mercoledì 8 aprile 2009

Ronde e immigrati, alla Camera è ko per la Lega

Via la norma sulle ronde dal decreto sicurezza. Di fronte al duro ostruzionismo messo in atto dalle opposizioni (Pd Idv e Udc per una volta uniti) la Lega ha preso atto del rischio che il decreto in scadenza non riuscisse ad essere convertito e ha accettato la mediazione del presidente della Camera Gianfranco Fini: le ronde confluiranno nel disegno di legge sulla sicurezza. Poi l'incidente: passano alcuni emendamenti presentati da Pd e Udc e viene soppressa la norma "anti-clandestini" che permetteva il prolungamento della permanenza nei Centri di idenficazione (Cie) fino a 180 giorni. Molti gli assenti tra le fila della maggioranza al momento del voto, 17 i franchi tiratori che hanno approfittato del voto segreto per dare un segnale di dissenso. Insomma, due colpi ben assestati e ko per la Lega. A Montecitorio la linea dura sulla sicurezza sembra non voler passare. Sulle ronde la decisione dello stralcio era stata accettata dal ministro degli Interni Roberto Maroni, presente in Aula, con «grande sofferenza» ma come unico modo per vedere approvato il decreto entro il 24 aprile. L'alternativa sarebbe stata mettere la fiducia, ma su questo punto Silvio Berlusconi non ha voluto sentirci. Un po' per motivi di immagine (con i morti in Abbruzzo ci sono ben altre priorità che l'istituzione delle ronde cittadine), un po' perché questa storia delle ronde proprio non lo convince. Il premier aveva già fatto trapelare il suo pensiero nei giorni precedenti al congresso fondativo del Pdl. Quando aveva confidato che delle ronde, fortemente volute dalla Lega, non se ne sentiva tutto questo bisogno e aveva invitato il «fedele alleato» a non pretendere di ottenere sempre tutto. Oltretutto, mettere ora la fiducia sul decreto per salvare le ronde avrebbe permesso ad una Lega che nei sondaggi vola oltre il 10% di portare a casa un'altra bandiera, oltre al federalismo, prima delle elezioni. Fin qui la dialettica interna alla maggioranza in tempi di campagna elettorale. Ma l'incidente sui centri per immigrati potrebbe avere un valore più ampio. Non è un caso che sia avvenuto proprio alla Camera, dove i finiani e i "liberal" del Pdl sono più numerosi che al Senato (tra i banchi di Monteciptio siedono ad esempio Stefania Prestigiacomo, Gaetano Pecorella ed Alessandra Mussolini). Né è un segreto la posizione di Fini in tema di immigrazione: più volte ha criticato come disumana la norma che prevede l'obbligatorietà della denuncia dei clandestini da parte dei medici e dei funzionari pubblici. Norma contenuta proprio in quel disegno di legge in cui dovrebbe confluire anche il capitolo ronde e che a breve sbarcherà nell'Aula di Montecitorio. Da qui l'ira della Lega, che parla di «tradimento» e se la prende con il premier («quello lì ha messo la fiducia su tutto e non l'ha messa su questo decreto», gridava un deputato leghista dopo l'incidente). In una conferenza convocata in tutta fretta un «furibondo» Maroni ha avvertito il premier che chiederà il suo impegno personale sui temi della sicurezza. Insomma, quella che un tempo si chiamava verifica di governo. Il paradosso della serata è il via libera bipartisan al decreto sicurezza senza più le ronde e la stretta sui Cie e senza la Lega, che diserta il voto finale. Comunque vada a finire nei prossimi giorni, di certo nei rapporti tra Lega e Pdl il vulnus resta. 8 aprile 2009

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