sabato 7 novembre 2009
La lotta dei somali per i diritti dei rifugiati parte dal Ferrhotel di Bari: dateci acqua e luce
di Antonella Loi
"Acqua e luce". Striscioni e slogan condensano in poche parole il dramma del gruppo di somali che da tre giorni mantiene un presidio davanti alla sede del municipio di Bari. Voci e volti che raccontano una storia già sentita, che non parla semplicemente di immigrati, ma di persone che, in fuga da paesi teatro di guerra, carestie e oppressione, arrivano in Europa alla ricerca di quella protezione che le leggi umane, prima ancora di quelle scritte, promettono loro. La storia è quella di 40 somali rifugiati politici o beneficiari di protezione umanitaria e richiedenti asilo che venti giorni fa sono andati a riprendersi la loro dignità: l'occupazione del "Ferrhotel", una struttura-alloggio dismessa di proprietà di Trenitalia, è stata l'occasione di riscatto. Perché in Italia essere rifugiato politico non basta per ottenere un posto dove dormire, un minimo di sussistenza, magari un lavoro. Bisogna arrangiarsi. Da quel 18 ottobre, le 40 persone tra cui tre donne (una incinta è stata ricoverata in ospedale) che hanno occupato il Ferrhotel vivono con un tetto sulla testa ma senza la possibilità di aver accesso all'acqua potabile e senza luce elettrica.
Eppure l'ex albergo nei pressi della stazione di Bari era già stato utilizzato dal comune proprio come alloggio per senzatetto, a periodi alterni, fino al 2007. Cosa impedisce oggi di rendere nuovamente vivibile la struttura, secondo criteri minimi di sicurezza igienico-sanitaria? "L'impianto elettrico del Ferrhotel non è a norma - ci dice il presidente della Commissione servizi sociali del comune di Bari, Carlo Paolini - e i sevizi igienici sono fuori uso. L'ex albergo - continua - di proprietà di Grandi Stazioni Spa (controllata di Trenitalia) nel 2007 venne chiuso perché dichiarato non agibile". Da questo si evince, continua il consigliere comunale, la ragione per cui "non è possibile procedere all'allaccio delle utenze". "In comune - spiega - c'è una filiera burocratica che coinvolge diverse persone che non si prendono la responsabilità di allacciare luce e acqua in uno stabile non a norma".
Responsabilità che tanto meno sembra volersi prendere Grandi Stazioni che, a detta dell'assessore all'Accoglienza del comune di Bari, Fabio Losito, "chiede al comune che si prenda in carico la struttura a lungo termine ed esclude l'ipotesi di attivare le utenze perché gli scarichi sono danneggiati e l'impianto elettrico ha bisogno di un collaudo". Anche l'ipotesi di ristrutturazione dell'ex albergo, "40-50mila euro, già disponibili tra i fondi regionali", dice Paolini, non è cosa semplice: la presa in carica della struttura da parte del comune "richiede procedure precise, non risolvibili in pochi giorni". E allora via a soluzioni alternative. Scartata l'ipotesi di usufruire dell'albergo diffuso nel Foggiano - "I somali ci hanno detto che equivarrebbe ad una deportazione" - restano interventi come "l'allestimento di una tendopoli" e alloggi in altre strutture ancora da individuare.
Ma una soluzione serve e subito. Anche perché, l'inverno incalza e più della metà di queste persone - quelle che hanno fatto a Bari richiesta di asilo - non si possono allontanare dalla città, fino alla pronuncia delle autorità competenti. "Non è semplice risolvere la situazione - assicura l'assessore Losito - abbiamo problemi ad identificare e contare le persone che hanno occupato il Ferrhotel. Ci sono difficoltà di comunicazione e riscontriamo scarsa collaborazione da parte loro, cosa che in sede di Consiglio territoriale per l'immigrazione non ci ha permesso di procedere". Tutto fermo "e non per colpa nostra", dice l'assessore. Ma poi ci rivela che già il secondo giorno dell'occupazione, i rifugiati sono stati tutti coinvolti nella campagna di vaccinazione che il comune ha avviato per i senzatetto. Se a questo aggiungiamo che i 40 hanno tutti regolare permesso di soggiorno, risulta difficile credere che non si possa procedere al conteggio e all'identificazione.
Nel frattempo, la protesta dei somali del Ferrhotel e delle associazioni amiche davanti al comune continuerà anche nei prossimi giorni. "Le persone in attesa di asilo che adesso vivono nella struttura hanno passato gli ultimi due mesi fra panchine e stazioni - dice Gianni De Giglio della Rete Antirazzista che da tempo si occupa dei problemi dei rifugiati -. Molti di loro lascerebbero volentieri l'Italia, ma non possono". Buona parte dei somali, infatti, due mesi fa erano partiti per la Svezia. Le autorità locali per tutta risposta li hanno rispediti a Bari dove, dice il Regolamento di Dublino sui rifugiati, devono attendere il responso sulla richiesta d'asilo: di loro si deve occupare l'Italia. Che però nel frattempo sembra stia alla finestra, inerte, a guardare in attesa che, come accaduto al Ferrhotel, i rifugiati forzino le cose, trovando loro stessi le soluzioni che le amministrazioni locali e nazionali non possono o non vogliono cercare. Peraltro Bari, in quanto sede del Cara (Centro di accoglienza richiedenti asilo), attira qui da tutto il Sud moltissimi disperati in fuga da Paesi in situazioni politiche difficili.
"E il più delle volte questi poveracci sono costretti a vivere senza fissa dimora, senza la possibilità di un reddito". Poi le spese legali per ricorsi contro il diniego e pratiche burocratiche varie che spesso affamano definitivamente chi magari l'alternativa alla panchina ce l'aveva. "Spetterebbe allo Stato dare a questi uomini e donne che scappano da paesi come la Somalia, il Sudan, l'Eritrea, l'Afghanistan, un'alternativa di vita". Un problema vero, grande, dice l'esponente della Rete Antirazzista, non riguarda solo i 40 del Ferrhotel, ma i 400-500 rifugiati politici che si trovano a Bari e le migliaia del resto d'Italia: la bomba "annunciata" scoppiata a Bari "deflagrerà anche in altre città, Torino o Bologna", per dirne alcune.
Per fortuna a Bari, dice ancora De Giglio, "ciò che non manca è la solidarietà della gente: in tanti sono pronti a dare una mano". Anche un gruppo di docenti universitari è sceso in campo, lanciando una petizione per i rifugiati del Ferrhotel. "Per quanto tempo ancora il comune vuole mantenere i somali in queste condizioni? - si chiede De Giglio - Il problema qui a Bari è che manca la volontà politica di restituire agli asilanti la loro dignità". Il sospetto è che "le logiche della politica, il clientelismo, impediscano che si trovi una soluzione". E poi "le politiche contro gli immigrati di questo governo", dice l'esponente della rete antirazzista, "certamente non aiutano".
06 novembre 2009
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