tre Olimpiadi. Non siamo solo lenti in pista e in pedana, ma tartarughe anche nella società. Gli altri aprono porte, noi le cementiamo.
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