martedì 14 dicembre 2010
Il dramma dei profughi eritrei nel Sinai. Don Zerai: nessuno si muove per salvarli
Gli appelli sono stati lanciati da tutti: dalle organizzazioni umanitarie, ma anche dalle voci più alte, come quella di Benedetto XVI. Eppure, degli eritrei e di tutti gli altri profughi nelle mani dei trafficanti di esseri umani, da giorni ridotti in schiavitù nel Sinai, non se ne parla, nessuno interviene. Giovedì prossimo, l’Europarlamento si mobiliterà con un voto su una risoluzione urgente, nel frattempo però si rischiano altre vite, perché di morti ce ne sono già stati: gli ultimi due uccisi sabato scorso, giovani diaconi della chiesa ortodossa. Don Mussai Zerai, direttore dell’agenzia Habeshia, denuncia, l’immobilismo internazionale, ma soprattutto quello del governo egiziano. Ascoltiamolo, intervistato da Fabio Colagrande:http://212.77.9.15/audio/ra/00239621.RM
R. - Sabato scorso, sono stati uccisi altri due giovanissimi ragazzi, ma non solo: sono stati poi massacrati di botte e dicevano anche che nella serata di sabato i trafficanti hanno portato via tutte le donne per abusarne e far loro subire ogni tipo di violenza. In questo senso, quindi, il cambiamento è in peggio.
D. - Leggiamo che una parte di questi profughi nelle mani dei predoni si trovano, in questo momento, a Rafah. Dico bene?
R. - Sì. Rafah è una città con circa 70 mila abitanti. C’è la presenza del governo nel territorio e mi dicono addirittura che c’è anche un carcere proprio vicino al luogo dove sono tenute queste persone. C’è quasi scritto: “Siamo qui” e non si capisce perché qualcuno non vada a soccorrerli, a liberarli.
D. - Una parte, invece, è stata liberata dai predoni…
R. - Un altro gruppo di 63 persone è stato liberato vicino a Suez City ed in seguito siamo venuti a sapere che, mentre queste persone continuavano il loro percorso per attraversare il confine con Israele, sono state prese dalla polizia egiziana e, con l’accusa di emigrazione clandestina, sono state incarcerate. Noi ricordiamo che l’Egitto è firmatario della Convenzione di Ginevra e quindi queste persone, in quanto profughi, devono aver il diritto di accedere al sistema di asilo. Potevano essere affidate all’ufficio dell’Unhcr, ma questo non è avvenuto.
D. - Il parlamento europeo voterà una risoluzione urgente sulla questione, giovedì prossimo…
R. - Meglio tardi che mai, perché fino ad ora nessuna voce si era levata da parte del parlamento europeo. Questo silenzio pesava. Ora speriamo che ci sia almeno una posizione chiara, anche da parte del parlamento europeo, che spinga l’Egitto ad intervenire.
D. - Intanto, però, a Tripoli si è aperto il Vertice dei ministri degli Interni dei Paesi rivieraschi del Mediterraneo, denominato “Dialogo 5+5”. Ma il vertice non ha intenzione di interessarsi alla vicenda, a quanto pare…
R. - E’ proprio questo che ci lascia ancora molto preoccupati, per il semplice fatto che l’Europa sta delegando ai Paesi del Mediterraneo, quasi che essi siano i gendarmi dell’Europa, perché non passino. Quello che però succede in questi Paesi, in che condizioni vengano tenuti i profughi, a nessuno interessa e questo è veramente preoccupante. Si rischia che l’Europa diventi anche complice di una serie di violazioni che avvengono in questi territori (vv)
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