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martedì 31 marzo 2009
Immigrati, 500 dispersi nel Mediterraneo: "No all'indifferenza"
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Tragedia al largo della Libia centinaia di migranti dispersi
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sabato 28 marzo 2009
Dossier Caritas, crescono gli immigrati imprenditori
Dedicato all'imprenditorialità degli immigrati l'annuale dossier Caritas Migrantes presentato questo pomeriggio ad Olbia. Cagliari e la Gallura sono i due poli di attrazione per l'immigrazione e ospitano il sessanta per cento dei 27mila stranieri residenti in Sardegna. Il 43 per cento proviene dall'Est europeo, il 30 per cento dall'Africa e il 19 per cento dall'Asia, in forte ascesa negli ultimi anni. Gli stranieri titolari di impresa sono passati dai 1380 del 2003 ai 2150 del 2008. In Gallura si inseriscono soprattutto nel settore turistico.
Il Potere Cresciente Cinese in Africa si Trasforma in Diktat Politico. La Cina Detta Legge in Africa!
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Teza di Haile Gerima
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Gerima presidente di giuria a Venezia
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Il mondo in una goccia di rugiada
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Tra i rottami italiani in Eritrea, dove l’unica speranza è la fuga 26 marzo 2009| Matteo Indice (fotografie di Astrid Fornetti)
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L’Eritrea a rischio di una catastrofe umanitaria
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Eritrea/ Svezia, appello stampa per giornalista detenuto dal 2001
Si tratta di Dawit Isaak, cittadino svedese dal 1992
Stoccolma, 27 mar. (Apcom) - I principali quotidiani svedesi hanno lanciato oggi un appello per la liberazione del giornalista svedese-eritreo Dawit Isaak, detenuto in Eritrea senza processo dal 2001. "La nostra richiesta è molto semplice: liberate Dawit Isaak", titola in prima pagina Svenska Dagbladet (SvD), mentre Dagens Nyheter (DN) pubblica 2.742 bastoni, a indicare i giorni di detenzione, sopra al titolo "Liberate Dawit Isaak!". Cittadino svedese dal 1992, il giornalista, 44 anni, è stato arrestato in Eritrea nel settembre 2001 ed è detenuto, senza alcun capo di imputazione a suo carico, ad alcuni chilometri da Asmara, capitale eritrea. In un articolo comune, i capi-redattori di SvD e DN, come pure quelli dei tabloid Expressen e Aftonbladet, chiedono la liberazione del giornalista e criticano il metodo usato dalla diplomazia svedese. "I responsabili svedesi praticano la diplomazia del silenzio. Questo metodo ha dato pochi risultati nel corso degli anni scorsi - scrivono - per questa ragione, è ora che il governo svedese sia più attivo per la liberazione di Dawit Isaak. Il suo crimine? Dawit Isaak ha scritto e pubblicato articoli sul quotidiano Setit sulla necessità di garantire democrazia e libertà in Eritrea". Martedì scorso, l'Ambasciatore eritreo in Svezia ha annunciato la prossima liberazione del giornalista in un'intervista a un quotidiano svedese, precisando però che ci vorrà del tempo e che le pressioni non giovano alla causa.
Bashir in Eritrea, sfida all'Onu Fatwa contro il viaggio a Doha
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mercoledì 25 marzo 2009
Deportazione occulta in Puglia!
Ai governanti
Alla Chiesa
Alla società civile
Siamo preoccupati e indignati come cittadini italiani e come cristiani per quanto accaduto nella nostra regione: in PUGLIA!!!
Nel Centro di Accoglienza (CdA) di Restinco (Brindisi) erano accolte persone per le quali è in corso la procedura di riconoscimento dello status di rifugiato, cioè gente costretta a fuggire dalle loro case perché perseguitata per motivi politici, religiosi, etnici, razziali, o perché appartenenti a uno specifico gruppo sociale. A queste è riconosciuta una particolare protezione dal diritto internazionale.
La mattina del 17 marzo tutti gli ospiti presenti nel Centro, 194 persone, la maggior parte africani, alla presenza di un numero considerevole di poliziotti, sono state fatte salire su 4 pullman e trasferite presso il Centro di Accoglienza per Richiedenti Asilo (CARA) di Borgo Mezzanone (Foggia), in seguito alla imprevista e brusca decisione del governo di trasformare il Centro di Restinco in un Centro di Identificazione ed Espulsione (CIE).
Vogliamo sottolineare alcuni aspetti di quanto accaduto:
• Il trasferimento è avvenuto senza alcun tipo di informazione e senza alcun preavviso sia nei riguardi degli ospiti che nei confronti degli operatori. Agli ospiti a causa dell’improvvisa decisione, non è stato riconosciuto il diritto di scegliere dove poter continuare il proprio percorso di integrazione (per molti già avviato da diversi mesi grazie alla solidarietà di associazioni locali).
• La decisione del trasferimento e della trasformazione del CdA in un CIE è stata presa senza nessuna consultazione sia dei governanti locali che dell’ente gestore.
• Il Centro di Borgo Mezzanone era impreparato a gestire questo tipo di trasferimento in queste modalità. Scarse sono state infatti le risposte alle tante domande pratiche dei richiedenti asilo.
• Queste persone si uniscono agli altri ospiti del Centro di Borgo Mezzanone carente di strutture e servizi adeguati per una vita dignitosa.
Tutto questo ci vede veramente lontani da quell’accoglienza tipica della nostra terra che ha caratterizzato la nostra storia.
Anche Benedetto XVI lo ha ricordato durante la sua visita nel Salento affermando che Brindisi, come in passato, "resta una porta aperta sul mare" e un tradizionale rifugio di immigrati. "Questa solidarietà - aveva detto il Papa ai brindisini - fa parte delle virtù che formano il vostro ricco patrimonio civile e religioso: continuate con slancio rinnovato a costruire insieme il vostro futuro".
Dopo esattamente 9 mesi l’accoglienza si è trasformata in “deportazione”.
Chiediamo con forza
ai politici, alla Chiesa e alla società civile
di non essere indifferente e di mobilitarsi
affinchè
• non venga mai meno l’attenzione alla dignità umana, il rispetto per i diritti fondamentali della persona indipendentemente dalla nazionalità e dalla religione. L’immigrato è una persona! Il suo essere persona non può dipendere da un pezzo di carta, questo è vergognoso. Su questo si prova la maturità di una società civile e democratica degna di questo nome.
• Si interrompa il meccanismo perverso del capro espiatorio che vede vittime gli immigrati.
• Il governo sia rispettoso delle comunità locali e dei suoi rappresentanti, degli enti locali e delle organizzazioni che operano nel settore.
• non venga soffocata la cultura dell’accoglienza da politiche xenofobe, che lentamente distruggono il “ricco patrimonio di solidarietà civile e religioso”.
• Non si apra il CIE a Brindisi.
Brindisi, 24 marzo 2009
Fr. Francesco Zecca (Responsabile Commissione Giustizia e Pace della famiglia Francescana del Salento)
Fr. Gianni Mastromarino (Responsabile Commissione Giustizia e Pace dei Frati Minori Puglia-Molise)
P. Arcangelo Maira, missionario scalabriniano
Informazioni di contatto
E-mail: frazecca@tiscali.it
sabato 21 marzo 2009
Liberati tre cristiani detenuti in Eritrea
ASMARA (Eritrea) - Tre cristiani, detenuti nelle carceri eritree a causa della loro fede, sono stati rilasciati dopo diversi mesi di detenzione; Porte aperte riferisce le difficili condizioni di vita dei cristiani in Eritrea.
Due membri della chiesa di Kale Hiwot, arrestati a Dekemhare lo scorso novembre e imprigionati nel famigerato campo di concentramento militare di Mitire, nel Nord-est del Paese,sono stati rilasciati su cauzione, mentre Solomon Mengese, componente della Full Gospel Church, è stato rilasciato due settimane fa: era imprigionato nella Stazione di Polizia di Asmara da sei mesi.
La notizia positiva del rilascio di tre cristiani è però poca cosa rispetto alla situazione in cui versano i circa 2900 credenti detenuti in Eritrea per motivi legati alla loro fede; ben 360 sopravvivono in condizioni indicibili nel già citato campo di concentramento militare di Mitire, considerato un vero e proprio inferno in terra d'Africa.
La campagna del governo contro i cristiani evangelici è continuata senza interruzioni durante i primi mesi del 2009; ai credenti viene negata la possibilità di avere un visto per viaggi internazionali, apparentemente perché membri di chiese non registrate: chi non fa parte della chiesa cattolica, copta, evangelica luterana, islam, chiese avventiste del settimo giorno, chiesa della fede in Cristo, chiesa presbiteriana e la fede Bahia, non riesce a ottenere il visto per i viaggi internazionali dagli Uffici dell'Immigrazione eritrea e la motivazione addotta è l'apparente affiliazione a chiese non registrate.
Il Presidente eritreo, Isaias Afwerki, assieme allo staff del suo governo, negano che sia in atto in Eritrea una vera e propria persecuzione a danni dei cristiani evangelici, ma non sembrano dare risposte alle domande specifiche sui casi di quei quasi tremila credenti incarcerati senza capi d'imputazione attendibili. [sr]
Addio Eritrea
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EGS Letter to President of the European Commission
His Excellency Jose Manuel Durao Barroso
President of the European Commission
European Commission
B-1049 Brussels
March 10, 2009
EGS/S031009
Dear President,
We write this letter with the hope that our immediate and long range concerns with the overall relationship of the EU and the present Eritrean government and the pending $160 million US dollar Development Aid EU is planning to forward to the Eritrean government will create an opportunity for us to directly communicate with your office. In a modest way we also hope to convey the concerns of our silenced people to your office and add another dimension to the growing critical discussion on this matter.
We will like you to know that our organization has no principle based objections to EU’s desire to participate and contribute to the development of Eritrea. We appreciate and admire the overall commitment of EU to find ways to extend a helping hand to the people of Eritrea in their dogged effort to make a meaningful economic progress in the face of overwhelming challenges and constraints imposed on them by the government. We hope this desire will not ebb in coming days and years.
As it stands now EU’s involvement in Eritrea is focused strictly on reconstruction: short- term stabilization program dealing with four areas.
1. Post –conflict rehabilitation
2. Demobilization
3. Road maintenance
4. Food security.
Without venturing into other fundamental issues even on these 4 areas the result has been at best look warm. With the exception of, maybe, road building, the overall trend has been an increase in internal and external conflict, massive militarization and mobilization of all potential work force into the army and the expanding food shortage that has now turned into a full blown famine- all of it due to the erroneous agro-economic policies of the Eritrean government both at the macro and micro level.
We believe EU, with all its information sources, is well aware of the Eritrean government’s stark failure and how this failure has put the people of Eritrea between a rock and a hard place. Without any democratic space to register their objection, protest or opposition to the government’s policy the failure has been compounded and magnified. Eritrea’s economic meltdown is a direct result of the suffocating monopolization of all business and economic activities by the ruling party- PFDJ (the government). This underlining cause deserves serious consideration and evaluation in the design and delivery of any well-meaning foreign aid package.
Without any transparent statement coming out of EU concerning its evaluation and justification for proposing $160 million US dollar worth of finical aid to one of Africa’s most unaccountable and secretive governments, our concern, we believe, is not only well-founded but legitimate enough to be raised publicly so that not only the leadership of EU Commission but the people of Europe and Eritrea will hear our concern and take part in the urgently needed conversation.
Excellency,
Based on the standards set by the EU’s Charter of Fundamental Rights adopted in December 2000 by the Presidents of the European Parliament, the Council and the Commission in Nice and then amended by the Lisbon Treaty in December 2007 elevating the 2000 Charter to a Treaty we expect better consideration towards the people of Eritrea. This historic document affirms Dignity (chapter 1), Freedom-all basic freedoms (chapter 2) Equality- equality before the law (chapter 3) Solidarity –workers right (chapter 4) Citizens’ rights –the right political rights to vote et (chapter 5) and Justice -the right to fair trial etc (chapter 6) – These lofty idea at the present stage of human history are not the exclusive properties of the people of Europe. The Charter only affirms the universality of these values. These are the same values highly treasured by the people of Eritrea.
We expect EU to stand by its’ publicly proclaimed charters and treaties in its relation with “third countries”. On the basis of EU’s December 13, 2001 Guidelines on Human Rights Dialogues - this guideline is supposedly to permeate all aspects of its external relationship. Our need to reiterate this fundamental principle emanates from the fact based by all the human rights’ instruments, guidelines and charters periodically proclaimed by EU Commission and its various departments if there is one government in Africa that does not deserve a positive evaluation it is the present government in Eritrea.
Excellency,
We will not waste your time detailing the egregious abuse of basic human rights in Eritrea that has been going on for an extended period. Nor will we question EU’s motive in its honest desire to contribute to Eritrea’s economic development. But we are obligated by a sense of duty, national responsibility and basic human decency to question the wisdom of extending this amount of aid without publically uttering any meaningful protest about the wholesale failure of the Eritrean government to respect not even one of the basic human rights listed on EU’s Charter of Fundamental Rights and the EU’s Guideline on Human Rights Dialogue.
If there has been an ongoing dialogue between the Eritrean government and EU’s Working Group on Human Rights the people of Eritrea as well as Eritrean Human Right activists, all over the world, are not aware of it. In the absence of transparency it is natural for Eritreans and those concerned about Eritrea to feel that EU’s ability to extend Economic Aid to a repressive government without any articulated benchmarks or requirements is tantamount to tacitly endorsing the government’s misguided economic, social and political policies.
In our modest opinion the question previously raised by her Excellency Glenys Kinnock , the Welsh member of EU correctly summarizes and conveys the essence of our concern:
“Nobody has ever argued that it isn’t necessary for us to provide humanitarian aid and support for education and healthcare but, clearly there are huge difficulties in monitoring and controlling what the Commission is doing .There are no NGO’s in Eritrea. So who is distributing the aid? Who is ensuring that it doesn’t go to the wrong hands?”
In EU’s own words as stated in the document signed both by EU and Eritrean representative on November 12, 2002 known as the “Eritrea-European Community –Country Strategy Paper and National Indicative Programme for the period 2002-2007 “page 15 section 5.3 states:
“The Cotonou Agreement makes explicitly reference to the principle to respect human rights and fundamental freedoms. Special attention has to be paid to Governance in order to ensure coherence in the analysis and the orientations of the response as well as complementarities and synergy with the other short-term interventions. The scope of EC interventions to strengthen good governance will very much depend on the outcome of the political dialogue as mentioned in point 5, where the partners will also agree on pace, measures and indicators for their cooperation. Interventions will aim at strengthening democratisation, for example by supporting a genuine electoral process and the subsequent setting-up of democratic institutions. Eritrea is also a focus country for the European Initiative for Democracy and Human Rights. Concerning the management of public affairs, the EC should be ready to assist capacity building initiatives launched by the Government in close co-operation with other donors which have a lengthy experience in this field (in particular, the BWI and the PNUD). Support to the enforcement of the decentralization process and to the establishment of a legal framework enabling the right environment for the use of rights (fundamental rights, justice, business and trade) is also important for a country that bases its development on the private sector initiative.”
What good governance has mushroomed in Eritrea since the signing of the Country Strategy to justify this ongoing trust? None whatsoever from where we stand and observe.
Section 9 of the 2002 European parliament Resolution on Eritrea states:
“Calls on the Council and the Member States to take a coordinated stance with regard to relations with Eritrea, to monitor closely the political situation in the country and to make the continuation of EU achieved in the areas of human rights and democratization, in particular freedom of speech, press and assembly, and the holding of democratic elections;”
What follow up has unearthed a promising movement towards democratization in Eritrea since this resolution? More jails and more refugees have become the identifying characteristics of the Eritrean government.
EU’s Mid Term Review for 2004 does not even address any aspect of the Country Strategy Paper concerns raised in section 5.3 None of the issues dealing with Human Rights and Democratization raised by the EU parliaments resolution are even scratched? Why such a gross oversight? Yet EU is getting ready to supply the most irresponsible government in Africa with $160 million US dollar without demanding any positive move towards respecting the basic rights of its people.
This move defies reason and common sense at the same time.
We find this not only puzzling but have to categorize it as a sign of unintended disrespect for the people of Eritrea. This kind of activity amounts to extending unconditional support to the oppressive regime in Asmara without even adopting another Parliamentary resolution to modestly censor the government for failing to move one inch forward towards democratic governance or any sense of basic decency. It is unbalanced and it is unfair in its treatment of the Eritrean people.
What safety net has the EU established at this time to monitor the correct deployment of the intended Aid? How long does the EU intend to follow this one - sided relationship at the cost of the people of Eritrea? At what point in time will the reassessment and repositioning start? We eagerly wait to engage the relevant EU department in conjunction with other Eritrean Human Rights organization to address these critical issues in a structured and sustained manner.
If EU needs to reassure the people of Eritrea, mitigate their genuine concerns and in the process garner more evidence about the true nature of the Eritrean government it will be very productive if it were to undertake the following three actions:
* Make a public statement about the benchmarks the Eritrean government must meet – with a clearly defined time framework- in order to access the fund and explicitly state what the consequence of failure to leave up to the bench mark will mean
* Since Europe is teeming with thousands of Eritrean refuges who were forced to abandon their country due to the repressive government’s unending brutality EU will have an opportunity to hold an open hearing and gather detail information about the depth of the Eritrean national crisis and openly welcome Eritreans fleeing persecution by the Eritrean Government with positive resettlement policy.
* Allow EU’s Working Group on Human Rights to meet with the mushrooming Eritrean civic society from Europe, USA, Australia and Africa etc lay the foundation for a constructive dialogue.
Excellency,
We appreciate EU’s positive intentions towards Eritrea. Our concern is based on the fact that the Eritrean government has no sense of accountability either to its people or to the treaties and contractual obligations it is signatory to. It is neither contained by rule of law, cultural restraints or basic morality. It is a lawless government. Trusting this kind of government is a difficult undertaking. Even though not publicly articulated we are convinced that most of EU’s member nation states share our conclusion based on their direct experience.
We hope EU collectively will reach the same conclusion and find definitive ways to not only show its concern for Economic Development but also for the fundamental rights of the Eritrean people by clearly and unequivocally stating its support publically at this critical time in their struggle to be treated with respect, dignity and live under a government constrained and guided by a democratic constitution.
Sincerly,
Seyoum Tesfaye
Chairman of Eritrean Global Solidarity for Justice- Human Rights -Democracy president@eritreanglobalsolidarity.org
venerdì 20 marzo 2009
Il Regista Etiope con la crisi di Identità
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Il Papa esorta alla pace tra cristiani e musulmani in Africa
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Il Regista del film TEZA, Dimostra la sua ignoranza in materia della Chiesa Cattolica
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«Non aver paura apriti agli altri», la campagna contro la banalità del razzismo
di Ella baffoni
«Io non sono razzista, ma...». È il biglietto da visita del razzismo, esplicito o strisciante, che negli ultimi anni sta prendendo forza. Laura Boldrini punta il dito sulla politica («che in questi anni ha coniugato sicurezza e immigrazione, scorrettamente trascurando i molti aspetti positivi dei lavoratori immigrati tra noi») e su giornali e tv «che non ci hanno aiutato a capire, che danno larghissimo spazio alla devianza, alla criminalità, al susseguirsi di sbarchi di migranti senza spiegare da cosa fuggono. Un’informazione che troppo spesso non ci aiuta a capire».
Basta, bisogna dare un segnale. Di qui nasce la campagna «Non aver paura, apriti agli altri» lanciata da ventisei organizzazioni. Oltre al Commissariato Onu per i rifugiati, Amnesty international, Antigone, Arci, Asgi, Acli. Cgil, Caritas, Emmaus, Chiese evangeliche, Federazione Rom e Sinti, Libera, Save the children, Sei-Ugl e molte altre organizzeranno iniziative, raccoglieranno firme, porteranno un messaggio di integrazione e rispetto per l’altro, favoriranno la conoscenza e il dialogo. Perché, spiega Moni Ovadia, molti pensano di essere più uguali di altri, di avere più diritti degli altri, «e invece c’è un solo uomo sula terra, l’altro è l’altra faccia di noi stessi».
Ecco dunque il fantasmino che sorride, simbolo della campagna. Nato, racconta l’undicenne Sami Cirpaciu, «perché quando dai campi siamo andati nelle tende e poi a casa, mi hanno chiesto le mie paure. Io ho fatto uno spauracchio che fa paura ai fantasmini...». Poche parole, un’esperienza durissima: il campo rom a Settimo Torinese va a fuoco, il ricovero di fortuna, poi l’esperimento di autocostruzione, e il fantasmino può finalmente sorridere. Anche negli adesivi, nelle spillette, nei manifesti, sul sito web.
E nello spot: è il sorriso di Sami che apre la gabbia che rinchiude l’italiana (Francesca Reggiani) che «non è razzista ma...», il napoletano (Lello Arena) che punta il dito sugli arabi, l’araba (Cumba Sall) che se la prende con gli africani, l’africano (Salvatore Marino) che trova il capro espiatorio finale, lo zingaro, il piccolo Sami (GUARDA IL VIDEO).
L’esclusione è un’esperienza viva per un calabrese immigrato a Torino, dice il regista dello spot, Mimmo Calopresti, «tutti possono trovare qualcuno con cui prendersela. Ma se ci apriamo, lavoriamo a migliorare noi stessi, migliora il mondo». «Il pregiudizio è una scorciatoia - dice Lello Arena - tutti dovrebbero fare l’esperienza di essere minoranza». «E allora non verrebbe a nessuno l’idea orripilante delle scuole differenziali per chi non sa l’italiano - s’indigna Salvatore Marino, padre siciliano e madre eritrea - come l’imparano l’italiano se nessuno lo sa?».
A raccontare la banalità del razzismo è Ribca, franco-eritrea ma romana da vent’anni. Appena arrivata, racconta, davanti a un tentativo di discriminazione un intero autobus è insorto, facendo scendere la donna che l’insultava. Tre anni fa, racconta un giornalista del Tg2, che scortesemente le dava del tu, le ha chiesto: da dove vieni? «Da Roma, ho risposto, nun se sente? E lui: si sente, ma non si vede. Ecco, è grave che un giornalista, che una persona parli così». È gravissimo: una gabbia che bisogna rompere, tutti insieme.
IMMIGRAZIONE: BERLUSCONI FRENA LA LEGA, FINI APPREZZA
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Lavoro: Onu, Italia discrima immigrati. Frattini: rapporto falso, siamo indignati
ROMA - L'Onu, attraverso un rapporto dell'Ilo - la sua agenzia per il lavoro - accusa l'Italia di xenofobia e razzismo nei confronti degli immigrati, soprattutto i rom. Ed il governo scende in campo ''respingendo al mittente'' affermazioni che sono ''false'', spiega il ministro degli Esteri, Franco Frattini, annunciando di aver espresso gia' al quartie generale dell'Ilo a Ginevra l'''indignazione'' dell'esecutivo.
Il ministro del welfare, Maurizio Sacconi, rimarca intanto la correttezza dell'Italia nell'applicare le convenzioni per i Diritti Umani e del lavoro e spiega che quello dell'Ilo non e' un ''atto ufficiale''. A scatenare la bagarre le tre pagine, contenute in un rapporto del Comitato di Esperti dell'Ilo - l'Organizzazione Internazionale per il Lavoro dell' Onu - che puntano il dito sulla penisola, accusandola di discriminare gli immigrati e chiedono al Governo di Roma interventi a stretto giro per contrastare il clima di intolleranza e garantire la tutela agli immigrati.
Rapporto che non lesina accuse anche ai ''leader politici'' italiani rei - si legge nel testo - di usare una ''retorica aggressiva e discriminatoria nell'associare i rom alla criminalita', creando cosi' un sentimento di ostilita' e antagonismo nell'opinione pubblica''. Il documento del Comitato - pubblicato il sei marzo scorso - spiega che il clima di intolleranza ha un impatto sugli standard minimi di protezione ''dei diritti umani e del lavoro'' nonche' sui livelli di vita, ponendosi in contrasto con la convenzione 143, sulla 'Promozione della parita' di opportunita' e di trattamento dei lavoratori migranti', ratificata dall'Italia nel 1981.
Tutte affermazioni ''false, non dimostrare con elementi concreti, da respingere al mittente'', replica la Farnesina spiegando che Frattini, giudica ''gravemente inaccettabili'' parole ''come 'intolleranza' o 'discriminazione' nei confronti degli immigrati'' riferite ''all'Italia e alle autorita' italiane''. Una posizione cui fa eco Sacconi: ''il documento non e' un atto ufficiale dell'Ilo ma molto piu' modestamente il recepimento da parte degli esperti di ipotesi tutte da dimostrare''.
E avanza il dubbio che le ''sollecitazioni siano pervenute dall'interno del Paese''. ''Il quadro non e' quello rappresentato nel rapporto'', ribadisce la Farnesina sottolineando che l'Italia ''rispetta e rispettera' le regole europee ed internazionali come sempre e' stato riconosciuto e confermato dal governo e da tutte le autorita' responsabili''. ''Ci auguriamo che si tratti di una sfortunata pagina dell'attivita' di un'istituzione, l'Ilo, che l'Italia rispetta e con la quale intende continuare a collaborare'', aggiunge il ministero degli Esteri.
Gli autori del documento ''non considerano, e cio' dimostra il carattere parziale ed inaccettabile del documento, che nell'anno 2008 e nei primi mesi del 2009 le autorita' italiane sono intervenute per salvare da morte probabile migliaia e migliaia di immigrati clandestini, soccorrendoli ed accogliendoli con rispetto ed umanita'''. ''Da anni esprimiamo preoccupazione per forme di intolleranza e discriminazione verso gli immigrati, e in modo particolare nel mondo del lavoro'', commenta invece da parte sua la Caritas per voce del responsabile immigrazione, Oliviero Forti.
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