giovedì 28 gennaio 2010
Kenia – Etiopia: la guerra della diga sull’Oromo, del pesce e del lago Turkana
LIVORNO. Alla remota frontiera tra Kenya ed Etiopia è scoppiata un'altra di quelle guerre "dell'acqua e del fuoco" che credevamo dimenticati e i cui brutali echi tribali ci arrivano in ritardo, come se fossero attutiti da una lontananza che non ci riguarda. Eppure quel che è successo in un villaggio kenyano ci parla della sorda lotta per la sopravvivenza di frammenti di umanità, di un puzzle di popoli, usanze, religioni che preme ed esplode lungo le retrovie lontane del nostro benessere, che scarica in scaramucce sanguinose ed odi ancestrali le tensioni provocate da un'ingiustizia globale che a quelle latitudini diventa predazione. E' successo nel Sud-Sudan, è accaduto qualche giorno fa con il progrom genocida di musulmani organizzato dai cristiani nello Stato nigeriano del Plateau. Dietro l'odio etnico e religioso ci sono però sempre ben più concrete dispute per la terra e per beni ambientali, resi sempre meno disponibili dai cambiamenti climatici, per l'energia o per risorse minerarie sempre più preziose per dalla richiesta del nuovo colonialismo multinazionale e transnazionale.
Gli stessi interminabili conflitti della Repubblica democratica del Congo e dei Grandi Laghi e della Somalia (ma anche gli altri in giro per il mondo) hanno questa ragione, ben nascosta dietro simili paraventi che ci mostrano solo la rabbia fondamentalista o la ferocia tribale, per non parlare della follia della Lord Resistance Army che semina il terrore nel cuore di tenebra dell'Africa, al confine tra Uganda, Rdc e Sudan, diventata forse la zona più pericolosa del mondo tra il disinteresse del mondo.
Di fronte a tutto questo sembra piccola e marginale cosa quanto accaduto nel distretto di Lokituang, dove 6 kenyani sono stati uccisi ed oltre 2.000 abitanti del villaggio di Todonyang sono strati costretti ad abbandonare le loro case in seguito all'attacco della milizia etiopica Merrile che venerdì scorso ha nuovamente varcato la frontiera con il Kenya uccidendo due poliziotti ed un civile. Secondo il commissario del distretto Lokitaung, Jack Obuo, «Gli etiopi hanno rubato i due fucili dei poliziotti abbattuti e rapito tre pescatori locali». Successivamente due dei pescatori sono stati ritrovati morti e orribilmente mutilati: «I loro corpi sono stati ritrovati che galleggiavano nel lago Turkana - ha detto Obuo - e i loro organi, comprese le orecchie, le dita, il naso, erano scomparse. Andrò ad Omorate in Etiopia, in compagnia del team di sicurezza del mio distretto, per presentare una protesta ufficiale in relazione all'attacco ed anche per negoziare il recupero dei fucili».
La tensione alla frontiera è cresciuta, con la partenza di diversi kenyani, in seguito all'aumento dell'insicurezza alimentare provocata dalla lotta per le zone di pesca e dalla rarefazione dei pascoli per il bestiame. In un'area dove gli Stati e le loro strutture sono poco più di un nome, spesso sono le chiese a svolgere un ruolo di protezione sociale. Steven Ochieng, un prete della chiesa cattolica di Todonyang, ha spiegato ai giornalisti che lo hanno contattato che «Gli abitanti del villaggio hanno cercato rifugio tra le mura della chiesa dove sono nutriti e ricevono delle cure. In questi ultimi 10 mesi nella regione sono state uccise oltre 60 persone dalla milizia armata Merrile. Qui abbiamo sotterrato più di 60 persone uccise dagli etiopici e siamo dispiaciuti che il governo non faccia niente per far cessare questi attacchi».
Se le milizie etniche non conoscono confini e Stati, è però vero che i governi sono ben presenti dietro le loro razzie. Come spiegare altrimenti il fatto che gli attacchi dei Merrile siano aumentati in numero e ferocia dopo che in Kenya è aumentata l'opposizione alla costruzione da parte dell'Etiopia della diga Gilgel Gibe III lungo il fiume Oromo (della quale Greenreport ha già parlato) per produrre energia elettrica?.
Quello che è certo è che la tensione alla frontiera etiope-kenyana sta crescendo dopo le proteste dei pescatori kenyani contro la diga che sbarrerebbe l'Oromo, il principale affluente del lago Turkana, che gli fornisce l'80% dell'acqua, che è la loro unica fonte di sostentamento. Circa 300.000 pescatori e pastori dipendono dal lago Turkana, mentre centinaia di migliaia di persone, soprattutto contadini, fanno affidamento sulle inondazioni annuali dell'Omo per poter coltivare lungo la riva del fiume e per il pascolo del bestiame. Le popolazioni del Turkana, insieme ad associazioni ambientaliste, hanno già organizzato quattro manifestazioni per protestare contro la costruzione della diga e per fermare i suoi lavori di costruzione che sono già arrivati ad un terzo della struttura. La diga è considerata da tutti una grave minaccia per il Turkana e per le sue fragili risorse naturali che permettono la sussistenza di molte persone e la vita di una biodiversità ricca quanto in pericolo.
Il governo centrale di Nairobi è sospettato di fare il doppio gioco con gli etiopi. Samia Bwana, che dirige l'associazione ambientalista Friends of Lake Turkana, ha spiegato che «Durante i due anni che ci vorranno per riempire il bacino della diga il lago Turkana si ritirerà, aumentando la sua salinità, danneggiando l'economia locale, degradando la biodiversità ed aumentando il rischio di conflitti transfrontalieri, La costruzione della diga deve essere fermata in attesa di una valutazione da parte del Kenya, che ha detto che vuole importare l'energia prodotta dall'Etiopia, dell'impatto che la diga avrà sulla gente del posto e sull'ambiente. Quello che chiediamo al governo del Kenya è di rivalutare e ripensare quel che si sta facendo, prima che sia troppo tardi».
Secondo Richard Leakey, un noto paleoantropologo ed ambientalista kenyano, «Le condizioni di vita di centinaia di migliaia di kenyani che abitano intorno al lago Turkana, il più grande lago desertico del mondo, saranno degradate. Il progetto della diga etiope non porterà nient'altro che una tragedia e danni al Kenya. Stanno lavorando in un Paese noto per la siccità, noto per la mancanza di precipitazioni, per fornire costosa energia al Kenya. Non c'è futuro per i sistemi idroelettrici in alcune zone aride dell'Africa».
La diga potrebbe essere addirittura inutile, visto che il Kenya ha un piano per la realizzazione di un grande campo eolico lungo le ventose rive del Turkana che produrrà 300 MW. La diga sull'Omo dovrebbe arrivare a 1.870 MW quando (e se) sarà completata nel 2013. Dovrebbe, perché secondo Leakey «Lo studio di fattibilità per la diga etiope è stato fatto così male che la diga non si può riempire anche a causa di crepe la cui esistenza è già nota. Se non si riempierà non lasceranno mai uscire l'acqua e se non lasceranno uscire l'acqua il lago Turkana non calerà solo di qualche metro... sarà spazzato via».
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento